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Ricerche storiche dimostrano come presso le popolazioni indoeuropee esistessero precise abitudini e tradizioni relative alla continuità della stirpe e alla preservazione della medesima. Natalità infantile e crescita equilibrata dei bambini costituivano oggetto di sacralizzazione e venivano intesi quali processi scanditi dalle inderogabili leggi della Natura. Anche il matrimonio veniva concepito come entità sacra, entità la cui essenza era rappresentata dal consolidamento relazionale tra uomo e donna, i quali avrebbero avuto il compito di accudire il neonato in modo da permettergli di sviluppare un carattere ed una personalità forti. Tale compito educativo esercitava una notevole influenza sul destino della comunità: in un contesto politico comunitario, un individuo fragile avrebbe infatti inciso negativamente sugli equilibri sociali complessivi. Nell’opera Rassenkunde Europas (Tipologia razziale dell’Europa), Hans F. K. Gunther (1891-1968) dichiara, attingendo tale passo da altri autori: 

«C’era un profondo radicamento religioso della sacralità dei legami del sangue dell’obbligo di avere una figliolanza, in quanto i padri defunti  volevano essere onorati dai loro figli. Chi non aveva figli, veniva visto come un maledetto; e quindi il matrimonio veniva visto come qualcosa di sacro (un sacramento). Questo è confermato da documentazioni indiane arcaiche e in molte città elleniche per chi non si sposava erano previste punizioni; mentre fra i romani il matrimonio era visto come obbligatorio, in modo che la stirpe potesse essere continuata (matrimonium liberorum quaerendo causa). Fra i persiani arcaici le cose più lodevoli erano il coraggio e la prolificità. Questo è un tratto comune a tutti i popoli di lingua indoeuropea, che giustamente sono stati descritti come “stirpi prolifiche e amanti dei bambini” […] Quando queste idee furono dimenticate, presso tutti i popoli a dirigenza indoeuropea ebbe inizio la minaccia della scomparsa del sangue indoeuropeo [Presso le civiltà indoeuropee] viene raccomandato tutto ciò che innalza la vita, dall’attenzione data ai bambini alle pratiche agricole (‘chi semina grano, semina sacralità ’) a quella della purezza e della devozione. Attività corporale e psicologico e prolificità sono cose da essere favorite; mentre il disordine sessuale e la pratica dell’aborto erano considerate cose particolarmente impure e segni dell’allontanamento da Ahura Mazda (Dio unico Zarathustrano). Il re dei persiani concedeva doni alle famiglie più numerose, ce lo dice Erodoto».

Nel giuramento (oggi non più obbligatorio) di Ippocrate di Kos (460-377 a.C.), considerato il padre della medicina occidentale, tra le formule giurative si legge anche: 

«[…] Non darò a nessuno alcun farmaco mortale neppure se richiestone, né mai proporrò un tale consiglio: ugualmente non darà alle donne pessari per provocare l’aborto […]».

Allo scopo di raggirare il vincolo anti-abortivo, la scienza illuminata ha modificato la versione originale del giuramento redigendone una al passo con i temi apolide-massonici. Il vincolo anzidetto non vi compare.

Codice Teodosiano III, 3,1(11 marzo 391), IX, 7, 3 (4 dicembre 342) e VII, 6 (6 agosto 390) : <...altre leggi vietavano l'incesto e l'omosessualità. L'aborto rimaneva un delitto: veniva punito, per le honestiores, con il confino e la confisca di una parte dei beni, per i poveri con la condanna a lavorare in miniera e con la pena di morte se la madre soccombeva>.

La legge romana vietava l'omosessualità fin dall'epoca dei Severi ( Gli ultimi giorni dell'impero romano, Michel De Jaeghere, pag. 150).

