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“L’onnipotenza di Dio, una volta terminati gli eventi, non è in grado di modificarli successivamente, mentre invece possono farlo gli storici mutando la narrazione degli avvenimenti effettivamente accaduti” (Voltaire). La citazione di Voltaire non fa sconti neanche sul caso del beato Simonino, né è riprova la pervicace capziosità con la quale costantemente, si vuol negare la verità, nonostante ebrei importanti del peso di Ariel Toaff e Sergio Luzzato, hanno raccontato attraverso le loro ricerche documentali che i sacrifici rituali sono stati in seno al mondo ebraico praticati, così come fu praticato sul povero martire beato Simonino.

E.G.

 

di don Ugolino Giugni

 Molto è stato scritto, in passato, sul beato Simonino da Trento e ancora oggi, malgrado la “soppressione” del suo culto egli è al centro dell’interesse degli studiosi. Nel 2007 fece molto scalpore il libro “Pasque di Sangue” di Ariel Toaff, figlio del gran rabbino di Roma Elio, nel quale l’autore affrontava scientificamente e storicamente la questione della “cultura del sangue” nelle tradizioni e credenze popolari ebraiche nel medioevo. Questa “accusa del sangue”, secondo Toaff, emerge proprio dai verbali dei processi per l’accusa di “omicidio rituale” (di cui proprio quello di Trento del 1475 riguardante il beato Simonino è uno dei più famosi), contro gli ebrei ashkenaziti trentini.

È molto interessante quanto scrive Toaff per spiegare il suo metodo di ricerca, poichè egli non può essere certamente accusato di essere di parte e antisemita: «voglio precisare che nella mia ricerca ho inteso principalmente indagare sul ruolo occupato dalla cosiddetta “cultura del sangue” nel mondo ebraico di lingua tedesca, come nella società circostante. Un ruolo polivalente, terapeutico, magico, scaramantico, alchemico, che prescindeva dal severo, divieto biblico e rabbinico relativo al consumo del sangue. In sostanza, mi sono proposto di verificare come, anche su questo punto, la prassi, modellata dalle influenze esterne, avesse modificato la norma e quali ne fossero state le conseguenze, impreviste o prevedibili, nell’ambito dell’aperto e aspro confronto con le comunità dei cristiani.

 

In altre parole, intendevo ricostruire restituendo loro vita e spessore, le credenze popolari dell’ebraismo ashkenazita medioevale, un mondo sotterraneo, imbevuto di superstizione e di magia e animato da viscerali sentimenti anti-cristiani. Un mondo che, più o meno intenzionalmente, è stato coperto dall’oblio, almeno fino ai tempi recenti. Il processo di Trento per l’infanticidio di Simonino (1475) e la sua ampia documentazione mi hanno fornito la possibilità di esaminare in dettaglio le confessioni degli imputati. Mi sono chiesto quindi se in esse, pur tenendo conto che erano state estorte con la tortura [metodo comune a tutti i processi, anche quelli civili… a quell’epoca, n.d.r.] si potessero riscontrare elementi riconducibili alla mentalità, alle tradizioni e ai riti particolari di quegli ebrei per quanto concerneva sia la vita quotidiana sia la celebrazione delle festività, e in particolare la Pasqua. Sulla base di significativi riscontri e verifiche incrociate con le fonti ebraiche sono giunto alla conclusione che vi siano solidi elementi per ipotizzare che un uso magico e simbolico del sangue, essiccato e ridotto in polvere, fosse divenuto con il tempo, a dispetto dell’opposizione dei rabbini, parte integrante di riti e liturgie particolari nell’ambito della celebrazione della Pasqua ebraica.

