Come in ogni tempo gli interessi finanziari economici politici determinano i buoni e i cattivi, riservando a piacimento meriti e allori a l’uomo di comodo, nonostante rispetto ad altri uomini si siano distinti per posizioni socio religiosi con convinzioni più radicate e marcate rispetto ad altrui uomini, ai quali vengono ascritte “note” di demerito e infamia; un esempio concreto riguarda due uomini contemporanei del loro tempo appartenuti alla storia italiana, Alcide Degasperi e Benito Mussolini, il primo osannato, addirittura in odore di santità, il secondo maledetto ed odiato; a Mussolini, su “tutto” non si perdona il presunto (presunto perché oltre ad avere avuto amici ebrei, due sue amate erano di origine ebraica, Angelica Balabanoff e Margherita Sarfatti) antisemitismo, un anti semitismo che troverebbe origine nell’emanazione delle leggi razziali del 1938 (non è questa la sede per parlare delle leggi razziali); Invece, Alcide Degasperi, che anti giudeo lo fu davvero, non è stato riservato il medesimo trattamento che ha avuto ed ha su questa questione Mussolini.
Ironico se non comico, Alcide Degasperi accusa il socialismo d’essere una creazione giudaica, tutti sanno che Mussolini è stato un fervente socialista! Degasperi accusa i socialisti di essere <<il partito internazionale al servizio dell’Alliance Israelite>>. Nel giugno del 1906, a Merano, in contraddittorio con un socialista italiano, Degasperi affermerà che <<il socialismo austriaco che i Austria s’è trovato di fronte al movimento economico dell’antisemitismo, divenendo nella sua direzione lo stato maggiore dell’ebraismo, ha pregiudicato anche le organizzazioni professionali>> - (il contraddittorio Degasperi – Todeschini a Merano, in <<il Trentino>>, 18 giugno 1906). A questo punto Degasperi lesse una lunga serie di capi ebrei, occupati nelle Gewerkschften (sindacati) suscitando l’ilarità dei presenti. <<quando in Austria – prosegue Degasperi- incominciò la riscossa contro il capitalismo monopolizzato dagli ebrei, fu dannoso alla causa degli operai vedere gli ebrei impadronirsi della rappresentanza dei loro interessi>>. Non solo. <<I capi socialisti asserviscono le organizzazioni alla Massoneria e ai moti antireligiosi…La massoneria stessa austriaca che coll’ebraismo è tutt’uno dichiara di esserne impadronita e d’essersi impadronita anche del partito socialista>> - (Degasperi, Al lavoro! <<Il Trentino>>, 14 giugno 1907).
Ironia della sorte, Degasperi , ormai protagonista della vita politica culturale trentina, nel marzo del 1909 a Maia Bassa, presso Merano, si scontrò in un dibattito con il SOCIALISTA Benito Mussolini che da febbraio era segretario della Camera del Lavoro di Trento.
Sul n.16 <<Illustrazione Vaticana>> del 16-31 agosto del 1938 Degasperi rivelò che le tesi del Manifesto della Razza <<si distinguevano nettamente dalle dottrine più conosciute dei razzisti tedeschi>> e ricordava, cercando di interpretare gli intendi del regime riguardo agli ebrei italiani, che <<discriminare non significa perseguitare>> e che <<il governo fascista non ha nessun piano persecutorio contro gli ebrei>>, ma penserebbe soltanto a una specie di <<numerus clausus>> - le frasi erano riprese dal INFORMAZIONE DIPOMATICA n.18, anonima ma scritta da Mussolini, resa nota il 5 agosto 1938 e pubblicata il 6 agosto 1938 da <<il Popolo d’Italia>>. Degasperi concludeva augurandosi che <<il razzismo italiano si attui in provvedimenti concreti di difesa e di valorizzazione della nazione, e che nella propaganda e nella formazione della gioventù, si eviti di cadere nel determinismo vitalista, passerella filosofica che riconduce al materialismo; ed è da credere che l’elemento universalista contenuto nel fascismo può nutrirsi delle vive tradizioni della Roma cristiana che gli offrono il modo di conciliare, e il caso di dire “Romanamente”, la fierezza del popolo con la sua gentile umanità>>.
Sul tema degli ebrei la voce di Degasperi sembrò, forse, riaffiorare nel novembre del 1945 dopo la caduta del governo Parri. Nel corso di una conversazione con Degasperi per la formazione di un nuovo governo Pietro Nenni, accennando all’avversione dei liberali e di parte dei democristiani nei confronti del Partito d’Azione, annota nel suo diario che <<Degasperi ha parlato dello spirito semitico dei Professori del Partito d’Azione>> - (P.Nenni, Tempo di Guerra Fredda. Diari 1943-56, Milano, SugarCo 1981,p.155.).
Onestà intellettuale merce rara!
Ridiamo per non piangere!
p.s. Per maggiori approfondimenti, rimando al libro “l’antisemitismo di Alcide Degasperi” di A. Sartorelli.
Emilio Giuliana
Coloro che si strappano le vesti per la polemica innescata dal CAI, nel rispetto per la croce, e quel che rappresenta per i moderni, come vivono in cuor loro tutto ciò che la oltraggia, aborto, divorzio, sessualità disordinata…?
A parte l’introduzione polemica, ai cultori dell’incultura, brevemente cerco di spiegare, che la croce è il simbolo per eccellenza del cristianesimo, ma che ha origine con la creazione del mondo stesso.
Axis Mundi, ovvero la CROCE, nonché ALBERO della VITA, la funzione di collegare Cielo, Terra e Inferi.
Albero dell’Eden, Albero norvegese Yggdrasil, indù Ashvattha, Gogard l’albero della vita ellenico, il tibetano Zampur, Albero Santo fatto da Ahura Mazda…..
«Nei miti e nelle leggende sull'Albero della Vita abbiamo spesso trovato implicita l'idea che esso si trova nel centro dell'Universo e collega Cielo, Terra e Inferno. Questo dettaglio di topografia mitica ha valore particolarissimo nelle credenze dei popoli nordici, sia altaici che germanici e centro-asiatici, ma la sua origine è probabilmente orientale (mesopotamica).» ( Mircea Eliade, Albero - "Axis Mundi", in Trattato di storia delle religioni, Torino, Boringhieri, 1984, pp. 384 e ss..)
«L'albero, secondo questi miti, esprime la realtà assoluta nel suo aspetto di norma, di punto fisso, sostegno del Cosmo. È il punto d'appoggio per eccellenza. Di conseguenza, le comunicazioni col cielo possono avvenire soltanto intorno a esso, o addirittura per suo tramite.» (Mircea Eliade, 1984, pp. 384 e ss.)
Il simbolo è universale, così antico e così sacro che è difficile fare uno scavo nelle antiche città senza trovarlo, si trova dappertutto inciso sulle rocce nell’Asia Centrale, come Tau e Svastica, nella Scandinavia pre-cristiana; fu trovato da Schliemann in abbondanza nelle due forme, quando scavò in quelle rovine che lui riteneva essere di Troia.
Lo Swastika (etimo di origine sanscrita dal termine maschile svastika. La prima parte della parola è composta dal prefisso SV – che significa “bene” e da ASTI coniugazione del verbo essere. Svasti significa stare bene. Il suffisso -KA è un diminutivo, per cui svastika è traducibile letteralmente “cosa che porta benessere”, portafortuna), conosciuto in Occidente anche come Croce Gammata presso i popoli latini, Tetraskelion in Grecia, Hakenkreuz (Croce Uncinata) in tedesco e Fylfot nell’antica Inghilterra. L’ origine remota del simbolo a dispetto di qualunque datazione ufficiale è da rintracciare nel periodo post-iperboreo.
In un’opera del prof. Khun (1886) contestata e poi rivalutata da Giorgio de Santillana (il Mulino di Amleto, Adelphi-), la Pro-metis è fatta risalire alla parola sanscrita Pramantha, il bastoncino tramite cui si ottiene per sfregolamento con moto rotatorio il fuoco sacro. L’Athara-Veda afferma che i bastoncini del fuoco appartengono allo Skambha, all’asse del mondo (AXI MUNDI/CROCE/ALBERO), così Prometeo, il Pramantha s’identifica con lo skambha o asse del mondo. Il prof. Khun afferma che il termine sanscrito manthami, passò nella lingua greca divenendo manthano cioè apprendere, appropriarsi di conoscenza, da cui la parola pro-menthia o preveggenza. Prometeo che ruba il fuoco della procreazione per donarlo agli uomini, è innegabilmente l’origine del suo nome in Pramantha.
Gli antichi Ariani avevano come simbolo gli Agni di Fuoco e la Croce. Ogni volta il devoto indù desidera adorare Agni e ottenere il fuoco sacro usa due pezzi di legno disposti a croce, e da turbinio peculiare e il fuoco attrito ottenuto per il suo sacrificio; in alcuni casi i legni sono ritualmente fissati alla terra con 4 chiodi. Il bastone centrale, il Pramantha è il quinto punto, il chiodo di legno rotante. Il simbolo è una variante dello svastika che è così associata a Prometeo, che per inciso era incatenato o crocifisso alla roccia.
Mantra degli attivisti gay (da non confondere con gli omosessuali) morte al patriarcato, causa di omofobia e discriminazione!
Per i gay, tra i riferimenti “scientifici” Sigmund Freud! Quest’ultimo così come il movimento gay non faceva mistero del proprio odio verso Cristo e la Chiesa Cattolica! Affiliato alla setta massonica B’nai B’rith, Sigmund Freud: << i nazisti non li temo. Il nemico è la religione, la Chiesa Cattolica>>.
Eppure, contrariamente all’odio vomitato dai gay contro il PADRE, Sigmund Freud, in quei pochi barlumi di onestà, esplicitò il suo pensiero preciso, in merito al ruolo "salvifico" del PADRE nelle società.
....Finché non avvenne il crollo del 4 novembre 1918, fu leale e fedele suddito dell’Impero austro-ungarico e della dinastia asburgica. Freud forse intuiva che la fine di quella Monarchia cattolica sovranazionale e paternalistica ma in fondo tollerante avrebbe costituito la causa di guai ben peggiori per gli uomini.
D’altronde la sua concezione del patriarcato come una forma di evoluzione rispetto alle precedenti “orde nomadi”, amori promiscui e civiltà matriarcali, gli faceva concepire la forma monarchica come la migliore, in quanto riproducente sulla più vasta scala dello Stato l’organizzazione paternalistica della famiglia. Così la figura di Francesco Giuseppe era quella tipica del Sovrano “padre” dei suoi popoli i quali nei suoi riguardi concepivano impulsi, magari “ambivalenti”, di natura filiale. Le società democratiche prive di autorità e gerarchia sono infatti quelle “primitivistiche” e selvagge. Infatti in “Totem e Tabù”, a proposito degli aborigeni dell’Australia, forse la razza più arretrata del mondo, Freud osserva: “Non riconoscono né Re né Capi: le decisioni sugli affari di interessi comuni spettano all’assemblea degli uomini maturi”. E: “E’ possibile che l’eredità per via materna sia dappertutto la forma originaria che sia stata sostituita da quella paterna soltanto in epoca successiva”.
La famiglia patriarcale fu infatti il risultato del superamento di quella ibrida istituzione matrimoniale che fu il “matrimonio di gruppo” che oggi vorrebbero reintrodurre alcuni esponenti degenerati della nostra sinistra intellettuale. Inoltre, per quanto ateo e per quanto non riesca a spiegare il fenomeno razionalmente, Freud ammette l’aristocrazia di un potere taumaturgico di tutti gli antichi Re, almeno fino a Carlo II d’Inghilterra, seppure limitato a determinate malattie come la scrofolosi.
Sigmund Freud: <<Non riesco a pensare a un bisogno nell’infanzia forte come il bisogno di protezione del padre>>!
Sigmund Freud : <<l’omosessualità è una mancata maturazione della sessualità>>!
STORIA DELLA DERUBRICAZIONE DELL’OMOSESSUALITA’ DAL DSM
Uno degli argomenti del movimento gay per affermare che l'omosessualità sarebbe "normale" è l'affermazione secondo la quale l'APA, nel 1973, ha cancellato l'omosessualità dal suo manuale diagnostico, il DSM ( Diagnostic and Statistic Manual); sulla scia di questa decisione, l'OMS ( Organizzazione Mondiale della Sanità) l'ha cancellata dal suo manuale diagnostico, l'ICD ( International Classification of Disease),nel 1991. Pochi però spiegano che questa decisione non è stato il frutto di un dibattito scientifico, ma di una operazione ideologica.
L'omosessualità fu derubricata dai manuali statistici grazie a una votazione "per corrispondenza" (5.816 voti a favore e 3.817 contro)! Il noto psichiatra Irving Bieber commentò la votazione del 1973: «Non si può davvero sostenere che la nuova posizione ufficiale riguardo l'omosessualità sia una vittoria della scienza. Non è ragionevole votare su questioni scientifiche come se si trattasse di mettere ai voti se la terra sia piatta o rotonda».
È interessante la posizione di Robert Spitzer, che nel 1973 era presidente della “Commissione Nomenclatura” dell’APA. Egli, in seguito a una ricerca compiuta nel 2001 e confermata nel 2003 sull’efficacia delle terapie riparativa, afferma di aver cambiato idea in merito alla possibilità di cambiamento dell'orientamento sessuale. In una dichiarazione rilasciata al "Wall Street Journal" il 23 maggio 2001, egli afferma: «Nel 1973, opponendomi all'opinione prevalente dei miei colleghi, appoggiai la rimozione dell'omosessualità dalla lista ufficiale dei disordini mentali. Per questo motivo ottenni il rispetto dei liberals e della comunità gay, anche se ciò fece infuriare molti dei miei colleghi[...]. Ora, nel 2001, ho mutato opinione e questo ha fatto sì che venissi presentato come un nemico della comunità gay e così la pensano in molti all'interno della comunità psichiatrica e accademica. lo contesto la tesi secondo cui ogni desiderio di cambiamento dell'orientamento sessuale di un individuo è sempre il risultato della pressione sociale e mai il prodotto di una razionale motivazione personale...».
In sintesi: non si tratta in questa sede di stabilire se l'omosessualità sia o no una malattia, un disturbo o un disordine, se sia giusta una denominazione piuttosto che un'altra, ma di mettere in guardia dalle affermazioni totalizzanti di coloro che sostengono trionfalmente che l'omosessualità, in base ai criteri "scientifici" sanciti dal DSM, non è più una malattia. Il rischio di questa affermazione è che essa possa diventare una "giustificazione scientifica" per sostenere ulteriori manipolazioni ideologiche.
https://emiliogiuliana.com/2-uncategorised/71-convegno-io-sono-eterosessuale.html
I militanti partitici sono quasi sempre pedine inconsapevoli, animati da buoni propositi, all’oscuro delle macchinazioni dei “vertici”, così come accadde per comunisti intonsi, come il segretario regionale del PCI Sicilia Pio La Torre, il quale più che dare fastidio alla mafia, aveva invece denunciato al PCI romano, tutte le truffe delle cooperative agricole rosse siciliane, guidate da Antonino Fontana. Pio La Torre fu assassinato dalla MAFIA, ma dal libro di Gaetano Immè si evince che si scrive PCI, si legge Mafia. Enrico Berlinguer tra il 1974 e il 1982 aveva intascato qualcosa come 60 miliardi di lire (estero su estero). Boris Ponomariov, supervisore della distribuzione dei fondi illeciti dell’Urss in Europa, che svela la verità nascosta e taciuta della Compagnie Europeen des Petroles e delle tangenti dell’ENI! Come dunque certificò, proprio Boris Ponomariov, Berlinguer aveva semplicemente “sostituito” gli illegali “rubli del pcus” estero su estero con “ gli illeciti dollari dell’Eni di Mattei” tutti in Italia, per contanti, in nero, senza pagarci una lira di imposte.
Magistratura democratica capeggiata dall’on. Violante indirizza le Sezioni Unite della Cassazione (decisione numero 199386 del 5 ottobre del 1994) ad introdurre il reato di “concorso esterno in associazione mafiosa, non una legge del Parlamento, ma un’imposizione dei giudici (magistratura democratica), arma usata ad uso esclusivo contro i nemici del PCI…Berlusconi, Dell’Utri, Bruno Contrada, Generale Mori…..
Il nuovo codice di procedura penale targato PSI (ricattato dal Pci), venendo meno all’articolo 1 della legge delega al governo , sancisce che l’azione penale comincia solo con la richiesta del rinvio a giudizio. È stata spostata l’azione penale “dopo” l’inchiesta del P.M. (e non “prima” come invece vuole la Costituzione), di fatto consegna all’arbitrarietà più assoluta di ogni singolo Magistrato, per più privilegiato dall’irresponsabilità e impunibilità totale degli stessi, la facoltà di indagare, di inquisire qualsiasi cittadino, di arrestarlo, di applicare ogni misura ritenuta necessaria (intercettazioni telefoniche e ogni altro mezzo di indagine) senza che vi sia un reato penale da contestargli.
Nel maggio 1992, la strage di Falcone. A giugno del 1992 Falcone sarebbe dovuto andare a Mosca per definire col collega magistrato russo i rinvii a giudizio per una inchiesta sul riciclaggio del denaro sporco del Pci, inchiesta nota come “Oro di Mosca”. A Mosca nell’immediatezza della strage di Capaci, Anatolij Adamiscin l’ambasciatore russo protestava con l’Italia (<<si può sapere a che gioco giocano gli italiani? Perché nessuno interviene?>>) e Valentin Stepankov, il Procuratore Generale della Russia, dagli archivi del Pcus aveva raccolto una lunghissima serie di documenti originali, esattamente delle “ricevute” – mote delle quali firmate manoscritte dal segretario del Pci Enrico Berlinguer- ; Giovanni Falcone stava indagando sui rapporti segreti fra il Pci e il Pcus, tra il 1951 e il 1991 il Pcus ha versato al Pci 1000 miliardi di lire.
Pare scontato, che i partiti, in particolar modo alcuni partiti cambiano pelle, solo quella….
Allarmi, allarmi….. dopo l’istituzionalizzazione della carneficina delle foibe, alla luce dell’ormai ricorrente approccio hollywoodiano istituzionale, a causa di ciò, occorre necessariamente un cambio di paradigma, o tutto ricadrà nell’oblio, nel disinteresse generale, se non addirittura, come accade per altre ricorrenze, nel fastidio nauseante, utile solo a politicanti di professione, interessati a compassate di prassi -non certo di cuore- per miseri fini elettorali; in passato, la maggior parte dei rappresentanti istituzionali, mai avrebbero portato un mazzo di fiori sui luoghi che ricordano esodo e foibe, con rituale foto da esibire sui social! Per dare ancora senso al ricordo degli infoibati ed esuli è d’obbligo lasciare emergere i veri motivi che causarono l’etno-catto-cidio, inoltre, la restituzione di tutti i beni confiscati dal governo Jugoslavo oggi Croato, e un serio indennizzo ai discendenti di infoibati ed esuli.
Nel primo caso - etno-catto-cidio - è semplice documentare e mettere nero su bianco i motivi che portarono alla tragedia; nel secondo caso -restituzione beni confiscati ed indennizzo- se non impossibile, quasi lo è , in quanto – trasversalmente- la classe politica che governa l’Italia non è dotato di attributi, ancor meno di amor patrio.
L’accusa, più in voga per giustificare l’olocausto istro/dalmata/fiumano è il seguente: le terre italiche, al di là dell’adriatico, oggi croate, erano abitate a maggioranza da etnia slava, e che il fascismo aveva attuato politiche repressive contro gli slavi e di espansione per i latini! Nella realtà, quei territori prima romani, poi serenissimi repubblicani di Venezia, erano a pieno titolo abitati da latini, con un numero risicato di origine di slavi, quest’ultimi vivevano armoniosamente con le genti latine (erano la normalità i matrimoni misti); lo svuotamento del ceppo latino di Istria, Fiume e Dalmazia ha inizio con una legge imperiale dell’Asburgo Francesco Giuseppe. Nel Consiglio dei ministri il 12 novembre 1866, tenutosi sotto le presidenza dell’Imperatore Francesco Giuseppe, dopo la conclusione della III guerra d'indipendenza (detta da alcuni guerra austro-prussiana). Il verbale della riunione recita testualmente:
“Sua maestà ha espresso il preciso ordine che si agisca in modo deciso contro l’influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e, occupando opportunamente i posti degli impiegati pubblici, giudiziari, dei maestri come pure con l’influenza della stampa, si operi nel Tirolo del Sud, in Dalmazia e sul Litorale per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori a seconda delle circostanze, con energia e senza riguardo alcuno” [cfr. Luciano Monzali, "Italiani di Dalmazia", Firenze 2004, p. 69; Angelo Filipuzzi (a cura di), “La campagna del 1866 nei documenti militari austriaci: operazioni terrestri”, Padova 1966, pp. 396].
Dopo il duro colpo assestato dall’Imperatore asburgico Francesco Giuseppe, Alcide De Gasperi fu il vincitore in negativo del secondo round! Tra le richieste avanzate dai vincitori (qualcuno potrebbe eccepire, considerando l’Italia nazione vincitrice, ma non fu così, il cambio di fronte in corso d’opera, non cambiò lo status dell’Italia in alleati, ma semplicemente in cobelligeranti) del secondo conflitto mondiale durante il Trattato di Parigi del 1947, prevedevano la cessione di tutte le colonie, e territori a pieno titolo italiani, ovvero Istria, Fiume e Dalmazia! Alcide Degasperi fu favorevole, senza alcunchè da eccepire, scelta, che fece tuonare contro tale scelta niente meno che l’antifascista Benedetto Croce (Aldo Mola, “Monarchia o Repubblica?” pagg. 119-120). Perché Degasperi accetto la mutilazione di alcuni territori italiani? Semplice, per garantire l’Autonomia al Trentino, non prevista come per l’Alto Adige (in merito ala questione etno-linguistica). Il governo americano avrebbe voluto un referendum plebiscitario per la cessione di Fiume, Istria e Dalmazia alla Iugoslavia. Degasperi si oppose, perché se avesse concesso il plebiscito agli italiani di Pola, Zara e Ragusa, avrebbe dovuto concederlo anche all’Alto Adige. Il risultato dei plebisciti avrebbe certamente sentenziato che le terre di Istria, Fiume e Dalmazia sarebbero dovute rimanere con l’Italia, mentre l’Alto Adige molto probabilmente sarebbe passato all’Austria, con la conseguenza che non avrebbe potuto giustificare l’autonomia speciale di cui gode oggi il Trentino, alla faccia del “Los von Trient” (”L’esodo dei 350 000 Giuliani Fiumani e Dalmati” ediz. DIFESA ADRIATICA di Padre Flaminio Rocchi; professor Gianni Oliva; professor Michael Gehler; professoressa Stadlmayer).
Il prezzo pagato per l'ingiustificata autonomia trentina, furono Fiume, Istria e Dalmazia.
“IL PLEBISCITO MANCATO
Un libero plebiscito avrebbe potuto risolvere secondo il diritto internazionale il destino della popolazione giuliana. Lo stesso Nenni, divenuto ministro degli esteri il 19 ottobre 1946, chiese due soluzioni. Il 3 novembre, tramite l’ambasciatore Tarchiani, prospettò ai “Quattro Grandi” il plebiscito, oppure l’inclusione nel Territorio Libero di Trieste dell’Istria occidentale, compresa la città di Pola. Ma al plebiscito erano contrari tutti, compresa la Russia che aveva incorporato territori senza plebiscito (Lituania, Estonia, Lettonia). G. Gratton, esperto italiano alla Conferenza di Parigi, scrisse che gli esperti italiani “avevano chiesto il 13 maggio 1946 a De Gasperi di lanciare l’idea del plebiscito. Ci apparve che il Presidente del Consiglio nelle sue dichiarazioni non intendeva accennare al plebiscito per non compromettere il problema dell’Alto Adige, in via di pacifica soluzione. Nelle sue dichiarazioni infatti il Presidente del Consiglio non accennò minimamente al plebiscito e ciò, secondo noi esperti, è stato un errore. Giunsero notizie di forti battibecchi fra Molotov e Bevin che rimbeccò il primo affermando che i popoli non potevano essere venduti come pecore. Di fronte alla decisa intransigenza russa, Birnes lanciò l’idea del plebiscito. Fu come una fucilata che lasciò perplessi i russi (De Simone “La vana battaglia per il plebiscito”). Purtroppo, l’idea del plebiscito è stata abbandonata.
Scrive De Castro che esso è stato rifiutato da De Gasperi il quale aveva scritto il 25 agosto 1945 a Tarchiani: “il plebiscito rischierebbe di creare un precedente pericoloso per l’Alto Adige dove potremmo conseguentemente trovarci nella necessità di accettare una soluzione parallela. Il ragionamento valeva anche per la Val d’Aosta. Scrive Giampaolo Calchi Navali (Rivista “Storia” -Settembre 1973): “c'era un equivoco nella posizione italiana perché, se per la Venezia Giulia il nostro governo sosteneva l’omogeneità etnica, per l’Alto Adige faceva valere considerazioni di ordine strategico: nella impossibilità di adattarsi a una stessa linea di condotta, l’Italia non portò fino in fondo la lotta per imporre un plebiscito nella Venezia Giulia, nel timore che l’Austria chiedesse una procedura analoga per l’Alto Adige”.
Certamente con un plebiscito libero De Gasperi avrebbe potuto salvare l’lstria, ma avrebbe perduto l’Alto Adige. L’aver posto il problema in questa alternativa così cruda, danneggiò la sua immagine negli ambienti giuliani, molto più che il plebiscito libero non sarebbe stato mai attuato per l’opposizione precisa della Jugoslavia e della Russia (Molotov Parigi 25 aprile 1946). Egli preferì chiedere subito la divisione geografica, proposta nel 1919 dal Presidente Wilson con l’integrazione delle miniere dell’Arsa e con possibilità di trasferimenti o di statuti speciali per i 100.000 slavi che sarebbero rimasti in Italia e per gli 80.000 italiani che sarebbero rimasti in Jugoslavia, con la funzione interazionale del porto di Trieste, con la smilitarizzazione dei porti di Pola e di Cattaro, con l’istituzione dello Stato libero di Fiume o almeno del “Corpus separatum”, come sotto l’Ungheria, e con un regime speciale per Zara (telegramma 17 agosto 1945 di De Gasperi agli ambasciatori italiani). La Jugoslavia aveva tentato un suo plebiscito. Nell’ottobre 1945 aveva chiamato alle urne 337.408 istriani (escluse Trieste, Fiume e Zara) perché dichiarassero la loro nazionalità sulla base della lingua materna e dei sentimenti personali. Si sono avuti due risultati falsi: le autorità affermarono che gli elettori raggiunsero 1’87,25 per cento. Il CLN affer¬mò che, nonostante le intimidazioni, furono il 40 per cento. Secondo le stesse autorità di Belgrado si dichiararono slavi 234.166, pari al 69,4 per cento e solo 92.788 italiani, pari al 27,5 per cento. Il risultato era in contrasto con lo stesso Tito secondo il quale oltre 300 mila esodarono in Italia, a meno che non si ammetta che anche i croati, pur avendo votato per la Jugoslavia, siano poi esodati in Italia. Gli angloamericani, infatti, respinsero quel plebiscito perché non forniva garanzie, né credibilità (Durosele). D’altra parte, lo stesso Tito aveva respinto più volte il plebiscito sotto il controllo alleato perché era convinto che la maggioranza era italiana e che molti cattolici, sloveni e croati, avrebbero votato contro il comunismo stalinista e ateo. Si accetta il plebiscito quando si è sicuri di vincerlo.”
In ultimo Tito Broz, fu l’esecutore, il boia!
Chi ha orecchio per intendere, cuore per amare, memoria per pregare, non si presti a caricature, che secondo la dialettica hegeliana, lo scontro tra la tesi (cdx) e l'antitesi (csx) dà luogo alla sintesi. In altre parole, la tesi fomenta una crisi.
Emilio Giuliana
Jacques de Saint Victor, storico del diritto e delle idee politiche, professore ordinario all'Université Paris-VIII, nel suo lavoro letterario Patti scellerati, conferma, ciò che altri uomini illuminati del passato e del presente osservano e asseriscono, ovvero che il sistema democratico, non solo è il peggior sistema sociale, ma si distingue da altri sistemi per essere geneticamente sistema ideato da balordi (rivoluzione francese) per dare il potere e il governo dei paesi a molti delinquenti!
Non ancora maggiorenne, la procura di Trento dispose la perquisizione dell'appartamento dove abitavo (negli anni ne seguiranno altre), per violazione della legge Scelba, ovvero, tentata ricostituzione del disciolto partito Fascista! Quel Mario Scelba, attore in negativo dell’appena neonata Repubblica italiana…Leggere il seguito dello scritto per credere! incoraggiando gli interessati ad approfondire la questione.
