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Il nome Segre, da anonimo, da qualche anno è passato alla ribalta; eppure, a bene guardare in alcuni casi il nome Segre nella storia italiana degli ultimi 150 anni si è reso protagonista, lasciando il segno. Il capitano Giacomo Segre, bombardò porta Pia, in quanto nessun cristiano avrebbe voluto  incappare nella scomunica inflitta da papà Pio IX, prevista per coloro che avrebbero cannoneggiato. Anche durante il periodo del governo monarchico fascista italiano, il nome Segre si fece notare. Ad esempio Guido Segre fu responsabile dell’Azienda Carboni Italiani; Il grande industriale Giuseppe Segre (padre del più famoso Emilio Segre), proprietario della “Società Anonima delle Cartiere Tiburtine ed Affini”; altri Segre invece si distinsero per avere osteggiato il governo monarchico fascista; appartenevano al movimento anti fascista clandestino, denominato “Giustizia e Libertà” Sion Segre, Attilio Segre, Marco Segre, Umberto Segre. Sion Segre ed in seguito Attilio Segre, Marco Segre e Giuliana Segre furono arrestati a causa  di introduzione clandestina, pubblicazioni, manifestini ed altra propaganda anti fascista. Emilio Gino Segre, membro dello storico gruppo di via Panisperna, il quale nel 1938 spontaneamente migrò negli USA, diventando collaboratore degli Stati Uniti d’America; Alberto, padre della senatrice a vita Liliana Segre,  fu arrestato dai soldati tedeschi nel mese di dicembre del 1943, intento a fuggire nella vicina Svizzera. Roberto Segre, padre della ormai famosa Liliana, fu arrestato e imprigionato, non perché ebreo, ma per ostilità e nemico attivo della Germania e l'Italia repubblicana e sociale (https://anpi.fattispazio.it/index.php?option=com_content&view=article&id=498%3Aalberto-segre&catid=113%3Adove-sono-elenco-delle-pietre-dinciampo&Itemid=80&fbclid=IwAR3exPMEKXn_5mWpKCIW4sQkwCS0jzj2rTUK0u8oRWeN_pmXqA0eYDAq9o8). Quando Roberto e Liliana furono arrestati, e separati, chi si prese cura della bambina Liliana, chi è perché fu risparmiata dalla morte? Per tornare ai giorni nostri, l’agenzia di stampa AdnKronos riporta le seguenti parole pronunciate dalla senatrice Liliana Segre in apertura della prima seduta del Senato:<<….presiedo il tempio della democrazia a 100 anni dalla marcia su Roma provo vertigini>>. Dopo queste parole, è doveroso far presente l’emergere di alcune incoerenze, voglio sperare frutto di amnesie. Ad esempio, il proprio marito  Alfredo Belli Paci era stato un attivo militante del Movimento Sociale Italiano, quest'ultimo contenitore politico annovera al suo interno "impenitenti" reduci fascisti, ed ebbe più volte come segretario nazionale, Giorgio Almirante, già direttore del quindicinale La difesa della Razza. Dunque, se penso a fdi, che anti fascista lo è davvero, ancor più dei militanti dell'ANPI, e al MSI che rivendicava la propria continuità con il fascismo, Liliana Segre, perché teme Fdi, ma non temeva il fascistissimo MSI? L’attaccamento di Alfredo Belli Pace al MSI e il suo segretario nazionale  Almirante era evidente, infatti quando nel 1979 ci fu la scissione dell’ala moderata, che diede vita a Democrazia Nazionale, il marito della senatrice a vita Segre, rimase nel Movimento Sociale Italiano.  La senatrice Liliana Segre, non ricorda che tra i 61 fondatori dei fasci italiani di Combattimento a Milano, nel 1919, c’erano stati 5 ebrei: Cesare Goldman, Eucardio Momigliano, Gino Rocca, Riccardo Luzzatto e Pietro Jacchia.

La senatrice Segre, in considerazione delle vertigini provate, a causa della ricorrenza del centenario della MARCIA su ROMA, è a conoscenza del fatto che tra coloro che il 28 Ottobre del 1922, parteciparono alla « Marcia su Roma», c'erano stati 230 ebrei?

Approfitto, per ricordare solo una piccola parte del forte legame tra una parte considerevole di ebrei italiani e il fascismo.