L’immagine emersa da una documentazione ebraica rilevante, di recente pubblicata da Israel Yuval, trova conferma nel quadro che sull’argomento ci viene disegnato dagli imputati di Trento, indicando chiaramente che esso caratterizzava in particolare gruppi estremisti ashkenaziti. Questi, che facevano parte di un ebraismo tedesco reduce dai traumi delle crociate, dai massacri e dai battesimi forzati, esprimevano nel corso della cena pasquale la loro risoluta avversione al cristianesimo nel cosiddetto “rituale delle maledizioni”. Secondo la mia ipotesi, che ritengo suffragata da indizi significativi, questi anatemi sacralizzati acquistavano una terribile valenza magica quando simbolicamente qualche granello di sangue cristiano in polvere veniva sciolto nel vino, trasformandolo nel sangue di Edom, il cristianesimo, l’irriducibile persecutore cui le maledizioni erano indirizzate» (1).

Toaff fa notare come il bambino ucciso sia identificato, in maniera commovente per un cristiano, con lo stesso Nostro Signore Gesù Cristo: «“Tu sei crocefisso e trafitto come Gesù l’appeso, in ignominia e vergogna come Gesù”. Per i partecipanti al rito sembra che l’infante cristiano avesse perduto la sua identità (se mai l’aveva posseduta ai loro occhi) e si fosse trasformato in Gesù “crocifisso e appeso”» (2). Quanto affermato qui da Toaff sembra smentire quella “evidente mancanza assoluta di prove” che Gemma Volli invocava nel 1963, all’alba dei tempi nuovi del Concilio Vaticano II, nell’opuscoletto di sedici pagine (3) che ella scrisse per chiedere la revisione dei processi trentini e la soppressione del culto di Simonino.

La storia è nota, la revisione invocata arrivò con il Concilio, e grazie ad un insignificante articolo di W. P. Eckert op. (4), nel 1965 il vescovo di Trento Gottardi fu solerte a sopprimere il culto di Simonino e occultarne le reliquie per cancellarne per sempre, se ciò fosse stato possibile, la memoria.

Questo nuovo libro vuole far conoscere la vera storia di Simonino come l’ha insegnata e creduta Santa Madre Chiesa prima dei “tempi nuovi del Vaticano II”, e vuole ricordare ai cattolici quello che ci sembra essere un punto fondamentale della questione, e che si è sempre cercato di far passare in secondo piano; il fatto cioè che nel caso del culto di San Simonino è in gioco l’autorità stessa e la credibilità della Chiesa. Essa infatti è infallibile nella canonizzazione dei suoi santi, per cui non è possibile che approvi un culto che si rivelerebbe in seguito falso e necessiti di essere soppresso.

Certo la beatificazione, in quanto atto non definitivo e limitato ad un culto locale che non obbliga tutta la Chiesa, non è ancora infallibile; ma è opinione comune dei teologi che sia quanto meno temerario sostenere che vi possa essere errore in un tale giudizio. Inoltre nel nostro caso bisogna considerare il fatto che nel 1584 il nome di Simonino fu inserito nel martirologio romano da Papa Gregorio XIII, col titolo di Santo e che nel 1588 Papa Sisto V concesse per la diocesi di Trento Messa e Officio proprio del Beato Simonino. In seguito con la Bolla Beatus Andreas del 22 febbraio 1755 Papa Benedetto XIV, riconobbe nuovamente il culto prestato a san Simonino affermando che “fu crudelmente messo a morte in odio alla fede”, culto confermato da innumerevoli miracoli.

La bolla di Papa Lambertini (Benedetto XIV) ha un valore particolare, in quanto essa esamina a fondo i casi strettamente collegati del martirio di Andrea da Rinn e Simone di Trento, ed è a tutti nota la somma autorità del Lambertini in materia di canonizzazione di Santi. È da notare che il popolo di Trento ha sempre venerato con un culto pubblico e solenne il suo piccolo patrono fino al 1965. Se ci si pone in questa prospettiva cattolica, non c’è posto, nella questione del culto a Simonino, per il cosiddetto “antisemitismo” col quale, in maniera strumentale, si pretende accusare i cattolici che venerano San Simonino.