<<l’unico dovere che abbiamo verso la storia è di riscriverla>>. Oscar Wilde
<<i lettori non amano mai sapere la verità, quando hanno già letto molte bugie>>. Leo Longanesi
<<nessuno mente tanto come colui che si indigna>>. Friedrich Nietzche
<<la storia è un insieme di menzogne su cui ci si è messi d’accordo>>. Napoleone
<<sei solo, Ulisse, perché sai ciò che loro non sanno>>. Omero
Negli anni ottanta dell'Ottocento, con la democratizzazione della vita politica italiana, nel mondo del crimine si delineò una svolta. Una serie di leggi votate dalla sinistra, nel 1882 e nel 1888, abbassò il censo ultra elitario della destra storica, permettendo a oltre due milioni di cittadini di votare. Questa nuova legislazione contribuì ad ampliare anche la base di reclutamento del personale politico: il sistema si aprì a quelli che Gambetta, in Francia, chiamava gli «strati nuovi», provenienti dalla piccola borghesia rurale e urbana. Quei neofiti si lanciarono all’assalto dei consigli comunali e provinciali e divennero personalità politiche locali influenti. Quel vasto movimento portò però alla ribalta anche personaggi insoliti, molti dei quali appartenevano a quei «facinorosi della classe media» di cui parlava Franchetti (insieme a Sonnino, personalmente si occuparono di studiare il fenomeno mafioso post unitario): uomini violenti che fino a quel momento erano stati tenuti più o meno a distanza dalla scena politica, grazie al sistema estremamente elitario della monarchia italiana. I nuovi arrivati, vicini dia mafia, finirono per alimentare l’ampia rete clientelare che era stata costituita dalla sinistra trasformista. In alcune regioni, il potere poggiava ormai su un doppio gioco che vedeva gli ambienti d’affari al vertice e gli ambienti mafiosi alla base; così, paradossalmente, un’evoluzione auspicabile e opportuna sul piano Politico - conclusasi nel 1912 con l’introduzione del suffragio universale - ebbe conseguenze assai meno confessabili nell’ambito del crimine. Grazie all’allargamento progressivo del panorama politico, uomini appartenenti alla mafia riuscirono a introdursi nei consigli comunali o provinciali e in certi casi a dirigerli, emancipandosi dalla tutela dei baroni e dei loro intendenti per cogestire la vita locale su un piano di parità. I nuovi venuti non aspiravano a cambiare le antiche strutture dominanti, ma ad accelerare, approfittando dell’apertura democratica, il proprio inserimento nella vita politica del Mezzogiorno, senza modificare profondamente la distribuzione sociale; Nel vecchio sistema elitario, la mafia si limitava a sostenere il potere dei grandi possidenti, con la democratizzazione politica, essa assunse un ruolo da protagonista. (pagg. 95-96) …..
..Gli osservatori dell'epoca sono unanimi nell’ affermare che la mafia, attraverso questo tramite, era passata dal ruolo di fautore dell’ordine a quello di protagonista del governo locale. Alcuni personaggi equivoci riuscirono addirittura ad arrivare in Parlamento. Secondo lo scrittore Napoleone Colajanni, fu in questo periodo che nacquero i grandi affari di corruzione, giacché il nuovo personale politico non si faceva scrupolo di servirsi di «mezzi mafiosi».
Questa fu, probabilmente, una delle varie ragioni della nascita, in quell’epoca, della scuola elitista italiana, assai critica nei confronti della democratizzazione del sistema politico. Uno dei suoi principali rappresentanti, accanto a Vilfredo Pareto e Roberto Michels, fu il grande giurista Gaetano Mosca, professore universitario di diritto pubblico. Mosca si era interessato quasi per caso alla questione del crimine organizzato, e vedeva un legame tra la democrazia e l’espansione della mafia. In una conferenza dal titolo Che cos’è la mafia?, aveva insistito sulla potenza della mafia dei colletti bianchi, la quale, secondo lui. sarebbe arrivata alle stanze del potere nel Mezzogiorno grazie alla democratizzazione(pag. 100) del diritto di voto e al sistema clientelare messo in piedi dalla sinistra trasformista per mantenersi in sella. Sempre second Mosca, le forze democratiche di sinistra si sarebbero comportate nei confronti degli elettori come i Patroni dell’antica Roma facevano con i loro clientes, cercando di comprarne i voti in cambio di servizi o impieghi e mantenendoli in un rapporto di dipendenza e di protezione; la democratizzazione del sistema politico non aveva fatto altro che ristabilire, se non rafforzare, quell’amica logica. Certo, non si possono non notare i sottintesi di questo discorso di denuncia di tale nuova forma di clientelismo politico; Mosca era ben contento di poter trovare un buon esempio di presunta degenerazione della democratizzazione del sistema politico. Bisogna per questo ritenere che deformasse la realtà? Un simile clientelismo esisteva (si parlerà di “clientelismo dei notabili”) e svolgerà, come vedremo, un ruolo fondamentale nello sviluppo della mafia. Ben presto, l’organizzazione criminale sarebbe stata in grado di volare con le proprie ali, pur restando un fedele sostegno dei grandi notabili. A riprova della sua nuova potenza, alla fine del secolo la mafia ispirò diverse audaci interpretazioni da parte della scienza del diritto italiana, a cominciare dalle riflessioni di Santi Romano sul “pluralismo giuridico”, di cui oggi, con la globalizzazione, si fa un gran parlare. Del resto, le osservazioni del giurista siciliano sull’esistenza, nello stesso territorio, di un ordine mafioso concorrente di quello giuridico ufficiale costituivano uno dei fondamenti della sua teoria. (pag.101)…..
Nello stesso periodo, alcuni clamorosi scandali confermarono la nuova potenza dell’alta mafia, portandola per la prima volta alla luce della ribalta e mettendo in evidenza la sua forza crescente, a livello non soltanto locale, ma anche nazionale. Esisteva una sorta di sinergia tra le forze oscure, che risaliva fino Roma. Prima ancora delle leggi del 1882, Franchetti notava già che ,il governo «era il primo a lasciarsi corrompere dalle influenze locali, non per denari, ma per i voti, per articoli di giornali, per dimostrazione della cosiddetta opinione pubblica. (pag.102).0
Nel giorno della festa del lavoro -1° maggio 1974, centinaia di contadini dei dintorni di Palermo si erano riuniti a Portella della Ginestra, dove i manifestanti furono presi di mira dal fuoco incrociato di fucili da caccia, mitra e bombe a mano. Fu una strage: undici morti tra quali quattro bambini, e più di una ventina di feriti. All’epoca le autorità attribuirono immediatamente il massacro ai banditi di Salvatore Giuliano. Ricercato dalla polizia sin dalla fine della guerra, nelle montagne di Montelepre e dintorni Giuliano gode va però di appoggi influenti, che gli avevano sempre permesso di non farsi prendere. La gente lo aveva soprannominato il “Re di Montelepre”: era una specie di Robin Hood locale, oggetto di ammirazione. Attribuendogli la responsabilità del massacro, la polizia contribuì ad appannare la sua popolarità, preparandone così la caduta. I carabinieri di Monreale lo trovarono morto tre anni dopo, nella notte del 4 luglio 1950, in seguito, si disse, a una soffiata; in realtà, oggi sembra che la sua morte sia stata un vero e proprio delitto di Stato. Giuliano lo aveva preannunciato qualche mese prima in una lettera aperta al deputato Li Causi, nella quale affermava che il ministro dell’interno, Mario Scelba, voleva la sua morte «perché io lo tengo nell’incubo per largii gravare grandi responsabilità che possono distruggere tutta la sua carriera politica e financo la vita» (“l’Unità”, 30 aprile 1950). Il solo che sapesse qualcosa sulle strane circostanze della morte di Giuliano, Gaspare Pisciotta, accusato del suo assassinio, nel corso del processo rilasciò questa strana dichiarazione: «Bandi ti, polizia e mafia sono un corpo solo come il Padre, il Figlio e lo Spirito Santo...». Quelle parole furono considerate il delirio di una mente malata; tuttavia, il 9 febbraio 1954, allorché Pisciotta, incarcerato all’Ucciardone, dichiarò di avere nuove rivelazioni da fare, morì in cella in preda a convulsioni atroci.
https://www.19luglio1992.com/il-pentito-di-mafia-mattarella-padre-era-uomo-donore/
https://ilformat.info/2017/09/06/quel-filo-sottile-lega-mattarella-alla-mafia/
https://it.wikipedia.org/wiki/Gaspare_Pisciotta
<<i popoli vinti vengono esiliati dietro gli specchi, dove sono condannati a riflettere l’immagine dei vincitori. (ma un giorno si mettono a somigliare sempre meno ai loro vincitori e, alla fine, infrangono gli specchi e ripartono all’assalto dell’Impero)>>. Jorge Luis Borges
<<oggi siamo di fronte a donne gravemente contagiate, rovinate materialmente otre che moralmente; e lo Stato avrebbe dovuto fare il suo dovere nei confronti di queste disgraziate>>. Onorevole Luigi Preti, seduta parlamentare del 7 aprile 1952.
Nel 2008 il Consiglio di sicurezza dell’Onu ha approvato una risoluzione in cui stupri e violenze sessuali commessi durante i conflitti vengono considerati «crimini di guerra».
Gran parte delle donne ciociare e di tutti i paesi attraversati dai Goumiers, loro vittime non hanno potuto gioirne: a quasi ottant’anni da quegli eventi, pochissime sono ancora in vita. Restano sullo sfondo le loro drammatiche esperienze e le loro battaglie per ottenere un risarcimento, oltre ai «cunti» tramandati
della gente della Ciociaria, della Sicilia e della Campania. «Nessuno potrà mai perdonare le violenze inflitte alle donne, ai bimbi, agli anziani di Esperia e in tanti altri paesi» dichiarò nel 2004 a Montecassino il presidente della Repubblica italiana Ciampi.
Maria maddalena Rossi era una militante comunista, femminista della prima ora, tra le fondatrici dell’Udi, Unione donne italiane. Eletta deputata tra le fila del partito comunista nella prima legislatura repubblicana, fu lei ad aprire un fronte pubblico ed ufficiale per il riconoscimento dei risarcimenti alle migliaia di donne violentate dai militari coloniali francesi, ed in parte soldati americani ed inglesi. La seduta parlamentare sulle violenze in provincia di Frosinone fu inserita tra mille imbarazzi all ordine del giorno. Ci vollero sollecitazioni, insistenze, per poterne discutere. Alla fine, si arrivò alla seduta notturna del 7 aprile 1952 alle 21. A dirigere i lavori cera il vicepresidente socialista Ferdinando Targetti. L’interpellanza portava una lunga intestazione che occupava ben venti righe del verbale parlamentare. In sostanza, si chiedeva ragione del ritardo a soddisfare le 60.000 pratiche di pensione e indennizzo presentate dalle donne «che subirono violenza a e truppa marocchine della V armata» e si sollecitavano notizie sulle intenzioni del governo a favore della popolazione della Ciociaria.
Nessuno dei parlamentari che appoggiavano il governo Degasperi mise la sua firma su quel documento. A presentare l’interpellanza con Maria Maddalena Rossi, c’erano invece i comunisti Aldo Natoli e Gina Borelli partigiana che aveva chiamato «assassino» Degasperi; socialdemocratici Ezio Vigorelli e Italo Cornia, oltre al socialista Nicola Pernotti. Sei parlamentari, tutti dell’ opposizione. Dopo quella promossa dalla Rossi, ci fu una seconda interpellanza firmata da cinque parlamentari socialdemocratici: Ezio Vigorelli, Mario Zagari, Luigi Preti, Matteo Matteotti, Ugo Guido Mondolfo. Se cambiavano le parole, identico era il senso espresso in un testo più sintetico. Si sollecitavano interventi radicali del governo per «affrontare organicamente il problema con una serie di provvedimenti atti ad indennizzare le vittime e ad arrestare le conseguenze del male». L’argomento era da considerarsi ormai pronto per una conoscenza più ampia in parlamento. Finalmente, le «marocchinate» trovavano spazio nel cuore della neonata democrazia italiana, dopo un’attesa lunghissima. Fu Maria Maddalena Rossi a prendere la parola per prima e a imprimere una direzione precisa alla questione. Divenne la principale paladina dei diritti di quelle donne. In precedenza, durante riunioni dell’Assemblea Costituente un deputato beneventano, l’avvocato socialista Giovanni Persico aveva tentato di introdurre una discussione sugli stupri in Ciociaria. Ma aveva raccolto scarsa attenzione, la Costituente aveva altro cui pensare. Visti i precedenti, Maria Maddalena Rossi era cosciente di assumersi un compito non semplice e sentiva forte la responsabilità di dover dare finalmente voce alle donne ciociare. Parlò con calore e passione. E soppesò bene termini e pause. Per lei, quello in Ciociaria era stato «uno dei drammi più angosciosi». Meticolosa e precisa come il cantore di un dramma, prese a rievocare tutti i passaggi più significativi di quella tragedia. Non risparmiò cifre e dettagli. Poi, comparve la cifra totale delle «marocchinate», almeno quella che Maria Maddalena era riuscita a calcolare. Una cifra ancora approssimativa, ricavata dalle domande presentate per ottenere un indennizzo o una pensione: 12.000 erano le donne che avevano chiesto giustizia da subito. Avevano trovato per prime il coraggio è la voglia di uscire allo scoperto: le loro istanze risalivano agli anni compresi tra il 1944 e il 1946. Dopo quei primi mesi, c’era stata un’improvvisa impennata di richieste tanto da arrivare a 60.000 domande «ancora inevase per il risarcimento».
Certi argomenti erano tabù per la maggioranza degli italiani e Maria Maddalena Rossi non ne fece mistero: «So che vi è chi si finge scandalizzato perché noi prendiamo nel Parlamento e nel paese la difesa di queste donne. Credo piuttosto che ci si debba scandalizzare perché fra noi vi è chi vorrebbe coprire questa piaga, questo delitto orrendo che fu commesso contro donne inermi, giovinette». Qualcuno, come sempre potrebbe obbiettare e giustificare il tutto, come una reazione alla ferocia nazi-fascista; ma le testimonianze oculari dimostrano inconfutabilmente, che i tedeschi non si macchiarono mai di violenze sessuali. Dopo le bombe, la fuga, la fame, arrivarono gli stupri. E su queste vicende la memoria collettiva venne messa alla prova capovolgendo le ricorrenti interpretazioni etiche sul vissuto di quei mesi: nella popolazione ciociara si radicò un’idea positiva sul comportamento tenuto dai tedeschi verso i civili contrapposta alla totale condanna su ciò che invece fecero al loro passaggio le truppe coloniali francesi. Ha scritto Daria Frezza, docente all’università di Siena: «I tedeschi hanno rispettato le donne, a differenza dei marocchini definiti bestie. È una ferita non ancora rimarginata nella memoria collettiva». Partigiani, membri del CNL, vedi don Nicola Scarsellone; il partigiano comunista Pasquale Plantera, Enzo Nizza, nome di battaglia “La Pietra”, della brigata comunista Spartaco Lavagnini, che denunciarono le disumane mostruosità marocchine, non avanzano alle forze armate germaniche alcun addebito per ciò che riguarda episodi di violenze, sessuali o meno, a danno della popolazione: «I tedeschi, per questo, salvo qualche episodio, sono immuni da critiche» - Biscarini, 1944: la liberazione di Murlo, Siena, 1993, p. 38. La sostanziale correttezza delle truppe germaniche nei confronti dei civili è testimoniata da più fonti, sia in Toscana che in Ciociaria, e a questo proposito è opportuno fare una ulteriore digressione che aiuta a comprendere meglio le dimensioni della vicenda in tutta la sua complessità. Il primo maggio 1985 ad Esperia, la cittadina ciociara teatro degli scontri decisivi tra tedeschi e Alleati nel maggio 1944, nonché degli stupri più efferati compiuti dai goums, ha avuto luogo il «1°meeting di riconciliazione». La inconsueta manifestazione è stata organizzata dall'ex partigiano esperiano professor Bruno D’Epiro e dalla stessa amministrazione comunale e ha visto come protagonisti un folto gruppo di ex combattenti tedeschi, paracadutisti e Panzergrenadieren della 71a e della 90a divisione. La cerimonia, alla quale ha preso parte l’intera cittadinanza con tanto di banda musicale e gruppi folcloristici, si è ben presto trasformata in un intera giornata di festa. Dopo il saluto del dottor Silvestro Palumbo, sindaco di Esperia, e del comandante della stazione dei carabinieri maresciallo Migliucci, agli ex combattenti sono stati offerti fiori e prodotti tipici locali. Le cronache descrivono come particolarmente toccante il messaggio di benvenuto agli ospiti letto, in tedesco, da una giovane allieva della scuola media statale e la commossa replica dell’ex ufficiale paracadutista Georg Schmitz. La giornata si concludeva con l’«Ave Maria» di Gounod cantata nella chiesa di San Pietro Apostolo da un altro reduce, Rudolf Paustian. Lo spirito che aveva permesso il meeting del 1984 non sì sarebbe esaurito con quell’unico incontro. Un gruppo di ex militari germanici è tornato ad Esperia nel maggio 1990 ed anche in quella circostanza la delegazione è stata ricevuta in municipio. Recentemente, il giornalista e scrittore, di origine ebraica, il comunista Massimo Fini, ha dichiarato: “L’esercito nazista in Italia si comportò con correttezza”. - https://www.dire.it/29-04-2022/728137-massimo-fini-lesercito-nazista-in-italia-si-comporto-con-correttezza-dureghello-e-negazionismo/. Restando sempre in Germania, se le italiane subirono la disumana bestialità dei “liberatori”, più di un milione di donne tedesche sono state vittime dell’olocausto sessuale perpetrato dalle truppe alleate. - https://www.italiaoggi.it/news/liberazione-con-un-mln-di-stupri-2445274 .
La violenza sulle donne, non è quella raccontata e strombazzata strumentalmente per fini tutt’altro che nobili, dagli adelphi della dissoluzione, tramite i mezzi di comunicazione di massa massificanti, e soprattutto non sono gli adelphi della dissoluzione che hanno cuore gi interessi delle donne, anzi sono i veri aguzzini, lupi travestiti da pecore, gli stessi che hanno permesso le atrocità della ciociaria, in Germania, in ogni angolo del pianeta terra. Attraverso la manipolazione del linguaggio, distorcendo il significato delle parole, vedi i diritti, le emancipazioni, le donne sono sacrificate sull’altare del capitalismo scristianizzato. È fortemente simbolico ed evidente, come forze materiali telluriche lunari e spirituali oscure, la scimmia di Cristo, abbiano scelto come bandiera alla lotta contro la violenza sulle donne, le scarpe rosse; le scarpe/pantofole rosse sono calzate dai PAPI (quelli veri), in ricordo dei milioni di martiri cristiani uccisi e perseguitati quotidianamente in ogni parte del mondo, dunque un accostamento improprio, blasfemo. La violenza contro le donne, esiste, ed è cagionata dai propugnatori ed impositori del capitalismo anti cristiano, che trova i suoi più grandi interpreti nelle famiglie Rothschild, Rockefeller, Warburg, Oppenheim, Morgan, Wertheimer, eccetera che usano a loro piacimento come pugni di ferro USA, Inghilterra, Francia; queste ultime tre nazioni, insieme alla non più esistente URSS, dal 1939 al 1945, si sono prestate per distruggere e ricostruire un mondo, il mondo attuale capitalistico anti cristiano, che struttura il proprio DNA ideologico sul sangue e le ossa di uomini e donne, così come riportato in testa all’articolo. Raccapricciante, che l’infame, sadica, gratuita, ideologica e religiosa violenza inferta alle donne italiane durante il secondo conflitto italiano, invece che ricordato con un giorno di lutto, viene festeggiato come giorno di liberazione, 25 aprile 1945! Affetti, da morbosa sindrome di Stoccolma, che non accenna a migliorare, anzi inspessisce la patologia, vedi il diritto (a proposito di manipolazione del linguaggio) a imbottirsi di veleni anti concezionali e abortivi, strumento pornografico e prostituzione, sfruttamento del lavoro (emancipazione, indipendenza..); a tal proposito significative le parole del regista e produttore ebreo americano Aaron Russo (1943-2007) che, nel corso di una lunga intervista rilasciata sei mesi prima di morire al giornalista Alex Jones, che la Fondazione Rockefeller finanziò i movimenti femministi degli anni Settanta per ottenere il duplice obiettivo di tassare il doppio della popolazione (dal momento in cui le donne avessero cominciato a lavorare come gli uomini) e di costringere i bambini a frequentare le scuole obbligatorie già in tenera età, così da «indottrinarli meglio» (Russo ha affermato di essere venuto a conoscenza di ciò grazie alla confidenza dell’amico Nicholas Rockefeller [vice presidente the Rockvest, membro del consiglio di amministrazione del RAND, del Central China Development council e del CFR], il quale però non risulta far parte della discendenza diretta e “ufficiale” di uno dei 6 figli di John Davison jr).
Che piaccia o no, a torto o ragione per unificare (altro unire) l’Italia sono state combattute tre guerre dette d’Indipendenza e in ultimo una guerra mondiale, solo in quest’ultima perirono circa 670 mila militari. In ogni piazza d’Italia vi sono apposte lapidi commemorative che ricordano il sacrificio di migliaia di uomini, non donne, ma uomini, come è giusto che sia. Quegli uomini spezzarono e sacrificarono le loro giovani vite, per difendere e proteggere le donne. Fu grazie al sacrificio di “quella soldataglia” (così definiti ed oltraggiati da blatte ideologizzate), se oggi la “puttanaglia” può prendersi il lusso e la libertà di insultarli, offenderli e dileggiarli. Ad ogni calamità naturale o catastrofe di altra origine, gratuitamente arriva a dare man forte la “soldataglia” volontaria. L’organizzazione femminista Non una di meno, può vantare lo stesso impegno sociale? La risposta è scontata! Però si sa per certo, che femministe similmente ideologizzate, le ritroviamo in altri luoghi, e per altri motivi, in questo caso sì, indegne e disumane, vedasi ad esempio Forteto, Bibbiano…Sottomissione e sfruttamento, tra le accuse mosse dal femminismo contro i maschi, biasimo che trovano origine -a loro dire- nella società patriarcale. È possibile, che tra queste paladine della difesa femminista non ve ne sia una, almeno una, cromosomicamente bilanciata? perché se ce ne fosse una, sarebbe dotata di logica, necessaria per poter comprendere autonomamente, ciò che invece spiego a seguire. L’idea di uomo (aguzzino) che hanno interiorizzato e propagandato non è frutto del patriarcato, ma bensì del matriarcato. Un bambino fin dalla nascita, rispetto alla bambina, viene oltre modo attenzionato e curato, talune volte a limite dell’ossessione, dalla propria madre; come se non bastasse, fino al termine della frequentazione del quinquennio delle scuole medie superiori, il bambino è accompagnato nella sua crescita da donne, infatti frequenta ambienti e strutture con una presenza prevalente, nella quasi totalità di un personale – educatrici, maestre, professoresse- composto da donne, asili nido, scuole materne, scuole medie inferiore, scuole medie superiore; i maschietti per 18 anni vivono circondati da donne! Questo stretto contatto femminile influenza ineluttabilmente i ragazzi, i quali a secondo del loro carattere maturano la loro personalità, anche nelle forme degeneri, vedi disordini sessuali e morbosità con sindromi compulsive di attaccamento materno, che traslano nelle loro “mogli”, nonché causa dei famosi e percentualmente residuali e marginali “femminicidi”. Archiviato l’unico viatico utile per l’uomo, l’anno di leva militare, il maschio è stato precipitato damnatio ad bestias. L’anno di naja spezzava il ventennio di “tutela” a trazione femminile, per un periodo a traino maschile, dodici mesi in cui imparava ad usare scope, ramazze, lavare stoviglie e piatti per il numero e misura che una donna impiega in una vita, lavare i vestiti, la biancheria intima, rammentare e cucire, cucinare, docce fredde, rifarsi il letto con precisione geometrica (il famigerato cubo), sistemazione precisa e certosina del proprio armadietto…..un anno solare in cui imparare a camminare con le proprie gambe, un breve periodo ti patriarcato, che riusciva a scrollare di dosso le pesantissime scorie matriarcali! Ma purtroppo, da molti anni il militare di leva è stato abrogato, privando i maschietti del necessario e formativo breve periodo patriarcale, lasciato esclusivamente con in dosso il pesantissimo e deleterio, inadeguato, contro natura fardello matriarcale. Le Femministe, per radicare il modello di società che rivendicano, dovrebbero combattere il matriarcato e bramare il patriarcato! L’idea di donna oggetto, non è il frutto di convincimenti malsani maschili, ma è partorita volontariamente e scientemente dal mondo femminile stesso, così come ben testimoniato dai programmi televisivi più gettonati, i più famosi Maria De Filippi, Barbara D’Urso, Isola dei famosi, Grande fratello…e tutto a causa del modello di società matriarcale. A tal proposito per uno studio più approfondito ed esaustivo è bene studiare quel patrimonio culturale/sociologico lasciatoci in eredita dalla scomparsa, dotta antropologa Ida Magli. Se esiste un male per il genere femminile è il matriarcato e non il patriarcato.
Vi sono popoli che tramandano la loro linea etnica per via materna; uomini appartenenti a quei popoli matriarcali, attraverso la loro dottrina capitalistica anti cristiana, utilizzano cinicamente le donne per distruggere le società patriarcali, precipitando tra le fauci del Golem, contemporaneamente maschi e femmine, quest’ultime non risparmiate pur avendo prestato il fianco a questo infame progetto, distratte da fantasiosi femminicidi.
Emilio Giuliana
Il nome Segre, da anonimo, da qualche anno è passato alla ribalta; eppure, a bene guardare in alcuni casi il nome Segre nella storia italiana degli ultimi 150 anni si è reso protagonista, lasciando il segno. Il capitano Giacomo Segre, bombardò porta Pia, in quanto nessun cristiano avrebbe voluto incappare nella scomunica inflitta da papà Pio IX, prevista per coloro che avrebbero cannoneggiato. Anche durante il periodo del governo monarchico fascista italiano, il nome Segre si fece notare. Ad esempio Guido Segre fu responsabile dell’Azienda Carboni Italiani; Il grande industriale Giuseppe Segre (padre del più famoso Emilio Segre), proprietario della “Società Anonima delle Cartiere Tiburtine ed Affini”; altri Segre invece si distinsero per avere osteggiato il governo monarchico fascista; appartenevano al movimento anti fascista clandestino, denominato “Giustizia e Libertà” Sion Segre, Attilio Segre, Marco Segre, Umberto Segre. Sion Segre ed in seguito Attilio Segre, Marco Segre e Giuliana Segre furono arrestati a causa di introduzione clandestina, pubblicazioni, manifestini ed altra propaganda anti fascista. Emilio Gino Segre, membro dello storico gruppo di via Panisperna, il quale nel 1938 spontaneamente migrò negli USA, diventando collaboratore degli Stati Uniti d’America; Alberto, padre della senatrice a vita Liliana Segre, fu arrestato dai soldati tedeschi nel mese di dicembre del 1943, intento a fuggire nella vicina Svizzera. Roberto Segre, padre della ormai famosa Liliana, fu arrestato e imprigionato, non perché ebreo, ma per ostilità e nemico attivo della Germania e l'Italia repubblicana e sociale (https://anpi.fattispazio.it/index.php?option=com_content&view=article&id=498%3Aalberto-segre&catid=113%3Adove-sono-elenco-delle-pietre-dinciampo&Itemid=80&fbclid=IwAR3exPMEKXn_5mWpKCIW4sQkwCS0jzj2rTUK0u8oRWeN_pmXqA0eYDAq9o8). Quando Roberto e Liliana furono arrestati, e separati, chi si prese cura della bambina Liliana, chi è perché fu risparmiata dalla morte? Per tornare ai giorni nostri, l’agenzia di stampa AdnKronos riporta le seguenti parole pronunciate dalla senatrice Liliana Segre in apertura della prima seduta del Senato:<<….presiedo il tempio della democrazia a 100 anni dalla marcia su Roma provo vertigini>>. Dopo queste parole, è doveroso far presente l’emergere di alcune incoerenze, voglio sperare frutto di amnesie. Ad esempio, il proprio marito Alfredo Belli Paci era stato un attivo militante del Movimento Sociale Italiano, quest'ultimo contenitore politico annovera al suo interno "impenitenti" reduci fascisti, ed ebbe più volte come segretario nazionale, Giorgio Almirante, già direttore del quindicinale La difesa della Razza. Dunque, se penso a fdi, che anti fascista lo è davvero, ancor più dei militanti dell'ANPI, e al MSI che rivendicava la propria continuità con il fascismo, Liliana Segre, perché teme Fdi, ma non temeva il fascistissimo MSI? L’attaccamento di Alfredo Belli Pace al MSI e il suo segretario nazionale Almirante era evidente, infatti quando nel 1979 ci fu la scissione dell’ala moderata, che diede vita a Democrazia Nazionale, il marito della senatrice a vita Segre, rimase nel Movimento Sociale Italiano. La senatrice Liliana Segre, non ricorda che tra i 61 fondatori dei fasci italiani di Combattimento a Milano, nel 1919, c’erano stati 5 ebrei: Cesare Goldman, Eucardio Momigliano, Gino Rocca, Riccardo Luzzatto e Pietro Jacchia.
La senatrice Segre, in considerazione delle vertigini provate, a causa della ricorrenza del centenario della MARCIA su ROMA, è a conoscenza del fatto che tra coloro che il 28 Ottobre del 1922, parteciparono alla « Marcia su Roma», c'erano stati 230 ebrei?
Approfitto, per ricordare solo una piccola parte del forte legame tra una parte considerevole di ebrei italiani e il fascismo.
Nel 1923, 746 ebrei erano risultati iscritti al Partito Nazionale Fascista (PNF). Tra il 1928 ed il 1933, i medesimi iscritti ebrei divennero 4.960; e, tra il 1934 ed il 1938, diventarono circa 10.000 o, come precisa Renzo De Felice, 10.125;
Nell’Ottobre del 1930, il Governo fascista — con approvazione del Consiglio dei Ministri (16 Ottobre 1930) e la fattiva e costruttiva collaborazione degli ebrei italiani Giulio Foà ed Angelo Sullam — aveva favorito e realizzato l’elaborazione, la redazione e la promulgazione della famosa « Legge Falco » (D.L. del 30 Ottobre 1930, n. 1731) o nuova « Legge delle Comunità ». Legge con la quale venivano giuridicamente riconosciute e tutelate le 26 Comunità giudaite italiane e le loro gerarchie. Quella Legge era stata successivamente perfezionata e completata con il D.L. del 24 Settembre 1931, n. 1279, nonché con il D.L. del 19 Novembre 1931, n. 1561.
