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Caro, carissimo signor Ianeselli,

anche Lei strumento dell’isterismo irrazionale dell’ideologia più scialba, preconfezionata della farsa e menzognera liquida e fumosa modernità? alfiere di quelle sovrastrutture apolide finanziarie che governano e condizionano buona parte delle teste degli uomini, senza distinzione di sesso. Anche Lei fa sua la manipolazione del linguaggio per giustificare l’imponderabile. Saprà da sè che le sue fragili e distorte esternazioni non la rendono originale, in tal senso è stato preceduto da altri ben più famosi visionari, Cartesio, Hume, Fitch.

Signor Ianeselli,  ha chiaro il concetto dei termini che usa e dispensa, “violenza, menzogna, intimidire, difendere, libertà”? Lei ne abusa. Atteggiamenti ed abitudini che l’uomo-massa non può né apprezzare né praticare, bastandogli la continua identificazione in un tipo sociale altro da lui, essendogli sufficiente il riconoscimento esteriore, lo specchiarsi in un suo simile altrettanto vuoto di consapevolezza interiore, altrettanto automa, altrettanto cieco strumento di un io che nulla conserva dei valori essenziali della persona umana, poiché si confonde e scompare dietro l’anonimato della massa, dietro il si dice.

Femministe e sodali  - vedi Ianeselli- si fanno interpreti del sentire di tutte “le ragazze e le donne di questa città (Trento)”, confondendo volutamente, disperate esigue e marginali femministe con il genere femminile.

La maggior parte delle DONNE, contrariamente ad invasate femministe  -in barba al logoro quanto stucchevole richiamo alla “cultura paternalista”- conoscono perfettamente i rischi che comporta l’assunzione della pillola abortiva RU-486, per la loro salute e  la vita dei cuccioli di uomo custoditi ed allevati nel grembo materno. Sì, i cuccioli di uomo, che nell’ottica, visione e idea di femministe e sodali  -vedi Ianeselli- non hanno alcun diritto alla tutela della propria vita. Eppure, non solo la ragione, il cuore, ma anche la scienza  e scienziati di conclamata fama, ci assicurano che si è“esseri umani” (uomini) fin dal concepimento, il padre della medicina Ippocrate, Bernard Nathanson, l’ateo (un senza Dio come il signor Ianeselli e femministe) Giorgio Pardi: “La vita inizia quando i 23 cromosomi maschili si fondono coi 23 cromosomi femminili. Lo zigote ha in sé già tutto”.

Le pioniere del femminismo in America, le prime donne  a battersi per l’emancipazione femminile, non consideravano affatto l’aborto come un diritto né come una conquista necessaria all’emancipazione.

Il 5 febbraio 1868, su  The Revolution , la  Elisabeth Candy Stanton si riferiva all ‘“assassinio di bambini, prima o dopo la nascita” come un “male, sempre”.

Elizabeth Blackwell, la prima delle donne medico degli Stati Uniti, si è sempre schierata  contro l’aborto: una  “grossolana perversione”.  Tanto da auspicare che mai si chiamassero con l’onorevole termine di “medico” quelle donne che facevano abortire altre donne: il  “totale degrado” di ciò che potrebbe e dovrebbe diventare una professione nobile per le donne.

Un’altra femminista ante litteram, Susan B. Anthony, già scriveva lucidamente che l’aborto era un sistema per deresponsabilizzare gli uomini e la società rispetto a un problema – la gravidanza indesiderata – che veniva quindi a gravare tutto sulle spalle delle donne: e poi sono le donne che in definitiva commettono il gesto: «Sarà un peso sulla loro coscienza per tutta la vita: quando invece è  tre volte più colpevole lui, che l’ha spinta alla disperazione, che l’ha spinta al crimine!»

L’aborto libero è nell’interesse degli uomini, non delle donne!

E infatti, l’aborto è diventato il centro delle rivendicazioni femministe solo molto più tardi, quando degli uomini – sostenitori della rivoluzione sessuale – hanno cominciato a fare propaganda  alla  contraccezione e all’aborto: per “liberare” le donne, o per liberare dalla responsabilità gli uomini che aspiravano a una vita sessuale promiscua e spensierata?

La giornalista Sue Ellen Browder, in un saggio intitolato Subverted sottolinea come  Lawrence Lader e Bernard Nathanson abbiano fondato il NARAL, ma senza il coinvolgimento del movimento femminista non avrebbero potuto ottenere niente. Dopo anni di tentativi, Lader ha convinto Betty Friedan a includere l’aborto nella sua piattaforma politica, nonostante il fatto che Friedan fosse inizialmente contraria all’aborto. E come  convinse  la Friedan che le donne avevano bisogno dell’aborto per essere veramente libere? Lo fece esagerando grossolanamente il numero di donne che abortivano clandestinamente e il numero di quelle che  morivano per aborto clandestino.

Oggi, oltre il 70% delle donne che abortiscono dichiara di averlo fatto perché  sotto pressione. La pressione arriva da fidanzati o mariti che minacciano di lasciarle,  la pressione arriva da genitori che minacciano di cacciarle di casa, pressioni arrivano dalla società che le convincono che un figlio è un male: pressioni che riducono le donne alla solitudine interiore e alla disperazione.

L’aborto non significa uguaglianza. Non è sinonimo di libertà. L’aborto è oppressione. Donne come la Stanton, la Blackwell e la  Anthony l’avevano capito già alla fine dell’ 800”.

Signor Ianeselli, se vuol  essere davvero “rivoluzionario”, sempre a fianco e difesa dei più deboli e dei loro diritti negati, si batta per i cuccioli di uomo, e lasci che il ventre di una donna rimanga un rifugio sacro, e non si trasformi in un altare sul quale consumare sacrifici umani.

Ps signor Ianeselli come concilia e giustifica le sue rivendicazioni a favore e sostegno dei presunti diritti negati alle donne, con la sua aperta e convinta adesione a un modello di società multietnica-religiosa di matrice islamica, induista, parossisticamente maschilista?

Caro signor Ianeselli buone feste (dal greco festiao o estiao che indica l'atto di accogliere presso il focolare domestico; focolare domestico che richiama a quel luogo dove ad attenderci c’è sempre la mamma).