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Un vecchio ma sempre attuale adagio recita: quando la nave affonda i topi scappano. A cercare salvezza dal galeone che viene ingoiato dalle acque, inabissandolo, il topo più grosso, più in vista, Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica succursale Americana. “EGLI” con messaggio netto e chiaro afferma: << le foibe e l’esodo, gli orrori commessi contro gli italianai del confine orientale, non furono “una ritorsione contro i torti del fascismo, come qualche storico negazionista o riduzionista ha provato a insinuare”. Furono, invece, il “frutto di un odio che era insieme ideologico etnico, e sociale” (secoloditalia.it 10/02/2019)>>. A seguito di queste asserzioni come faranno i detrattori degli infoibati a legare la responsabilità della tragedia al fascismo? STOP, per “LORO” è giunta la fine, non avranno più alcuna giustificazione, come alcuna giustificazione trova la vulgata che vorrebbe i territori orientali italiani a maggioranza slava. Nei millenni territori etnicamente latini, Roma, la serenissima Repubblica di Venezia., anche seppur vero che a più riprese, l’elemento latino presente a Fiume, Istria e Dalmazia è stato duramente messo alla prova.

Il processo di germanizzazione cominciò nel 1024 con gli editti di Corrado II ed ebbe il suo punto centrale con Massimiliano I nel 1500. Proprio in questo periodo si ebbe l'avvicendamento della maggioranza linguistica tra italofoni e germanofoni. A metà 1700 Maria Teresa d'Asburgo impose la sola lingua tedesca come idioma da utilizzare per tutti gli atti pubblici e religiosi, vietando italiano e ladino/romancio. A fine secolo successivo Francesco Giuseppe d'Asburgo si fece promotore di leggi con le quali invitava i cittadini italofoni dell'Alto Adige a spostarsi verso il Trentino e suggeriva ai cittadini ladini di farsi assimilare dalla popolazione germanofona.

Mentre per il gruppo "puramente" italiano la germanizzazione portava ad una deportazione in altri territori italiani di controllo asburgico (Lombardia e Veneto) o nei campi di internamento, la componente ladina subì invece un tentativo ancora più forte di distruzione dell'identità linguistica: a tutti gli abitanti venne cambiato il cognome germanizzandolo (ad esempio Costa divennte Kostner, Ciampac divenne Kompatscher, Mureda divenne Moroder, Plan divenne Ploner).

I progetti di germanizzazione, e di conseguenza de-italianizzazione, di Francesco Giuseppe non toccarono solamente l'Alto Adige ma anche gli altri territori sotto controllo Asburgico.

Con la delibera del 12 novembre 1866 del consiglio dei ministri austro-ungarico, iniziò una politica di deitalianizzazione dell'Istria, "con energia e senza indugio alcuno", favorendo l'elemento slavo, reputato più malleabile. La connivenza tra Corona imperiale Austriaca e l'elemento slavo è dimostrata dai verbali della riunione del Consiglio della Corona in data 12 novembre 1866 ("Misure contro l’elemento italiano in alcuni territori della Corona"), quando l'Imperatore Franz Josef diede l'ordine tassativo a tutte le autorità centrali di agire sistematicamente per<<opporsi in modo risolutivo all'influsso dell'elemento italiano ancora presente in alcuni Kronlander e di mirare alla germanizzazione o slavizzazione, a seconda delle circostanze, delle zone in questione con tutte le energie e senza alcun riguardo, mediante un adeguato affidamento di incarichi a magistrati politici ed insegnanti, nonché attraverso l'influenza della stampa in Tirolo meridionale, Dalmazia e Litorale adriatico>>.

Questi furono gli effetti di tale editto tra il 1866 ed il 1918:

  1. espulsioni di massa (oltre 35.000 espulsi dalla sola Venezia Giulia nei soli primi anni del Novecento, fra cui moltissimi provenienti da Trieste. Spiccarono i decreti Hohenlohe, dal nome del governatore di Trieste, appunto principe di Hohenlohe). Molti altri Italiani, sudditi asburgici, furono invece ridotti all'espatrio volontario;
  2. deportazione in campi di concentramento (un numero oscillate fra 100.000 e 200.000, a seconda delle stime, di deportati durante la prima guerra mondiale, in particolare dal Trentino Alto Adige e dall'Istria.  Famigerati divennero i nomi di lager come KatzenauWagna,Tapiosuli, GollersdorfMitterndorfMistelbachPottendorfBraunau Am InnBeutschbrodTraunsteinGmundLiebnitz);
  3. impiego di squadracce di nazionalisti slavi nell'esercizio massivo della violenza contro gli Italiani (con innumerevoli di atti di violenza, attentati, aggressioni, omicidi ecc. Queste azioni incontrarono spesso la sostanziale tolleranza delle autorità o comunque non furono represse con efficacia);
  4. repressione poliziesca;
  5. immigrazione di slavi e tedeschi nei territori italiani favorita dalle autorità imperiali, per favorire la progressiva "sommersione" degli autoctoni Italiani;
  6. germanizzazione e slavizzazione scolastica e culturale (chiusura delle scuole italiane, cancellazione della toponomastica ed onomastiche italiane, proibizione della cultura italiana in ogni sua forma: fu molto grave in particolare la questione scolastica in Dalmazia);
  7. privazione o limitazione dei diritti politici (le elezioni in Dalmazia videro pesantissimi brogli a favore dei nazionalisti slavi; comuni retti da Italiani furono sciolti dalle autorità austriache ecc.);
  8. limitazione dei diritti civili (scioglimento d'associazioni politiche, culturali, sindacali, persone arrestate o condannate per futili motivi ecc.), formalmente motivato di solito dal pretesto della lotta all'irredentismo;
  9. cancellazione degli antichi enclave italiani in territori "nevralgici", ad esempio vedasi i pogrom anti-italiano di Innsbruck di inizio 1900 contro negozianti e studenti di lingua italiana (Fatti di Innsbruck).

 

Fu invece italiano – Alcide Degasperi - il “complice” silente della morte per infoibamento di  migliaia di italiani residenti al di là dell’Adriatico, dell’esilio di 310.000 istriani, fiumani e dalmati. Il governo americano avrebbe voluto un referendum plebiscitario per la cessione di Fiume, Istria e Dalmazia alla Iugoslavia. Il“santo“ democristiano si oppose, perché se avesse concesso il plebiscito agli italiani di Pola, Zara e Ragusa, avrebbe dovuto concederlo anche all’Alto Adige. Il risultato dei plebisciti avrebbe certamente sentenziato che le terre di Istria, Fiume e Dalmazia sarebbero dovute rimanere con l’Italia, mentre l’Alto Adige molto probabilmente sarebbe passato all’Austria, con la conseguenza che non avrebbe potuto giustificare l’autonomia speciale di cui gode oggi il Trentino (”L’esodo dei 350 000 Giuliani Fiumani e Dalmati” ediz. DIFESA ADRIATICA di Padre Flaminio Rocchi; professor Gianni Oliva; professor Michael Gehler; professoressa Stadlmayer).