Nel 1932, in una lunga intervista rilasciata allo scrittore ebreo tedesco, naturalizzato svizzero (1932), Emil Ludwig (alias Emil Cohn), il Duce del Fascismo non aveva esitato a confermare che in Italia «l’antisemitismo non esisteva ». Nel 1933, Sigmund Freud (1856-1939) aveva inviato uno dei suoi libri a Mussolini, con questa dedica autografa: ”da parte di un vecchio che saluta nel Legislatore l’eroe della cultura”. II 19 Ottobre 1933, l’allora Rabbino di Roma Angelo Sacerdoti, in un’intervista rilasciata a « L’Echo de Paris », aveva dichiarato: «Mussolini non ha mai avuto la più piccola arrière-pensée di antisemitismo: egli non lo concepisce nemmeno». Novembre 1933, l’intellettuale e giornalista ebreo tedesco Hanns-Erich Kaminski, in un articolo intitolato « Fascismo tedesco e fascismo italiano », pubblicato sui « Quaderni di Giustizia e Libertà » (pp. 33-36) editi a Parigi, aveva chiaramente individuato le differenze tra l’hitlerismo ed il fascismo di Mussolini nella diversa posizione politica di quest’ultimo nei riguardi degli ebrei.
Il 12 novembre del 1935, uno dei principali rappresentanti della jewsh Agency, Seling Brodetsky, nel corso della sedicesima conferenza annale della federazione delle donne sioniste d’Inghilterra, aveva così evidenziato: << Gli ebrei non hanno alcuna questione con l’Italia. Il modo con cui l’Italia tratta gli ebrei, siano suoi cittadini o d’immigrati, è stato ed è ammirevole. Vorrei che qualche altro paese modellasse sull’esempio italiano il trattamento che riserva agli ebrei che vivono nel suo seno>>.
A conferma della difesa e benevolenza del fascismo nei confronti degli ebrei, ne sono testimoni gli ebrei stessi, direi insigni ebrei. A conferma, basterebbe leggere la requisitoria del Procuratore Generale Gideon Hausner di Tel Aviv al processo contro Adolf Eichman nel 1960 (<<la nazione più cara a Israele è l'Italia: per quello che le autorità civili, diplomatiche e militari hanno fatto per sottrarre alla deportazione masse di ebrei in Francia, Grecia, Croazia; per l'atteggiamento assunto dalla popolazione verso gli ebrei stessi italiani, per l'aiuto dato ai rifugiati ebrei d'ogni parte d'Europa che furono concentrati in varie direzioni geografiche. Passare nella zona italiana, tanto in Grecia che in Francia, era andare verso la salvezza>>); sempre al processo Eichman, la professoressa Hilda Cassuto (sorella del rabbino di Firenze Nathan) nel corso della sua deposizione dichiarò: <<malgrado la legislazione razziale varata dal governo fascista, gli ebrei italiani non ebbero il pericolo né la loro vita né la loro libertà; le loro restrizioni furono soltando di natura economica. Gli impiegati dello stato persero il loro posto, ma potettero trovare altre sistemazioni onorevoli ed anche adeguatamente lucrative. io, già professoressa di matematica, mi sistemai in una scuola ebraica che fu subito costituita. non abbiamo avuto preoccupazioni fino al 10 setembre 1943>>; o quel bel libro di Shelah Menachem significativamente intitolato: <<un debito di riconoscenza>>.
Giorgio Bocca, nel suo libro « Il filo nero », riferisce che in Francia (dove lui era in servizio militare con il grado di Sottotenente, e destinato ad un Fronte di guerra certamente più tranquillo che altrove, se non comodo ) quando le Forze Armate italiane iniziavano a ritirarsi dai territori occupati, avevano al seguito una quantità indicibile di ebrei francesi che volontariamente seguivano i Militari italiani ben sapendo che solo da essi avrebbero continuato ad avere protezione.
Varrebbe la pena rileggere anche quel che scrissero Rosa Paini (« I sentieri della speranza »), Paul Johnson (« Storia degli ebrei »), Léon Poliakov (« Il nazismo e lo sterminio degli ebrei »), Israel Kalk (« Gli ebrei in Italia durante il Fascismo »), Salini Diamond (« Internment in Italy »), Gorge L. Mosse (« Il razzismo in Europa »); o rileggere quel che scrisse Padre Graham su “Civiltà Cattolica” del marzo 1987 in merito al Fascismo, Mussolini e gli ebrei. E così molti altri ancora.
È significativa l'espressione quasi plastica dello storico ebreo Léon Poliakov il quale nei suoi studi parla di quel famoso “schermo” o “scudo protettore” che immediatamente veniva calato a difesa degli ebrei in ogni luogo dove giungevano le Forze Armate italiane il cui primo provvedimento era quello della dichiarazione di inefficacia di ogni decisione tedesca adottata in pregiudizio degli ebrei.
In realtà vi fu sempre, specialmente durante i lunghi anni della guerra dal 1940 al 1945, una ben precisa direttiva politica testimoniata emblematicamente da un episodio: Benito Mussolini pur di mandar via il Ministro tedesco Von Ribentrop venuto a Roma per protestare per l’atteggiamento fascista di protezione degli ebrei, dette assicurazioni ingannevoli a Von Ribentrop e contestualmente ordinò al Gen. Robotti di inventarsi qualsiasi ragione o scusa ma di non consegnare ai tedeschi neanche un ebreo.
Lo stesso docente dell’Università ebraica di Gerusalemme, George L. Mosse, nel suo libro II razzismo in Europa, a p. 245 ha scritto: Il principale alleato della Germania, l'Italia fascista, sabotò la politica ebraica nazista nei territori sotto il suo controllo. Le leggi razziali introdotte da Mussolini nel 1938 impedivano agli ebrei di svolgere molte attività e si tentò anche di raccogliere gli ebrei in squadre di lavoro forzato; ma mentre in Germania Hitler restringeva sempre più il numero di coloro che potevano sottrarsi alla legge, in Italia avveniva il contrario: le eccezioni furono legioni. Come abbiamo già detto, era stato Mussolini stesso a enunciare il principio « discriminare non perseguire ». Tuttavia, l'esercito italiano si spinse anche più in là, indubbiamente con il tacito consenso di Mussolini. Ovunque, nell'Europa occupata dai tedeschi, le ambasciate italiane protessero gli ebrei in grado di chiedere e ottenere la nazionalità italiana. Le deportazioni degli ebrei cominciarono solo dopo la caduta di Mussolini, quando i tedeschi occuparono l'Italia.
Concludo, facendo presente che anche dopo l'entrata in vigore delle leggi razziali italiane del 1938, l’Italia rimaneva la meta preferita di tutti gli ebrei in fuga dall’Europa; il Brennero era divenuto il corridoio sicuro di transito verso l’Italia, ove trovare rifugio e protezione per tutti gli ebrei europei che fuggivano dai territori occupati dalla Germania.
P.S. il Senatore Abramo Giacobbe Isaia Levi (senatore del Regno dal 9 dicembre 1933 ,mantenne l’incarico fino al 1943, anno in cui iniziò ad essere perseguitato dagli anti fascisti); Stessa sorte toccata al barone Elio Morpugo, anch’egli senatore alto commissario contro il fascismo, Carlo Sforza, chiese che fosse dichiarato decaduto da senatore.
Cara senatrice Segre, senza pretesa alcuna, se leggesse ciò che ho scritto, sono certo che le sarei compiaciutamente di aiuto nel lenire le sue fastidiose vertigini.
Emilio Giuliana
<<la mescolanza delle genti è causa dei mali della città>> - Paradiso canto XVI – v.19 Divina Commedia – Dante Alighieri
<<Insultate perché bianche>>, <<qui è Africa>>….. https://www.corriere.it/cronache/22_giugno_05/raduno-garda-urla-bandiere-ora-torna-l-africa-minore-molestata-ho-pianto-paura-18592042-e50d-11ec-8929-c5ad2690e50c.shtml?fbclid=IwAR2JMaNN90jAlhIkpPO3m99CCsX11k2730D7_87cwDbGi9q14uB4hTQ5paQ
Di colpo, le razze sono nuovamente una realtà concreta
Pubblicato il 19 agosto 1977 sul Corriere della Sera. L'editoriale commentava una notizia di Romano Prodi ritenuta dal futuro premier del centrosinistra davvero molto preoccupante:
- a Reggio Emilia erano stati appena censiti 115 lavoratori arabi. Centoquindici, capite? Un dramma nella pacifica terra dell'aceto balsamico. Titolo della pagina: «Quando il Professore non voleva i negri». “Non aprite le porte ai negri”. Diceva proprio: «negri». E domandava: con tutti i problemi che abbiamo dobbiamo aggiungere quelli di una «difficile convivenza razziale»? E poi, ancora, insisteva: «Vogliamo proprio aprire le porte ai lavoratori stranieri» con tutti i disoccupati italiani che ci sono?
Del resto, come si sa, ognuno in gioventù ha avuto le sue debolezze. Giorgio Bocca e Alcide Degasperi pubblicavano scritti antiebraici, Fo dava la caccia ai partigiani, Ingrao diventò «poeta di Mussolini» con una composizione epica sulla bonifica delle paludi pontine: si può forse accusare Prodi per essere stato un po' razzista contro i negri? Suvvia, a parte il fatto che ci sono alti esponenti della cultura progressista che razzisti lo sono ancora oggi, e solo per via del fatto che gli che i domestici immigrati non sanno cucinare il bollito, ma poi tutto sommato cosa c'è di sbagliato in quello che dice Prodi?
In America è stato pubblicato il libro dal titolo Game Change (autori John Heilemann & Mark Halperin) , che riporta le affermazioni disprezzanti (altro che razzismo) di Bill Clinton riferendosi a Barak Obama: «Qualche anno fa questo individuo avrebbe potuto solo portarci il caffè». Dallo stesso libro si può anche leggere il pensiero dell'attuale leader democratico del Senato, Harry Reid, nei confronti dell'allora senatore Obama: «Non parla come un negro, a meno che non lo voglia».
È che dire della contrarietà al multiculturalismo e l'islam del defunto politologo Giovanni Sartori (Corriere della Sera 20 dicembre 2009) linea sposata anche da Francesco Rutelli ( Il Giornale - martedì 5 gennaio 2010)!
Detto questo ritengo doverosa una premessa, perchè ogni volta che si parla di immigrazione inevitabilmente si scade nel tanto grossolano, sommario e ideologico abusato termine/fenomeno razzismo/ razzista!
In epoche diverse i filosofi Cartesio, David Hume e Johann Gottlieb Fitche sostenevano che la realtà fosse frutto di una immaginazione collettiva, concetto contrario a quello insegnato e tramandato da altri illustri filosofi, vedi Platone, Aristotele, Socrate, Sant’Agostino, Sant’Tommaso. Questa premessa la ritengo doverosa, perché negare la varietà di “razze” umane sarebbe irrazionale (ma comodo) tanto quanto la convinzione di Hume e Cartesio in merito all’<<immaginazione collettiva>>. (Oggi potremmo parlare di gruppi etnici) L’idea di superiorità razziale (quando una razza domina o schiavizza un’altra razza giustificandosi), diverso dal concetto di varietà di razze, nasce e viene coltivato in ambienti illuministici anglosassoni: vedi risvolti storici. Tant’è, in breve, che la teoria Darwinista sostiene che solo gli organismi più forti danno continuità alla specie, e che tutto muta (mutazione non è sinonimo di adattamento) subendo il condizionamento dell’ambiente nel quale vive. E’ nell’era dei lumi che affonda le radici l’irrazionale e innaturale idea di presunte razze superiori, aiutata dalle super-coscienze storiche. Mai nella storia dell’uomo concetti di supremazia razziale hanno avuto spazio; le guerre tra popoli spesso hanno visto contrapporsi “consanguinei” e medesime confessioni religiose per motivi di stato, o meglio di potere, ma ufficialmente richiamandosi a concetti e affermazioni di civiltà più evolute, rispetto ad altre retrograde, considerate barbare. Mai nessun uomo veniva disprezzato per l’origine etnica. Solo un popolo, dall’antichità ad oggi, vanta una superiorità che oltrepassa l’aspetto razziale…….; Spesso, volutamente si confonde il razzismo con la discriminazione. Tutti possono essere vittime di discriminazione, “c'è chi si permette di giudicare chi può o non può essere presentabile in liste elettorali”, perchè la malafede dell’avversario ha posato l’onta. Manifestazioni di razzismo e di discriminazione sono esecrabili ed ignobili, sintomo di debolezza e impotenza. - “Quando Dio si è incarnato nella seconda persona ha scelto una razza, non credo che scegliendo di incarnarsi in uomo di razza bianca abbia discriminato i neri o i gialli! “.
Un’altra forma di discriminazione molto praticata in certi ambienti moralisti è lo snobismo di chi si erge a saccente censore, contraddistinto dalla presunzione tipica dei catto comunisti e neo comunisti, i quali vittime del loro stesso conformismo, escludono a priori chi non condivide o contraddice le loro “erudite” posizioni, bollandolo come ignorante, cercando di metterlo in disparte nell’atto sacro della democrazia, la discussione pubblica.
Ma questo atteggiamento non deve meravigliare, perchè si spiegano con estrema semplicità alla luce delle trame ordite in strutture/templi extra governative.
Benjamin Disraeli già (1868) primo ministro del Regno Unito, come parte in causa ebbe a dire:” Il mondo è governato da persone ben diverse da quelle immaginate da chi non conosce i retroscena”. Cosa volle dire Disraeli, lo spiega qualche tempo dopo un altro eminente massone, Paul Warburg: “ Lo si voglia o no, noi avremo un governo mondiale. La sola questione che si pone è di da sapere se tale governo mondiale sarà stabilito per consenso o per conquista. Uno tra gli strumenti più efficace per arrivare a tale fine è senza ombra di dubbio la mescolanza delle culture, delle religioni e delle razze!
Come osservava il massone Raymond Abellio, pseudonimo adottato nel dopo guerra da Georges Soulès, a firma di una produzione letteraria tutta intrisa di occultismo, astrologia e gnosi: “ la nostra epoca di mass – media trasforma la soggettività della Storia, che per lungo tempo non fu un problema che per i filosofi, vale a dire di un numero piccolo, in strumento universale per violare e plasmare la coscienza delle folle e, di conseguenza, in fattore politico essenziale e primario”.
É impressionante l'impegno profuso in questo senso dai mass – media a dalle reti televisive a livello planetario: come al solito chi paga il pifferaio sceglie la musica. Brock Chisholm, ex direttore dell'Organizzazione Mondiale della Sanità USA Magazine 12.08.1955: “ciò che in tutti i luoghi la gente deve fare è praticare la limitazione delle nascite e incentivare i matrimoni misti, e ciò in vista di creare una sola razza in un mondo unico dipendente da un'autorità centrale”.
Uno dei padri della Sinarchia europea, il massone d'alto grado Coudenhove Kalergi, fondatore della Paneuropa, che nel suo primo libro Praktischer Idealismus vaticinava: “L'uomo del futuro sarà di sangue misto. La razza futura eurasiatica-negroide, estremamente simile agli antichi egiziani, sostituirà la molteplicità dei popoli con una molteplicità di personalità”.
Il rabbino canadese Abraham Feinberg, sulla Maclean's Review, una rivista di Toronto, scrive: “ La sola soluzione ai conflitti razziali è il matrimonio misto. É dunque urgente che la legge incoraggi la mescolanza del sangue poiché il richiamo deliberato ai matrimoni interrazziali è il solo modo di accettare il processo per eliminare totalmente i pregiudizi razziali e quindi le razze separate”. Questo folle quanto innaturale sovvertimento auspicato, anzi imposto, alla civiltà europea, ma sono altri la concezione e l'insegnamento riservati alla gioventù ebraica. É eloquente quel che si è letto, a cura del National Committee for Furtherance of Jewish Education, sul New York Times: “ I matrimoni misti sono suicidio nazionale e personale. Il mezzo più sicuro per distruggere un popolo è farlo sposare al di fuori della sua fede... Uomini e donne sono certi di perdervi la loro identità. I valori ed i principi che tanto hanno contribuito alla cultura ed alla civiltà contemporanea scompariranno dalla faccia della terra. L'esperienza accumulata in tre mila anni, il ricco retaggio di un popolo, tutto ciò che è assolutamente vostro, sarà indegnamente annientato. Che pena! Che disastro! Che Vergogna!”.
Premessa doverosa per denunciare i passi da gigante che sono stati fatti dal Tempio di Satana per concretizzare il progetto etno-cida. “Adozioni, no a scelte su base razziale!” - continua: la procura della Cassazione contro le coppie che discriminano! Ebbene sì, una Coppia che decide di adottare un bambino non può sceglierlo, ma è costretto ad avere un bambino imposto. Il virtuoso principio che verrebbe calpestato nella scelta specifica di un bambino è il diritto di uguaglianza dei bambini. Uguaglianza è un termine largamente abusato, in quanto la nostra società si (de)struttura nella totale disuguaglianza! La società dittatoriale democratica che ci è stata imposta dalla plutocrazia anglo americana è estrania ai concetti di meritocrazia e carità, ma impregnata fino all'osso del concetto ideologico della predestinazione (calvinismo), dunque il termine uguaglianza ha significato solo per gli affiliati alle “Logge”, dunque ancora una volta la tanto pretesa uguaglianza di pochi, calpesta un valore inalienabile di tutti gli uomini, cioè la LIBERTà! Libertà di scegliere un bambino secondo coscienza, ragionevolezza e amore, contro la volontà assolutista ideologizzata egalitaria! Un bambino è legato ai suoi genitori, dal sangue, dallo stesso popolo la loro cultura e religione. Nell'adozione di un bambino, venuto meno il legame di sangue, per uno sviluppo sereno ed equilibrato e assolutamente necessario che non vengano a mancare i requisiti naturali restanti, ovvero stessa appartenenza etnica, culturale e religiosa! Non mi dilungo in aspetti, psicologici, pedagogici, sociologici e psichici, perché mi porterebbero lontano, rischiando di stimolare qualche solerte pubblico ministero che troverebbe opportuno applicarmi la legge Mancino ( a proposito di libertà!)!
Un uomo senza radici, senza riferimenti, senza terra, senza uno scopo nella vita diverso dal piacere e dall' accumulo di ricchezza fine a se stessa: esattamente il prototipo ricercato dai dominatori occulti (ormai non troppo occulti)! Infatti un uomo di questo tipo sarebbe un docile burattino, le cui pretese non travalicherebbero le necessità biologiche, si accontenterebbe del suo “foraggio” giornaliero e di un cantuccio dove trascorrere il tempo. Sicuramente non avrebbe in sé una forza d'animo, un forte carattere il coraggio necessario per reagire o ribellarsi ad un Sistema Totalitario, Tecnocratico e senza Dio! La civiltà del caos a spese dell'ordine e della chiarezza, della bellezza e dell'armonia che sono alla base della concezione naturale cristiana della vita. Invece, a colpi di moratorie riempiono il suolo patrio di musulmani, quando invece con falsa sfrontatezza si ergono a paladini della nostra santa religione cristiana! E che dire della ratifica de Trattato di Lisbona? Trattato che introduce le stesse logiche ultracapitaliste proprie della Bolkestein, supera la costituzione italiana, impone leggi a tutela dei "diritti" all' eutanasia ed ai matrimoni gay, con il relativo permesso di adozione di bambini. Si, reintroduce la pena di morte, condanna che potrà essere applicata in caso di "imminente minaccia di guerra se si verifichino delle rivolte civili". Lo hanno votato tradendo la Patria, i lavoratori e le libertà dei cittadini!
Che piaccia o no, a torto o ragione per unificare (altro unire) l’Italia sono state combattute tre guerre dette d’Indipendenza e in ultimo una guerra mondiale, solo in quest’ultima perirono circa 650 mila militari, 590 mila vittime civili. In ogni piazza d’Italia vi sono apposte lapidi commemorative che ricordano il sacrificio di migliaia di uomini, non donne, ma uomini, come è giusto che sia. Quegli uomini spezzarono e sacrificarono le loro giovani vite, per l’Italia, con il loro sangue resero sacro ogni centimetro della penisola.
In ogni luogo d’Italia, afro italiani reiterano quotidianamente molestie e violenze indirizzate nei confronti di donne e ragazzi “bianchi”, italiani. I nonni di questi barbari incivili hanno combattuto e sono morti per l’Italia? No! Per il motivo sopra esposto vivono nel nostro Paese come conquistatori e vedono nell’uomo “bianco” il nemico da sottomettere, magari da schiavizzare, così come ancora si usa in alcuni luoghi dell’Africa e Asia, o da eliminare. L’Italiano è impotente perché indifeso da questi vili soprusi, in quanto leggi liberticide, sono un fucile caricato, pronto a colpire qualsiasi italiano che deve difendersi e denunciare l’innaturale società multietnica, dunque non solo il danno ma anche la beffa. Perché i partiti del centro destra non abrogano la liberticida legge Mancino? Siete complici degli assalti tribali dell’ultimo dell’anno a Milano, dell’assalto di Peschiera del Garda. MOS MAIORUM, IUS SANGUINIS!
<<La convivenza con gli stranieri corrompe moltissimo i costumi dei cittadini, perché avviene necessariamente che gli stranieri, cresciuti con altre leggi e usanze, in molte cose agiscono diversamente dai costumi dei cittadini; e così, poiché i cittadini sono attirati dall’esempio a fare altrettanto, la convivenza civile viene perturbata>> san Tommaso d’Aquino, De Regimine Principum.
Mafia.
Della Mafia si fa un gran parlare, ma molto probabilmente in pochi conoscono il significato di questa parola. Pur precisando l’incertezza dell’etimo, i vocabolari di lingua italiana riportano che dovrebbe essere una parola d’origine siciliana, maffia (con due effe), il quale significato in lingua italiana, baldanza spocchia. L’indeterminatezza del significato della parola ha fatto anche pensare, che potrebbe essere di origine araba mahyas, ovvero smargiassato. Nel dubbio e nella supposizione, si può avanzare un’altra ipotesi, forse la più credibile, MAFIA è un acronimo, Mazzini Autorizza Furti Incendi Assassinii.
L’unificazione (come incessantemente ripeto, altro è l’unità) d’Italia fu un’operazione della massoneria inglese (con i soldi dei banchieri Rothschild), Mazzini ne era un affiliato e loro uomo di primo ordine e spicco. La segretezza, e i riti di affiliazione della MAFIA sono mutuate dalle logge massoniche. Le logge Massoniche ai più alti livelli rispondono a un Super Vertice, costituito da pochi uomini, che hanno come denominatore comune la loro appartenenza etnica.
Dunque, lo Stato italiano, dalla sua nascita in poi, risponde ed è diretto dalla mafia, il resto, votazioni, democrazia, eccetera, eccetera, sono specchietti per le allodole.
In Italia, per un certo periodo la massoneria ebbe pochi margini d’azione, a causa di una legge che impediva l’esistenza di associazioni segrete; nello stesso periodo vennero piegate la mafia in Sicilia e la camorra in Campania, in quel lasso di tempo alla guida dell’Italia ci fu il governo monarchico fascista. Mussolini pagò caramente per le scelte ed azioni operate contro la massoneria e le mafie, fu ammazzato barbaramente (macellato) e ritualmente impiccato a testa in giù a piazzale Loreto. Durante il secondo conflitto mondiale, manco a dirlo, lo strumento utilizzato dal “Fratello” Franklin Delano Roosevelt per sbarcare in Italia, fu proprio la Mafia, vedasi Lucky Luciano e Vito Genovese.
Nell’Italia post fascista, “onorati uomini” furono dislocati ai vertici della politica, e posti di comando, nella gestione del potere esecutivo, legislativo e giudiziario. Ad esempio Il primo sindaco della mia città nascita, Caltanissetta, fu tale Cammarata.
Falcone fu condannato a morte, perché capì veramente cos’era la mafia, non limitato al racconto della vulgata. Falcone, come anni prima Walter Tobagi il giornalista del Corriere della Sera, che coraggiosamente o inconsciamente aveva scritto e raccontato in un suo articolo, del potere mondiale costituito dal “super vertice”, furono ammazzati, perché andarono oltre.
Per i più restii a credere e digerire ciò che ho scritto, in fatto di logge e i loro controllo dei poteri dello Stato, ricordo le testimonianze degli ex magistrati Carlo Palermo e Luca Palamara.
Giovanni Falcone è stato ucciso da fuoco “AMICO”, e tra i molti che ad ogni anniversario della sua morte lo celebrano, si annidano i suoi mandanti.
Adolf Hitler non ha voluto la guerra! Il professor Barbero e Orsini, similmente ad altri eminenti storici Carroll Quigley, Anthony Cyril Sutton, Eustace Mullins, Benjamin Freedman, Stephen Zarlenga, Victor Suvorov (per citare i più noti), hanno dimostrato, con i loro lavori, che la tragica svolta nel corso della storia del Novecento, chiamata Seconda Guerra Mondiale, non fu determinata dai Nazionalsocialisti.
Sommessamente aggiungo, che il vero motivo che portò alla seconda guerra mondiale lo esterna senza mezzi termini Winston Churchill: “Il delitto imperdonabile della Germania prima della seconda guerra mondiale fu il suo tentativo di sganciare la sua economia dal sistema di commercio mondiale, e di costruire un sistema di cambi indipendente di cui la finanza mondiale non poteva più trarre profitto. ”- The Second World War, I960 .
A ribadire le stesse motivazioni il connazionale britannico del fu primo ministro della corona, il generale e storico John Frederick Charles Fuller.
"Quel che ci spinse in guerra contro Hitler non fu la sua dottrina politica; la causa stavolta fu il suo tentativo coronato da successo di dare vita a una nuova economia. La prosperità della finanza internazionale dipende dall'emissione di prestiti a interesse a nazioni in difficoltà economica. L'economia di Hitler significava la rovina della finanza internazionale.
Se ad Hitler fosse stato permesso di mantenere in funzione il sistema economico che egli aveva ideato e posto in attuazione con successo (in Germania), altre nazioni avrebbero certo seguito il suo esempio, e sarebbe venuto il momento in cui tutti gli Stati senza riserve auree si sarebbero scambiati beni contro beni; così non solo la richiesta di prestiti sarebbe cessata e l'oro avrebbe perso valore, ma i prestatori finanziari avrebbero dovuto chiudere bottega. Questa pistola finanziaria era puntata in modo particolare alla tempia degli Stati Uniti".
"Passo per passo, sono giunto alla convinzione che le mire del comunismo in Europa sono sinistre e letali. Al processo di Norimberga, io e il mio collega russo, abbiamo condannato l'aggressione tedesca. Credo ora che Hitler e il popolo tedesco non hanno voluto la guerra. Ma noi, (inglesi) abbiamo dichiarato guerra alla Germania, con l'intento di distruggerla, in accordo col nostro principio di equilibrio del potere, e siamo stati incoraggiati dagli ebrei americani vicini a Roosvelt. Abbiamo ignorato le suppliche di Hitler, che chiedeva di non entrare in guerra. Ora siamo obbligati a riconoscere che Hitler aveva ragione. Ci ha offerto la cooperazione della Germania: invece, dal 1945, abbiamo dovuto far fronte all'immenso potere dell'impero sovietico. Mi vergogno e mi sento umiliato nel vedere che gli obbiettivi per i quali Hitler è stato accusato, sono validi e perseguiti ora, solamente sotto un'etichetta differente."- Avvocato generale britannico, Sir Hartley Shawcross, conferenza di Stourbridge, 16 marzo 1984.
Forse diverrebbe più facile comprendere i fatti della Storia di quel periodo ricordando avvenimenti poco conosciuti, vedi le pesantissime sanzioni punitive a scapito della Germania sancite con il Trattato di Versailles, come conseguenza della sconfitta della prima guerra mondiale. A tal proposito espressero perplesse contrarietà eminenti persone di quel periodo. A seguito dell’inascoltata (tranne l’Imperatore Carlo I d’Asburgo) Nota di Pace, scritta da papa Benedetto XV, La pace di Versailles, siglata al termine del conflitto fu la pace dei vincitori. «Non era questa, no, la pace che i popoli si aspettavano - si legge nell'Osservatore Romano a commento del trattato - che era stata loro promessa per trascinarli al macello». E la colpa era, a detta del Vaticano, delle «voci degli imperialismi, delle ambizioni egemoniche, degli egoismi commerciali, del nazionalismo sopraffattore dei vincitori», mentre «debole e inascoltata è stata la voce dell’umanità». Papa Pio XI nella sua Enciclica Ubi arcano Dei del dicembre 1922 aveva affermato in merito al Trattato di Versailles: “La sostanza ultima di quei 440 articoli è sostanza di guerra e non fattore di pace; una pace artificiale stabilita sulla carta e che invece di svegliare nobili sentimenti aumenta e legittima lo spirito di vendetta e di rancore”.
Non diversamente si esprimerà, a ragion veduta, lo storico comunista inglese Eric John Hobsbawn, di origini ebraiche, che senza mezzi termini ha accusato il Presidente americano Wilson di avere aperto un gigantesco contenzioso fra nazionalità ed etnie diverse fornendo giustificazione alle successive pulizie etniche e financo all’esasperato nazionalismo tedesco e di conseguenza all’olocausto.