Augusto si era sforzato di incoraggiare la demografia italiana legiferando sul matrimonio. Dopo aver pensato di renderlo obbligatorio, fece dell'adulterio un delitto, fissò il fidanzamento ad una durata massima di due anni, accordò privilegi giuridici a chi aveva tre figli, escluse gli uomini senza prole dalle cariche di pretore o di governatore di provincia stabilì l'incapacità successoria per i celibi.

Valerio Massimo aveva invano esaltato, sotto Tiberio l'esempio dei censori Camillo e Postumio, che avevano deciso nel 403 a.c. di colpire con una tassa speciale gli uomini che arrivavano celibi a tarda età. "la natura - diceva - vi impone una doppia legge: quella di venire al mondo e quella di avere discendenza. Per il solo fatto di avervi cresciuto, i vostri genitori vi hanno lasciato un debito, quello di avere anche voi dei figli. Non vi deve stupire questo contributo, che aiuterà chi sopporta il peso di una posterità numerosa." avere dei figli faceva parte della pietas. "che importanza ha dimostrare coraggio fuori casa - continuava- se ci si comporta male tra le mura domestiche? è inutile soggiogare città, popoli, invadere regni se il dovere e l'onore non governano sulla pubblica piazza e in senato: quel colosso di potenza elevato fino al cielo non avrà una base durevole." (Valerio Massimo, Fatti e detti memorabili, II, 9, 1 pp. 234 - 237)

Nel 1934, Benito Mussolini (1883-1945) scrisse ne Il popolo d’Italia:

«La dimostrazione che il regresso delle nascite attenta in un primo tempo alla potenza dei popoli e in un successivo tempo li conduce alla morte, è inoppugnabile. Anche le varie fasi di questo processo di malattia e di morte sono esattamente prospettate ed hanno un nome che le riassume tutte: urbanesimo e metropolismo. A un dato momento la città cresce meravigliosamente, patologicamente non certo per virtù propria ma per un apporto altrui. Più la città aumenta e si gonfia la metropoli e più diventa infeconda. La progressiva sterilità dei cittadini è in relazione diretta con l’aumento rapidamente mostruoso della città. Berlino che in un secolo è passata da centomila a oltre quattro milioni di abitanti è oggi la città più sterile del mondo. Essa ha il primato del più basso quoziente di natalità non più compensato dalla diminuzioni delle morti. La metropoli cresce, attirando verso di essa la popolazione della campagna, la quale, però, appena inurbata, diventa, al pari della preesistente popolazione, infeconda. Si fa il deserto nei campi: ma quando il deserto estende le sue piaghe, abbandonate e bruciate, la metropoli è presa alla gola. Né il suo commercio, né le sue industrie, né il suo oceano di pietre e di cemento armato possono ristabilire l’equilibrio, ormai irreparabilmente spezzato; è la catastrofe. La città muore, la nazione senza più linfe vitali della giovinezza delle nuove generazioni non può più resistere – composta com’è ormai di gente vile ed invecchiata al popolo più giovane che urga alle frontiere abbandonate. Ciò può ancora accadere e accadrà. E non soltanto fra città e nazioni, ma in un ordine di grandezza infinitamente maggiore. L’intera razza bianca, la razza dell’occidente può venire sommersa dalle altre razze di colore che si moltiplicano con un ritmo ignoto alla nostra. Negri e gialli sono dunque alle porte?».

Queste preoccupazioni mossero il regime fascista ad attuare un insieme di leggi volte a favorire e a garantire la natalità, in continuità con le tradizioni dei popoli indoeuropei. Può citarsi un esempio: l'imposta sul celibato, proposito della quale era favorire i matrimoni e, di conseguenza, incrementare il numero delle nascite. Istituita il 13 febbraio 1927, essa interessava i celibi di età compresa fra i 25 e i 65 anni, ed era composta da:

  • Un contributo fisso che variava a seconda dell’età. Esso partiva da 70 lire per le fasce più giovani (25-35 anni), saliva sino a 100 entro e non oltre il cinquantesimo anno di età, per poi abbassarsi nuovamente (dai 66 anni se ne veniva esentati). Tali importi vennero aumentati due volte: nell' aprile 1934 e nel marzo 1937.
  • Un' aliquota aggiuntiva che variava a seconda del reddito del soggetto. L’importo veniva devoluto all'Opera Nazionale Maternità e Infanzia.

