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Platone ha condannato l’omosessualità, ne le Leggi, la sua ultima opera. In questo testo viene trattato il seguente problema: «come [in uno Stato] si potrebbe garantirci dagli amori precoci di fanciulli e fanciulle, dall’omosessualità maschile e femminile, da queste perversioni che sono responsabili di incalcolabili sciagure, non solo per la vita privata dei singoli, ma anche per l’intera società?». E, probabilmente, Platone condivide la legislazione precedente a Laio, la quale considerava «indecente l’amplesso tra maschi e l’unione con adolescenti».

Platone nella sua opera Gorgia da un altro spunto sulla questione. Nella terza parte, il dialogo fra Socrate e Callicle, il giovane e ribelle aristocratico sostiene che la felicità coincide con l’avere desideri infiniti di ogni sorta e riuscire a soddisfarli. Allora Socrate, al solito, lo mette in imbarazzo con tre esempi. L’ultimo di questi è quello dell’omosessualità maschile: “[Socrate] E, stando così le cose, insomma, la vita dei dissoluti non è forse terribile, brutta e infelice? O avrai il coraggio di dire che costoro sono felici, purché abbiano in abbondanza ciò di cui sentono il bisogno? [Callicle] Non ti vergogni, o Socrate, di portare il ragionamento a tali conclusioni? [Socrate] Sono forse io che lo porto a tali conclusioni, mio caro, o piuttosto chi sostiene senza ritegno che felici sono coloro che godono, in qualsiasi modo godano, e non distingue, fra i piaceri, quali siano buoni e quali siano cattivi?”

Aristotele, nell’Etica Nicomachea (1148b 24-30) dice che «fare all’amore tra maschi» è uno dei «comportamenti bestiali». Non erro se affermo che quanto riportato e scritto bastano per mostrare come due fra i più grandi Greci (anzi fra i più grandi pensatori di tutti tempi) siano stati contrari all’omosessualità.

Se poi ci spostiamo tra i Romani, le condanne, anzitutto del matrimonio omosessuale, ma anche dell’omosessualità, abbondano. In effetti, il matrimonio romano è sempre stato monogamico e solo tra un uomo e una donna. Perciò, le nozze omosessuali di Nerone vennero biasimate duramente da autori come Tacito, Svetonio e Cassio Dione. Per continuare con gli esempi, Musonio Rufo (stoico del I secolo d.C.) specialmente nella Diatriba XII afferma chiaramente: «Gli unici tipi di unioni che dovrebbero essere considerate giuste, sono quelle che hanno luogo all’interno di un matrimonio e sono finalizzate alla procreazione di bambini, […] laddove quelle che perseguono il mero piacere sono ingiuste e illegittime, anche qualora dovessero avere luogo all’interno di un matrimonio».

Quanto a Seneca (forse il più grande tra i filosofi stoici), loda l’amore sponsale contrapponendolo ad altre unioni che considera contro natura (Epistulae ad Lucillium, 116, 5; 123, 15). E nel De matrimonio insiste proprio sulla liceità delle sole unioni sponsali finalizzate alla generazione. Infine Epitteto, analogamente, biasima le unioni non matrimoniali ed approva solo quelle dirette alla procreazione (Diatribe, III 7, 21; II 18, 15-18; III 21, 13). Potrei continuare a lungo, ma una cosa dovrebbe essere chiara per i paladini dell’omosessualità: evitate di sostenere le vostre convinzioni cercando giustificazione in civiltà virili del passato, perché anche in questo caso -come accade in ambito scientifico - troverete sconforto.