«Questa non è una pace, è un armistizio per vent'anni.» - (Ferdinand Foch, ufficiale francese al comando delle forze dell'Intesa sul fronte occidentale nella prima guerra mondiale; 1920.)
David Lloyd George: <<se la Germania ritiene che sia stata trattata ingiustamente nella pace del 1919, troverà i mezzi per esigere la giusta punizione dai suoi conquistatori... Per queste ragioni, pertanto, sono fortemente contrario al trasferimento di tedeschi dal dominio tedesco al controllo di qualche altra nazione, e che eventualmente può essere aiutata. Non riesco a concepire una causa maggiore di una futura guerra, diversa da quella del popolo tedesco, che ha certamente dimostrato di essere una delle razze più vigorose e potenti del mondo, che verrebbe circondato da una serie di piccoli Stati, molti dei quali costituiti da popoli che non hanno mai istituito in precedenza un governo stabile da sé stessi, ma ciascuno di essi ospitano grandi masse di tedeschi, che chiedono a gran voce il ricongiungimento con la loro terra natia, ha proposta della commissione polacca, che vorrebbe porre 2.100.000 tedeschi sotto il controllo di un popolo di religione diversa e che non ha mai dimostrato una capacità di autogoverno stabile in tutta la sua storia, a mio giudizio, porterà prima o poi a una nuova guerra nell'Europa Orientale>>. Essi se l’aspettavano la guerra perché erano consapevoli di averla scientemente provocata.
Altri fatti poco noti la Dichiarazione di Guerra degli Ebrei alla Germania, avvenuta il 23 marzo 1933 quando 20.000 ebrei protestarono al New York's City Hall (Municipio) e furono organizzati assembramenti all'esterno del North-American German Lloyd e delle Linee di Navigazione Hamburg-American. Picchetti di boicottaggio furono organizzati contro i prodotti della Germania nei negozi, nei magazzini e nelle attività commerciali di New York City. Secondo il quotidiano britannico The Daily Express di Londra il 24 marzo 1933 gli ebrei avevano già proclamato d loro boicottaggio contro la Germania e d suo governo, eletto dal popolo. Il giornale titolò "Judea Declares War on Germany - Jews of All thè World Unite - Boycott of German Goods - Mass Demonstrations" (La Giudea dichiara guerra alla Germania - Ebrei di tutto d mondo unitevi - Boicottaggio dei prodotti tedeschi - Dimostrazioni di massa). L'articolo di fondo descrisse un'imminente "guerra santa" e proseguì implorando gli ebrei di ogni luogo a boicottare t prodotti tedeschi e a partecipare in massa a dimostrazioni contro gli interessi economici della Germania. Secondo l’Express: <<L’ insieme di Israele nel mondo è unito nel dichiarare una guerra economica e finanziaria alla Germania. L'apparizione dello Svastica come simbolo della nuova Germania ha riportato a nuova vita i vecchi simboli di guerra di Giuda. Quattordici milioni di Ebrei sparsi in tutto d mondo>>[nel 1933]. Sempre l’ Express scrisse che la Germania <<si trova ora di fronte ad un boicottaggio internazionale del suo commercio, delle sue finanze e della sua industria ... A Londra, New York, Parigi e Varsavia, uomini d'affari ebrei sono uniti per intraprendere una crociata economica.>>
Nell’ opera che reca il titolo " Ledokol” (termine russo che significa Rompighiaccio), Victor Suvorov, alias Vladimir Rezun, già ufficiale del sovietico GRU (Glavnoe Rayzvedyvatelnoye)vatclnoye Upravlenie -Direzione delle Informazioni Militari), sostiene che le intenzioni bellicose di Stalin, del resto confermate dall’occupazione sovietica dei territori polacchi orientali e, poco dopo, dall’attacco sferrato dall’Armata Rossa contro la Finlandia, sarebbero state chiaramente espresse dallo stesso leader sovietico all'indomani dell'accordo stipulato con i nazionalsocialisti il 23 agosto del 1939. Quando negl’ambienti riservati del Cremlino egli volle discutere con i propri fidati subalterni, segreti risvolti del patto stesso, evidentemente ignorati dalla controparte germanica. L'autore di Ledokol (l’unica edizione italiana è stata pubblicata nel 2000 col titolo "Stalin, Hitler la Rivoluzione Bolscevica Mondiale”), sottolinea infatti gli aspetti della singolare relazione stabilita tra Hitler e Stalin, utile soprattutto a semplificare il compito che l’ Unione Sovietica avrebbe dovuto svolgere. Secondo Suvorov, il patto di non aggressione avrebbe permesso al leader sovietico di ordinare la mobilitazione generale fin dal settembre del 1939 e di predisporre il dislocamento di 160 divisioni dell’Armata Rossa lungo ì confini occidentali dell’URSS (Carelia, Repubbliche Baltiche e territorio polacco situato a est della Vistola), in attesa del colossale attacco che Stalin avrebbe poi sferrato contro la Germania. A tale scopo, il Capo supremo del Cremlino avrebbe ordinato, nel gennaio del '40, il richiamo di un milione di riservisti, portando a 3.500.000 il numero dei soldati effettivi dell’Annata Rossa, giunta così a costituire, con i 7.500 carri armati e i 6.000 caccia bombardieri a sua disposizione, una potenza bellica senza uguali nel mondo. Il maresciallo Georghy Zhukov avrebbe dovuto definire al più presto il piano di invasione della Germania, detto anche Operazione Groza ( Tempesta), da attuarsi non appena lo schieramento delle armate naziste avesse raggiunto la massima concentrazione sul fronte occidentale, lasciando il fronte opposto sufficientemente indifeso da un possibile attacco proveniente da Est, che, nel calcolo dello Stato Maggiore sovietico, Hitler non avrebbe avuto alcun modo di prevenire. A sostegno delle tesi esposte nel suo “Rompighiaccio" e ribadite nei successivi lavori (M-Day, The Chief Culprit, The - Last Republic), Suvorov cita più volte il discorso (pubblicato da Isvestja nel 1994) che Stalin tenne nel maggio del 1941 ai neo ufficiali dell’Accademia militare di Mosca. Occasione in cui il leader sovietico manifestò l’intento di dare attuazione al più presto al piano di conquista dell’Europa, attaccando per prima la Germania.
Le opere di Suvorov, che tarda accoglienza avrebbero trovato nell’editoria anglosassone, nonostante storici russi del calibro di Boris Sokolov, Alla Paperno e scrittori come Alexander Solzhenytzyn ne raccomandassero una rapida divulgazione in occidente, avrebbero invece destato vasta eco in Germania (ovviamente), ottenendo conferme e sostegno da Joachim Hoffmann, autore dell'opera Stalins Vernichtungskrieg (Stalin's War of Extermination — The Stalins Pian To conquer Europe), lettura essenziale per la comprensione delle cause del secondo conflitto mondiale, insieme a quella dei libri scritti sullo stesso argomento dall'austriaco Ernst Topitsch. Tutto ciò avrebbe permesso, se non altro, di avanzare seri dubbi sulla tradizionale immagine, artificialmente costruita, di una pacifica Unione Sovietica, vittima della criminale aggressione nazionalsocialista.
Sebbene la storia ufficiale inviti a guardarsi dalle facili speculazioni, la stessa vicenda di Dunkerque, può essere riletta alla luce delle su esposte considerazioni, sufficienti a convincere che quanto avvenne nei pressi di questa città nel nord della Francia, prospicente al Passo di Calais, segnalava la volontà di pace del Fuhrer, e il suo invito a ricercare le condizioni per una sospensione delle ostilità fra la Germania e la Gran Bretagna. A Dunkerque infatti, nel maggio del 1940, stavano ripiegando ben 400.000 soldati francesi e britannici, diretti verso navi alleate, per essere trasportati al sicuro sulle coste inglesi. Il ripiegamento avveniva al cospetto di cinque Panzer Divisionen che, schierate nelle vicinanze, avrebbero potuto facilmente distruggere gli anglofrancesi. Hitler, con grande sorpresa del comando tedesco, si astenne dall’ordinare l’attacco per lanciare a Londra (e al gruppo di pace inglese) un altro avviso della propria disponibilità a concordare un armistizio.
Hitler non volle la guerra.
Che piaccia o no, a torto o ragione per unificare (altro unire) l’Italia sono state combattute tre guerre dette d’Indipendenza e in ultimo una guerra mondiale, solo in quest’ultima perirono circa 670 mila militari, di cui una grande fetta furono alpini. In ogni piazza d’Italia vi sono apposte lapidi commemorative che ricordano il sacrificio di migliaia di uomini, non donne, ma uomini, come è giusto che sia. Quegli uomini spezzarono e sacrificarono le loro giovani vite, per difendere e proteggere le donne. Fu grazie al sacrificio di "quella soldataglia" (così definiti ed oltraggiati da blatte ideologizzate), se oggi la "puttanaglia" può prendersi il lusso e la libertà di insultarli, offenderli e dileggiarli. Ad ogni calamità naturale o catastrofe di altra origine, gratuitamente arriva a dare man forte la “soldataglia” volontaria degli alpini. L’organizzazione femminista Non una di meno, può vantare lo stesso impegno sociale? La risposta è scontata! Però si sa per certo, che femministe similmente ideologizzate, le ritroviamo in altri luoghi, e per altri motivi, in questo caso sì, indegne e disumane, vedasi ad esempio Forteto, Bibbiano…
Sottomissione e sfruttamento, tra le accuse mosse dal femminismo contro i maschi, biasimo che trovano origine -a loro dire- nella società patriarcale. È possibile, che tra queste paladine della difesa femminista non ve ne sia una, almeno una, cromosomicamente bilanciata? perché se ce ne fosse una, sarebbe dotata di logica, necessaria per poter comprendere autonomamente, ciò che invece spiego a seguire. L’idea di uomo (aguzzino) che hanno interiorizzato e propagandato non è frutto del patriarcato, ma bensì del matriarcato. Un bambino fin dalla nascita, rispetto alla bambina, viene oltre modo attenzionato e curato, talune volte a limite dell’ossessione, dalla propria madre; come se non bastasse, fino al termine della frequentazione del quinquennio delle scuole medie superiori, il bambino è accompagnato nella sua crescita da donne, infatti frequenta ambienti e strutture con una presenza prevalente, nella quasi totalità di un personale – educatrici, maestre, professoresse- composto da donne, asili nido, scuole materne, scuole medie inferiore, scuole medie superiore; i maschietti per 18 anni vivono circondati da donne! Questo stretto contatto femminile influenza ineluttabilmente i ragazzi, i quali a secondo del loro carattere maturano la loro personalità, anche nelle forme degeneri, vedi disordini sessuali e morbosità con sindromi compulsive di attaccamento materno, che traslano nelle loro “mogli”, nonché causa dei famosi e percentualmente residuali e marginali “femminicidi”.
Archiviato l’unico viatico utile per l’uomo, l’anno di leva militare, il maschio è stato precipitato damnatio ad bestias. L’anno di naja spezzava il ventennio di “tutela” a trazione femminile, per un periodo a traino maschile, dodici mesi in cui imparava ad usare scope, ramazze, lavare stoviglie e piatti per il numero e misura che una donna impiega in una vita, lavare i vestiti, la biancheria intima, rammentare e cucire, cucinare, docce fredde, rifarsi il letto con precisione geometrica (il famigerato e famoso cubo), sistemazione precisa e certosina del proprio armadietto…..un anno solare in cui imparare a camminare con le proprie gambe, un breve periodo ti patriarcato, che riusciva a scrollare di dosso le pesantissime scorie matriarcali! Ma purtroppo, da molti anni il militare di leva è stato abrogato, privando i maschietti del necessario e formativo breve periodo patriarcale, lasciato esclusivamente con in dosso il pesantissimo e deleterio, inadeguato, contro natura fardello matriarcale.
Le Femministe, per radicare il modello di società che rivendicano, dovrebbero combattere il matriarcato e bramare il patriarcato!
L’idea di donna oggetto, non è il frutto di convincimenti malsani maschili, ma è partorita volontariamente e scientemente dal mondo femminile stesso, così come ben testimoniato dai programmi televisivi più gettonati, i più famosi Maria De Filippi, Barbara D’Urso, Isola dei famosi, Grande fratello…e tutto a causa del modello di società matriarcale.
A tal proposito per uno studio più approfondito ed esaustivo è bene studiare quel patrimonio culturale/sociologico lasciatoci in eredita dalla scomparsa, dotta antropologa Ida Magli.
Se esiste un male per il genere femminile è il matriarcato e non il patriarcato.
In conclusine, è spiacevole far notare che le stesse che lamentano la cultura maschilista patriarcale, sempre pronte a denunciarne le supposte molestie, vedi Rimini, non proferiscono mai una parola sulle reiterate e quotidiane molestie indirizzate nei confronti di donne e ragazzi in ogni luogo d’Italia da afroitaliani dei quali i loro nonni non hanno combattuto e non sono morti per la puttana Italia, afroitaliani che non si rimboccano le maniche per soccorrere vittime di sciagure e calamità che investono il nostro Paese!
“Ho passato una vita a difendere le donne, ma che delusione. Purtroppo debbo constatare che non pensano. Che non sanno fare politica. Che non sono capaci di farsi venire un'idea nuova... ” IDA MAGLI
La Commissione Europea nel nome dell’inclusività avrebbe voluto cancellare la parola Natale, per poi tornare indietro sui propri passi…decisione che non cancella la volontà di eliminare la parola Natale -con l’intenzione di precipitare nell’obblio la festa del Natale- ma di rimandare nel tempo l’iniziativa.
Nel nome del rispetto degli A-Tei (senza Dio), in Vandea, regione francese, famosa per aver combattuto i giacobini durante la rivoluzione francese, è stata rimossa la statua di san Michele Arcangelo dalla piazza principale di Sables d’Olonne; se dietro non si celasse l’esclusivo odio verso il cristianesimo, non si spiegherebbe perché laici e atei non si sentano offesi da luoghi di culto islamici ed ebraici, vedi moschee e sinagoghe!
Facendo un salto indietro di qualche anno, precisamente il 2012, durante l’apertura dei giochi olimpici in Inghilterra, tutta la coreografia scenica fu marcatamente di stampo rituale satanico, così come accadde nel 2016 per l’inaugurazione del traforo del san Gottardo in Svizzera; l’odore di zolfo si sente con puzza pregnante ed asfissiante nel movimento Black Live Metter, tant’ è che uno dei suoi leader mondiali, Shaun King ha chiesto la rimozione di tutte le statue di Gesù.
Questa breve introduzione – mutuando Socrate- non ha la pretesa di insegnare niente a nessuno, ma solo di far pensare.
Non grave, ma pur sempre lontano dalla verità, il racconto che Gesù sia stato l’emulo riciclato e riadattato di altre divinità mitologiche, di altre religioni, così come raccontato a seguire; pur tuttavia, dopo lo scritto che scredita l’esistenza e l’originalità di Gesù, un altro articolo che smentisce i detrattori.
<<La verità sul Natale – Gesù è uno dei tanti nati il 25 dicembre da una Vergine
Per i cristiani di tutto il mondo il 25 dicembre è il giorno in cui è nato Gesù.
Ma non tutti sanno che la stessa data riveste la stessa importanza per moltissime altre antiche religioni di tutto il mondo. Il 25 dicembre è la data di nascita di moltissimi dèi, quasi tutti nati da una vergine che hanno avuto una vita terrena di 33 anni con 12 discepoli e poi sono stati traditi ed uccisi e risorti dopo 3 giorni! Può sembrare incredibile ma è proprio così e questo ci fa riflettere sulle vere origini del cristianesimo e il significato simbolico di questi eventi.
Horus, in Egitto 3000 anni prima di Cristo, che nasce il 25 dicembre dalla vergine Isis-meri, la sua nascita è annunciata da una stella proveniente da est, e tre re giunsero a salutare la sua nascita. A 12 anni fu insegnante prodigio A 30’anni viene battezzato da Anup, aveva 12 discepoli che viaggiavano con lui ed eseguiva miracoli come curare i malati, camminare sull’acqua ed era conosciuto come La Luca, Il figlio di Dio, L’agnello di Dio, Buon pastore etc etc, tradito da Typhon fu crocifisso e sepolto per tre giorni, poi resuscitò. In aggiunta, scritte circa 3.500 anni fa, sui muri del Tempio a Luxor ci sono immagini dell’Annunciazione, Immacolata Concezione, Nascita ed Adorazione di Horus, con Thoth che annuncia alla Vergine Iside che lei concepirà Horus; con Kneph, lo “Spirito Santo” che impregna la vergine; e con l’infante e la presenza di tre re, o magi, che portavano doni.
Virishna nel Medio Oriente, 1200 anni prima di Cristo, nacque da madre vergine per immacolata concezione: quando nacque il tiranno di allora fece uccidere tutti i bambini suoi coetanei; Angeli e pastori presenziarono alla sua nascita in una grotta; compì miracoli come la trasformazione dell’acqua nel vino e resuscitò i morti; fu crocifisso alla fine in mezzo a due ladroni e resuscitò dopo tre giorni.
Attis di Frigia 1200 aC, nato dalla vergine Nana il 25 dicembre, crocifisso e morte per 3 giorni e poi resuscitato.
Krishna, in India 900 aC, nato dalla vergine Devaki, con una stella premonitrice dall’est., compiva miracoli con i suoi discepoli e dopo la sua morte fu resuscitato.
Dionysus, in Grecia 500 aC, nato il 25 dicembre da una vergine, fu insegnante itinerante, compiva miracoli come tramutare l’acqua in vino. Era chiamato Re dei Re , Figlio Unigenito di Dio, L’alpha e L’omega. Dopo la sua morte fu resuscitato.
Mithra, in Persia 1200 aC, nato da una vergine il 25 dicembre, aveva 12 discepoli e compiva miracoli, e alla sua morte fu sepolto e resuscitò dopo 3 giorni. Il giorno sacro dedicato a Mithra era la Domenica.
Ci sono quindi tanti salvatori nati il 25 dicembre, per lo più da una vergine, che hanno effettuato miracoli, sono morti su croci/alberi/oggetti fatti di legno, poi sono risorti, e presentano tra loro delle somiglianze impressionanti. La domanda sorge spontanea: perché queste caratteristiche?
Ecco molti altri sono i profeti nati il 25 dicembre con una storia simile:
Tammuz in Mesopotamia; Quetzalcoat e Huitzilopochtli in Messico; Bacab nello Yucatan; Alcide, Apollo, Ercole, Zeus in Grecia, Marduk, Adad in Assiria, Zulis, Osiride e Iside in Egitto, Adone in Siria; Odino, Balder e Frey in Scandinavia, Bali in Afghanistan, Baar in Fenicia, Jao in Nepal, Xamolxis in Tracia, Zoar tra i Bonzi, Beddru in Giappone, Issione e Quirino a Roma, Prometeo nel Caucaso, Indra in Tibet, Thammuz in Siria, Atis in Frigia, Deva Tat in Siam, Thor in Gallia, Ischy nel’Isola di Formosa, Fohi e Tien in Cina.
LA SPIEGAZIONE DEI PROFETI CHE HANNO LA STESSA VITA
La spiegazione per tutto questo può essere descritta in modo duplice ma è unica.
1) La prima spiegazione è che la nostra umanità attuale è l’erede di un’altra civiltà che è vissuta in un era precedente di cui abbiamo ripreso il culto della religione originaria. Il fatto che siano esistite civiltà evolute e poi qualcosa (una guerra o un cataclisma) ha fatto ritornare l’uomo alla preistoria, è molto accreditata ed in effetti ad esempio in India c’è la città di Mohenjo-Daro in cui gli scienziati hanno trovato le stesse condizioni di radioattività e fusione prodotte da un’esplosione nucleare, il tutto risalente ad almeno 7500 anni fa. Questa teoria trova riscontro anche nei numerosi OOPARTS che vengono scoperti sempre di più, ovvero oggetti che risalgono a migliaia di anni fa ma sono troppo evoluti e sofisticati per appartenere alla preistoria.
2) La seconda spiegazione è molto pragmatica e si basa sull’effettivo movimento degli astri ed è quella che gli studiosi ed archeologi chiamano l’antico culto del sole. Il 25 dicembre segna l’effettiva nascita del sole dopo la morte avvenuta con il solstizio del 21. La “stella d’oriente” che da il messaggio della venuta del Dio, non è altro che Sirio, la stella più luminosa del cielo notturno. Il 24 dicembre di ogni anno, Sirio – com’era già noto nei tempi antichi – si allinea con le tre stelle più brillanti della cintura di Orione. Queste ultime tre stelle vengono chiamate, oggi come nell’antichità, “I tre Re”. La linea retta descritta idealmente da queste 4 stelle (Sirio più “i tre Re” allineati) indica esattamente il punto dell’orizzonte dove il sole sorgerà il 25 dicembre. Ecco da dove viene l’allegoria della stella che, insieme ai tre re che la “seguono”, indica il punto dove il sole (cioè la divinità del Sole) nascerà. Il sole quindi cresce e raggiunge il suo apice con l’equinozio di primavera e quindi la Pasqua, momento in cui il Sole entra nel segno dell’ariete e del montone, ecco il perché dell’agnello sacrificale presente in tutte le religioni: le ore di luce sconfiggono “per sempre” le tenebre, ed ecco che la rinascita si compie e inizia nuovamente un nuovo “ciclo di vita sulla Terra”. Il 22 dicembre la “morte” del Sole si realizza completamente quando cioè raggiunge il punto più basso nel cielo. La cosa particolare è questa: dal punto di vista visivo, il Sole smette di muoversi verso sud per 3 giorni. Durante questo periodo, il Sole rimane in prossimità della Croce del Sud (la costellazione di Crux), e dopo questo periodo di tre giorni, il Sole ricomincia a muoversi questa volta verso nord facendo presagire giorni più lunghi, più calore e primavera. Il Sole è morto sulla croce, morì per 3 giorni per poi risorgere e nascere di nuovo: da qui l’idea di crocifissione, morte per 3 giorni e resurrezione che è comune a tante divinità del Sole come Gesù. Gli Apostoli sono le 12 costellazioni dello Zodiaco, assieme ai quali Gesù, essendo il Sole, viaggia. La madre vergine del Dio Sole e’ un tema anch’esso popolare in tutte le religioni dell’antichità: secondo il “mito solare”, infatti, il Sole nacque sotto la costellazione della Vergine; dato che gli antichi inspiegabilmente conoscevano a menadito il sistema solare meglio di noi oggi, tutti i profeti solari sono nati da altrettante vergini. L’oro, l’incenso e la mirra, infine, erano i doni che gli antichi facevano al sole poco dopo la sua rinascita, in quanto con la sua nuova “luce” avrebbe promesso grano, raccolti e cibo nuovamente a sufficienza.
Molto probabilmente non sapevi tutto questo, ed è molto affascinante scoprirlo e cercare di dare una spiegazione razionale e logica a tutto. Secondo me una ricerca concreta e fruttuosa su questo può iniziare solo se ti metti nella prospettiva che forse non sappiamo davvero cosa è successo in passato, non sappiamo quanto erano evoluti, quali conoscenze avanzate avessero e quanto profondamente erano in contatto con tutto l’universo.
http://thedayafter2012.blogspot.it/2016/12/la-verita-sul-natale-gesu-e-uno-dei.html
Gesù e la mitologia egizia
Le teorie su cui si basa tutta la critica di Peter Joseph non sono sue ovviamente. Sono di una tale Acharya S, altro pseudonimo che solo in seguito sarà identificato con la storica e archeologa D.M. Murdock, che ha pubblicato un libro chiamato “The Christ Conspiracy”. Questo libro si rifà agli studi di Gerald Massey (poeta dell’800, appassionato dell’antico Egitto e autodidatta nello studio dei geroglifici), il quale ha liberamente interpretato una serie di pittogrammi presenti a Luxor, attribuendo loro le caratteristiche dell’annunciazione e il concepimento di Horus come fosse Gesù. Le sue teorie sono state confutate dai più eminenti egittologi dell’ultimo secolo e mezzo, ma il signor Joseph, agli studi professionali preferisce la versione di un poeta autodidatta.
In principio era il Sole ed il culto di questo oggetto, Il sole di Dio
Il Sole è un oggetto. Non un astro, non una stella. Un oggetto (ripetuto per ben due volte). Proprietà di linguaggio 0 – P.J. 1
Questo è Horus, il Dio Sole dell’Antico Egitto.
Ma non era Ra il Dio Sole?! Complotto dei libri di storia e degli egittologi contro di NOI!
Horus nato il 25 dicembre da una vergine di nome Isis-Meri, a 12 anni insegnava nel tempio, aveva 12 apostoli, fu crocefisso e poi resuscitò dopo 3 giorni.
Horus, figlio di Iside (Isis MERI?!?) e Osiride, avvelenato (non crocifisso) da Seth (che aveva 12 compagni secondo Plutarco), risuscitato da Ra (che non era suo padre), si vendica di Seth. Non fu mai battezzato da Anup (Ma chi è Anup?), non insegnò mai nel tempio e non si accenna mai a chissà che ministero a 30 anni.
Da qui ha inizio un elenco di ALCUNE figure mitologiche che nel corso della storia, secondo Peter Joseph e solo secondo lui, hanno avuto le stesse caratteristiche di Gesù.
Attis di Frigia, nato il 25 Dicembre. Nato da una vergine. Crocifisso. Risorto dopo 3 giorni.
Attis di Frigia, la sua morte e rinascita sotto forma di viole mammole si celebrava tra il 14 ed il 28 marzo. Morto per auto recisione dei genitali.
Krishna dell’India. Nato da una Vergine il 25 dicembre. Preannunciato da una stella. Fece miracoli. Morì crocifisso. Resuscitò.
Krishna dell’India, figlio di Devaki e Vasudeva, ignota la data di nascita (essendo MITOLOGIA). Preannunciata la sua nascita da un sogno. Come unico miracolo sollevò una collina. Morì colpito al calcagno da una freccia (come il Pelide Achille, non come Gesù). Non è mai risorto anzi, la sua morte ha segnato l’inizio di una nuova Era astrologica.
Dioniso. Nato da una vergine il 25 dicembre. Vagava facendo miracoli TRA CUI trasformare l’acqua in vino. Chiamato “Il Re dei Re”.
Chiunque abbia studiato un minimo di mitologia greca alle ELEMENTARI sa che Dioniso è nato dalla coscia di Zeus o dall’unione tra Zeus e Semele, che per nessun mito greco esiste alcuna datazione, che trasformava l’acqua in vino perchè era il Dio dell’ubriachezza e di tante altre cose. Una leggenda lo vuole figlio del Re di Tebe, ma mai Re dei Re. Crocifisso?! Quando!?
Mithra, nato il 25 dicembre, aveva 12 discepoli, faceva miracoli, morì per 3 giorni e resuscitò.
Il Dio Mitra è una divinità potentissima dello Zoroastrismo, il “Signore delle anime”. Come si sa lo Zoroastrismo è una religione che ebbe molto piede in India e nell’Impero Persiano. Ma l’altro Mitra di cui si hanno notizie faceva parte del pantheon tardo-romano, il cui culto era celebrato il 25 dicembre. Il signor Jones fa una specie di pastrocchio attribuendo ad una divinità le caratteristiche dell’altra.
Ma per maggiori info sulla data di nascita di Gesù rimando a questo articolo, molto esaustivo (https://www.cattonerd.it/2013/12/25/gesu-e-veramente-nato-il-25-dicembre/).
Gesù e l’astrologia
Il cerchio dello Zodiaco ha una croce (sottile indizio) che lo divide in quattro settori, 12 simboli (ricordiamoci il numero 12, gli servirà più avanti) che indicavano con forme antropomorfe lo stazionamento del sole nelle costellazioni. L’Acquario, per esempio, indicava le piogge primaverili.
L’Acquario nei tre calendari, siderale, tropicale e astronomico, ha una durata che oscilla tra il 21 gennaio e il 14 marzo. La primavera inizia il 20 marzo. E’ proprio vero che non esiste più la mezza stagione!!
Sirio-Gesù, La cintura di Orione – I Re magi, La Costellazione Virgo-Maria e Betlemme
Il 24 dicembre la stella più luminosa del firmamento, Sirio, si trova a ridosso della Cintura di Orione, composta da tre stelle. Il nome con cui gli antichi romani chiamavano Sirio era Stella Canicula, gli egizi la chiamavano Sothis per indicare la Dea Iside, i Polinesiani la chiamavano Grande Uccello, gli Hawaiani la chiamano Regina del Cielo.
Per quelli che Joseph chiama “I tre magi”, non sono altro che la cintura di Orione, che nella tradizione cinese sono chiamati i Tre Astri e nella storia occidentale erano dapprima indicati semplicemente con le lettere dell’alfabeto greco, in seguito si sono guadagnate il nome di Alnitak, Alnilam e Mintaka.
Probabilmente avrebbero preferito chiamarsi Gaspare, Melchiorre e Baldassarre per essere ricordate con più facilità.
Segue una fantasiosa delucidazione sulla lettera –M nei nomi delle vergini madri.
Avendo già appurato che non ci sono molte vergini nelle mitologie, poichè spero non ci sia bisogno di spiegare quanto la spiritualità pre-cristiana fosse strettamente legata ad una ritualità sessuale e quanto la crescita del Cristianesimo sia stata osteggiata anche per la rivoluzionaria predicazione contro i costumi sessuali politeisti, proseguiamo con la bislacca analisi di P.J. sulla Bibbia astrologica.