Altre misure vennero prese in considerazione per risollevare la popolazione italiana: premi di natalità, cerimonie nuziali di massa, premi ed esenzioni fiscali per le famiglie numerose (come tradizione presso i re persiani). Il Duce aveva tenuto conto della ricerca demografica effettuata dal dott. Riccardo Korherr (1903-89), bavarese, il quale nella sua Geburtenrückgang (Dominazione delle nascite, morte dei popoli) affermò: 

«Il massimo coefficiente di natalità si ebbe nel quadriennio 1881-85, con trentotto nati per ogni mille abitanti. Poi cominciò la discesa lenta, ma continua […]. Nel 1915 il quoziente di natalità è già al 30,5 per mille. Nel 1920 si spinge a 31,8 per mille […]. Ma dopo questa punta comincia il movimento regressivo, che giunge al quoziente del 26,9 per mille nel 1927. Mentre per perdere otto punti ci sono voluti prima della guerra trent’anni, sono bastati sette del dopoguerra a farne perdere quattro».  

Dagli anni Cinquanta ad oggi, la situazione è drammaticamente e irreversibilmente precipitata. Se non vi sarà un’inversione di marcia, la cultura globale che i nostri figli erediteranno sarà molto diversa da quella odierna, perché stiamo per essere testimoni di un cambiamento demografico a livello mondiale. Secondo ricercatori addetti alle statistiche demografiche, affinché una cultura si mantenga viva per più di 25 anni deve esserci un tasso di natalità pari a 2.11 figli per famiglia. Un tasso inferiore condurrebbe alla scomparsa della cultura in questione. Storicamente, una cultura con un tasso di natalità dell’1.9 non è mai riuscita a riprendersi. Culture con tasso di natalità pari all’1.3 hanno rivelato l’incapacità assoluta di riprendersi, dato che servirebbero dagli 80 ai 100 anni per correggere il tasso negativo e non esiste un modello economico che possa supportare quella cultura morente. In altre parole, se due coppie di genitori hanno ciascuno un solo figlio, la generazione di quelle due famiglie risulta dimezzata; ora, se quei figli si sposeranno e avranno anch’essi un solo figlio, la loro generazione familiare sarà diminuita di ¼. Esempio concreto: se nel 2006 sono nati solo 1 milione di bambini, sarà difficile avere 2 milioni di adulti come forza lavoro nel 2026. La diminuzione della popolazione è accompagnata dalla scomparsa della cultura. Nel 2007, in Francia il tasso di natalità corrispondeva a 1.8; in Inghilterra 1.6; in Grecia 1.3; in Italia 1.2; in Spagna 1.1. Il tasso di natalità nell’Europa Unita è pari a 1.38. La storia della statistica mostra come ormai sia impossibile rovesciare la situazione: è solo questione di tempo, e l’Europa odierna non esisterà più. Eppure la popolazione europea non è in declino. Quale la spiegazione di tale apparente paradosso? L’immigrazione, in primis quella islamica. Dal 1990, la crescita demografica europea è costituita per il 90% dall’immigrazione islamica. Si considerino vari casi:

