Quando si parla di Alcide Degasperi lo si fa ricordando le doti e virtù che hanno caratterizzato quest'uomo. Non è certa mia intenzione trarre giudizi sullo “Statista di Sardagna”, ma per onor di cronaca mi preme ricordare anche aspetti che inspiegabilmente giornalisti, storici e uomini di “cultura” omettono. Alcide Degasperi e non De Gasperi (non può vantare alcuna nobile discendenza) come erroneamente viene trascritto il suo nome, in alcuni articoli pubblicati in gioventù sul quotidiano "Trentino" mostrano vicinanza alle posizioni di Karl Lueger (il borgomastro di Vienna, cristiano-sociale e anti - giudeo). Ad esempio, si legge: «Noi non siamo contro gli ebrei perché d'altra religione e d'altra razza ma dobbiamo opporci ch'essi coi loro denari mettano il giogo degli schiavi sui cristiani» (1906). Trent'anni dopo, nella rubrica sull' "Illustrazione Vaticana", mancano invece parole di condanna contro l'esproprio dei beni degli ebrei austriaci. Alcide Degasperi si espresse positivamente anche sul fascismo, così giustificandolo (Il Nuovo Trentino del 7 aprile 1921): <Il fascismo fu sugli inizi un impeto di reazione all’internazionalismo comunista che negava la libertà della Nazione (…). Noi non condividiamo il parere di coloro i quali intendono condannare ogni azione fascista sotto la generica condanna della violenza. Ci sono delle situazioni in cui la violenza, anche se assume l’apparenza di aggressione, è in realtà una violenza difensiva, cioè legittima>.

Anche le teorie fasciste in materia di razza sono discusse, ma accolte con favore. Nello scritto 1 (uno), Degasperi registra il miglioramento delle condizioni economiche dell'Austria in seguito all'esproprio dei beni degli ebrei. Nel testo si dice che «La liquidazione delle fortune ebraiche allarga le prospettive degli affari per gli altri e i posti di avvocati e di medici rimasti vacanti aprono uno sfogo alle carriere». La rubrica è del luglio 1938. Nello scritto 2(secondo) (agosto 1938), che precede di poco l'emanazione delle leggi razziali, Degasperi prova a sganciare le teorie fasciste dal nazismo. E propone di rifarsi all'elemento universalista del fascismo che «può nutrirsi delle vive tradizioni della Roma cristiana». Degasperi auspica che «il razzismo italiano si attui in provvedimenti concreti di difesa e di valorizzazione della nazione». Nello scritto 3(terzo) datato marzo 1938, Degasperi ripercorre la parabola culturale e politica del partito cristiano-sociale austriaco, guidato da Karl Lueger. Degasperi ne coglie gli aspetti positivi, minimizzandone l'antisemitismo (era "solo" una «politica necessaria di difesa economica»). Il quarto documento, datato maggio 1938, commenta le misure del governo ungherese per arginare l'antisemitismo. Tuttavia Degasperi fa notare come gli ebrei siano preponderanti nei ruoli chiave dell'economia. Comprensibile quindi gli Ebrei «possono esercitare una professione solo fino a una data percentuale». L'ultimo estratto, datato maggio 1938, riporta un comunicato degli ebrei ortodossi che si vogliono distinguere dagli «ebrei inseriti nel comunismo». E qui si coglie una nota diversa: «Questa tendenza degli ebrei ortodossi di separare la propria responsabilità da quella degli ebrei inseriti nel comunismo è caratteristica per il momento che attraversiamo». Suona come un duro giudizio sul presente che costringe gli ebrei a lotte intestine per scampare alla persecuzione. È evidente che questo cambiamento di vedute non si può addurre ad un ripensamento ideologico, ma certamente di opportunità. I suoi giudizi severi contro gli ebrei mutano favorevolmente.  Ada Sereni, ebrea romana, nata Ascarelli, era il capo italiano del Mossad per le operazioni di espatrio verso la Palestina. Lei stessa nel suo libro I clandestini del mare (Milano, Mursia, 1973), racconta dell’incontro che ebbe con Alcide Degasperi per ottenere una tacita copertura da parte del governo e dei servizi segreti italiani sulle attività che il Mossad avrebbe dovuto svolgere in Italia per farvi giungere e poi espatriare verso la Terra Santa i propri connazionali dell’Europa del nord. La Sereni chiese a Degasperi di «chiudere un occhio, e possibilmente due sulle nostre attività in Italia». Eric Salerno commenta: «Gli italiani si accorsero sin dall’inizio dell’immigrazione clandestina e dei campi provvisori dove venivano ospitati gli ebrei arrivati dal resto dell’Europa, ma non soltanto chiusero un occhio, aiutarono quando e come poterono. Aiutarono anche nella fase successiva, quando il Mossad, parallelamente all’immigrazione clandestina, si impegnò nell’addestramento militare dei rifugiati, nell’acquisizione d’armi e nel loro trasporto in Palestina, nella lotta per impedire agli Arabi di armarsi anche quando questo significava il sabotaggio di industrie e impianti italiani e di loro prodotti. […] A parte i rapporti ambigui, costruiti ad arte, per non precludere i potenzialmente ricchi mercati arabi […], l’Italia non sarebbe stata ostile nemmeno a Israele».