Il simbolo del segno della Vergine è una M rovesciata, per questo tutte le madri vergini (che non ce ne sono, abbiamo detto) iniziano con la M. Iside inizia con la lettera I (Secondo P.J., si chiama Isis-Meri, ma di questo appellativo non c’è traccia) , la madre del Buddah -Siddartha Gautama, si chiamava Maya ma NON è mitologia, Siddartha Gautama è esistito veramente, così come sua madre che non era vergine! Il simbolo della costellazione è una donna con una spiga.
La costellazione si indica anche con il nome di Casa del Pane. Vero. Betlemme significa Casa del Pane (o Casa della carne a seconda della traduzione). Vero. Betlemme quindi è una città del cielo, non della terra. FALSO!! Betlemme esiste davvero.
Altre illazioni
Il numero 12
12 sono gli apostoli, 12 sono i segni zodiacali, 12 sono le tribù di Israele, 12 le stelle sulla corona della Madonna.
Ma 12 sono anche il numero dei nervi cranici, il numero delle coppie di costole, 12 le vertebre dorsali. 12 è il numero atomico del magnesio. Complotto del Corpo Umano e della Chimica contro di NOI!
Cristo muore sulla Croce perché il 25 dicembre il Sole è vicino alla Croce del Sud e quindi il Sole muore sulla Croce e poi risorge in Primavera.
Insomma, finora si è detto che Gesù NASCE il 25 Dicembre, non muore! E comunque, la costellazione Croce del Sud è stata scoperta effettivamente come non facente parte della Costellazione del Centauro solo nel 1516.
L’era dell’acquario: Mt 28:20 – Lc 22:10
La nascita di Gesù corrisponde con l’inizio dell’Era dei Pesci (“Ovviamente” perchè Gesù è simbolicamente rappresentato come un Pesce! Ah, ma che studiate a fare simbologia!!), c’è un errore di traduzione dal greco, secondo P.J., in quanto Gesù dice: “Sono con voi fino alla fine dell’Era”. L’indicazione di Gesù ai discepoli in Luca 22:10 su dove si celebrerà la Pasqua indica un uomo con una brocca, cioè la costellazione dell’Acquario. Quindi la morte di Gesù indica l’ingresso nell’Era dell’Acquario. New Age, new Age come se piovesse! http://www.cattonerd.it/2014/04/29/zeitgeist-grande-bufala-mai-raccontata/>>
santo Natale
Emilio Giuliana
<<Il Processo di Tokyo condivise molte delle critiche rivolte contro il Processo di Norimberga, inclusa quella riguardo alla natura non precostituita (ex post facto) della corte. I critici si dividono tra quelli che sostengono la tesi della giustizia dei vincitori sui vinti e quelli che vedono nel processo essenzialmente una procedura legale per esonerare la famiglia imperiale dalle responsabilità criminali.
Alcuni ritengono inoltre che il tribunale giudicò solo rispetto al punto di vista statunitense perché, a differenza di quello di Norimberga, l'accusa era composta da una sola squadra di procuratori, guidata dall'americano Joseph B. Keenan il cui ruolo fu predominante.
Inoltre il processo ai criminali giapponesi ebbe meno supporto ufficiale rispetto a quello contro i criminali nazisti. Il procuratore capo Keenan era un ex assistente procuratore generale (attorney general), che nel sistema giuridico americano è una posizione molto inferiore rispetto a quella che ricopriva il suo omologo di Norimberga Robert H. Jackson, giudice della Corte Suprema degli Stati Uniti.
Opinioni di dissenso e tesi della giustizia dei vincitori sui vinti
Il giudice indiano Radhabinod Pal sostenne che l'esclusione del colonialismo occidentale e dei bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki dalla lista dei crimini, e la sola presenza di giudici delle nazioni vincitrici, rappresentavano il "fallimento del processo nell'offrire nient'altro che l'opportunità per i vincitori di vendicarsi dei vinti." L'obiezione di Pal era anche sostanziale: sostenne che l'intera accusa verteva sul fatto che ci fu una cospirazione per intraprendere una guerra di aggressione, che includeva l'abbrutimento e la sottomissione delle nazioni invase. In particolare, circa il massacro di Nanchino sostenne, dopo aver riconosciuto la brutalità dell'azione, che c'erano prove schiaccianti contro i membri delle forze armate giapponesi, ma che non c'era nessuna prova circa il presunto coinvolgimento del governo giapponese o di qualcuno dei suoi funzionari. Inoltre dichiarò che non c'erano prove di nessun tipo che documentassero qualsiasi intervento del governo allo scopo di permettere crimini del genere e, che in ogni caso, la cospirazione al fine di intraprendere una guerra di aggressione non era illegale nel 1937>>. wikipedia
p.s. pagina 331 riporta un errore. laddove si racconta del Kamikaze italiano il capitano della Regia Aeronautica Giorgio Gratter di Trento, trattasi del capitano Giorgio Graffer, il quale La notte tra il 13 e il 14 agosto 1940, nel corso di una missione notturna, intercettò l'Armstrong Whitworth AW.38 Whitley (P4965/ZA-H) del 10 Squadron, che era decollato da Abingdon per bombardare la fabbrica di motori aeronautici Fiat di Torino. Graffer tentò di abbattere il bombardiere con il fuoco delle mitragliatrici; non riuscendovi, speronò con il suo aereo quello nemico, salvandosi con il paracadute e causando gravi danni al bombardiere che, dopo un lungo volo attraverso la Francia di ritorno verso l'Inghilterra, finì per precipitare in mare davanti alle coste del Kent. L'episodio è considerato il primo esempio di combattimento aereo notturno della Regia Aeronautica e fruttò la medaglia di bronzo al valor militare a Graffer.
Il recensore dell’articolo in esame (che non si firma) (https://www.ladige.it/cultura-e-spettacoli/2021/10/23/l-italia-che-dimentica-il-proprio-colonialismo-e-crede-alle-bufale-sulle-opere-costruite-per-gli-africani-1.3034149?fbclid=IwAR010LwcHdBYpNd-e5aPwyyKPATn55F-ysDYDQbQ_Ah5WWhEDxIHgfUG8SY), e l’intervistato, il laureato in storia Francesco Filippi, anti fascisti per caso, si sono ficcati in cul de sac, denigrando in modo più ridicolo, comico e dilettantistico di Angelo Del Boca, il colonialismo italiano, “fenomeno” che il governo fascista ha ereditato, come lascito di quelle forze massoniche liberal democratiche che hanno governo miseramente l’Italia e le colonie, prima della loro sconfitta elettorale, che li ha estromessi per venti anni dal servire logiche ed interessi internazionali privati, ed ingrossare i loro portafogli a scapito dell’Italia e degli italiani, identicamente come accade dal 25 aprile 1945.
Il “giornalista” anonimo con sarcasmo, riporta le recenti parole di Vittorio Sgarbi, il quale ha asserito che <<il fascismo ha fatto “anche” cose buone, ad esempio all’Asmara>>. Sgarbi, ha commesso un solo errore, aggiungere al suo pensiero, l’avverbio di modo “anche”, infatti il fascismo ha fatto cose buone, certamente perfettibile, ma ha fatto senz’altro cose buone, così come asserito da insospettabili personaggi di rilievo nazionale e mondiale; in tal senso l’ebrea comunista Margherita Hack: “Quello che ha ottenuto il fascismo in campo sociale oggi ce lo sogniamo. Non si trattava solo dei treni in orario. Assegni familiari per i figli a carico, borse di studio per dare opportunità anche ai meno abbienti, bonifiche dei territori, edilizia sociale. Questo perché solo dieci anni prima Mussolini era in realtà un Socialista marxista e massimalista che si portò con sé il senso del sociale, del popolo“.
“Le dirò –prosegue la Hack– il fascismo modernizzò il paese. Resta una dittatura, ma anche espressione d’italianità. Bisognerebbe fare un’analisi meno ideologica su questo” (Marzo 2013 Barricate).
Andrea Camilleri: Io, sotto il fascismo, ero più libero di quanto voi lo siete adesso - Festival di Roma 2010
Carlo Lizzani: nel fascismo la cultura non subiva tagli, anzi era valorizzata al massimo dal regime anche con risultati a volte davvero straordinari. Basti pensare alla Mostra del Cinema di Venezia e anche all’attuale Centro Sperimentale di Cinematografia. L’equazione fascismo uguale reazione è sbagliata perché fa pensare a un’impossibilità di recupero e invece i processi messi in moto dal fascismo erano anche di modernizzazione. Per noi ragazzi si aprirono le porte di pubblicazioni come Primato, con Bottai e altri gerarchi che offrivano la possibilità ai giovani di scrivere per le principali riviste. Il Centro sperimentale di cinematografia, un’invenzione fascista, proiettava i film sovietici. Ci sentivamo promossi come nessun’altra generazione prima di noi. Le parole d’ordine erano “largo ai giovani” e “la borghesia la seppelliremo”, mentre i nostri padri venivano da società gerontocratiche, bloccate. I Littoriali erano grandi gare giovanili che davano ai diciottenni l’opportunità di viaggiare, uscire di casa, sentirsi autonomi rispetto alla famiglia e ai canoni borghesi.
Enzo Biagi: Mussolini è stato un gigante; considero la sua carriera politica un capolavoro. Se non si fosse avventurato nella guerra al fianco di Hitler, sarebbe morto osannato nel suo letto. Il popolo italiano era soddisfatto di essere governato da lui: un consenso sincero.
Gaetano Salvemini, anti fascista, scrisse: <L’Italia è diventata la Mecca degli studiosi della scienza politica, di economisti, di sociologi, i quali vi si affollano per vedere con i loro occhi com’è organizzato e come funziona lo Stato corporativo fascista >.
Lo storico ebreo comunista Renzo De Felice è stato molto chiaro, lo si capisce senza possibilità di confusione nella citazione che segue: tutto quanto detto e scritto sul fascismo e resistenza è falso perché la sinistra politica ha nascosto tante verità, tanti delitti, tante vergogne partigiane.
Anche da oltre Oceano giunsero segni di apprezzamento per l’opera messa in atto dall’Italia del Ventennio.
John Patrick Diggins, autore del libro “L’America, Mussolini e il Fascismo“, a pag. 45, ha scritto: “Negli anni Trenta lo Stato corporativo sembrò una fucina di fumanti industrie. Mentre l’America annaspava, il progresso dell’Italia nella navigazione, nell’aviazione, nelle costruzioni idroelettriche e nei lavori pubblici, offriva un allettante esempio di azione diretta di pianificazione nazionale. In confronto all’inettitudine con cui il Presidente Hoover affronto la crisi economica, il dittatore italiano appariva un modello di attività (…)”.
Il comunista Renzo De Felice: “La liberale e antifascista ‘Nation’ arrivava ad auspicare un Mussolini anche per gli Stati Uniti”.
L’inglese Michael Shanks, economista di vasta esperienza internazionale, già direttore della Commissione Europea degli Affari Sociali, nonché Presidente del Consiglio dei Consumi, indica nel suo libro “What’s wrong with the modern world?” lo Stato Corporativo di Mussolini come l’unico metodo per uscire dalli crisi.
Il Regime fascista nel suo “programma politico e sociale per l’ammodernamento e l’industrializzazione del Paese”, come osservato anche dal politologo e storico statunitense James Gregor, non poteva eludere una globale politica previdenziale. La competenza dell’INPS andava dall’invalidità e vecchiaia alla disoccupazione, dalla maternità alle malattie.
Disse Claude Ferrere, a proposito dell’uccisione di Benito Mussolini e dell’animalesco ludibrio di Piazzale Loreto, che «Alcuni italiani si sono vendicati di un Capo troppo grande per loro, le cui stesse benemerenze apparivano troppo gravose. E tutti i governanti d’Europa, anche se non osarono approvare apertamente, gioirono in segreto. Dinanzi a quell’uomo erano afflitti da un complesso di inferiorità insopportabile, come era accaduto tempo prima con Napoleone. Duemila anni prima per le stesse ragioni era stato ucciso Giulio Cesare».
Franklin Delano Roosevelt: Mussolini deve passare alla storia come il costruttore di una migliore forma di convivenza fra i popoli.
Winston Churchill: Così finirono i ventuno anni della dittatura di Mussolini in Italia durante i quali egli aveva salvato il popolo Italiano dal Bolscevismo per portarlo in una posizione in Europa quale l’Italia non aveva mai avuto prima… Le grandi strade che egli tracciò rimarranno un monumento al suo prestigio personale e al suo lungo governo.
In Italia ed in occidente in generale, il metro di misura per stabilire e attribuire a studiosi il titolo di storico è determinato da quanto siano antifascisti e antitradizionali, animati da uno spirito d’odio verso la cultura e tradizione ellenico romano; non sfugge a tale auto ideologico referenziale meccanismo Francesco Filippi da Levico.
Italiani brava gente non era semplicemente un modo dire, ma un dato di fatto, con buona pace dei capziosi detrattori del popolo italico. Cosa assai strana per i sinistri e il politically correct, ammettere (qualora vi fosse in loro la volontà d’informarsi) che gli italiani si dimostrarono ancor più umanamente bravi e buoni durante il governo monarchico fascista. l’assioma fascismo / bontà è il frutto di una visione del mondo tradizionale, quel mondo che riprendeva i principi nobili etici e morali della civiltà ellenica romana, plasmata da due mila anni di cristianesimo.
Ad onore del vero, se ci furono degli italiani che si distinsero per cattiveria furono sinistrati risorgimentali, Fiorenzo Bava Beccaris, Nino Bixio, Francesco Crispi, che non esitarono a far sparare e sparare contro persone inermi ed innocenti; socialisti prima e comunisti dopo biennio rosso. In merito alla brutalità disumana bolscevica nostrana riporto alcune testimonianze. Ammette il politologo Domenico Settembrini: <Il ricorso alla violenza all’interno alla sinistra nelle campagne italiane risale agli anni della prima guerra, quando tra i repubblicani, che avevano la loro base in mezzo ai mezzadri, e i socialisti, che reclutavano forze soprattutto tra i braccianti, non erano infrequenti in certe zone le risse, gli assassini a tradimento e talvolta rudimentali spedizioni punitive a scopo di vendetta>. Zumino Pier Giorgio, La questione cattolica nella sinistra italiana, pagg. 31-33: <Non va però dimenticato che la CGL, usava fare pressione sugli industriali perché licenziassero gli operai cattolici che rifiutavano di iscriversi a quel sindacato, richiesta a cui gli industriali ottemperavano, perché come osservò un funzionario in una comunicazione a Giolitti, quelli cattolici rappresentano di fronte agli operai appartenenti alle leghe rosse una proporzione come di uno a cento>. Sistematiche le violenze perpetrate a danno di militari che avevano già tanto sofferto nelle trincee, violenze che si verificarono principalmente nelle grandi città. Sarebbe bene ricordare anche quel che si verificò tra il 10 e il 15 aprile 1919 a Roma e a Milano, quando socialisti e anarchici scesero in piazza con l’intento di dimostrare che le forze bolsceviche dominavano ormai la piazza. Anche se in quei giorni di aprile il fascismo come forza organizzata non esisteva ancora, tuttavia la manifestazione rossa fece esplodere il fenomeno fascista. A luglio del 1919 i socialisti scatenarono una serie di violenze che provocarono ventisei morti, oltre trecento feriti e il saccheggio di 1200 negozi. Sempre in quell’anno vennero costituiti i Soviet. In Val Bisenzio addirittura venne proclamata una Repubblica sovietica. A giustificazione del saccheggio dei negozi, sull’Avanti! del 5 luglio si poteva leggere: <Le merci sono del popolo, prodotte dal sudore del popolo e ad esso ritornano per il potere di una forza contro la quale nessuno può reagire (…)>. Il movimento insurrezionale, appunto sulla falsariga di quella di Mosca, si sviluppò a Forlì dove venne emesso il primo decreto del Soviet, Milano, Genova, Torino hanno fatto seguito. Il Corriere della Sera del 7 luglio riporta: <Violente scene di saccheggio si sono verificate oggi a Torino (…). Particolarmente prese di mira, oltre parecchie salumerie e negozi di uova e pollame, furono le rivendite di calzature, specie le più eleganti del centro (…)>. A questi atti, che ormai erano di prassi quotidiana, il 20 e 21 luglio fu organizzato uno sciopero generale in segno di solidarietà verso i compagni rivoluzionari russi e ungheresi che si concluse con disordini e pestaggi.
Antonio Falcone nella rivista Storia e Verità: <In un certo senso si può dire che i fascisti la violenza non tanto la imposero quanto la subirono. Lo dimostra il numero dei loro caduti, che fu di gran lunga superiore a quello degli avversari>. Lo scrittore antifascista Gaetano Salvemini nel suo volume Scritti sul Fascismo, a pag. 38 annota: <Tanta violenza poteva aver luogo per l’incapacità delle forze dell’ordine e della magistratura e dallo strapotere tracotante e capriccioso dei sindacati rossi>. Scrive Giorgio Bocca (Mussolini socialfascista) che il fascismo fu violento e sopraffattore, ma lo fu perché trovò davanti a sé una sinistra antidemocratica, violenta, autoritaria e sopraffattrice. Ancora più interessante quanto ha scritto Percival Phillips, corrispondente del Daily Mail che visse in quegli anni in Italia: <Essi (i fascisti) combatterono il terrore rosso con le stesse armi. Compivano rappresaglie che turberebbero quei pacifisti che volevano la pace a tutti i costi. Ai sistemi di Mosca risposero con i sistemi fascisti. Di certo non imitarono i sistemi comunisti, di gettare vivi gli uomini negli alti-forni, come fu deciso a Torino da un tribunale rosso composto in parte da donne, né torturarono i prigionieri come fecero in altre parti d’Italia i seguaci di Lenin>.
Il comunismo è nato perverso ed è maturato carnefice -taluni casi cannibale-, ad esempio i partigiani rossi furono il peggio tra gli italiani. I partigiani rossi, si macchiarono di stragi inenarrabili – e non fu guerra civile come si racconta-, gruppi di sanguinari assassini, cattivi italiani! Sono diversi gli autori che ben documentano le azioni bestiali dei partigiani rossi: il compagno Gianpaolo Pansa, Arrigo Petacco (Ammazzate quel fascista), Gianfranco Stella (“Killer della liberazione” e “Compagno Mitra”). E che dire di coloro che eseguono la pena capitale a scapito di incolpevoli cuccioli di uomo, forti dell’infame legge 22 maggio 1978, n. 194?
In questi casi, periodo storico, per periodo, sono certo che abbiamo avuto a che fare e abbiamo a che fare con Italiani cattivi, con quali si può mutuare l’ironico sfottò liberal bolscevico “italiani brava gente”.
In merito alla questione sollevata, ovvero il colonialismo italiano, mi limito a riportare il seguente fatto: <<Era l’11 settembre 1978 quando l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, accoglieva al Quirinale il Presidente della Somalia Mohamed Siad Barre. Erano le 12.15 quando l’ospite giunse al Palazzo del Quirinale. Un anno prima della scadenza terminò il nostro incarico fiduciario e l’autogoverno si sviluppò al principio abbastanza bene, sia pure con un modello sui generis di democrazia (peraltro non solo somala). Verso l’Italia mantennero a lungo un atteggiamento molto deferente. Ricordo un singolare episodio durante la visita di Siad Barre a Roma. Nel brindisi, alla colazione nel torrino del Quirinale, Pertini ebbe la strana idea di chiedere scusa ai somali per quanto fatto dagli italiani. L’ospite rispose che verso l’Italia non avevano che gratitudine; e che — Pertini si rannuvolò bruscamente — nel 1935 erano stati gli etiopici e non i fascisti a provocare la guerra>> - ( http://www.30giorni.it/articoli_id_2668_l1.htm).
Senza ripetermi, su un argomento già trattato, si possono consultare i links sottostanti.
https://emiliogiuliana.com/2-uncategorised/77-ignoranti-globalizzatori-criminalizzano-il-colonialismo-italiano.html
http://www.ecletticaedizioni.com/newsite/prodotto/bugie-coloniali-leggende-fantasie-e-fake-news-sul-colonialismo-italiano/
concludo mutuando un aforisma di Socrate, che sento mio: <io non posso insegnare niente a nessuno, io posso solo farli pensare>.
“La democrazia è una forma di religione. È l’adorazione degli sciacalli da parte dei somari” - Henry Louis Mencken giornalista, saggista statunitense.
Nel 429 a.C. con la morte di Pericle, tutti coloro che cercarono di prendere il suo posto ingannando e seducendo l'assemblea popolare ateniese, tramite false promesse e istigazione contro gli avversari politici, furono bollati dallo storico Tucidide demagoghi.
Platone, nel "Politico" e nelle "Leggi", definisce il termine demagogia, così come segue: questa è nient'altro che la forma di governo corrotta che deriva dalla democrazia, forma corrotta del governo di molti.
Aristotele, nella "Politica", afferma che la demagogia (Aristotele non usa il termine demagogia, ma "democrazia") è la peggiore possibile tra le forme di governo, poiché mira a favorire in maniera indebita i poveri rispetto ai ricchi, incorrendo nell'errore di considerare tutti gli uomini uguali in tutto, mentre sono uguali solo per natura, per la quale non si può dedurre che è come un caso particolare come la democrazia.
Il sistema ideologico politico ateniese fu così pessimo, fallimentare ed inumano, che dopo di allora e fino alla rivoluzione francese non trovò più cittadinanza. Va precisato, per evitare confusione, che la democrazia moderna, nulla ha di simile e da spartire, con la seppur miserevole esperienza ateniese. Infatti, la democrazia ateniese era un “affare tutto interno” ad Atene e gli ateniesi; la democrazia moderna è un affare gestito da alcune lobbies apolidi internazionali finanziare, volte ad arricchirsi sempre più, attraverso la gestione del potere, potere a sua volta attenuto attraverso la loro ricchezza finanziaria, tramite la quale regnano e governano i popoli, non curanti di frontiere, etnie, culture, tradizioni, religioni.
Ciò nonostante, è di grande interesse -attraverso la manipolazione del linguaggio e suggestioni- far credere e convincere che la democrazia moderna sia in continuità con quella ateniese, tant’è che la Costituzione europea, la cui bozza è stata approvata nel maggio 2003 da una commissione preposta alla sua stesura, contiene una citazione del cosiddetto Epitaffio di Pericle, il discorso in onore dei caduti del primo anno della guerra del Peloponneso, che il grande statista avrebbe tenuto nell’inverno del 431-430. Ce lo riporta Tucidide e da molti è stato visto come un vero e proprio manifesto della democrazia ateniese.
«La parola che adoperiamo per definire il nostro sistema politico è democrazia per il fatto che, nell’amministrazione, esso si qualifica non rispetto ai pochi ma rispetto alla maggioranza». Questo è il brano scelto per esplicitare il supposto legame con la democrazia ateniese, che i legislatori hanno inserito per sottolineare il DEBITO che dovremmo avere nei confronti dell’esperienza democratica greca!!!!!
Una forza oscura lunare tellurica, per imporsi sui popoli del mondo, nei due ultimi millenni ha ordito e macchinato la distruzione dell’ordine naturale precostituito, che più o meno dai tempi più lontani - anche se con tutti i limiti umani- ha dato governi sociali armoniosi e meritocratici tra gli uomini. Gli adelfi della dissoluzione, con la complicità di uomini vanitosi, vili, senza onore, riunite in varie consorterie del disfacimento, la più nota la massoneria, il loro primo grande successo lo hanno ottenuto con la Rivoluzione Francese; il secondo, il più grande in termini assoluti per la portata delle conseguenze con il Concilio Vaticano II°.
I germi debilitanti e mortiferi della rivoluzione francese sono stati esportati – ed hanno trovato immediato terreno fertile nei paesi protestanti- in Europa dal “fratello” Napoleone. La Francia il testimone della “missione messianica” lo ha passato all’Inghilterra, la quale a sua volta lo ha ceduto dopo la fine della seconda guerra mondiale agli Stati Uniti d’America. Questo ultimo passaggio e di fondamentale importanza, per comprendere la tanto difesa e sempre chiamata in causa con dogmatismo religioso Costituzione Italiana.
Gli ignari cittadini americani, sono governati da una corporazione di natura privatistica, denominata U.S., preclusa de jure (Bankrupt U.S. signed by Donald J. Trump, May 4, 2020, President/Chief Executive Officer of the UNITED STATES). Dunque, i cittadini ed esercito USA sono strumento inconsapevole di una corporazione che risponde a quelle lobbies finanziarie a cui ho fatto riferimento precedentemente. Le stesse lobbies sono gli ideatori e finanziatori, dunque gestori delle organizzazioni apparentemente filantropiche -con scopo effettivo di influenzare e condizionamento mentale- Onu, Nato, Fao, Oms, Unicef, Wwf…eccetera
Le lobbies americane, vincitrici del secondo conflitto mondiale, hanno imposto all’Italia dei diktat, scritti nero su bianco sul famoso Armistizio Lungo -firmato tout court a Malta dai rappresentanti del governo italiano- obblighi necessari per il controllo della nostra nazione (http://www.archivi.beniculturali.it/dga/uploads/documents/Fonti/Fonti_XVI.pdf). Riporto testualmente ad emblema gli articoli 20 e 33. Articolo 20: "(...) le Nazioni Unite eserciteranno tutti i di ritti di una potenza occupante ( ... ) mediante la pubblicazione di proclami, ordini e regolamenti. Il perso naie dei servizi amministrativi, giudiziari e pubblici italiani eseguirà le proprie funzioni sotto il controllo del comandante in capo alleato (... )". Conseguentemente le Forze Armate e le Forze di Polizia italiane, dotate di armamento da guerra, sono in stato di belligeranza permanente contro la popolazione civile (Art. 20 trattato lungo di Malta, Art. 6 Libro 1° Legge Penale Militare di Guerra, 4° Cap. USC 1 §§1, 2, 3. Es. Ord. 10834 the August 21th 1959 of D. D. Eisenhower. Fed. Reg. n. 24 FR6865. US Army n. 260-10. 34 Ops. Avv. Gen. 483, 485). Se quanto scritto sopra, possa far pensare che siano farneticazioni di un malato di mente, faccio notare che a riprova, ancora oggi in Italia vi sono dislocate 59 basi ed installazioni militari con personale statunitensi (comprese quelle NATO), con circa 13.000 militari (https://it.wikipedia.org/wiki/Presenza_militare_statunitense_in_Italia). Articolo 33: “Il Governo italiano adempirà le istruzioni che le Nazioni Unite potranno impartire riguardo alla restituzione, consegna, servizi o pagamenti quale indennizzo (payments by reparation of war) e pagamento delle spese di occupazione“. Con questi ben definiti presupposti, viene concepita la post monarchica Costituzione Italiana. Di fatti, senza voler analizzare tutti gli articoli della Costituzione italiana, se ne ha abbastanza nel leggere e comprendere l’articolo 1 ed 11. Articolo 1: ”L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Tradotto, democrazia imposta secondo i dettami dell’Armistizio lungo sta come garanzia per il guadagno incondizionato delle lobbies, fondata sul lavoro, ovvero schiavitù. La sovranità che appartiene al popolo è limitata agli articoli della costituzione, ovvero, che non intralci gli interessi delle lobbies che hanno imposto la meravigliosa Costituzione italiana. Articolo 11: “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”. Dunque, secondo questo articolo costituzionale, così come e accaduto ed accade, la risibile sovranità che all’Italia sarebbe stata concessa -più di concetto che nel concreto- potrebbe in ogni momento essere messa in discussione, ovviamente per i soliti motivi, ovvero gli interessi delle lobbies.
Dunque, tutti coloro che si appellano ai diritti costituzionali, calpestati dai capi di governo di turno, sappiano che la Costituzione italiana è stata concepita e scritta non per tutelare gli interessi del popolo italiano, ma a tutela degli interessi e profitto del capitalismo bolscevico apolide internazionale, contro e a scapito del popolo italiano.
Ancora più ingenui, quando si evoca un secondo processo di Norimberga per coloro che opprimono i cittadini.
Il processo di Norimberga è stato la pagina conclusiva, della prepotenza sadica e vendicativa delle lobbies in questione. Il metodo con il quale si è sviluppato il processo, nonché la scelta stessa degli uomini chiamati a giudicare i crimini di guerra, è stato messo in dubbio in più occasioni da alcune importanti personalità. Tra questi vi era il giurista Hans Kelsen il quale, favorevole comunque allo svolgimento di un processo per punire i crimini nazisti, sollevò perplessità in ordine alla composizione della Corte: «Possono esserci pochi dubbi che una corte internazionale sia molto più adatta per questo compito che una corte nazionale civile o militare. Solo una corte costituita da un trattato internazionale del quale non solo i vincitori ma anche gli stati sconfitti siano parti contraenti non incontrerà quelle difficoltà con cui dovrà confrontarsi una corte nazionale.» (H. Kelsen, Peace through Law, Chapel Hill, 1944, p. 111)
Seppur con minore risonanza, anche durante lo svolgimento del processo si alzarono voci contrarie alla legittimità dello stesso: l'avvocato difensore di Göring, Otto Stahmer, invocò il principio Nullum crimen, nulla poena sine praevia lege poenali, il quale non ammette l'emanazione di leggi retroattive, contestando inoltre il diritto ai vincitori di processare i vinti.