  1. Francia: 1.8 nati (francesi) per famiglia contro gli 8.1 per famiglia della popolazione francese musulmana. Nel sud della Francia, che per tradizione è una delle regioni ecclesiastiche più popolate al mondo, vi sono più moschee che chiese. Il 30% dei ragazzi di età inferiore ai 30 anni è musulmano. Nelle città più grandi – Nizza, Marsiglia, Parigi – quel numero è cresciuto del 45%. Entro il 2027, un francese su 5 sarà musulmano. In soli 39 anni, la Francia diventerà una repubblica islamica.
  2. Gran Bretagna. Negli ultimi 30 anni, la popolazione islamica in Gran Bretagna è cresciuta di 30 volte, passando da 82000 a 2,5 milioni di individui. La nazione presenta più di 1000 moschee, molte delle quali erano chiese in passato.
  3. Paesi Bassi. Il 50% dei neonati è musulmano. In soli 15 anni, metà della popolazione sarà musulmana.
  4. Russia. Vi sono 23 milioni di musulmani (un russo su cinque). Entro pochi anni, il 40% dell’esercito russo sarà composto da soldati musulmani.
  5. Belgio. Il 25% della popolazione è musulmano, così come il 50% dei neonati. Il governo belga ha affermato che 1/3 dei bambini europei sarà musulmano entro il 2025.
  6. Germania. Il governo tedesco, il primo a denunciare apertamente questa situazione, ha recentemente dichiarato: «La caduta della popolazione tedesca non può essere arrestata, questo vortice all’ingiù è ormai irreversibile, diventeremo una nazione musulmana entro l’anno 2050». Al momento sono presenti 52 milioni di musulmani in Europa: il governo tedesco ha dichiarato che questo numero è destinato a raddoppiare nei prossimi 20 anni, arrivando a 104 milioni. Nel 1970, negli Stati Uniti d’America c’erano 100000 musulmani, che nel 2008 ammontavano a 9 milioni. Alla natalità di persone di fede islamica, deve sommarsi la prolifica natalità dei popoli meticci latino-americani presenti in gran numero sul suolo europeo.

La deriva, l’estinzione dell’uomo di etnia bianca non è dovuta al caso, ma a strategie pianificate da uomini nemici dell’uomo e frequentatori del tempio di satana. Scrive Luciano Garofoli:

