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AFROAMERICANI. FORSE IL PROBLEMA NON SONO LE STATUE

La disgregazione familiare – e non il retaggio dello schiavismo – sarebbero la causa dell'attuale situazione dei "black americans"

Come molti di voi avranno avuto modo di leggere, negli ultimi mesi gli attivisti per i diritti civili degli afroamericani hanno dichiarato guerra a tutto ciò che secondo loro puzza anche solo lontanamente di razzismo.

Le prime a essere prese di mira sono state le statue confederate, molte delle quali sono state rimosse o vandalizzate (qui e qui potete leggere due dei tanti articoli sull’argomento). Poi si è passati ad altre opere d’arte. Ad esempio, il cinema Orpheum di Memphis ha abolito le proiezioni di Via col vento, e un professore dell’Iowa ha dichiarato che le statue di marmo bianco supportano il “suprematismo bianco”. Volendo, si potrebbero fare tanti altri esempi ai limiti dell’assurdo.

Gli attivisti neri, quindi, sostengono che la causa di tutti i problemi della loro comunità siano il razzismo e le leggi razziali del passato, e proprio per questo vogliono eliminare tutto ciò che secondo loro è razzista. Sono arrivati a sostenere che tutti i bianchi sono intrinsecamente razzisti, e che di conseguenza adesso tutti i bianchi sono tenuti a fare dei gesti di riparazione per farsi perdonare il passato da schiavisti.

Sia negli Usa che in Gran Bretagna ci sono scuole che rischiamo multe o la chiusura perché hanno pochi studenti di colore, e i college americani hanno introdotto test d’ingresso facilitati per neri e sudamericani, sperando così di attrarre più studenti di queste due categorie. Purtroppo la cosa non è servita a niente, perché molti di questi studenti abbandonano il college durante o dopo il primo anno, poiché non ce la fanno a tenere il passo con lo studio e gli esami.

Ormai da vari decenni nei college sono stati creati (tra gli altri) i Black Studies, cioè dipartimenti in cui tutta la storia viene rivista attraverso la lente “nera” della schiavitù e del razzismo e gli unici personaggi storici e letterari che si studiano sono quelli di colore. A Oxford c’è persino chi si lamenta che il proprio curriculum universitario è “troppo bianco”. E anche qui, avendone il tempo, si potrebbero fare tanti altri esempi degni del caro vecchio Orwell.

Ma la causa dei problemi della comunità di colore è davvero il razzismo?

Questo articolo (1) sembra supportare una tesi diversa e molto più scomoda.

<<Che il problema dei neri d’America di oggi sia il risultato di schiavitù, discriminazione razziale e povertà è un assioma che ha ormai raggiunto lo status di dogma e viene ritenuto praticamente ovvio e indubbio.

Questo è ciò che viene insegnato dalle università e dall’establishment dei diritti civili, ma a dispetto di quello che dice la sinistra, le prove a supporto di questa teoria sono quasi inesistenti.

Il problema principale dei neri sono in realtà gli effetti derivanti da una debole struttura famigliare>>.

Struttura famigliare

I figli di famiglie senza padre hanno più probabilità di abbandonare la scuola, suicidarsi, soffrire di disturbi del comportamento, unirsi a bande criminali, commettere crimini e finire in prigione. Hanno anche più probabilità di vivere in povertà.

Ma la debole famiglia afroamericana è un’eredità della schiavitù?

Nel 1960, solo il 22% dei bambini neri veniva cresciuto in famiglie monoparentali. Cinquant’anni dopo, più del 70% dei bambini neri è cresciuto da famiglie monoparentali.

Ecco la mia domanda: l’aumento, dopo il 1960, delle famiglie monoparentali tra i neri fu un’eredità della schiavitù o un’eredità di quello stato sociale che ha dichiarato guerra alla povertà?

Secondo l’Encyclopaedia of the Social Sciences, nel 1938 solo l’11% dei bambini neri nasceva da donne non sposate. Oggi siamo al 75%.

Anche questa è un’eredità un po’ tarda della schiavitù?

In pratica, la famiglia nera era molto più forte nei primi 100 anni dopo la schiavitù che nei successivi 100 anni.

C’è stato un momento in cui quasi tutte le famiglie nere erano povere, a prescindere dal fatto che fossero presenti entrambi i genitori o no. Oggi, circa il 30% dei neri è povero. Tuttavia, le famiglie nere con entrambi i genitori sono raramente povere: solo l’8% di esse. Nelle famiglie nere in cui lavorano entrambi i coniugi, la soglia di povertà è al di sotto del 5%. Al contrario, la povertà delle famiglie in cui è presente solo la madre è del 37%.

La verità è che né la schiavitù, né le leggi razziali, né il razzismo hanno colpito la famiglia nera tanto quanto lo stato sociale.

La struttura della famiglia nera non è l’unica regressione sofferta dai neri nell’era dell’illuminismo razziale.

Disoccupazione

I censimenti dal 1890 al 1954 mostrano che i neri erano attivi nel mercato del lavoro tanto quanto i bianchi, a volte anche di più. Inizialmente, la disoccupazione tra gli adolescenti di colore era uguale o inferiore a quella degli adolescenti bianchi.