Ancora, il Giudice Capo della Corte Suprema degli Stati Uniti Harlan Fiske Stone definì il processo "una frode", asserendo che il rappresentante statunitense della Pubblica Accusa, Robert Houghwout Jackson, non stava effettivamente procedendo secondo i dettami della legge. Lo stesso Jackson, in una lettera dell'ottobre 1945 al presidente Harry Truman, affermò riguardo agli Alleati: «Hanno fatto o stanno facendo alcune delle cose per cui stiamo condannando i Tedeschi. I Francesi stanno decisamente violando la Convenzione di Ginevra nel trattamento dei prigionieri di guerra, tanto che il nostro comando sta riprendendosi i prigionieri inviati a loro. Stiamo condannando il saccheggio e i nostri Alleati lo stanno praticando. Diciamo che la guerra aggressiva è un crimine e uno dei nostri alleati proclama la sovranità sui Paesi Baltici basandosi su nessun diritto eccetto quello di conquista.»
A danneggiare ancora la credibilità del processo fu il fatto che il principale giudice sovietico, Iona Nikitchenko, aveva preso parte anni prima ai processi sommari delle Grandi purghe. Uno dei capi d'accusa riguardava la firma del Patto Molotov-Ribbentrop, giudicato come un progetto di guerra aggressiva, ma l'Unione Sovietica non venne processata al pari della Germania per l'adesione al patto. Inoltre, i processi vennero condotti in base a delle proprie regole di prova; gli atti d'accusa vennero creati ex post facto e non erano basati sulle leggi di nessuna nazione, la difesa tu quoque venne eliminata, e la motivazione dell'intera assemblea fu la "giustizia dei vincitori".
In conclusione:
Francis Neilson, come rappresentante del partito liberale fu deputato alla Camera dei Comuni britannica, nel libro “The Makers of War", in merito alla democrazia scrisse ciò che segue: “Gli elettori, esercitando il diritto di voto, non hanno fatto altro che scegliere i legislatori che li dovranno rappresentare. L’atto del voto è il limite, oltre il quale il popolo non ha alcuna competenza, né capacità di governo. E’ precisamente nell’esercizio di voto che si esaurisce il compito della massa degli elettori. L’azione dei rappresentanti da essi eletti è tutta altra cosa”.
Erich Fromm, sociologo e psicologo di fama internazionale, di origine ebraica, riferendosi al Capitalismo monopolistico (anno 1941) non accenna ad una possibile affermazione della libertà positiva in presenza di un sistema economico, fondato sulla speculazione finanziaria, e tanto meno alla previsione che il senso della libertà positiva possa infine prevalere per il bene comune. Egli spiega che la naturale tendenza dell’individuo (non realizzato e per questo nevrotico e insicuro) a sottomettersi a un'autorità, in cambio della sicurezza, si sarebbe estesa all’intera società, creando in Europa le condizioni che avrebbero favorito la nascita dei regimi totalitari.
Nicolas Davila: Stronca la democrazia: «le aristocrazie sono i parti naturali della storia; le democrazie, gli aborti»;
p.s. in merito al controllo totale delle Istituzioni da parte di affiliati alla setta massonica, si trovano conferme nelle dichiarazioni di Luca Palamara è un ex magistrato italiano, ex membro del Consiglio Superiore della Magistratura; Carlo Palermo avvocato, magistrato e politico italiano, già sostituto procuratore a Trento dal 1975 fino al 1984 e poi a Trapani fino al 1989; Nicola Gratteri magistrato e saggista italiano, dal 21 aprile 2016 Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Catanzaro; Gioele Magaldi (https://www.affaritaliani.it/politica/magaldi-draghi-operazione-massonica-mattarella-al-colle-grazie-a-mario-722223.html).
Gli incolti, i dozzinali, approssimativi, quelli degli asini che volano, contrari al “Green Pass” (frutto del totalitarismo finanziario), sposano l’errato convincimento che durante il governo monarchico fascista, i cittadini italiani potevano avere diritti solo se tesserati al PNF (partito nazional fascista), ad esempio la tranquilla garanzia di un posto di lavoro (testimonianza diretta familiare, mio nonno Emilio, capo treno, non fu mai tesserato al pnf, ciò nonostante aveva sempre lavorato senza che nessuno lo abbia escluso o epurato); peccato che su 20 milioni di lavoratori, solo 4 milioni tra essi erano tesserati al PNF. Peraltro, dal 6 gennaio 1927 al 30 ottobre 1932 (quasi 5 anni), il tesseramento al partito fu interrotto per espresso volere di Mussolini. Dunque, il democratico (capitalista) green pass, “grazie” al quale, se sprovvisti, si è deposti dal proprio incarico di lavoro senza retribuzione, se proprio devono accomunarlo ad altre tessere del passato: “lascia passare”, devono associarlo alle umilianti tessere di razionamento per l’acquisto di prodotti alimentari e merci di uso quotidiano, strumento utilizzato in Unione Sovietica. Le tessere di razionamento apparvero per la prima volta nel 1917, cessarono nel 1921, per essere reintrodotte nel 1929, abolite il primo gennaio 1935, per essere nuovamente adottate nel 1939 ed abrogate nel 1947. Negli anni ‘70 la tessera fu nuovamente ripristinata in alcune regioni dell’URSS, per poi essere estesa a tutta l’Unione Sovietica nel 1980. In URSS, non serviva la tessera del partito, perché tutti i cittadini della confederazione sovietica erano comunisti, e chi comunista lo era un po' meno veniva deportato nei gulag. Probabilmente, il futuro riserverà a coloro che non sposano la narrativa sanitaria vigente, dei gulag, che ovviamente in virtù della manipolazione del linguaggio, il tetro nome Gulag, potrebbe essere chiamato con un più attuale e politicamente corretto Green village Dream! Intanto accontentiamoci dell’ apartheid virologica.
Dio benedisse Noè e i suoi figli, e disse loro: «Crescete, moltiplicatevi e riempite la terra; spandetevi sulla terra e moltiplicatevi in essa. Genesi 9 - Bibbia».
Questo passo della Bibbia è l’origine di tutti i mali inferti contro l’uomo, in odio al suo creatore, Dio; la sua antitesi, da Dio stesso creato, al quale per superbia si è ribellato, lavora costantemente per eliminare, uccidere le creature predilette ed amate dall’Onnipotente, gli uomini. Il criminale obbiettivo è perseguito, per il tramite di altri scellerati uomini, essi stessi superbi, alla stessa stregua del Signore al quale tributano onori e obbedienza.
<<l’indice di natalità dei goim deve essere soppresso drasticamente>> (Zohar 11,4b). << Non è lecito aiutare il cristiano ammalato Insegna lo Iore dea 158. 1: «Non bisogna prestare loro (ai cristiani) cure nemmeno dietro compenso purché naturalmente ciò non sia causa di inimicizia, (poiché in questo caso è lecito aiutarli anche gratuitamente, sempre che sia impossibile rifiutarsi). Allo stesso modo, è lecito sperimentare una medicina sul cristiano (per accertarsi) se essa giovi o meno» (Cfr. Ilcot acum, 10, 2).
Il malthusianesimo è una teoria demografica sull’aumento della popolazione sviluppata durante la rivoluzione industriale da Thomas Malthus, idee mutuate da quest’ultimo (plagiate) dal veneziano Giammaria Ortes, il quale ha descritto come controllare le nascite e il proliferarsi degli uomini nel suo libro Riflessioni sulla popolazione delle nazioni (https://www.altrainformazione.it/wp/2011/04/06/malthus-la-banca-mondiale-il-fmi-e-la-depopolazione-mondiale/)
Storia medicina della medicina moderna
Alla fine del 20° secolo, John D. Rockefeller controllava il 90% di tutte le raffinerie di petrolio negli Stati Uniti attraverso la sua compagnia petrolifera, la Standard Oil, che in seguito fu sciolta per diventare Chevron, Exxon, Mobil ecc.
Allo stesso tempo, intorno al 1900, sono stati scoperti e raffinati i "prodotti petrolchimici" e la capacità di creare tutti i tipi di sostanze chimiche dal petrolio.
Ad esempio, la prima plastica - chiamata Bakelite - è stata prodotta con olio nel 1907. Il petrolio ricco di varie vitamine ha lasciato ipotizzare e concretizzare, l’utilizzo farmaceutico.
Questa è stata una meravigliosa opportunità per Rockefeller che ha avuto la capacità di monopolizzare l'industria petrolifera, chimica e medica allo stesso tempo!
Rockefeller fu capace di superare agilmente gli ostacoli che man mano gli si presentarono. L'industria medica: le medicine naturali / a base di erbe erano molto popolari in America a quel tempo. Quasi la metà dei dottori e dei college di medicina negli Stati Uniti praticavano la medicina olistica, usando le conoscenze dell'Europa e dei nativi americani.
Rockefeller, ha usato la classica strategia della "soluzione del problema-reazione". Cioè, crea un problema e spaventa le persone, quindi offri una soluzione (pre-pianificata).
La mente della strategia d’attacco fu Andrew Carnegie, un plutocrate che aveva monopolizzando l’industria siderurgica
Dalla prestigiosa Carnegie Foundation, Abraham Flexner viaggiò per il paese per verificare e riferire lo stato in cui versavano le università di medicina e degli ospedali americani. Da questo viaggio ispettivo fu redatto Rapporto Flexner, che ha dato vita alla medicina moderna così come la conosciamo.
Ovviamente il rapporto parlava della necessità di rinnovare e centralizzare le istituzioni mediche statunitensi. Sulla base di questo rapporto, più della metà di tutte le facoltà di medicina furono chiuse. L’omeopatia, le medicine naturali furono derise e demonizzate; e i dottori che si opposero furono persino incarcerati.
Per aiutare la transizione e cambiare idea di altri medici e scienziati, Rockefeller ha donato oltre 100 milioni di dollari a college e ospedali e ha fondato un gruppo di facciata filantropico chiamato “General Education Board” (GEB).
In pochissimo tempo, le università mediche furono tutte semplificate e omogeneizzate. Tutti gli studenti stavano imparando la stessa cosa e la medicina riguardava l’uso di droghe brevettate.
Gli scienziati hanno ricevuto enormi sovvenzioni per studiare come le piante hanno curato le malattie, ma il loro obiettivo era prima identificare quali sostanze chimiche nella pianta erano efficaci, quindi ricreare una sostanza chimica simile, ma non identica, in laboratorio che potesse essere brevettata.
Una pillola per un malato divenne il mantra della medicina moderna.
100 anni dopo, le università formano medici allo scuro dei benefici della nutrizione o delle erbe o di qualsiasi pratica olistica.
L’America spende il 15% del suo PIL per l'assistenza sanitaria, che dovrebbe davvero essere chiamata 'cura dei malati'. Si concentra non sulla cura, ma solo sui sintomi, creando così clienti abituali. Non esiste una cura per il cancro, il diabete, l’autismo, l’asma o persino l'influenza.
Perché dovrebbero esserci cure reali? Questo è un sistema fondato da oligarchi e plutocrati, non dai medici. Per quanto riguarda il cancro, l'American Cancer Society è stata fondata... indovinate da chi?
Proprio da Rockefeller nel 1913. (https://worldaffairs.blog/2015/10/20/how-rockefeller-founded-modern-medicine-and-killed-natural-cures/ - https://www.ariannaeditrice.it/articolo.php?id_articolo=48859).
Storia dei vaccini…massoneria
Edward Jenner (Berkeley, 17 maggio 1749 – Berkeley, 26 gennaio 1823) è stato un medico e naturalista britannico, noto per l'introduzione del vaccino contro il vaiolo e considerato il padre dell'immunizzazione. Louis Pasteur (Dole, 27 dicembre 1822 – Marnes-la-Coquette, 28 settembre 1895) è stato un chimico e microbiologo francese, universalmente considerato il fondatore della moderna microbiologia. La notorietà di questi uomini del passato, cela un aspetto meno noto, ma di rilevante importanza, entrambi adepti della massoneria. La massoneria è quell’organizzazione che ha condizionato e condiziona la storia, la politica, l’economia, la finanza, la cultura, la scienza, la medicina, e soprattutto si è distinta per la sua pervicace lotta contro Cristo e la sua sposa, la Chiesa Cattolica, di fatto apparentemente, vincitrice contro quest’ultima. Un volto molto noto, affiliato alla massoneria è Mario Draghi. Quella massoneria di cui parla Luca Palamara e Paolo Amara, quella congrega che tira anche le fila della giustizia dal Bel Paese, ed ovviamente del mondo. I figli della vedova non amano, né l’uomo, né Cristo, tantomeno i nobili e santi insegnamenti di quest’ultimo; quindi per equazione transitiva, chi è massone consapevole, non lavora per il bene dell’uomo, ma per il suo male, sicché Edward Jenner e Louis Pasteur, i padri dei vaccini, non hanno reso un servizio all’umanità, ma confezionato una polpetta avvelenata, condita e imboccata dalla “Fratellanza”, come qualcosa di buono, di irrinunciabile, obbligatorio, i vaccini.
<<1 In quel momento i discepoli si avvicinarono a Gesù dicendo: «Chi dunque è il più grande nel regno dei cieli?». 2 Allora Gesù chiamò a sé un bambino, lo pose in mezzo a loro e disse: 3 «In verità vi dico: se non vi convertirete e non diventerete come i bambini, non entrerete nel regno dei cieli. 4 Perciò chiunque diventerà piccolo come questo bambino, sarà il più grande nel regno dei cieli. 5 E chi accoglie anche uno solo di questi bambini in nome mio, accoglie me.
6 Chi invece scandalizza anche uno solo di questi piccoli che credono in me, sarebbe meglio per lui che gli fosse appesa al collo una macina girata da asino, e fosse gettato negli abissi del mare>> (Matteo 18).
Da tempo, il bersaglio più semplice e “prediletto” per l’inoculazione dei vaccini sono stati i cuccioli di uomo, quei bambini così a tanto cuore a Gesù (https://www.disinformazione.it/paginavaccinazioni.htm).
Le conseguenze sono molteplice e devastanti quanto non mortali; incredibilmente dopo il lockdown a causa della “pandemia” covid 19 del 2020, in USA sono stati sospesi i vaccini ai neonati, e solo per caso, più precisamente una coincidenza, sono calati le morti bianche del 30% (https://www.maurizioblondet.it/durante-il-lockdown-meno-neonati-morti-niente-vaccini/).
Lo stato italiano, per legge risarcisce coloro che hanno subito danni da vaccino (https://www.trovanorme.salute.gov.it/norme/dettaglioAtto?id=13249).
Molte malattie sono regredite e scomparse, e il tasso di mortalità diminuito, per il miglioramento delle condizioni igieniche, e per gli aborti selettivi, che uccidono i bambini nel grembo materno se ritenuti malati o anormali.
Nessuno si è battuto per l’obbligo vaccinale introdotto contro i bambini, i quali come cani reietti sono esclusi dagli asili nido e scuole materne, nessuno a proferito parola sull’ultimo obbligo in ordine di tempo imposto da Beatrice Lorenzin, che ha imposto l’inoculazione di 12 vaccini…..l’ex ministro della Salute, pare che abbia avuto in questa storia qualche conflitto d’interessi (https://codacons.it/gli-strani-intrecci-vaccini-ministero/?__cf_chl_jschl_tk__=pmd_9eac4fa5453b26a25e4725e71eddc79066461731-1627938620-0-gqNtZGzNAfijcnBszQiO) .
Usando il sillogismo aristotelico -ma forse pretendo troppo, e sopravvaluto l’intelligenza media del genere umano- coloro che sono vaccinati, essendo “immunizzati”, sono tutelati dal rischio di contagi, dunque, gli eventuali rischi di ammalarsi sono solo per i non vaccinati. Chi si strappa le vesti per i poveri immunodepressi, i quali potrebbero ammalarsi a causa dei bambini non vaccinati, va ricordato che gli eventuali contagi non si contraggono solo tra le mura scolastiche, ma ovunque, e soprattutto fuori dalle strutture scolastiche, paradossalmente gli stessi genitori potrebbero essere veicolo di trasmissibilità di “VIRUS”! voglio pensare, che i bambini immunodepressi non vivano segregati negli asili o nelle scuole d’infanzia. Adesso, che i bambini non vaccinati non possono più frequentare gli asili, sarei curioso di conoscere se i bambini immunodepressi, non si sono più ammalati! I bambini si ammalano a causa della sofferenza creata dal distacco dai loro genitori, il senso di abbandono genera un dolore che comporta l’aumento di cortisolo, e il conseguente abbassamento delle difese immunitarie (https://www.pharma-line.it/it/stress-psicofisico-e-abbassamento-delle-difese-immunitarie).
Chiusa con successo la pratica vaccinale con i neonati, si è passati agli adulti…..il resto è cronaca.
Per stemprare la serietà dell’argomento, pare che i virologi che collaborano con il governo siano tra i più scarsi al mondo (https://www.ilriformista.it/scienziati-italiani-bocciati-crisi-in-mano-ai-piu-scarsi-del-mondo-91901/)
Quando la scienza, la medicina e i farmaci saranno gestiti e prodotti dai singoli Stati, e non da aziende private, si tornerà a parlare di medicina, in maniera disinteressata, tornando ad onorare il padre della medicina Ippocrate, sul quale una volta i medici erano tenuti a giurare, cosa che molto probabilmente non fanno più!
Giuramento di Ippocrate
"Giuro per Apollo medico e Asclepio e Igea e Panacea e per gli dèi tutti e per tutte le dee, chiamandoli a testimoni, che eseguirò, secondo le forze e il mio giudizio, questo giuramento e questo impegno scritto: di stimare il mio maestro di questa arte come mio padre e di vivere insieme a lui e di soccorrerlo se ha bisogno e che considererò i suoi figli come fratelli e insegnerò quest'arte, se essi desiderano apprenderla; di rendere
partecipi dei precetti e degli insegnamenti orali e di ogni altra dottrina i miei figli e i figli del mio maestro e gli allievi legati da un contratto e vincolati dal giuramento del medico, ma nessun altro.
Regolerò il tenore di vita per il bene dei malati secondo le mie forze e il mio giudizio, mi asterrò dal recar danno e offesa.
Non somministrerò ad alcuno, neppure se richiesto, un farmaco mortale, nè suggerirò un tale consiglio; similmente a nessuna donna io darò un medicinale abortivo.
Con innocenza e purezza io custodirò la mia vita e la mia arte. Non opererò coloro che soffrono del male della pietra, ma mi rivolgerò a coloro che sono esperti di questa attività.
In qualsiasi casa andrò, io vi entrerò per il sollievo dei malati, e mi asterrò da ogni offesa e danno volontario, e fra l'altro da ogni azione corruttrice sul corpo delle donne e degli uomini, liberi e schiavi.
Ciò che io possa vedere o sentire durante il mio esercizio o anche fuori dell'esercizio sulla vita degli uomini, tacerò ciò che non è necessario sia divulgato, ritenendo come un segreto cose simili.
E a me, dunque, che adempio un tale giuramento e non lo calpesto, sia concesso di godere della vita e dell'arte, onorato degli uomini tutti per sempre; mi accada il contrario se lo violo e se spergiuro".
Emilio Giuliana
“…..Fratelli camiti, ricordate la storia del Re nudo (azz..è una storia bianca)? Occhio a pretendere di cancellare tutto ciò che è BIANCO, perché potreste rimanere senza niente!! 10, 100, 1000 Thomas Sankara, orgoglio del continente africano e della RAZZA UMANA….”.
In ginocchio Toloj, Emerson, Pessina, Bernardeschi e Belotti, calciatori della nazionale di calcio italiana. Sono anti razzisti? Boh, certamente ignoranti, privi di logica, strumenti di menti perverse altrui.
Per quanto crudele agli occhi dei moderni la schiavitù -crudeltà non pervenuta per la macellazione di cuccioli di uomo attraverso aborto- , la mercificazione per sfruttamento di uomini bianchi e neri è vecchia come il mondo. Nel caso della tratta di schiavi africani, si omette di dire, che era una pratica consolidata interna al continente africano, ovvero, vi erano delle tribù -le più forti- che schiavizzavano e commerciavano altri africani subsahariani.
I portoghesi avevano iniziato la navigazione lungo le coste africane sin dal XV secolo, ciò nonostante fu solo verso la metà del XIX secolo, cioè quattro secoli dopo, che gli europei misero piede nelle aree interne del continente africano. A fermarli, fu la barriera delle malattie africane, così come riportato dallo storico Daniel Headrick, nel suo Il predominio dell’Occidente. Il che significa che gli europei si limitavano ad acquistare gli schiavi sulla costa. In altre parole, non è possibile affrontare la questione della tratta negriera atlantica -quella appunto gestita dagli europei-, senza prendere in considerazione il ruolo, assolutamente decisivo, giocato in essa dagli stessi africani. Lo storico Pétré-Grenouilleau, riporta, che quanto ai prigionieri deportati nelle tratte atlantiche, soltanto il 2% circa fu direttamente razziato dai negrieri occidentali, mentre «il 98% dei prigionieri era dunque acquistato da venditori africani.
Un esempio su tutti quello di Hamed bin Mohammed bin Juma bin Rajab bin Mohammed bin Said el Murgebi alias Tippu Tip: era un mercante tanzaniano, uno dei maggiori mercanti. Si diceva che fosse in grado di procurare qualunque quantità di schiavi, di consegnarli in qualunque luogo del continente e di procurarli garantiti per età e salute. Aveva accordi con tutti i capi tribù dell’Africa orientale.
Gli islamici, dal VII° secolo (quando è nato l’Islam) fino al XXI° secolo sono stati autori della schiavitù di circa 20 milioni di neri.
Ciò scritto, ai promotori del Black Lives Matter e del conseguente “cancel culture”, va chiesto, perché interessa loro l’umiliazione e colpevolizzazione dell’ etnia bianca, se allo stesso tempo non rinunciano a tutto ciò che è di loro uso e consumo? Perché non rinnegano la lingua inglese, mi riferisco agli afro americani, o ad altre lingue di derivazione indoeuropea per gli afro presenti in altre nazioni? Perché non rinunciano a case, automobili, cibo, programmi radio, televisivi…..potrei scrivere una enciclopedia di ciò che hanno inventato e costruito i bianchi, e che i neri che pretendono il cancel culture ne usano e abusano grandemente. Per assurdo, se oggi, molti neri sono sportivi, attori, cantanti affermati, lo devono alla schiavitù, quella schiavitù che per il 98% fu operata da altri neri africani!
Fratelli camiti, ricordate la storia del Re nudo (azz..è una storia bianca)? Occhio a pretendere di cancellare tutto ciò che è BIANCO, perché potreste rimanere senza niente!! 10, 100, 1000 Thomas Sankara, orgoglio del continente africano e della RAZZA UMANA.
Il presente articolo si basa su un recente studio, portato avanti dal prof. Arduino Maiuri, Uni di Roma Filologia greca e romana e dall’Ing. Felice Vinci, in cui i due ricercatori propongono una nuova interessantissima ipotesi sul motivo dell’improvvisa relegazione di Ovidio a Tomi sulle coste del Mar Nero.
Publio Ovidio Nasone, conosciuto come Ovidio, fu il poeta prediletto degli ambienti mondani della Roma augustea ma improvvisamente nell’8 d.C. venne colpito da un improvviso ordine di relegazione a Tomi, sulle coste del Mar Nero.
A 2000 anni dalla morte di Ovidio, il reale motivo del suo esilio è ancora sconosciuto.
Al momento della sua condanna da parte di Augusto, il poeta era impegnato nella stesura dei Fasti un’opera che avrebbe dovuto comprendere 12 libri, uno per ogni mese dell’anno. Il poeta, ormai giunto a metà dell’opera interruppe il suo poema a metà, come lui stesso affermerà nei Tristia:
spezzò la mia sventura quest’opera, o Cesare, scritta da poco in nome tuo e a te consacrata.
Sempre nei Tristia afferma:
gli ultimi atti sono la mia rovina
e
due crimini mi hanno perduto, un carme e un errore, di questo devo tacere quale fu la colpa.
(Tristia II, 99)
ammettendo di aver commesso un crimine passibile della sentenza di morte (II 127 – 128), poi commutata da Augusto nell’esilio, presumibilmente con la promessa che il poeta non rivelasse mai il vero motivo della condanna (culpa silenda mihi).
La nuova ipotesi formulata dai due studiosi, si fonda su un passo del libro V dei Fasti, composto poco prima della condanna.
Ovidio, infatti, nell’occasione si sofferma su un inedito rapporto tra gli antefatti della fondazione di Roma e la costellazione delle Pleiadi, citando “la stella” che Cicerone negli Aratea definì Sanctissima Maia.
Indagando su questa connessione, a dir poco anomala, in quanto non ve n’è traccia nel resto della letteratura antica, gli autori sviluppano una interessante ipotesi: che i sette colli di Roma fossero l’immagine, riflessa sulla Terra, delle sette Pleiadi; ed in questo senso che la stella Maia – la cui controparte, sul piano strettamente speculare, sarebbe rappresentata dal colle Palatino, su cui Romolo fondò Roma – fosse la misteriosa divinità tutelare di Roma, il cui nome andava rigorosamente tenuto segreto.
L’argomento della nascita dell’Urbe è stato trattato da moltissimi scrittori, non solo Romani, ma nessuno ha mai menzionato Maia o le Pleiadi in rapporto con la fondazione di Roma. Sicuramente però Ovidio non si sarebbe mai permesso di inventare qualcosa di estraneo alla tradizione su un tema così importante, comincia così ad affacciarsi il dubbio che il poeta abbia toccato un argomento ritenuto tabù a cui non era lecito fare nemmeno un piccolo accenno.
Inevitabilmente i due studiosi collegano l’accaduto alla vicenda di Valerio Sorano, il quale secondo Plinio, fu condannato a morte per aver rivelato il nome segreto dell’Urbe ed è Plinio stesso che spiega i motivi per una tale severa condanna:
i Sacerdoti romani, prima dell’assedio di una città, ne invocavano la divinità protettrice, promettendole che in Roma avrebbe goduto di culto uguale se non maggiore, se avesse assistito i Romani nella conquista.
Dunque per evitare che i nemici facessero le stesse promesse, il nome della divinità protettrice della città doveva rimanere segreto.
Le Pleiadi, conosciute anche come le Sette sorelle, la Chioccetta o con la sigla M45 del catalogo di Charles Messier, sono un ammasso aperto visibile nella costellazione del Toro. Questo ammasso, piuttosto vicino, conta diverse stelle visibili ad occhio nudo; anche se negli ambienti cittadini sono visibili solo cinque o sei delle stelle più brillanti, da un luogo più buio se ne possono contare fino a dodici.
La grande visibilità delle Pleiadi nel cielo notturno ha fatto in modo che esse fossero considerate un importante riferimento in molte culture, sia antiche che presenti.
Per la mitologia Romana erano 7 sorelle, nella mitologia Greca erano chiamate anche “Colombe”, mentre per i Vichinghi erano le galline di Freyja; in molte lingue europee antiche sono infatti indicate come “galline” o “galli”. Secondo l’astrologia indiana le Pleiadi erano conosciute come l’asterismo (Nakshatra) Kṛttikā (“i coltelli” in sanscrito). Le Pleiadi erano chiamate “le stelle del fuoco” e la loro divinità è il dio vedico Agni, il dio del fuoco sacro.
La città di Roma sorge su un gruppo di alture e picchi, ma tutti sappiamo che da sempre, solo 7 sono stati considerati i colli di Roma.
Le sette Pleiadi e I sette colli di Roma. Risulta evidente che le Pleiadi sono rispecchiate sulla Terra dal primo progetto di Roma
Il layout della città posto all’interno delle Mura Serviane corrisponde, in modo inequivocabile, all’ammasso stellare, quasi a far sospettare che gli antichi Sacerdoti, o meglio il Pontefice Maximus, si fosse ispirato al punto di guidare lo sviluppo della città, nei primi secoli, come la proiezione sulla Terra del modello celeste, al centro del quale si trova la Sanctissima Maia. A quest’ultima in particolare corrisponderebbe la centralità del Palatino su cui Romolo, secondo la tradizione, aveva tracciato il solco della Città Quadrata.
Ora è plausibile che partendo dall’inedito collegamento proposto da Ovidio tra le 7 Pleiadi e la fondazione di Roma, una persona colta dell’epoca, potesse arguire che la città Quadrata fosse consacrata alla Dea Stella che le corrispondeva nel cielo la Sanctissima Maia, considerata dal Poeta la più bella delle Pleiadi (Fasti, 85-86).
Quindi sembrerebbe evidente che ciò che avrebbe causato l’esilio di Ovidio sarebbe stato l’innominabile collegamento tra le Pleiadi, Maia e la fondazione di Roma.
I due studiosi a questo punto si chiedono se dietro il numero di uccelli che la tradizione vuole avvistati da Remo sull’Aventino e da Romolo sul Palatino, rispettivamente 6 e 12, non si nasconda una sottile allusione al numero delle Pleiadi effettivamente visibile, che come già detto, può variare tra questi due estremi a seconda della situazione meteorologica e della vista dell’osservatore.
A ciò si aggiunga che, sempre secondo i Fasti, proprio il 1 maggio – mese che, secondo quello stesso passo, prenderebbe il nome proprio da Maia – ricorreva la festa della Bona Dea, misteriosa divinità protettrice il cui nome non poteva essere rivelato, e ci informa Macrobio (scrittore della tarda latinità) che dietro la misteriosa Bona Dea si nascondeva proprio Maia:
secondo Cornelio Labeone alle calende di maggio fu dedicato un Tempio a Maia, cioè alla terra, sotto il nome di Boa Dea
(Saturnalia I, 12-21)
E sempre Macrobio scrive:
che il flamine di Vulcano alle calende di maggio officia un rito per questa Dea
Non è dunque un caso che Ovidio menzioni la Bona Dea proprio il 1 Maggio pochi versi dopo il discorso che attribuisce a Callisto.