«Quello che noi stiamo accettando, nella più completa indifferenza, direi nella sfera ormai della più completa normalità e senza il benché minimo moto di reazione, è il più grande falso ai danni dell’uomo che l’uomo abbia mai concepito e che egli sta passivamente subendo, un falso con cui l’umanità sta ingannando se stessa! Un assurdo incredibile! È un falso giuridico, morale, scientifico, sociale, culturale, creato da lucide menti criminali e realizzato con anni ed anni di lavoro paziente, certosino, insinuante; con l’impiego di capitali ingenti forniti da grandi fondazioni americane. Vediamo di approfondire questo aspetto inquietante della tragedia. Nel 1789, Thomas R. Malthus (1766-1834) pubblicò in forma anonima il suo Saggio sul principio di popolazione. Nel 1803 il libro uscì in versione definitiva e con la sua firma. Malthus venne nominato professore di Economia Politica ad Haileybury nel 1805. Egli identifica la causa principale della miseria nel fatto che la popolazione tende ad aumentare più rapidamente dei mezzi di sussistenza. In particolare, mentre la popolazione aumenta in progressione geometrica, i mezzi di sussistenza tendono a farlo in progressione aritmetica. L’incremento demografico può tuttavia essere ritardato da freni repressivi come guerre, epidemie, carestie o da freni preventivi come la restrizione morale. Quest’ultima, alla quale Malthus esorta tutti gli uomini e soprattutto i poveri (che umanista e filantropo, una persona dalla sensibilità sconfinata!), consiste in una limitazione volontaria delle nascite attraverso l’astensione dal matrimonio. Egli propone quindi di adottare ogni misura atta a scoraggiare la natalità e di abolire la “legge sui poveri”, poiché la carità è un incentivo all’incremento di popolazione. L’economista mette in luce il crescente divario tra la crescita demografica e quella delle risorse per la sussistenza: la popolazione cresce secondo una proporzione geometrica (1-2-4-8, ecc.), per cui ogni singolo aumento è principio di moltiplicazione degli aumenti successivi. Al contrario, le risorse per la sussistenza aumentano solamente in proporzione aritmetica (1-2-3-4, ecc.): ne segue che l’aumento delle risorse non riesce a tenere il passo con la crescita della popolazione; vi saranno sempre più esseri umani e, proporzionalmente, sempre meno risorse sufficienti a sfamarli. Come soluzione, Malthus propone un rigoroso controllo delle nascite, ossia un «ritegno morale» consistente nell’astenersi dal matrimonio e dalle pratiche sessuali (ma magari tra omologhi di sesso no, quelle possono essere un remedium concupiscientiae). In questa maniera, dopo aver sostenuto il crescente divario in atto tra la crescita demografica e quella delle risorse per la sussistenza, si fa portavoce di un liberalismo radicale e sfrenato, secondo cui ogni singolo individuo è e deve essere libero e privo di assistenza sociale e solidarietà, in modo tale che a prevalere siano i più forti, a soccombere i più deboli. È bene ricordare che fu amico di Hume e di Rousseau: forse questo la dice lunga sul retroterra culturale in cui nasce la sua folle teoria. In sostanza, le risorse umane sono scarse e la popolazione per sopravvivere si deve autolimitare, pena l’estinzione. All’illuminato scienziato, che tanto crede nella dea scienza, non passa assolutamente per la testa che il radioso progresso a cui l’umanità va incontro possa dare una mano in parte a risolvere i problemi. È inutile dire che le sue teorie hanno subìto una vasta diffusione ed eco soprattutto in quegli ambienti liberal che come al solito predicano bene e razzolano male: da una parte vogliono produrre per loro soli una ricchezza sempre maggiore e crescente e dall’altra per produrla fanno lavorare i salariati 14 ore al giorno e preferiscono servirsi soprattutto dei bambini. Nel 1925 Raymond Fosdick, membro della Pilgrims Society, presidente della Fondazione Rockefeller e sottosegretario generale della Società delle Nazioni, si pone il problema demografico e nel 1934 fonda, con i finanziamenti della Fondazione Rockefeller, il Memorial and the General Education Board. Nello stesso periodo Herbert George Wells, anche lui affiliato alla prestigiosa Pilgrims Society ma anche membro della elitaria, rosicruciana e magica società Golden Dawn, dichiarava: “La comunità mondiale che noi (?) desideriamo, la comunità mondiale organizzata che conduce ed assicura il proprio progresso, esige quale condizione principale un controllo deliberato della popolazione”. Guardate le coincidenze: Malthus illuminista ed illuminato mette giù la sua teoria; Fosdick, sicuramente un signor nessuno che per la sua bravura e capacità è presidente della Fondazione più ricca d’America, parla di controllo delle nascite; Wells un progressista esoterico che bazzica ambienti esclusivissimi parla di controllo deliberato, il che significa, pilotato e pianificato, della crescita della popolazione. Come vedete, i personaggi citati non hanno tra loro alcun punto di contatto! Poi si dice che non esista un piano prestabilito di aggressione al genere umano chiaramente luciferino!!! Solo idioti, illusi o collusi, possono non credere a ciò. Ma non finisce qui. La Seconda Guerra Mondiale dà, secondo le teorie sopra esposte, una grossa mano al piano di riduzione del surplus di popolazione. Ma le attività continuano a fervere ed il Piano di Controllo della Popolazione e l’optimun di densità della popolazione umana nel mondo continuano ad essere motivo di fondo in certi ambienti molto avanzati. La cosa comunque è ancora sul piano strettamente privatistico e non c’è nessun riconoscimento ufficiale pubblico: l’opposizione al piano, soprattutto in Occidente, da parte della Chiesa Cattolica, era stata formidabile. La Chiesa faceva il Katéchon ed era rispettata! Nel novembre del 1952, John D. Rockefeller III fondava il Population Council insieme a Lewis Strauss, consigliere di vari presidenti americani, ammiraglio della flotta americana durante la Seconda Guerra Mondiale, associato fino al 1947 della Kuhn & Loeb e presidente della Commissione per l’Energia Nucleare americana. Il Population Council fu uno dei centri propulsori mondiali per le campagne birth control (controllo delle nascite) pro aborto e pro contraccettivi. Il Council ricevette donazioni sostanziose dalle grandi Fondazioni americane: solo dalla Ford ottenne 220 milioni di dollari tra il 1952 ed il 1970. Quando nel 1956 fu posta in vendita la pillola anticoncezionale orale, inventata da Gregory Pincus, la Fondazione Rockefeller fece grandi pressioni sulla Pontificia Commissione affinché approvasse il farmaco. E la stessa Fondazione è sempre la punta di diamante in questa battaglia contro la vita: tra il 1963 ed il 1970 investiva nell’impresa quasi sedici milioni di dollari ed il dottor J. Knowles, suo presidente, il 14 marzo 1973 poteva dichiarare, davanti al Consiglio Nazionale del Centro di Sviluppo del Planning Familial: “E’ ruolo del settore privato come di quello pubblico accelerare lo sviluppo degli aborti legali negli Stati Uniti portandoli da 1,2 milioni a 1,8 milioni lanno”».