Il libro è diviso in due parti affinché il lettore possa farsi un’idea precisa della storia e dello stato del culto di Simonino prima e dopo il Concilio. La prima parte è la ristampa anastatica di un libro degli anni trenta del secolo scorso che racconta abbastanza dettagliatamente la storia del bimbo trentino, il suo martirio e i processi che ne seguirono. L’autore (Cives in latino cioè cittadino) si basa soprattutto sull’opera del Divina (5) parroco di S. Pietro all’inizio del secolo, chiesa in cui venivano custodite le reliquie del beato fino alla soppressione del culto.

Nella seconda parte (appendice) curata dal “Comitato san Simonino” sono raccolti una serie di documenti importanti a testimonianza del culto che la Chiesa ha reso per secoli al piccolo beato. Sono presenti i testi della liturgia tratti dal Messale, dal Breviario e del Martirologio, i documenti del Magistero, e anche il decreto di soppressione del culto del vescovo Gottardi. Molto interessanti sono le immagini, a testimonianza del culto, che si trovano in molte chiese del Trentino e della val Camonica (BS) nonché alcune foto delle processioni nella città di Trento.

 

Civis, La vera storia del Beato Simonino da Trento Innocente e Martire e del suo culto, Comitato San Simonino, Trento 2013, 100 pag. euro 12,00.

http://www.sodalitiumshop.it/epages/106854.sf/it_IT/?ObjectPath=/Shops/106854/Products/030

 

Note

1) Ariel Toaff, Pasque di sangue. Ebrei d’Europa e omicidi rituali, Il Mulino Bologna 2007, Postfazione, pagg. 364-365.

2) Ariel Toaff, Pasque di sangue…, op.cit., p. 196)

3) Gemma Volli, I “processi tridentini” e il culto del Beato Simone da Trento, La nuova Italia, Firenze 1963. Significativo dei tempi nuovi, è quanto scritto in nota a chiusura del libro: «questo scritto viene pubblicato dopo che il cardinale Bea, il 19 novembre, ha tenuto al Concilio un discorso che rovescia l’atteggiamento ancora tradizionale della Chiesa nei confronti degli ebrei e che, insieme con il discorso sulla libertà di religione, fa compiere ci sembra un passo decisivo per l’insegnamento della Chiesa nell’epoca moderna. Tale atteggiamento della Chiesa dovrebbe peraltro trovare immediata ripercussione anche in casi palesi di culti e glorificazioni che nulla hanno a che fare con la verità e con lo spirito dei tempi nuovi come è appunto il caso trattato da questo articolo, caso che dimostra quanto necessaria sia la nuova posizione della Chiesa e quanto pervicaci i modi medievali di intendere il cristianesimo (n.d.r.)» (pag. 16).

4) W. P. Eckert op. Il beato Simonino negli “atti” del processo di Trento contro gli ebrei, Temi tipografia editrice, Trento 1965.

5) Mons. Giuseppe Divina, Il Beato Simone da Trento, Tip. Artigianelli D. F. D. M. – Trento, 1902.

Quelle Pasque di Sangue (Corriere della Sera, 6 febbraio, 2007)