Premesso ciò, è ragionevole chiedersi se anche la data della fondazione dell’Urbe, il 21 aprile, non possa essere inquadrata nell’ipotizzato rapporto con le Pleiadi.
In proposito, una straordinaria conferma proverrebbe da uno studio recente (L. Verderame, Pleiades in ancient Mesopotamia, in Mediterranean Archaeology and Archaeometry 16 (2016), p. 109.) e della Società Italiana di Archeoastronomia, da cui si evince che in Mesopotamia:
Le Pleiadi svolgono un ruolo importante nel calcolo del calendario, un ruolo che è indicato negli almanacchi come il MUL.APIN
E non basta, dal momento che
il sorgere delle Pleiadi è fissato nel secondo mese del calendario Babilonese, cioè Ayāru (Aprile/Maggio). Da notare che il nome Sumero di questo mese è gu4.si.sá (“guidare il bue(buoi)”; gu4 ‘bue, toro’ “guida dei buoi” che si ricollega alla costellazione del Toro.
Si aggiunga che spesso questi astri, oltre a far parte della costellazione del Toro, nel contesto mesopotamico per sineddoche vengono addirittura identificati con essa.
In sostanza, dunque, il sorgere delle Pleiadi corrisponderebbe proprio con il primo giorno del secondo mese dell’anno mesopotamico, Ayāru, ossia aprile/maggio, che ricava il suo nome dalla costellazione del Toro in lingua sumerica: eppure ancora oggi quello che viene considerato il primo giorno del secondo mese dell’anno astrologico, corrispondente al segno del Toro, è il 21 aprile.
Inoltre va anche considerato l’aspetto agricolo del mese di Ayāru, allorché, sotto il segno delle Pleiadi, riprendevano i lavori dei campi. Tutto ciò rievoca senza dubbio l’immagine di Romolo, che con i suoi buoi spinge l’aratro mentre traccia il solco quadrato. D’altronde non è casuale che « il patrono del secondo mese del calendario Sumero sia Ninĝir-su/Ninurta, Dio anche dell’agricoltura». Guerra e agricoltura: come si potrebbe sintetizzare meglio lo spirito della Roma arcaica?
Pertanto anche la data della fondazione di Roma, in aggiunta ai suoi sette colli, rappresenterebbe, di fatto, una nuova, stringente connessione con le Pleiadi.
Sembra davvero palese che la coincidenza tra la data della fondazione di Roma e l’inizio del segno del Toro, di cui le Pleiadi sono le stelle più rappresentative, non sia affatto casuale, anzi, riletta in questa ottica, sembra dotata di un formidabile significato sacrale, oltre che di un marcato valore astronomico e simbolico:
non solo i sette colli dell’Urbe rispecchierebbero sulla Terra l’aspetto delle Pleiadi, ma anche la data della sua fondazione ricalcherebbe con estrema precisione il ciclo annuo delle costellazioni sulla sfera celeste.
Simili dati sembrano rafforzarsi reciprocamente, rendendo particolarmente esigua, se non addirittura trascurabile, la probabilità che questa fitta rete di corrispondenze e rimandi dipenda da una mera casualità!!
Si ringrazia per l’ispirazione Siusy Blady che, con l’intervista a Felice Vinci sul suo canale Yotube, ha stimolato in noi la curiosità per andare oltre.
Fonte:
Felice Vinci e Arduino Maiuri, Le Pleiadi e la Fondazione di Roma
Frenco, Frenco… Un bel tacer non fu mai scritto (mutuo un aforisma da i più attribuito a Dante, approfittando della ricorrenza che festeggia i 700 anni del sommo Poeta)
Si, è così, quest’anno la pasqua ebraica -pesach- cade in prossimità dello stesso giorno -24 marzo- della festa del compatrono di Trento, beato Simonino. Il sindaco di Trento non ha perso occasione per bollare la questione del martirizzato Simone come fake news (si dice falsa notizia). Faccio notare al primo cittadino della città del Concilio Tridentino, che il professor Ariel Toaff, figlio del più famoso già rabbino capo di Roma Elio Toaff, nel corposo volume Pasque di Sangue, smentisce categoricamente le certezze dell’ex sindacalista; Ariel Toaff documentalmente dimostra che degli ebrei praticavano in prossimità della Pasqua cristiana, in odio a Cristo i sacrifici rituali di bambini cristiani. È inutile scomodare il defunto vescovo Gottardi, massone affiliato alla P2, così come riportato nella rivista Op (osservatore politico) del giornalista Mino Pecorelli, pace alla sua anima!
Lodevole la sensibilità mostrata verso le festività del credo religioso altrui (suppongo che Ianeselli non aderisca alla religione ebraica), stessa sensibilità che non mancherà di manifestare per la Pasqua cristiana (pur ritenendo che non aderisca alla religione cristiana), ricordando il motivo della ricorrenza. Qualora avesse scordato i motivi che fanno della Pasqua la prima tra le feste cristiane, riporto alcuni passi del vangelo.
San Matteo 27, 20 Ma i sommi sacerdoti e gli anziani persuasero la folla a richiedere Barabba e a far morire Gesù. 21 Allora il governatore domandò: «Chi dei due volete che vi rilasci?». Quelli risposero: «Barabba!». 22 Disse loro Pilato: «Che farò dunque di Gesù chiamato il Cristo?». Tutti gli risposero: «Sia crocifisso!». 23 Ed egli aggiunse: «Ma che male ha fatto?». Essi allora urlarono: «Sia crocifisso!».
24 Pilato, visto che non otteneva nulla, anzi che il tumulto cresceva sempre più, presa dell'acqua, si lavò le mani davanti alla folla: «Non sono responsabile, disse, di questo sangue; vedetevela voi!». 25 E tutto il popolo rispose: «Il suo sangue ricada sopra di noi e sopra i nostri figli».
Lasciando la questione religiosa, è doveroso ricordare al COMPAGNO Franco, il pensiero in merito agli ebrei, del noto sindacalista spacciato per filosofo, anch’egli ebreo Carlo Mordecai MARX:
“Consideriamo l’ebreo reale mondano, non l’ebreo del Shabbath, come fa Bauer, ma l’ebreo di tutti i giorni. Cerchiamo il segreto dell’ebreo non nella sua religione, bensì cerchiamo il segreto della religione nell’ebreo reale. Qual è il fondamento mondano del giudaismo? Il bisogno pratico, l’egoismo. Qual è il culto mondano dell’ebreo? Il traffico. Qual è il suo Dio mondano? Il denaro. Ebbene. L’emancipazione dal traffico e dal denaro, dunque dal giudaismo pratico, reale, sarebbe l’autoemancipazione del nostro tempo. Un’organizzazione della società che eliminasse i presupposti del traffico, dunque la possibilità del traffico, renderebbe impossibile l’ebreo. La sua coscienza religiosa si dissolverebbe come un vapore inconsistente nella vitale atmosfera reale della società. (…) Noi riconosciamo dunque nel giudaismo un universale elemento attuale antisociale, il quale, attraverso lo sviluppo storico, cui gli ebrei per questo lato cattivo hanno collaborato con zelo, venne sospinto fino al sua presente vertice, un vertice sul quale deve necessariamente dissolversi. L’emancipazione degli ebrei nel suo significato ultimo è la emancipazione dell’umanità dal giudaismo.(…) L’ebreo si è emancipato in modo giudaico non solo in quanto si è appropriato della potenza del denaro, ma altresì in quanto il denaro per mezzo di lui e senza di lui è diventato una potenza mondiale, e lo spirito pratico dell’ebreo, lo spirito pratico dei popoli cristiani. Gli ebrei si sono emancipati nella misura in cui i cristiani sono diventati ebrei.(…) Qual era in sé e per sé il fondamento della religione ebraica? Il bisogno pratico, l’egoismo. Il monoteismo dell’ebreo è perciò, nella realtà, il politeismo dei molti bisogni, un politeismo che persino della latrina fa un oggetto della legge divina.(…) Il Dio del bisogno pratico e dell’egoismo è il denaro. Il denaro è il geloso Dio d’Israele, di fronte al quale nessun altro Dio può esistere. (…) Il Dio degli ebrei si è mondanizzato, è divenuto un Dio mondano. La cambiale è il Dio reale dell’ebreo. Il suo Dio è soltanto la cambiale illusoria. Ciò che si trova astrattamente nella religione ebraica, il disprezzo della teoria, dell’arte, della storia, dell’uomo come fine a se stesso, è il reale, consapevole punto di partenza, la virtù dell’uomo del denaro. (…) La chimerica nazionalità dell’ebreo è la nazionalità del commerciante, in generale dell’uomo del denaro. La legge, campata in aria, dell’ebreo è soltanto la caricatura religiosa della moralità campata in aria e del diritto in generale, dei riti soltanto formali, dei quali si circonda il mondo dell’egoismo. (…) Il giudaismo, come religione, non ha potuto, da un punto di vista teorico svilupparsi ulteriormente, poiché la concezione del bisogno pratico è per sua natura limitata e si esaurisce in pochi tratti..(…) Poiché l’essenza reale dell’ebreo nella società civile si è universalmente realizzata, mondanizzata, la società civile non poteva convincere l’ebreo della irrealtà della sua essenza religiosa, che è appunto soltanto la concezione ideale del bisogno pratico. Non quindi nel Pentateuco o nel Talmud, ma nella società odierna noi troviamo l’essenza dell’ebreo odierno, non come essere astratto ma come essere supremamente empirico, non soltanto come limitatezza dell’ebreo, ma come limitatezza giudaica della società. Non appena la società perverrà a sopprimere l’essenza empirica del giudaismo, il traffico e i suoi presupposti, l’ebreo diventerà impossibile, perché la sua coscienza non avrà più alcun oggetto, perché la base soggettiva dei giudaismo, il bisogno pratico si umanizzerà, perché sarà abolito il conflitto dell’esistenza individuale sensibile con l’esistenza dell’uomo come specie. L’emancipazione sociale dell’ebreo è l’emancipazione della società dal giudaismo” (https://moked.it/blog/2011/08/21/davar-acher-marx-e-il-suo-odio-antiebraico/).
D’altra parte, a tal proposito il marxismo, dalle parole è passato ai fatti, così come riportato dal politologo ebreo ungherese Francois Fejto nel suo libro: Gli ebrei e l’antisemitismo nei paesi comunisti, e dal giornalista e scrittore ebreo americano Louis Rapoport nel suo libro, La guerra di Stalin contro gli ebrei.
Signor sindaco, avrà certamente notato, che quest’anno la pasqua ebraica, è concisa, oltre che in concomitanza della festa del compatrono di Trento beato Simonino, anche con il settecentesimo compleanno di Dante Alighieri, anche in questo caso potrebbe cogliere l’occasione, per un suo messaggio di denuncia contro l’antisemitismo del Sommo Poeta: “Uomini siate e non pecore matte si che di voi tra voi ‘l giudeo non rida”.
p.s. egregio sindaco di Trento, essendo cittadino della città che Lei amministra, dunque anche il mio sindaco, Le chiedo cortesemente di provvedere a far sapere il luogo dove è stato occultato, nascosto il corpo del beato Simonino, perché da cattolico voglio pregare sulla sua tomba, così come avrebbe fatto il defunto ex rabbino capo della sinagoga di Roma, convertito al cattolicesimo Eugenio Pio Zolli; sarebbe una concreta forte presa di posizione contro la discriminazione religiosa.
19 marzo, festa del papà. Auguri Papà.
Se fossimo privati della mamma il sole svanirebbe e calerebbero le tenebre, senza il papà saremmo piombati nel NULLA.
Le società moderne vogliono precipitare l'uomo nel NULLA, ecco perché il padre è la figura più combattuta, osteggiata, fastidiosa, da eliminare. Senza Patriarcato il nulla!
Racconta una tradizione orale che un giorno fra Masseo era con San Francesco sul Monte della Verna e lo sfidò una sera in una gara singolare: chi dei due sarebbe stato capace di recitare più Padre nostro durante la notte. Decisero che li avrebbero contati con dei sassolini. All’indomani, fra Masseo, con le mani colme di sassolini si recò da Francesco, apostrofandolo con una frase di vittoria: «Ecco i Padre nostro che ho recitato in questa notte. Mostrami i tuoi!». Francesco, con un senso di ammirazione disse al compagno: «Beato te! Io non sono riuscito a finire un solo Padre nostro. Mi sono fermato sulle parole “Padre nostro” per l’intera notte!!!».
In greco l’etimologia della parola “recinto” ha la stessa radice della parola “padre”.
Da un’altra lingua indoeuropea sorella più “antica” del greco, il sanscrito, sappiamo che la parola PADRE deriva dalla parola PITA, da cui nel tempo è stata abbreviata in PA-; dalla stessa radice etimologica PA-, hanno origine etimologiche tutte parole in relazione col cibo o necessario a reperirlo, PANE, pasto, pascere, pascolare, pecora; la parola “pastore” poi ne è una conseguenza perché ha per radice PAS che appunto deriva anch’essa dalla base sanscrita PA- .Inoltre, sempre dalla radice sanscrita PA-, deriva la parola protezione. Dalla radice PA- deriva la parola “patis” che significa “Signore”.
Ciò premesso, con buona pace dei detrattori del papà, a tutti gli uomini, fin dalla notte dei tempi è stato chiaro il naturale ruolo incarnato dal padre per la famiglia, nella società, colui che sfama materialmente e spiritualmente, protegge, pasce (educa), cresce con i figli in un comune spazio, il recinto.
Padre, è colui che è pronto senza nessuna esitazione a dare la propria vita per i suoi figli.
Incredibilmente, constato, che in una sola parola -PADRE- si racchiude l’essenza del Cristianesimo, PANE, nutrimento, protezione e salvezza dell’anima dal male, male che ci allontana dal “recinto”, la Casa del Padre, nostra naturale dimora.
Lettura consigliata: “QUANDO IL PADRE NON C’E” di Mario Spataro - edizioni Settimo Sigillo
<<Era l’11 settembre 1978 quando l’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertini, accoglieva al Quirinale il Presidente della Somalia Mohamed Siad Barre. Erano le 12.15 quando l’ospite giunse al Palazzo del Quirinale. Un anno prima della scadenza terminò il nostro incarico fiduciario e l’autogoverno si sviluppò al principio abbastanza bene, sia pure con un modello sui generis di democrazia (peraltro non solo somala). Verso l’Italia mantennero a lungo un atteggiamento molto deferente. Ricordo un singolare episodio durante la visita di Siad Barre a Roma. Nel brindisi, alla colazione nel torrino del Quirinale, Pertini ebbe la strana idea di chiedere scusa ai somali per quanto fatto dagli italiani. L’ospite rispose che verso l’Italia non avevano che gratitudine; e che — Pertini si rannuvolò bruscamente — nel 1935 erano stati gli etiopici e non i fascisti a provocare la guerra>> - ( http://www.30giorni.it/articoli_id_2668_l1.htm).
La storia ci dice che negli anni Trenta il continente africano avesse due soli Stati sovrani: la Liberia e l’Etiopia. Il resto dell’Africa, fatta eccezione delle colonie italiane di Libia, Eritrea e Somalia, apparteneva a Francia, Inghilterra, ed in minor parte a Spagna, Portogallo e Belgio. Le ex colonie dell’Impero tedesco erano state spartite fra i vincitori fra cui, stranamente, non figurava l’Italia che pure alla vittoria il suo contributo l’aveva dato.
In realtà la Liberia era una repubblica proclamatisi indipendente con una costituzione mutuata dal modello statunitense e di lingua ufficiale inglese. La sua popolazione era in maggioranza costituita da ex schiavi americani affrancati. La dipendenza economica, militare e politica dall’America era un fatto indiscutibile come indiscutibile era la soggezione dell’Etiopia all’Inghilterra.
Le colonie Italiane erano state acquisite dai governi liberali antecedenti al fascismo ed anche l’Etiopia faceva parte del complesso coloniale cui aspirava l’Italia liberale e che il fascismo riuscì a realizzare. Le richieste legittime, dato il contributo alla vittoria del primo conflitto mondiale, di partecipare alla spartizione delle colonie tedesche furono respinte dagli anglo-francesi; ed il governo liberale dovette subire l’ennesima umiliazione. E mentre ciò avveniva l’Africa e gran parte dell’Asia divenivano oggetto di nuove spartizioni coloniali fra Inglesi e Francesi. Parallelamente, in Asia iniziava e consolidava il colonialismo russo. Nel dicembre 1922 fu ufficialmente costituita l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, come unione di RSFSR, Ucraina, Bielorussia e Federazione transcaucasica (Armenia, Georgia e Azerbaigian). Le istituzioni centrali dell’Unione assunsero un’ampia autorità non solo in politica estera e nel settore militare, ma anche in quelli economico e sindacale, della giustizia, dell’educazione e della sanità, e di fatto la Repubblica russa dominò l’Unione. Nel 1924 furono costituite le Repubbliche del Turkmenistan e dell’Uzbekistan, e nel 1929 la quella del Tagikistan. Nel 1936 furono create le Repubbliche del Kazakistan e del Kirghizistan e la Federazione transcaucasica fu sciolta, dando vita alle Repubbliche federate di Armenia, Azerbaigian e Georgia.
Dunque, la conquista delle colonie non fu quindi, invenzione dello spirito “sopraffattore ed imperialista” del fascismo. Storici male informati o in malafede, gli stessi che definiscono liberatori gli alleati al comando di truppe in gran parte formate da popoli nella loro disponibilità coloniale, fanno risalire al governo di Mussolini fin dal 1925 l’intenzione di occupare l’Abissinia. Essi non sanno, o non vogliono sapere, che questa atavica intenzione era già nei governi democratici che precedettero la conquista del potere da parte dei fascisti. Questi ultimi, portando avanti la politica coloniale dei governi della precedente “democrazia”, riuscirono là dove i loro predecessori non erano riusciti con inutili sacrifici di risorse e di sangue e dure sconfitte, militari e massacri di Dogali e Adua.
Queste erano le condizioni obiettive in cui tutte le maggiori nazioni avevano attuato una spregiudicata politica coloniale decisamente imperialista, ed in quella condizione solo quella dell’Italia post-liberale, che era povera di ricchezze naturali e ricca di braccia desiderose di lavoro, fu giudicata aggressiva verso un territorio ove si praticavano normalmente la schiavitù, la razzia dei predoni e le guerre tribali. Mussolini nel 1928 aveva firmato un trattato di amicizia con il governo abissino di Hailé Selassié sperando anche di porre fine alle continue incursioni dei predoni che razziavano le colonie italiane confinanti con l’Etiopia. A queste scorribande era stato posto un primo argine efficacie con l’arruolamento dei Dubat, i bersaglieri neri, addestrati e comandati da ufficiali italiani. L’ennesima provocazione dei predoni abissini al comando di Omar Sammantar fu l’attacco al posto di frontiera italiano di Ual-Ual che venne respinto dai Dubat, combattenti di eccezionale valore e fedeli all’Italia. Gli assalitori in precedenza avevano assassinato a pugnalate un nostro ufficiale e massacrato i difensori di un altro presidio italiano. L’incidente di Ual-Ual, assalito da migliaia di etiopi, fu l’episodio che segnò l’avvio della guerra per la conquista dell’Etiopia da parte italiana. Su Israel del 10 ottobre 1935, in occasione del Kippur, i Rabbini invocarono il favore divino «in quest’ora storica e su chi regge i destini e sui valorosi soldati italiani». In ampie zone dell’Etiopia, fra Gondar e il lago Tana, vivevano i falascià, popolo di origini e tradizioni ebree. L’Unione delle Comunità giudaiche, nel 1936, si accordò con il governo italiano per la tutela di quelle popolazioni. Attraverso apposite norme, la piccola comunità falascia, venne difesa dalle violenze da parte delle popolazioni, soprattutto mussulmane. A seguire quella vicenda furono Lessona, Ministro delle Colonie, ed il Rabbino Carlo Alberto Viterbo.
In quel periodo storico il popolo italiano, in ogni sua componente, espresse il massimo del consenso verso il fascismo e praticamente è come avesse eletto Mussolini all’unanimità per alzata di mano. Prova ne è un Il testo che fu firmato da oltre sessanta dirigenti del PCdI, tra cui Palmiro Togliatti: “appello ai fratelli in camicia nera, noi comunisti vi diamo una mano perché siamo come voi e vogliamo far proprio il programma del 23 marzo 1919, un programma di pace, libertà, di difesa degli interessi dei lavoratori un’alleanza fra camerati e compagni. Solo attraverso una riconciliazione e un’unione fraterna fra fascisti e non fascisti abbatteremo i pescecani nel nostro paese” – (Lo Stato Operaio, n°8 agosto 1936, Palmiro Togliatti).
Fu colonialismo l’occupazione politico-militare dell’Armata Rossa sui civili popoli lituani, estoni e lettoni o della Polonia o della Cecoslovacchia, Bulgaria, Romania ed Ungheria. Non si chiamavano imperi il sovietico ed il britannico e non si parla ancora oggi di imperialismo americano? Forse, ancor oggi, l’Italia non è una colonia Americana?
Ogni secolo ha avuto il suo colonialismo. Oggi, dopo che il mondo si è “liberato” del fascismo, con l’aiuto delle democrazie occidentali capitaliste e del cruento proletariato di Stalin, spadroneggia il colonialismo del petrolio, dell’uranio, droga, finanza.
Il colonialismo è definito comunemente come «l’estensione della sovranità di una nazione su territori e popoli all’esterno dei suoi confini, per facilitare il dominio economico sulle risorse, il lavoro e il commercio». Fra tutti i colonialismi, i nostrani globalisti puntano il dito contro gli “italiani buona gente”.
https://www.ildolomiti.it/societa/2021/vie-piazze-e-monumenti-litalia-celebra-ancora-crimini-e-criminali-del-colonialismo-italiano-la-mappa-del-collettivo-wu-ming?fbclid=IwAR1GSXXmQLc366Eti9kcu_8pMu9x7rqJeMevTFUHSKriIDmMynr1j1N-uQ8
Il consigliere provinciale Luca Zeni deve studiare.
I rossi, ormai rosa, professionisti del buonismo in salsa "partigiana Forteto-Bibbiano", non perdono mai occasione per mostrarsi campioni di autolesionista ignoranza. Il signor Zeni asserisce, che Fratelli d’Italia, è un partito di destra radicale di ispirazione fascista! Il partito nazional fascista nasce con i soldi dei servizi segreti inglesi, apparato segreto che finanzia Mussolini fino al 1925. Chiusa la parentesi fascista, gli americani costituiscono e finanziano il Movimento Sociale Italiano. Almirante stesso sosteneva che il partito da egli guidato sarebbe stato traghettato alla “causa atlantista”. Così fu, infatti, il testimone fu passato a Gianfranco Fini, colui che definitivamente, dopo la svolta di Fiuggi scorticò dall’ MSI le ultime “scorie post fascismo”, definendo il fascismo male assoluto, diventando di fatto il primo tra gli anti fascisti (50 anni dopo, aveva ripercorso le strade già battute da Napolitano, Scalfari, Biagi, Foà, Segni, Bocca…). Fratelli d’Italia è erede di Alleanza Nazionale, tant’è che il nome per esteso è Fratelli d’Italia Alleanza Nazionale. Rimanendo in Trentino, chi sarebbero i fascisti locali tesserati in Fratelli d’Italia? Cia, De Bertoldi, Biscaglia, Eccetera? Quest’ultimi se accostati al fascismo (che non conoscono, come non lo conosce Lei) o se si ritengano fascisti, risponderanno che il fascismo è letame e che non sono fascisti. Le assicuro, che non mentirebbero, perché per essi è così, la loro risposta sarebbe sincera. Egregio signor Zeni, si metta l’anima in pace, i rappresentanti più in vista di Fratelli d’Italia, sono più anti fascisti di Lei! Cia, buon uomo non ha fatto niente di male, è innocuo, cerca solo disperatamente di garantirsi la prossima rielezione come consigliere provinciale.
Esimio avvocato Zeni, con la fine della I° guerra mondiale, e a seguito delle ratifiche del trattato di Versailles il Trentino Alto Adige rientrò nei confini italiani, così come furono modificati confini di altri territori, secondo i desideri di altre nazioni democratiche vincitrici, Regno Unito, Francia, Stati Uniti. In quegli anni il fascismo non esisteva, gli irredentisti erano i socialisti. Non il fascismo che appunto non esisteva ma i governi liberali cambiarono la toponomastica dell’Alto Adige. Era stato il governo di Giovanni Giolitti che assegnò l'incarico al presidente dell'Istituto geografico italiano di rilevare ed elencare i toponimi italiani in Alto Adige. La redazione della toponomastica ufficiale (comunque bilingue) fu dovuta ad una decisione del Governo Giolitti V, perfezionata durante i governi Bonomi e Facta. Il programma di completa traduzione della toponomastica tedesca e ladina fu invece realizzata solamente con un regio decreto del marzo del 1923, quando ancora il Re non aveva ancora dato pieni poteri al solo partito fascista. Per altro, storicamente, da sempre le nazioni vincitrici che acquisivano nuovi territori, come regola adeguavano i toponimi alla proprie lingue, ne sono un esempio pertinente le modalità utilizzata dagli Asburgo con i territori annessi all’impero, italiani compresi. Il processo di germanizzazione dei territori geograficamente italiani hanno avuto inizio nel 1024 con gli editti di Corrado II ed ebbe il suo punto centrale con Massimiliano I nel 1500. Proprio in questo periodo si ebbe l'avvicendamento della maggioranza linguistica tra italofoni e germanofoni. A metà 1700 Maria Teresa d'Asburgo impose la sola lingua tedesca come idioma da utilizzare per tutti gli atti pubblici e religiosi, vietando italiano e ladino. A fine secolo successivo Francesco Giuseppe d'Asburgo si fece promotore di leggi con le quali invitava i cittadini italofoni dell'Alto Adige a spostarsi verso il Trentino e suggeriva ai cittadini ladini di farsi assimilare dalla popolazione germanofona. Mentre per il gruppo "puramente" italiano la germanizzazione portava ad una deportazione in altri territori italiani di controllo asburgico (Lombardia e Veneto) o nei campi di internamento; la componente ladina subì invece un tentativo ancora più forte di distruzione dell'identità linguistica: a tutti gli abitanti venne cambiato il cognome germanizzandolo (ad esempio Costa divenne Kostner, Ciampac divenne Kompatscher (nome noto in Alto Adige), al gruppo linguistico venne tolto ogni riconoscimento ufficiale portandolo ad uno status di inesistenza o, nel migliore dei casi, assimilazione a quello italiano ed infine alcune zone, come la Val Venosta, vennero "svuotate" dai ladini con la scusante di gestire eventuali questioni religiose con i vicini protestanti del Grigioni, comprimendone la presenza in valli vicine (Val di Sole e Val di Non).
Come conseguenza della terza guerra d'indipendenza italiana, che portò all'annessione del Veneto al Regno d'Italia, l'amministrazione imperiale austriaca, per tutta la seconda metà del XIX secolo, aumentò le ingerenze sulla gestione politica del territorio per attenuare l'influenza del gruppo etnico italiano temendone le correnti irredentiste. Quando nel 1815 gli Asburgo annessero Verona al proprio impero, cambiarono il nome della città scaligera con il nome di Bern, in onore di Teodorico (Andreas Hofer eroe della fede edizione il cerchio, pag.12). “Bisogna che i lombardi dimentichino di essere italiani; le mie province d’Italia non devono essere unite fra loro che dal vincolo dell’ubbidienza all’Imperatore” – Francesco Giuseppe (Gesualdo Vannini, Introduzione a La Vita e le Opere di Raffaello Lambruschini, Tipografia Guainai, Eboli 1907).
Durante la riunione del consiglio dei ministri del 12 novembre 1866 l'imperatore Francesco Giuseppe I d'Austria tracciò un progetto di ampio respiro mirante alla germanizzazione o slavizzazione dell'aree dell'impero con presenza italiana: «Sua Maestà ha espresso il preciso ordine che si agisca in modo deciso contro l’influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e, occupando opportunamente i posti degli impiegati pubblici, giudiziari, dei maestri come pure con l’influenza della stampa, si operi nel Tirolo del Sud, in Dalmazia e sul Litorale per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori a seconda delle circostanze, con energia e senza riguardo alcuno. Sua maestà richiama gli uffici centrali al forte dovere di procedere in questo modo a quanto stabilito.» Insomma, rispetto alle imposizioni austroungariche, i provvedimenti dei governi italiani in merito al riordino della toponomastica alto atesina, furono dei dilettanti.
Va ricordato, che proprio la popolazione Alto Atesina, aderì quasi nella totalità al progetto nazionalsocialista, tant’è che non vi fu alcun fenomeno resistenziale, inoltre nel 1933 era sorto il Völkischer Kampfring Südtirols (di ispirazione nazionalsocialista), che predicava l'annessione dell’Alto Adige alla Germania; dalle ceneri del Völkischer Kampfring Südtirols nacque il movimento terrorista separatista BAS. Durante il governo fascista, in Alto Adige si poterono contare 4 morti politici a fronte delle 21 uccisioni operate dai militanti del BAS dalla fine degli anni 60 in poi. La giustizia democratica italiana ha condannato 157 persone: 103 italiani di lingua tedesca, 40 cittadini austriaci, 14 cittadini della Germania occidentale.