Ai primi del ‘900, per i neri la durata della disoccupazione era del 15% più corta di quella dei bianchi. Oggi è del 30% più lunga.

Forse in quei primi periodi la discriminazione era inferiore?

La verità è che le varie leggi sul lavoro volute dai liberali e dai sindacati loro alleati hanno tagliato gli ultimi gradini della scala sociale e incoraggiato la discriminazione razziale.

I sindacati hanno una lunga storia di discriminazione contro i neri. Frederick Douglass scrisse su questo argomento in un suo saggio del 1874 intitolato The Folly, Tyranny, and Wickedness of Labor Unions, e Booker T. Washington fece lo stesso nel suo saggio del 1913 dal titolo The Negro and the Labor Unions  .

A danno dei loro elettori, molti degli odierni politici di colore appoggiano incondizionatamente le leggi sul lavoro portate avanti dai sindacati e dalle organizzazioni bianche liberali.

E poi c’è l’istruzione. Molti neri in IV superiore hanno problemi al livello dei bianchi di prima media. Scrivono e fanno di conto come i bianchi di seconda e terza media.

Tutto questo significa che un datore di lavoro che assume o un college che ammette un giovane nero diplomato stanno in realtà assumendo o ammettendo un giovane di terza media. Per cui poi non ci si deve sorprendere dei risultati.

Il danno più grave inflitto agli afroamericani è causato da questi politici, leader dei diritti civili e accademici che sostengono che tutti i problemi dei neri sono il risultato della discriminazione e di un passato di schiavitù. Questa visione non farà che perpetuare il problema.

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Questo ovviamente non significa che essere cresciuti solo dalla madre sia il passaporto per l’insuccesso o per la criminalità. Un esempio contrario viene proprio dalla stessa comunità nera. Il dottor Benjamin Carson fu il primo medico che, nel 1987, eseguì con successo un’operazione per separare due gemelli siamesi uniti alla testa. In tutte le operazioni precedenti uno o entrambi i gemelli erano morti, mentre Carson riuscì a separarli e a mantenerli entrambi in vita. Purtroppo i due bambini non ebbero una vita normale, ma in ogni caso l’intervento di Carson funse da modello per tutti gli altri interventi di questo tipo. Carson e suo fratello (in seguito divenuto ingegnere) vennero cresciuti solo dalla madre, perché alcuni dopo il matrimonio la donna scoprì che il marito era bigamo. Sonya Carson era ben consapevole dell’importanza di avere una buona istruzione (lei era semianalfabeta), per cui incoraggiò sempre con fermezza i figli a studiare e a leggere. Grazie ai buoni voti con cui si diplomò, Carson venne ammesso a Yale e, una volta laureatosi, fu accettato per fare internato nel celebre ospedale Johns Hopkins. A soli 33 anni divenne primario di neurochirurgia pediatrica. L’anno seguente eseguì la prima emisferectomia e nel 1987, a 36 anni, l’intervento sui due gemelli siamesi tedeschi.

Crescere con il padre non è neanche garanzia di una vita tranquilla e di successo. Nelle famiglie mafiose, ad esempio, il “mestiere” viene passato di padre in figlio e ovviamente ci sono anche i padri presenti fisicamente ma assenti emotivamente.

Tuttavia, non si può negare l’importanza, per un bambino, di una solida struttura famigliare. Secondo Warren Farrel, autore di the Myth of the Male Power, i ragazzi senza padre mostrano meno empatia, sono meno sicuri di sé, hanno più probabilità di soffrire di depressione, di incubi e di essere disobbedienti, di avere pochi amici e andare male a scuola, soprattutto nella lettura, nella scrittura, in matematica e scienze (cosa confermata anche da questo studio del MIT). Secondo Farrell, le prigioni sono dei veri e propri centri di uomini senza padre. Dal 1970, negli USA le incarcerazioni sono aumentate del 700% e in Gran Bretagna sono raddoppiate.

Questo studio dell’Università di Princeton mostra che i ragazzi cresciuti senza padre hanno una possibilità tre volte maggiore di finire in prigione prima dei 30 anni. Un altro studio mostra che le ragazze cresciute senza padre hanno più probabilità di rimanere incinte da adolescenti.

Per quello che riguarda la criminalità, uno studio del 2016 mostra che in effetti negli USA la maggioranza dei crimini è commessa da neri, mentre invece le politiche di welfare che nei fatti invece di aiutare le minoranze le stanno danneggiando sono al centro del libro Please Stop Helping Us   di Jason Riley.

Probabilmente, quindi, c’è davvero una relazione tra le politiche di welfare a favore della comunità di colore, la debole struttura famigliare e le varie problematiche che affliggono questa comunità.

Alessandro Galvanetti

https://iltalebano.com/2017/10/17/afroamericani-forse-il-problema-non-sono-le-statue/#prettyPhoto

  1. https://stream.org/black-family-struggling-not-slavery/?utm_source=Facebook&utm_medium=Newsfeed&utm_term=Original+Content&utm_content=Slavery-9-21-17