Nel 1923, 746 ebrei erano risultati iscritti al Partito Nazionale Fascista (PNF). Tra il 1928 ed il 1933, i medesimi iscritti ebrei divennero 4.960; e, tra il 1934 ed il 1938, diventarono circa 10.000 o, come precisa Renzo De Felice, 10.125;

Nell’Ottobre del 1930, il Governo fascista — con approvazione del Consiglio dei Ministri (16 Ottobre 1930) e la fattiva e costruttiva collaborazione degli ebrei italiani Giulio Foà ed Angelo Sullam — aveva favorito e realizzato l’elaborazione, la redazione e la promulgazione della famosa « Legge Falco » (D.L. del 30 Ottobre 1930, n. 1731) o nuova « Legge delle Comunità ». Legge con la quale venivano giuridicamente riconosciute e tutelate le 26 Comunità giudaite italiane e le loro gerarchie. Quella Legge era stata successivamente perfezionata e completata con il D.L. del 24 Settembre 1931, n. 1279, nonché con il D.L. del 19 Novembre 1931, n. 1561.

Nel 1932, in una lunga intervista rilasciata allo scrittore ebreo tedesco, naturalizzato svizzero (1932), Emil Ludwig (alias Emil Cohn), il Duce del Fascismo non aveva esitato a confermare che in Italia «l’antisemitismo non esisteva ». Nel 1933, Sigmund Freud (1856-1939) aveva inviato uno dei suoi libri a Mussolini, con questa dedica autografa: ”da parte di un vecchio che saluta nel Legislatore l’eroe della cultura”. II 19 Ottobre 1933, l’allora Rabbino di Roma Angelo Sacerdoti, in un’intervista rilasciata a « L’Echo de Paris », aveva dichiarato: «Mussolini non ha mai avuto la più piccola arrière-pensée di antisemitismo: egli non lo concepisce nemmeno». Novembre 1933, l’intellettuale e giornalista ebreo tedesco Hanns-Erich Kaminski, in un articolo intitolato « Fascismo tedesco e fascismo italiano », pubblicato sui « Quaderni di Giustizia e Libertà » (pp. 33-36) editi a Parigi, aveva chiaramente individuato le differenze tra l’hitlerismo ed il fascismo di Mussolini nella diversa posizione politica di quest’ultimo nei riguardi degli ebrei. 

Il 12 novembre del 1935, uno dei principali rappresentanti della jewsh Agency, Seling Brodetsky, nel corso della sedicesima conferenza annale della federazione delle donne sioniste  d’Inghilterra, aveva così evidenziato: << Gli ebrei non hanno alcuna questione con l’Italia. Il modo con cui l’Italia tratta gli ebrei, siano suoi cittadini o d’immigrati, è stato ed è ammirevole. Vorrei che qualche altro paese modellasse sull’esempio italiano il trattamento che riserva agli ebrei che vivono nel suo seno>>.

A conferma della difesa e benevolenza del fascismo nei confronti degli ebrei, ne sono testimoni gli ebrei stessi, direi insigni ebrei. A conferma, basterebbe leggere la requisitoria del Procuratore Generale Gideon Hausner di Tel Aviv al processo contro Adolf Eichman nel 1960 (<<la nazione più cara a Israele è l'Italia: per quello che le autorità civili, diplomatiche e militari hanno fatto per sottrarre alla deportazione masse di ebrei in Francia, Grecia, Croazia; per l'atteggiamento assunto dalla popolazione verso gli ebrei stessi italiani, per l'aiuto dato ai rifugiati ebrei d'ogni parte d'Europa che furono concentrati in varie direzioni geografiche. Passare nella zona italiana, tanto in Grecia che in Francia, era andare verso la salvezza>>); sempre al processo Eichman, la professoressa Hilda Cassuto (sorella del rabbino di Firenze Nathan) nel corso della sua deposizione dichiarò: <<malgrado la legislazione razziale varata dal governo fascista, gli ebrei italiani non ebbero il pericolo né la loro vita né la loro libertà; le loro restrizioni furono soltando di natura economica. Gli impiegati dello stato persero il loro posto, ma potettero trovare altre sistemazioni onorevoli ed anche adeguatamente lucrative. io, già professoressa di matematica, mi sistemai in una scuola ebraica che fu subito costituita. non abbiamo avuto preoccupazioni fino al 10 setembre 1943>>;  o quel bel libro di Shelah Menachem significativamente intitolato: <<un debito di riconoscenza>>.