Oltre alle sue posizione ideologiche, un po' di luce va fatta su altre scelte discutibili. Infatti, fu proprio Alcide Degasperi con una lettera indirizzata al colonnello americano A.D. Bonham Carter, ad esortare i bombardamenti della periferia di Roma, l'acquedotto e di altri obiettivi strategici. La decisione fu giustificata da Degasperi con queste parole: "Ci è purtroppo doloroso, ma necessario insistere nuovamente, affinché la popolazione romana si decida ad insorgere al nostro fianco, che non devono essere risparmiate azioni di bombardamento nella zona periferica della città nonché sugli obiettivi militari segnalati. Questa azione, che a cuore stretto invochiamo, è la sola che potrà infrangere l'ultima resistenza morale del popolo romano, se particolarmente verrà preso, quale obiettivo, l'acquedotto, punto nevralgico vitale. Ci urge inoltre, e nel più breve tempo possibile il già sollecitato rifornimento essendo giunti allo stremo".   Alcide scriveva queste cose consapevole che Roma era stata dichiarata "città aperta".  L'istituto della "Città Aperta" non è regolato dal Diritto Internazionale: significa semplicemente che la città non dispone di mezzi difensivi o offensivi e quindi è esente sia dai bombardamenti aerei che da attacchi terrestri. Dopo il 13 agosto 1943 Roma subì ben 51 bombardamenti fino al 4 giugno 1944 quando la V° armata del generale Mark Clark entrò a Roma. Questo documento venne pubblicato dallo scrittore Giovanni Guareschi sulla rivista settimanale "Ta - pum del cecchino" e le conseguenze non tardarono a materializzarsi, perché non ci fu solo una levata di scudi in favore di Degasperi che era capo del governo ma il povero Guareschi venne querelato e condannato per diffamazione, processato scontò 409 giorni di carcere e sei mesi di libertà vigilata. Anche dal punto di vista religioso, Degasperi era tutt'altro che ubbidiente alla Chiesa Cattolica. In prossimità delle elezioni comunali di Roma dell'anno 1952. In tale occasione, al fine di scongiurare la vittoria dei comunisti, papa Pio XII invitò la Democrazia Cristiana di “Degasperi” a   formare una coalizione di centrodestra con monarchici e i neofascisti del Movimento sociale italiano, ma egli rifiutò di obbedire alla richiesta preoccupata che gli giungeva dal Vaticano. Il padre gesuita Giovanni Sale ha pubblicato un saggio (“Dalla monarchia alla repubblica”, Jaca Book, Milano, 2003) in cui si trova una perfetta descrizione delle oscillazioni degasperiane tra la fedeltà alla dottrina sociale della Chiesa e il timido ossequio alle contrarie opinioni dei progressisti. Correva l’anno “costituente” 1946, quando un insigne filosofo del diritto, Guido Gonella, presentò al congresso democristiano un eccellente schema di costituzione, affermando coraggiosamente: “noi non vogliamo una costituzione di partito…ma la costituzione del popolo italiano. Ma il popolo italiano è un popolo cristiano, e quindi nel nostro Paese i principi generali della politica e del diritto pubblico devono essere conformi all’etica cristiana”. Degasperi bocciò la proposta Gonella con un tortuoso e ipocrita ragionamento: “il discorso di Gonella è stata una magnifica esposizione della costituzione. Se dovessi fare un appunto, è proprio questo: egli è stato troppo teologo. Questo, assolutamente parlando, non è un difetto, ma sul terreno tattico della lotta con gli avversari può dar luogo a contraccolpi inaspettati”. La fedeltà alla dottrina sociale può dar luogo a contraccolpi pericolosi; conviene dunque seguire i consigli della prudenza democristiana e abdicare ai principi.
Davanti a simili dimostrazioni di fellonia, ci si chiede se aveva torto Cornelio Fabro quando scagliava la sua rovente invettiva contro “la viltà di ministri e prelati cristiani e perfino cattolici – come in Italia – di combattere e far combattere apertamente (come il Vangelo voleva) l’approvazione dell’infame legge del divorzio (1974) e di quella incomparabilmente più infame dell’aborto” (“Riflessioni sulla libertà”, Edivi, Segni, 2004).
Augusto Del Noce sosteneva che la scristianizzazione dell’Italia fu attuata con grande responsabilità dei democristiani…