Il fondamentalismo ebraico nelle tenebre del Medioevo

Sergio Luzzatto

Trento, 23 marzo 1475. Vigilia di Pesach, la Pasqua ebraica. Nell'abitazione-sinagoga di un israelita di origine tedesca, il prestatore di denaro Samuele da Norimberga, viene rinvenuto il corpo martoriato di un bimbo cristiano : Simonino, due anni, figlio di un modesto conciapelli. La città è sotto choc. Unica consolazione, l'indagine procede spedita. Secondo gli inquirenti, hanno partecipato al rapimento e all'uccisione del «putto» gli uomini più in vista della comunità ebraica locale, coinvolgendo poi anche le donne in un macabro rituale di crocifissione e di oltraggio del cadavere. Perfino Mosé «il Vecchio», l'ebreo più rispettato di Trento, si è fatto beffe del corpo appeso di Simonino, come per deridere una rinnovata passione di Cristo. Incarcerati nel castello del Buonconsiglio e sottoposti a tortura, gli ebrei si confessano responsabili dell'orrendo delitto. Allora, rispettando il copione di analoghe punizioni esemplari, i colpevoli vengono condannati a morte e Il resto del siclo / 24 / Primavera de 2007 / 1 — 13 — giustiziati sulla pubblica piazza. Durante troppi secoli dell'era cristiana, dal Medioevo fino all'Ottocento, gli ebrei si sono sentiti accusare di infanticidio rituale, perché quelle accuse non abbiano finito con l'apparire alla coscienza moderna niente più che il parto di un antisemitismo ossessivo, virulento, feroce. Unicamente la tortura - si è pensato - poteva spingere tranquilli capifamiglia israeliti a confessare di avere ucciso bambini dei gentili : facendo seguire all'omicidio non soltanto la crocifissione delle vittime, ma addirittura pratiche di cannibalismo rituale, cioè il consumo del giovane sangue cristiano a scopi magici o terapeutici. Impossibile credere seriamente che la Pasqua ebraica, che commemora l'esodo degli ebrei dalla cattività d'Egitto celebrando la loro libertà e promettendo la loro redenzione, venisse innaffiata con il sangue di un goi katan, un «piccolo cristiano» ! Più che mai, dopo la tragedia della Shoah, è comprensibile che l'«accusa del sangue» sia divenuta un tabù. O piuttosto, che sia apparsa come la miglior prova non già della perfidia degli imputati, ma del razzismo dei giudici. Così, al giorno d'oggi, soltanto un gesto di inaudito coraggio intellettuale poteva consentire di riaprire l'intero dossier, sulla base di una domanda altrettanto precisa che delicata : quando si evoca tutto questo - le crocifissioni di infanti alla vigilia di Pesach, l'uso di sangue cristiano quale ingrediente del pane azzimo consumato nella festa - si parla di miti, cioè di antiche credenze e ideologie, oppure si parla di riti, cioè di eventi reali e addirittura prescritti dai rabbini ? Il gesto di coraggio è stato adesso compiuto. L'inquietante domanda è stata posta alle fonti dell'epoca, da uno storico perfettamente attrezzato per farlo : un esperto della cultura alimentare degli ebrei, tra precetti religiosi e abitudini gastronomiche, oltreché della vicenda intrecciata dell'immaginario ebraico e di quello antisemita. Italiano, ma da anni docente di storia medievale in Israele, Ariel Toaff manda in libreria per il Mulino un volume forte e grave sin dal titolo, Pasque di sangue. Magnifico libro di storia, questo è uno studio troppo serio e meritorio perché se ne strillino le qualità come a una bancarella del mercato. Tuttavia, va pur detto che Pasque di sangue propone una tesi originale e, in qualche modo, sconvolgente. Sostiene Toaff che dal 1100 al 1500 circa, nell'epoca compresa tra la prima crociata e l'autunno del Medioevo, alcune crocifissioni di «putti» cristiani - o forse molte - avvennero davvero, salvo dare luogo alla rappresaglia contro intere comunità ebraiche, al massacro punitivo di uomini, donne, bambini. Né a Trento nel 1475, né altrove nell'Europa tardomedievale, gli ebrei furono vittime sempre e comunque innocenti. In una vasta area geografica di lingua tedesca compresa fra il Reno, il Danubio e l'Adige, una minoranza di ashkenaziti fondamentalisti compì veramente, e più