Tali macchinazioni, attraverso la pedante pressione disinformativa mediatica, sortirono il loro effetto anche in Italia. Nel 1971 il PSI presentò al Senato una proposta per l'introduzione dell'aborto legale, libero, gratuito, affermando che vi erano in Italia tra i 2 e i 3 milioni di aborti annui, e che circa 20.000 donne all'anno morivano a causa degli interventi abortivi. Nel successivo progetto di legge, sempre socialista, presentato alla Camera il 15 ottobre 1971, il numero degli aborti annui rimaneva stabile, mentre quello delle donne morte per pratiche abortive clandestine saliva – chissà come! – a 25.000. Tali cifre venivano riprese come attendibili da vari giornali (Corriere della sera, Il Giorno..). Se le cifre suddette fossero state vere, una volta divenuto lecito e gratuito, l'aborto si sarebbe dovuto diffondere ancor più. Nel 1979, invece, gli aborti legali ufficiali furono 187.752. Quanto alle donne morte per pratiche clandestine, basterebbe consultare il Compendio Statistico Italiano del 1974, ove si legge che in Italia, nell'intero anno, morirono 9.914 donne tra i 14 e i 44 anni, la fascia d’età feconda. Fossero anche decedute tutte per aborto clandestino, non sarebbero comunque né 20.000 né 25.000! Oggi sappiamo che buona parte della campagna pro choice, in Italia come in USA, si basò su menzogne premeditate. Lo raccontano personaggi insospettabili, come Norma L. McCorvey (nata nel 1947 e pseudonimo della quale fu Jane Roe), alla quale si deve la legalizzazione dell’aborto negli USA. Il suo caso pietoso di donna povera, tra riformatorio e lavori precari, amanti e LSD, venne usato dagli abortisti con estrema spregiudicatezza per convincere l’opinione pubblica. Si puntò sul sentimentalismo, sulla sua storia personale, arricchendola di colorite invenzioni, come il fatto che fosse stata vittima nientemeno che di uno stupro di gruppo. Lo stesso uso dei casi estremi e pietosi fu fatto in Italia. Tali strategie sono state svelate anche dal medico statunitense Bernard N. Nathanson (1926-2011), nel 1968 fondatore a New York della Lega d'azione per il diritto all'aborto e all'epoca direttore della più grande clinica per aborti del mondo: la Crash. Dopo 75.000 aborti, dei quali 15.000 di sua mano e gli altri ad opera dei suoi medici, ha riveduto le proprie posizioni, affermando tra l’altro che una delle menzogne per convincere l'opinione pubblica era l'impiego di sondaggi fittizi e la falsificazione dei dati sugli aborti clandestini e sulle donne morte a causa di essi:

«Purtroppo l'informazione inesatta e tendenziosa rimane per gli abortisti il metodo migliore di propaganda».