Degasperi non fece nulla per gli infoibati  italiani residenti al di là dell’Adriatico e l’esilio di 310.000 istriani, fiumani e dalmati. Il governo americano avrebbe voluto un referendum plebiscitario per la cessione di Fiume, Istria e Dalmazia alla Iugoslavia. Degasperi si oppose, perché se avesse concesso il plebiscito agli italiani di Pola, Zara e Ragusa, avrebbe dovuto concederlo anche all’Alto Adige. Il risultato dei plebisciti avrebbe certamente sentenziato che le terre di Istria, Fiume e Dalmazia sarebbero dovute rimanere con l’Italia, mentre l’Alto Adige sarebbe potuto passare all’Austria, con la conseguenza che non avrebbe potuto giustificare l’autonomia speciale di cui gode oggi il Trentino (“L’esodo dei 350 000 Giuliani Fiumani e Dalmati” ediz. DIFESA ADRIATICA di Padre Flaminio Rocchi).

Degasperi anche in fatto di repressione dell’omosessualità fu superato solo dal governo Moro.

Scrive Dario Petrosino su “Storia e Futuro” sulla base di documentazione conservata all’Archivio Centrale dello Stato: “Nelle relazioni al capo della polizia conservate presso l’Archivio Centrale dello Stato (ministero dell’interno, dipartimento generale della pubblica sicurezza), emerge con chiarezza la consistenza del fenomeno: la raccolta dei dati ha inizio nel novembre 1952 e già in quell’anno in soli due mesi vengono eseguiti 518 provvedimenti di polizia che salgono a 1117 nel 1953 e 1407 nel 1954. Da 1955 inizia un calo che vede scendere il numero dei provvedimenti a 671 e poco sopra i 600 negli anni successivi. Poi la curva ricomincia a salire e a metà degli anni ’60 gli omosessuali finiti sotto la lente della pubblica sicurezza sono ancora di più: 1474 nel 1964, ben 3062 nel 1965. Possiamo affermare con rapido calcolo che tra il 1952 e il 1965 furono compiuti in Italia dalla polizia più di 11 mila provvedimenti tra fermi, ammonizioni, diffide, arresti e invii al confino nei confronti degli omosessuali.

 Concludo, riportando la citazione di una memoria autobiografia di Ettore Bernabei pubblicata nel 1998. Lo statista trentino sottoscrisse uno scellerato accordo con Raffaele Mattioli, accordo che assegnava il potere politico alla DC, il potere culturale e quello finanziario alla massoneria, nemica giurata della Chiesa Cattolica.