volte, sacrifici umani. Muovendosi con straordinaria perizia sui terreni della storia, della teologia, dell' antropologia, Toaff illustra la centralità del sangue nella celebrazione della Pasqua ebraica: il sangue dell'agnello, che celebrava l' affrancamento dalla schiavitù d'Egitto, ma anche il sangue del prepuzio, proveniente dalla circoncisione dei neonati maschi d'Israele. Era sangue che un passo biblico diceva versato per la prima volta proprio nell'Esodo, dal figlio di Mosè, e che certa tradizione ortodossa considerava tutt' uno con il sangue di Isacco che Abramo era stato pronto a sacrificare. Perciò, nella cena rituale di Pesach, il pane delle azzime solenni andava impastato con sangue in polvere, mentre altro sangue secco andava sciolto nel vino prima di recitare le dieci maledizioni d'Egitto. Quale sangue poteva riuscire più adatto allo scopo che quello di un bambino cristiano ucciso per l'occasione, si chiesero i più fanatici tra gli ebrei studiati da Toaff ? Ecco il sangue di un nuovo Agnus Dei da consumare a scopo augurale, così da precipitare la rovina dei persecutori, maledetti seguaci di una fede falsa e bugiarda. Sangue novello, buono a vendicare i terribili gesti di disperazione - gli infanticidi, i suicidi collettivi - cui gli ebrei dell'area tedesca erano stati troppe volte costretti dall'odiosa pratica dei battesimi forzati, che la progenie d'Israele si vedeva imposti nel nome di Gesù Cristo. Oltreché questo valore sacrificale, il sangue in polvere (umano o animale) aveva per gli ebrei le più varie funzioni terapeutiche, al punto da indurli a sfidare, con il consenso dei rabbini, il divieto biblico di ingerirlo in qualsiasi forma. Secondo i dettami di una Cabbalah pratica tramandata per secoli, il sangue valeva a placare le crisi epilettiche, a stimolare il desiderio sessuale, ma principalmente serviva come potente emostatico. Conteneva le emorragie mestruali. Arrestava le epistassi nasali. Soprattutto rimarginava istantaneamente, nei neonati, la ferita della circoncisione. Da qui, nel Quattrocento, un mercato nero su entrambi i versanti delle Alpi, un andirivieni di ebrei venditori di sangue umano : con le loro borse di pelle dal fondo stagnato, e con tanto di certificazione rabbinica del prodotto, sangue kasher... Risale a vent'anni fa un libretto del compianto Piero Camporesi, Il sugo della vita (Garzanti), dedicato al simbolismo e alla magia del sangue nella civiltà materiale cristiana. Vi erano illustrati i modi in cui i cattolici italiani del Medioevo e dell'età moderna riciclarono sangue a scopi terapeutici o negromantici : come il sangue glorioso delle mistiche, da aggiungere alla polvere di crani degli impiccati, al distillato dai corpi dei suicidi, al grasso di carne umana, entro il calderone di portenti della medicina popolare. Con le loro «pasque di sangue», i fondamentalisti dell'ebraismo ashkenazita offrirono la propria Il resto del siclo / 24 / Primavera de 2007 / 1 — 14 — interpretazione - disperata e feroce - di un analogo genere di pratiche. Ma ne pagarono un prezzo enormemente più caro. * * * Il tema del libro Esce in libreria dopodomani, giovedì 8 febbraio, il libro di Ariel Toaff «Pasque di sangue. Ebrei d' Europa e omicidi rituali» (pp. 364, 25), edito dal Mulino Il saggio affronta il tema dell' accusa, rivolta per secoli agli ebrei, di rapire e uccidere bimbi cristiani per utilizzarne il sangue nei riti pasquali * * * Il caso di Trento Nel 1745 il piccolo Simone venne trovato morto a Trento Per il suo omicidio furono giustiziati 15 ebrei Fino al 1965 Simone fu venerato come beato * * * Uno storico del giudaismo Ariel Toaff, figlio dell'ex rabbino capo di Roma Elio Toaff, insegna Storia del Medioevo e del Rinascimento presso la Bar-Ilan University in Israele Tra le sue opere edite dal Mulino: «Il vino e la carne. Una comunità ebraica nel Medioevo» (1989), «Mostri giudei. L' immaginario ebraico dal Medioevo alla prima età moderna» (1996), «Mangiare alla giudia. La cucina ebraica in Italia dal Rinascimento all' età moderna» (2000)

Corriere della Sera, 6 febbraio, 2007