Nathanson ricorda altre strategie utilizzate all’epoca da lui stesso e dai compagni di strada: sviare il discorso dal campo scientifico a quello ideologico, accusando la Chiesa di posizioni preconcette e moralistiche; spiegare che i cattolici debbono distinguere tra questioni puramente e solamente religiose e leggi dello Stato; affermare che tutti i mezzi di informazione sono schierati con la Chiesa, “arrogante e prepotente” (..). Le stesse "litanie" che ognuno può ancor oggi sentire.

  Al mezzo diretto dell’eliminazione dell’uomo già nel grembo materno, si aggiungano tutti gli artifizi di “sussidio” adottati all’uopo:

  • Pornografia a tutti i livelli, soft ed a hard, volta a indurre l’uomo a considerare il sesso solo un aspetto godereccio, estromettendo la funzionalità prima e naturale del sesso che è la procreazione.
  • Gli anticoncezionali, che riconduco anch’essi il sesso a puro mezzo di piacere materiale.
  • Omosessualità, cruda sessualità per natura avversa alla procreazione.
  • Droga ed alcolismo, che lobotomizzano gli uomini privandoli della volontà necessaria per comprendere gli scopi per il quale l’uomo è stato creato.
  • Disordine di genere, a cominciare dagli uomini ammutoliti ed enucheizzati e dalle donne virilizzate. Tale miscela esplosiva è all’origine della sovversione gerarchica e della negazione delle specificità fisiche, psichiche e anatomiche tra maschio e femmina. Ciò costituisce la base della destrutturazione familiare. Per assecondare la disfatta familiare, disfatta necessaria per impedire la continuità equilibrata della specie, lo “Stato” ha legalizzato il divorzio. Si facilitano inoltre le adozioni interetniche a scapito delle adozioni omogenee, si osanna il meticciato – chiunque ponga delle riflessioni contro il mescolamento viene esposto alla gogna mediatica come ‘razzista’ – che opera la sopraffazione di un’etnia nei confronti di un’altra (infatti il meticciato elimina l’etnia caucasica dal pigmento chiaro rispetto all’etnia dal pigmento scuro).

È evidente, in conclusione, che le cause testé menzionate andrebbero approfondite, ma scopo della presente relazione è fornire una panoramica generale, ancorché non superficiale, della più grande carneficina legalizzata: l’aborto. Se si vuole dare un senso alle nostre inclinazioni naturali verso la giustizia morale e sociale, prima di ogni cosa bisogna abrogare la legge sull’aborto e simultaneamente rieducare maschi e femmine a riacquistare la dignità di uomo e di donna, nel pieno rispetto della Natura, inequivocabilmente e consapevolmente conosciuta dai nostri antenati. Diversamente, le nostre lotte si dissiperanno in futuro monocromatico, privo di civiltà.

Emilio Giuliana

1 Hans F. K. Gunther, Rassenkunde Europas, J. F. Lehmann Verlag, München 1929.

2 Ippocrate, Antica medicina. Giuramento del medico, A cura di Mario Vegetti, Rusconi, Milano 1998, p. 129.

3 Benito Mussolini, Recensione al testo Regresso delle nascite, morte dei popoli di Riccardo Korherr, in Il popolo d’Italia, 5 maggio 1934.

4 Richard Korherr, Geburtenrückgang, in Süddeutsche Monatshefte, München 1928. Cfr. anche Richard Korherr, Mainfranken Zu- und Abnahme der Bevölkerung 1925-1933, Würzburg Stürtz1938.  

5 Luciano Garofoli, Aborto: il seppellimento ed il Battesimo dei bambini non nati, 27 settembre 2011. Articolo consultabile al sito Internet www.effedieffe.com Corsivi e virgolette nell’originale.

6 Bernard N. Nathanson, Richard N. Ostling, Aborting America, Doubleday, Garden City (New York) 1979.