Caltanissetta Kaputt, un libro che ne ho conosciuto l’esistenza grazie al caro amico Andrea Trentini che me ne ha fatto dono.
Gli ALLEATI- LIBERATORI, in passato, come nel presente e così sarà nel futuro nel nome della fratellanza, uguaglianza e libertà (massonica) sono portatori di morte senza onore, ma dalle loro VITTIME (altro che sindrome di Stoccolma) ringraziati, giustificati, osannati, indiscussi, difesi, sostanzialmente canidi scodinzolanti.
Nel mese di luglio del 1943 diversi bombardamenti anglo americani sulla città di Caltanissetta ne cambiarono il volto, case, chiese, ospedali (in uno dei quali sono nato), tolsero la vita a 350 (di cui un terzo bambini) civili ed un imprecisato numero di feriti e mutilati.
Vi furono atti eroici, vedi il medico chirurgo Giuseppe Nicastro, che con tutto il personale medico, disattesero l’ordine di allontanarsi da Caltanissetta, per rimanere a curare i feriti in condizioni estreme, non curanti dei bombardamenti a cui era sottoposta la città. Devotamente si affidarono alla protezione della Madonna, con la promessa che se fossero rimasti in vita , le avrebbero eretto un monumento per grazia ricevuta. Dal 9 luglio del 1943 al 9 luglio dell’anno dopo i feriti curati furono oltre 13.400, di cui 212 deceduti.
Il 9 luglio del 1944, nel primo anniversario dell’inizio dei bombardamenti, quel drappello di medici, crocerossine, militi dell’ospedale ritrovarsi a sciogliere il voto fatto alla Madonna, scoprendo il piccolo monumento fatto erigere a proprie spese dinanzi l’ospedale. Emblematiche le parole incise sul piedistallo: nel furore di incessanti esplosioni, fra smarrirsi generale di spiriti, spasimo di feriti e rantolo di morenti, noi qui restammo solamente col tuo nome e col tuo sostegno ad apprestar di chirurgia e salute l’opera.
Eroe e santo fu caporale autista di ambulanze, saputo che casa sua era stata distrutta e che sotto le macerie giaceva il corpicino dell’unica sua figlia di 4 anni, non aveva lasciato il lavoro di continua spola per il trasporto di feriti, e solo il giorno dopo era ritornato a casa a disseppellire la sua piccola Amelia. Così la ricordò Nicastro:
“se la pose sul petto, la cinse con le braccia e si mosse. Percorse silenziose e spopolate strade piene di massi e sterro, incontrò famelici e mugolanti cani rosicchianti piedi, mani, teste di persone rimaste semi sotterrate e raggiunse il cimitero. Vi trovò le stanze destinate a deposito dei cadaveri, piene di decine e decine di morti che restavano insepolti per insufficienza di necrofori di quell’eccezionale, fabbisogno, erano accatastati alla rinfusa, emanavano un puzzo orribile, davano un quadro insuperabilmente macabro ed orrido! Chiamò un becchino, delicatamente gli consegnò Amelia, gli regalò 50 lire e lo scongiurò affinché l’inumasse subito, a solo, in una fossettina successivamente identificabile”.
In ultimo, tra i grandi uomini di quei tragici momenti si distinse anche il vescovo della città nissena, Giovanni Iacono, il quale oltre alla sua onnipresenza tra i suoi fedeli per sollevarli spiritualmente, materialmente mise a disposizione tutto ciò che era di sua competenza per aiutare i bisognosi.
Caltanissetta Kaputt!
Emilio Giuliana