Giorgio Bocca, nel suo libro « Il filo nero », riferisce che in Francia (dove lui era in servizio militare con il grado di Sottotenente, e destinato ad un Fronte di guerra certamente più tranquillo che altrove, se non comodo ) quando le Forze Armate italiane iniziavano a ritirarsi dai territori occupati, avevano al seguito una quantità indicibile di ebrei francesi che volontariamente seguivano i Militari italiani ben sapendo che solo da essi avrebbero continuato ad avere protezione.

Varrebbe la pena rileggere anche quel che scrissero Rosa Paini (« I sentieri della speranza »), Paul Johnson (« Storia degli ebrei »), Léon Poliakov (« Il nazismo e lo sterminio degli ebrei »), Israel Kalk (« Gli ebrei in Italia durante il Fascismo »), Salini Diamond (« Internment in Italy »), Gorge L. Mosse (« Il razzismo in Europa »); o rileggere quel che scrisse Padre Graham su “Civiltà Cattolica” del marzo 1987 in merito al Fascismo, Mussolini e gli ebrei. E così molti altri ancora.

È significativa l'espressione quasi plastica dello storico ebreo Léon Poliakov il quale nei suoi studi parla di quel famoso “schermo” o “scudo protettore” che immediatamente veniva calato a difesa degli ebrei in ogni luogo dove giungevano le Forze Armate italiane il cui primo provvedimento era quello della dichiarazione di inefficacia di ogni decisione tedesca adottata in pregiudizio degli ebrei.

In realtà vi fu sempre, specialmente durante i lunghi anni della guerra dal 1940 al 1945, una ben precisa direttiva politica testimoniata emblematicamente da un episodio: Benito Mussolini pur di mandar via il Ministro tedesco Von Ribentrop venuto a Roma per protestare per l’atteggiamento fascista di protezione degli ebrei, dette assicurazioni ingannevoli a Von Ribentrop e contestualmente ordinò al Gen. Robotti di inventarsi qualsiasi ragione o scusa ma di non consegnare ai tedeschi neanche un ebreo.

Lo stesso docente dell’Università ebraica di Gerusalemme, George L. Mosse, nel suo libro II razzismo in Europa, a p. 245 ha scritto: Il principale alleato della Germania, l'Italia fascista, sabotò la politica ebraica nazista nei territori sotto il suo controllo. Le leggi razziali introdotte da Mussolini nel 1938 impedivano agli ebrei di svolgere molte attività e si tentò anche di raccogliere gli ebrei in squadre di lavoro forzato; ma mentre in Germania Hitler restringeva sempre più il numero di coloro che potevano sottrarsi alla legge, in Italia avveniva il contrario: le eccezioni furono legioni. Come abbiamo già detto, era stato Mussolini stesso a enunciare il principio « discriminare non perseguire ». Tuttavia, l'esercito italiano si spinse anche più in là, indubbiamente con il tacito consenso di Mussolini. Ovunque, nell'Europa occupata dai tedeschi, le ambasciate italiane protessero gli ebrei in grado di chiedere e ottenere la nazionalità italiana. Le deportazioni degli ebrei cominciarono solo dopo la caduta di Mussolini, quando i tedeschi occuparono l'Italia.

Concludo, facendo presente che anche dopo l'entrata in vigore delle leggi razziali italiane del 1938, l’Italia rimaneva la meta preferita di tutti gli ebrei in fuga dall’Europa;  il Brennero era divenuto il corridoio sicuro di transito verso l’Italia, ove trovare rifugio e protezione per tutti gli ebrei europei che fuggivano dai territori occupati dalla Germania.

P.S. il Senatore Abramo Giacobbe Isaia Levi (senatore del Regno dal 9 dicembre 1933 ,mantenne l’incarico fino al 1943, anno in cui iniziò ad essere perseguitato dagli anti fascisti); Stessa sorte toccata al barone Elio Morpugo, anch’egli senatore alto commissario contro il fascismo, Carlo Sforza, chiese che fosse dichiarato decaduto da senatore.

Cara senatrice Segre, senza pretesa alcuna, se leggesse ciò che ho scritto, sono certo che le sarei compiaciutamente di aiuto nel lenire le sue fastidiose vertigini.

 

Emilio Giuliana