“conosco i miei conterranei. Quanto maggiore sarà la libertà che loro concederete, tanto più essi ne useranno e ne abuseranno. Tutte le autonomie che voi italiani accorderete loro, con tutta la buona volontà di creare una collaborazione con loro, saranno altrettante armi che essi rivolgeranno contro voi stessi. A poco a poco, nell’ambito della legalità, che voi stessi avete ricostituita, della libertà, che voi avete concessa agli alto-atesini, la situazione degli italiani in Alto Adige sarà insostenibile” – Karl Gruber, Vienna, 12 gennaio 1946, dal resoconto diplomatico del rappresentante politico italiano a Vienna Coppini sul colloquio avuto con il ministro degli Esteri austriaco Karl Gruber.
Signor Luca Zeni, Alla luce di quanto scritto sopra -che la prego di smentire se ne è capace- è ancora sicuro che il problema per l’Alto Adige sia Fratelli d’Italia? Un vero uomo di sinistra il magistrato Guido Salvini, il giudice delle stragi terroristiche, in una intervista, interrogato sul pericolo fascista, rispose così come segue: “L’allarme sul fascismo è infondato. E’ solo l’ultimo collante del centrosinistra”(https://notizie.tiscali.it/interviste/articoli/allarme-fascismo-bufala/?fbclid=IwAR05MUqoGbsCMjyTAhEkFwGbeuvT87sTcwMCdesfMqktbJG1nvRwOd3VFc8).
Caro consigliere provinciale Luca Zeni, se è sua ambizione scomodare striscia la notizia per ricevere il tapiro d’oro e sicuramente sulla buona strada, una strada a doppia corsia se all’abbaglio fascista somma lo scivolone su Qnon, forse scambiato per un’offesa omofoba Cunon!
Emilio Giuliana
Caro, carissimo signor Ianeselli,
anche Lei strumento dell’isterismo irrazionale dell’ideologia più scialba, preconfezionata della farsa e menzognera liquida e fumosa modernità? alfiere di quelle sovrastrutture apolide finanziarie che governano e condizionano buona parte delle teste degli uomini, senza distinzione di sesso. Anche Lei fa sua la manipolazione del linguaggio per giustificare l’imponderabile. Saprà da sè che le sue fragili e distorte esternazioni non la rendono originale, in tal senso è stato preceduto da altri ben più famosi visionari, Cartesio, Hume, Fitch.
Signor Ianeselli, ha chiaro il concetto dei termini che usa e dispensa, “violenza, menzogna, intimidire, difendere, libertà”? Lei ne abusa. Atteggiamenti ed abitudini che l’uomo-massa non può né apprezzare né praticare, bastandogli la continua identificazione in un tipo sociale altro da lui, essendogli sufficiente il riconoscimento esteriore, lo specchiarsi in un suo simile altrettanto vuoto di consapevolezza interiore, altrettanto automa, altrettanto cieco strumento di un io che nulla conserva dei valori essenziali della persona umana, poiché si confonde e scompare dietro l’anonimato della massa, dietro il si dice.
Femministe e sodali - vedi Ianeselli- si fanno interpreti del sentire di tutte “le ragazze e le donne di questa città (Trento)”, confondendo volutamente, disperate esigue e marginali femministe con il genere femminile.
La maggior parte delle DONNE, contrariamente ad invasate femministe -in barba al logoro quanto stucchevole richiamo alla “cultura paternalista”- conoscono perfettamente i rischi che comporta l’assunzione della pillola abortiva RU-486, per la loro salute e la vita dei cuccioli di uomo custoditi ed allevati nel grembo materno. Sì, i cuccioli di uomo, che nell’ottica, visione e idea di femministe e sodali -vedi Ianeselli- non hanno alcun diritto alla tutela della propria vita. Eppure, non solo la ragione, il cuore, ma anche la scienza e scienziati di conclamata fama, ci assicurano che si è“esseri umani” (uomini) fin dal concepimento, il padre della medicina Ippocrate, Bernard Nathanson, l’ateo (un senza Dio come il signor Ianeselli e femministe) Giorgio Pardi: “La vita inizia quando i 23 cromosomi maschili si fondono coi 23 cromosomi femminili. Lo zigote ha in sé già tutto”.
Le pioniere del femminismo in America, le prime donne a battersi per l’emancipazione femminile, non consideravano affatto l’aborto come un diritto né come una conquista necessaria all’emancipazione.
Il 5 febbraio 1868, su The Revolution , la Elisabeth Candy Stanton si riferiva all ‘“assassinio di bambini, prima o dopo la nascita” come un “male, sempre”.
Elizabeth Blackwell, la prima delle donne medico degli Stati Uniti, si è sempre schierata contro l’aborto: una “grossolana perversione”. Tanto da auspicare che mai si chiamassero con l’onorevole termine di “medico” quelle donne che facevano abortire altre donne: il “totale degrado” di ciò che potrebbe e dovrebbe diventare una professione nobile per le donne.
Un’altra femminista ante litteram, Susan B. Anthony, già scriveva lucidamente che l’aborto era un sistema per deresponsabilizzare gli uomini e la società rispetto a un problema – la gravidanza indesiderata – che veniva quindi a gravare tutto sulle spalle delle donne: e poi sono le donne che in definitiva commettono il gesto: «Sarà un peso sulla loro coscienza per tutta la vita: quando invece è tre volte più colpevole lui, che l’ha spinta alla disperazione, che l’ha spinta al crimine!»
L’aborto libero è nell’interesse degli uomini, non delle donne!
E infatti, l’aborto è diventato il centro delle rivendicazioni femministe solo molto più tardi, quando degli uomini – sostenitori della rivoluzione sessuale – hanno cominciato a fare propaganda alla contraccezione e all’aborto: per “liberare” le donne, o per liberare dalla responsabilità gli uomini che aspiravano a una vita sessuale promiscua e spensierata?
La giornalista Sue Ellen Browder, in un saggio intitolato Subverted sottolinea come Lawrence Lader e Bernard Nathanson abbiano fondato il NARAL, ma senza il coinvolgimento del movimento femminista non avrebbero potuto ottenere niente. Dopo anni di tentativi, Lader ha convinto Betty Friedan a includere l’aborto nella sua piattaforma politica, nonostante il fatto che Friedan fosse inizialmente contraria all’aborto. E come convinse la Friedan che le donne avevano bisogno dell’aborto per essere veramente libere? Lo fece esagerando grossolanamente il numero di donne che abortivano clandestinamente e il numero di quelle che morivano per aborto clandestino.
Oggi, oltre il 70% delle donne che abortiscono dichiara di averlo fatto perché sotto pressione. La pressione arriva da fidanzati o mariti che minacciano di lasciarle, la pressione arriva da genitori che minacciano di cacciarle di casa, pressioni arrivano dalla società che le convincono che un figlio è un male: pressioni che riducono le donne alla solitudine interiore e alla disperazione.
L’aborto non significa uguaglianza. Non è sinonimo di libertà. L’aborto è oppressione. Donne come la Stanton, la Blackwell e la Anthony l’avevano capito già alla fine dell’ 800”.
Signor Ianeselli, se vuol essere davvero “rivoluzionario”, sempre a fianco e difesa dei più deboli e dei loro diritti negati, si batta per i cuccioli di uomo, e lasci che il ventre di una donna rimanga un rifugio sacro, e non si trasformi in un altare sul quale consumare sacrifici umani.
Ps signor Ianeselli come concilia e giustifica le sue rivendicazioni a favore e sostegno dei presunti diritti negati alle donne, con la sua aperta e convinta adesione a un modello di società multietnica-religiosa di matrice islamica, induista, parossisticamente maschilista?
Caro signor Ianeselli buone feste (dal greco festiao o estiao che indica l'atto di accogliere presso il focolare domestico; focolare domestico che richiama a quel luogo dove ad attenderci c’è sempre la mamma).
Immaturi, invidiosi, vanitosi, giudici di sentenze preconfezionate “sparate” dai professionisti dell’informazione, quest’ultimi gli stessi unti del Signore che non perdono mai occasione per mal giudicare il fascismo, i patrioti, gli identitari, ma che esaltano tutto ciò che va contro natura, il buon senso, le tradizioni, la cultura. Voi, sentinelle moralizzatori, sistema nel sistema, molti dei quali avranno messo il naso fuori da casa abbondantemente oltre la maggiore età, e che in ogni caso, molto probabilmente, anche dopo l’uscita dal mondo ovattato, hanno continuato a vivere in un mondo lontano dalla realtà.
Sono cresciuto in strada, ho vissuto la strada, la strada la mia palestra di vita, fatta di eccessi e regole non scritte, spartiacque tra il razionale oggettivismo e fantasiose suggestioni, unica e necessaria esperienza, concime che coltiva in profondità i piedi piantati in terra, la realtà non distorta da lenti utilizzate per creare vite parallele cinematografiche, una Cine città “sistema-socio-mediatico”.
Per natura, per stirpe, sono entrato nella vita dalla “porta giusta”. Ho sempre avuto repulsione verso il vizio; mai fumato una sigaretta, neanche per scherzo, sempre disprezzato le droghe, tutte indistintamente, ho sempre odiato gli spacciatori, i trafficanti, ho sempre provato repulsione ma allo stesso tempo compassione per i tossicodipendenti. Da ragazzino, poi ragazzo, dopo adulto, la repulsione è andata sempre più sfumando lasciando sempre e solo più spazio alla compassione, in ultimo tramutata in carità.
Una giovinezza vissuta nei luoghi di sempre dello spaccio di Trento, via delle orfane, via Cavour, piazza santa Maria Maggiore, via san Giovanni, via santa Margherita. Molti di quei ragazzi che conoscevo, fin da giovanissimi sono caduti nella trappola e piaga della droga, quasi sempre hanno iniziato fumando lo sterco di erba, per poi passare all’eroina. Molti sono morti, altri hanno cercato il “riscatto”, alcuni con successo, altri con alterne fortune.
Fin da ragazzo mi sono scontrato con estrema e “santa” violenza contro spacciatori, in molte occasioni anche con tossici, -ad alcuni dopo averli pestati gli facevo mangiare le sigarette che con tanta cura rullavano- . Non è un mistero che per molti anni ho fatto uso sistematico della violenza, una violenza sana, mai prevaricatrice, ma sempre estrema, priva di pietà. Sul fenomeno droga ho maturato un’esperienza diretta e completa, che mi permette senza falsa modestia di poter aver a tal proposito voce in capitolo.
Innanzi tutto, non esiste l’equazione tossico dipendente = cattivo, il drogato come qualsiasi altra persona, può essere cattivo o buono. Qualche mese fa ho partecipato al funerale del figlio di un mio ex collega - figlio morto per overdose-. Porterò sempre tra i miei ricordi importanti, le parole del padre pronunciate affianco alla bara del figlio: ”perdona le mie mancanze di padre”!
Strappandosi le vesti, strillano: MARADONA come uomo è stato un pessimo esempio! Certo, per chi non ha vissuto la vita, ma sopravvive, Maradona uomo è stato un pessimo uomo. Un ragazzo poco più ventenne giunto a Napoli, lontano dai suoi affetti, tirato dalla giacchetta da tutti, ma soprattutto trascinato piedi e mani dal clan Giuliano. Persone incapaci di farsi valere dalle loro fidanzate, conviventi, mogli, usati come pupazzi, zerbini consumati, giudicano le frequentazioni malavitose di Maradona. Ingenui, sprovveduti, quante e quali persone, soprattutto a venti anni si sarebbero e potrebbero tirarsi indietro rispetto alle prepotenze di bande organizzate. Quasi tutte le Curve più importanti d’Italia da nord a sud sono in mano all’ndrangheta o altre organizzazioni criminali, e non mi pare che qualche moralmente ed eticamente solerte tifoso si sia mai messo di traverso! Maradona, sì, si drogava, e non poteva neanche evitare di farlo……quando aveva capito o gli avevano fatto capire, che per uscire dalla gabbia dorata che gli avevano regalato i Giuliano sarebbe dovuto andare via da Napoli, Ferlaino (presidente e padron del Napoli calcio), glielo aveva impedito. Nessuno, ma proprio nessuno ha mai preso Maradona come un esempio per le sue mancanze, ma per le sue virtù, ad esempio per il suo innato talento calcistico. Rimproverano a Maradona la non condivisibile semina di figli extraconiugali, semina che purtroppo non si limita al solo Maradona, ma a moltissimi altri “Maradoni e Maradone”, -perché non bisogna dimenticare tutte quelle donne che hanno procreato figli con più uomini- , certo una pratica tribale, la quale non ha neanche risparmiato uno dei padri della patria, Benito Mussolini. Il sinedrio tuona: Maradona violento con le donne! Quando, dove? Un video di alcuni secondi fatto con un telefono, nel quale si vede e capisce che una “sporcacciona”, videoregistra Maradona in un momento di degrado, il quale barcollante si avvicina verso la donnaccia che lo riprende per toglierLe il telefono, diventa una prova di violenza verso le donne! La stessa barbona ha smentito che in quell’occasione ci fu violenza.
Tutte quelle bagasce che si prostituivano per scelta, gratuitamente con Maradona per una facile e parassitaria scalata sociale, come si qualificano? Provette testimonials contro la violenza sulle donne!
Maradona a detta di tutti coloro che lo hanno conosciuto personalmente, a l’unisono concordano nell’asserire che l’uomo (non il calciatore) era un uomo estremamente buono e generoso.
Farisei maledetti, siete abituati a lasciarvi sorprendere dai pochi alberi che cadono, che dalle foreste che crescono.
Mai avrei pensato, che il calciatore, che in assoluto mi ha ispirato, divertito, fatto godere sportivamente, anche come uomo mi avrebbe dato lo spunto per comprendere che esistono e distinguono uomini che durante il sonno sognano, rispetto ad altri tormentati da incubi.
“Se c'è qualcosa di peggio dell'odierno indebolirsi dei grandi princìpi morali, è l'odierno irrigidirsi dei piccoli princìpi morali.” - GILBERT KEITH CHESTERTON
Ieri sono stati celebrati i 50 anni dalla morte di Charles De Gaulle.
Posto il fatto che fu uno dei tanti uomini a ruolo paga dei Rothschild (il Governo Mondiale e la ControChiesa di Pierre Viron, pag 234), detto che fu colui che assecondò il generale Alphonse Pierre Juin nelle abominevoli marocchinate in Ciociaria, traggo spunto da questa ricorrenza, per sfatare un altro falso mitico storico che riguarda il governo Vichy.
Petain fu il legittimo Capo del Governo perché eletto a grande maggioranza (500 voti a favore e 80 contrari) dal Parlamento francese che votò per l’Articolo unico che recitava così: “L’Assemblea nazionale conferisce i pieni poteri al governo della Repubblica, sotto l’autorità e la firma del Maresciallo Petain, con l’effetto di promulgare tramite uno o più atti una nuova costituzione dello Stato francese. Tale costituzione dovrà garantire i diritti del Lavoro, della Famiglia e della Patria. Essa sarà ratificata dalla nazione e applicata dalle Assemblee che avrà creato. La presente legge costituzionale, deliberata e adottata dall’Assemblea nazionale, sarà eseguita come legge dello Stato. Fatto a Vichy, il 10 luglio 1940.
Il Presidente della Repubblica: Albert Lebrun. Il Maresciallo di Francia, Presidente del Consiglio: Philippe Petain.
Appena eletto il Maresciallo Petain chiese conto ai responsabili politici francesi perché avessero voluto la guerra senza una adeguata preparazione, istituendo la Corte suprema di giustizia per individuare i responsabili politici della guerra e della successiva sconfitta. Egli era il legittimo rappresentante della Francia, eletto dall’assemblea francese e non nominato dopo un colpo di Stato come fu per Badoglio in Italia. Infatti, il governo francese non fu formato a seguito dell’armistizio, ma fu il governo di Petain che, dopo avere incassata la fiducia delle Camere e la nomina a Primo Ministro dal Presidente della Terza Repubblica francese Albert Lebrun, chiese l’armistizio alla Germania. La sede del governo ufficiale a Vichy, non fu scelta da Petain e tanto meno dai tedeschi, ma dal governo eletto dal Parlamento, in quanto Parigi era caduta nelle mani dell’esercito Tedesco. Mentre l’Inghilterra non riconobbe il governo Petain, esso ottenne il riconoscimento di gran parte degli Stati fra cui gli Stati Uniti d’America che, come molti altri Paesi del mondo, mantennero normali rapporti diplomatici fino all’ottobre del 1944 col governo di Vichy”. Per questa ragione Franklin Delano Roosevelt, proprio nel 1944, aveva affermato: “Quando l’America è entrata in guerra, l’unica Francia che conosco stava dalla parte dei tedeschi”. Egli si riferiva al governo di Petain che, nella sua libera determinazione, aveva deciso, dopo essere stato ripetutamente provocato dagli ex alleati inglesi, di collaborare con la Germania.
Chi definisce Petain un fantoccio di capo di Stato avrebbe fatto bene a studiare bene la Storia dalla quale avrebbe potuto comprendere la sua grandezza e quanti lutti e quanto disonore egli abbia risparmiato alla sua patria. Egli non potè esimersi dal compiere il suo dovere non abbandonando la Francia al suo destino come fu fatto in Italia “quando l’ignobile 8 di settembre abbandonò la patria al traditore”. Petain rimase al posto cui era stato chiamato dal Parlamento, mentre Charles de Gaulle, che era stato un giovane ufficiale cresciuto alla sua scuola, nominato sottosegretario della Difesa nazionale da Paul Reynaud, era fuggito a Londra dopo la disastrosa ritirata di Dunkerque. Egli creò in Inghilterra il movimento “Francia Libera” esortando i francesi in patria e nelle colonie a continuare la guerra a fianco degli Alleati contro la Germania e iniziare una guerra civile contro il governo legale del suo Paese che, ripetiamo, aveva ottenuto il riconoscimento ufficiale della comunità internazionale, salvo la Gran Bretagna. L’appello di De Gaulle non trovò inizialmente in Francia accoglienza favorevole e solo in seguito con il capovolgimento delle sorti della guerra, cominciò a svilupparsi una feroce guerra civile fratricida. Inizialmente il governo Petain aveva dichiarato la non belligeranza della Francia che aveva così potuto salvare la sua flotta con il benestare del Fuehrer. Hitler infatti aveva consentito che essa potesse riparare indenne nei porti sottoposti all’amministrazione del governo legittimo come Tolone e le colonie francesi, restando nella piena disponibilità di Paese neutrale con la sola condizione di non consegnarsi alle forze belligeranti, fossero quelle tedesche o quelle inglesi. A infrangere questa civile e cavalleresca clausola del trattato saranno gli inglesi per volontà del perfido ministro guerrafondaio Winston Churchill che fece pressione sull’Ammiraglio Darlan che era stato incaricato di eseguire i dettati dell’armistizio dalle parti firmatarie.
Il tentativo di impossessarsi della potente flotta francese ormai neutrale, distribuita in porti inglesi, francesi e nelle colonie del vasto impero coloniale francese, fu un atto di pirateria che interruppe ogni convenzione internazionale dando il là al crescendo di barbarie che si sarebbero succedute a seguire con la guerra psicologica dei bombardamenti a tappeto, la cosiddetta “area bombing” anch’essa d’ispirazione churchilliana. L’operazione fu denominata “Catapult” e durò dal 3 al 9 luglio 1940 iniziando con la flotta francese di stanza nel porto di Mers-el-Kebir in Algeria. Le navi erano alla fonda nel sicuro porto algerino, risparmiate dai tedeschi, quando furono proditoriamente attaccate il 3 luglio dagli ex alleati della Royal Navy nel corso di un’operazione aereo navale che costò la vita a 1.297 marinai francesi, come viene ancor oggi ricordato da una lapide nel memoriale di Tolone. L’ultimo attacco dell’operazione “Catapult” si svolse l’8 luglio quando fu la volta delle modernissime corazzate “Richelieu”, ritenuta la più potente del mondo, e “Jean Bart”, alla fonda rispettivamente nei porti di Dakar e Casablanca.
L’attacco ad uno stato neutrale quale era allora divenuta la Francia non potè che esasperare i rapporti fra gli ex alleati e portò la Francia di Vichy ad interrompere le relazioni diplomatiche con la Gran Bretagna.
Ci fu una seconda provocazione ad opera sempre di una squadra navale della Royal Navy che, il 22 settembre 1940, cannoneggiò la città di Dakar nel Senegal con l’intenzione di appoggiare lo sbarco delle truppe golliste di “liberazione” che furono invece respinte da una strenua difesa da parte delle truppe francesi del governo legittimo presieduto da Petain. Malgrado questi ripetuti attacchi, il regime di Vichy si astenne da decise azioni militari contro le provocazioni del Regno Unito e dei gollisti, limitandosi a una difesa passiva e considerandosi uno Stato neutrale fino all’11 Novembre 1942. In qualche caso la reazione del governo di Vichy fu energica ma in altre circostanze le navi francesi si arresero senza adottare l’estrema consegna dell’auto-affondamento che era stata concordata con i tedeschi e s’imponeva data la condizione di neutralità violata dagli inglesi. Questo fatto e la scarsa resistenza delle forze di Vichy agli attacchi anglo-americani (operazione Torch), culminata nell’occupazione del Marocco e dell’Algeria, allora protettorati francesi affidate al comando dell’Ammiraglio Darlan, provocarono contrasti fra il governo Petain e le autorità d’occupazione dell’Asse. Per decisione concorde dei comandi italo-tedeschi, giustificata da motivate ragioni di sicurezza, fu attuata l’immediata occupazione di tutto il territorio metropolitano francese non ancora occupato (operazione Anton). Mentre i tedeschi a nord oltrepassarono la linea di confine fissata dall’armistizio, gli italiani da Mentone avanzarono verso Nizza occupando la costa azzurra e, con i paracadutisti della Nembo, la Corsica, senza trovare resistenza. Per poco tempo le città natali di Garibaldi e Napoleone si erano ritrovate italiane. Tutta la Francia, fra I’11 e il 12 novembre, fu conquistata dalle truppe italo-tedesche. A nulla valsero le proteste del Maresciallo Petain, il quale aveva sempre mantenuto un comportamento rispettoso delle condizioni dell’armistizio, anche se non altrettanto potrebbe dirsi di tutte le autorità del suo governo. A Tolone l’impegno della marina militare francese di mantenere la flotta nella condizione di neutralità funzionò anche nei confronti dei tedeschi in quanto il 6 novembre, non appena le truppe tedesche occuparono i bacini portuali, gli equipaggi delle navi francesi diedero il via al piano di affondamento previsto dalle condizioni d’armistizio. Il governo di Petain godette del riconoscimento degli Stati Uniti e del Canada e di molti altri regimi fino al 23 ottobre 1944 che riconobbero ufficialmente da quella data il governo di De Gaulle dopo che, sino ad allora, avevano riconosciuto lo Stato di Petain come legittimo rappresentante della Francia.
Altro che governo fantasma in mano ad un “fantoccio”, quello del Generale Petain. Quel “fantoccio” aveva logorato, nel corso della Prima Guerra Mondiale, l’offensiva tedesca e forse aveva con questo determinato il suo esito vittorioso. Di fronte ad una sconfitta proclamata dopo il disastroso bilancio del governo del Fronte popolare di Leon Blum, che già nel 1936 sognava la guerra contro l’Italia, Petain ottenne dai tedeschi una pace onorevole, senza disarmo totale, conservando l’amministrazione francese sulla parte del territorio non ancora occupata, conservando alla Francia i possedimenti coloniali e non subendo l’umiliazione e la vergogna che ha ricevuto l’Italia consegnando la propria flotta al vincitore.
La consigliere provinciale di Futura di Trento, nella sua sperticata esternazione contro la legge che limita l’aborto in Polonia, sa di cosa parla? Certamente non è a conoscenza del fatto che il bambino fin dal suo concepimento è un essere umano in tutta la sua essenza, al quale servono mesi per sviluppare la sua forma, anni per crescere ed invecchiare, così come dimostra la tanto amata dai laici scienza. Non tiene in considerazione che il bambino nel grembo materno non è di proprietà della mamma e del papà che lo hanno concepito, ma un individuo unico, con gli stessi diritti di mamma e papà, ai quali spetta di amarlo o ripudiarlo, ma non di ucciderlo, nel nome di un “diritto” garantito a mamma e papà, ma negato al figlio, sol perché in un rapporto di forza perdente, dunque, di diritti in tal senso non ce ne sono, ma solo prevaricazione e violenza.
Il solito stanco, appesantito monologo recitato come un mantra, “politiche retrive, oppressive, (ricordo che per i bambini sono soppressive), patriarcali (miss Coppola avrà avuto un padre, un marito padre dei suoi figli?), sessiste (come la mettiamo con l’anti abortista Amy Coney Barrett la neo eletta giudice della Corte Suprema statunitense?)”. Sempre in merito al sessismo e relativo femminismo, sotto riporto un articolo pubblicato sul sito -https://www.provitaefamiglia.it/blog/donne-per-le-donne-contro-laborto-vere-femministe- , che sicuramente deve essere sfuggito alla consigliere provinciale di Futura Lucia Coppola.
“Le pioniere del femminismo in America, le prime donne a battersi per l’emancipazione femminile, non consideravano affatto l’aborto come un diritto né come una conquista necessaria all’emancipazione.
Il 5 febbraio 1868, su The Revolution , la Elisabeth Candy Stanton si riferiva all ‘“assassinio di bambini, prima o dopo la nascita” come un “male, sempre”.
Elizabeth Blackwell, la prima delle donne medico degli Stati Uniti, si è sempre schierata contro l’aborto: una “grossolana perversione”. Tanto da auspicare che mai si chiamassero con l’onorevole termine di “medico” quelle donne che facevano abortire altre donne: il “totale degrado” di ciò che potrebbe e dovrebbe diventare una professione nobile per le donne.
Un’altra femminista ante litteram, Susan B. Anthony, già scriveva lucidamente che l’aborto era un sistema per deresponsabilizzare gli uomini e la società rispetto a un problema – la gravidanza indesiderata – che veniva quindi a gravare tutto sulle spalle delle donne: e poi sono le donne che in definitiva commettono il gesto: «Sarà un peso sulla loro coscienza per tutta la vita: quando invece è tre volte più colpevole lui, che l’ha spinta alla disperazione, che l’ha spinta al crimine!»
L’aborto libero è nell’interesse degli uomini, non delle donne
E infatti, l’aborto è diventato il centro delle rivendicazioni femministe solo molto più tardi, quando degli uomini – sostenitori della rivoluzione sessuale – hanno cominciato a fare propaganda alla contraccezione e all’aborto: per “liberare” le donne, o per liberare dalla responsabilità gli uomini che aspiravano a una vita sessuale promiscua e spensierata?
La giornalista Sue Ellen Browder, in un saggio intitolato Subverted sottolinea come Lawrence Lader e Bernard Nathanson abbiano fondato il NARAL, ma senza il coinvolgimento del movimento femminista non avrebbero potuto ottenere niente. Dopo anni di tentativi, Lader ha convinto Betty Friedan a includere l’aborto nella sua piattaforma politica, nonostante il fatto che Friedan fosse inizialmente contraria all’aborto. E come convinse la Friedan che le donne avevano bisogno dell’aborto per essere veramente libere? Lo fece esagerando grossolanamente il numero di donne che abortivano clandestinamente e il numero di quelle che morivano per aborto clandestino.
A poco a poco, le donne si convinsero che erano i figli a impedir loro di raggiungere l’uguaglianza. Alle donne viene insegnato che la maternità non consente il raggiungimento di altri obiettivi, sogni o realizzazioni: se le donne volevano essere uguali agli uomini, dovevano negare la fondamentale e bella differenza biologica tra i due sessi. Dovevano rifiutare la vita ai loro figli.
Oggi, oltre il 70% delle donne che abortiscono dichiara di averlo fatto perché sotto pressione. La pressione arriva da fidanzati o mariti che minacciano di lasciarle, la pressione arriva da genitori che minacciano di cacciarle di casa, pressioni arrivano dalla società che le convincono che un figlio è un male: pressioni che riducono le donne alla solitudine interiore e alla disperazione.
L’aborto non significa uguaglianza. Non è sinonimo di libertà. L’aborto è oppressione. Donne come la Stanton, la Blackwell e la Anthony l’avevano capito già alla fine dell’ 800”.
Cara signora Lucia Coppola, se vuol essere davvero “rivoluzionaria”, sempre a fianco e difesa dei più deboli e dei loro diritti negati, si batta per i cuccioli di uomo, e lasci che il ventre di una donna rimanga un rifugio sacro, e non si trasformi in un altare sul quale consumare sacrifici umani.
Emilio Giuliana
Durante il periodo del confinamento obbligato, mi è capitato di intrattenermi davanti la televisione e seguire qualche programma. Naturalmente è bastato l'assaggio di qualche trasmissione pomeridiana, per tornare alle buone abitudini, tenere la televisione spenta! L'esperienza è stata poco gradevole, però finalmente ho capito dove trovano origine i modelli e i pensieri dell'uomo contemporaneo. Il costante susseguire di tette, culi e gambe scosciate messe in bella mostra mi hanno fatto riaffiorare dai meandri della memoria “letture” che spiegavano con largo anticipo come si sarebbe presentato l'odierno scenario. Strategie pianificate dentro i “Templi del Potere” (Trilateral, Bildeberg, Round Table, eccetera), gruppi extra governativi che decidono le politiche economiche, sociali e morali di buona parte del mondo, con un unico fine, abbattere l'eredità storica e culturale occidentale, retaggio di un mondo tradizionale, quello classico romano plasmato dal cristianesimo! Già all'inizio dell' 800' Thomas Robert Malthus scrisse che il modo migliore per controllare socialmente e demograficamente l'umanità è la diffusione del vizio e dell'immoralità. I nuovi Malthusiani stanno ora applicando tale dottrina su scala planetaria sotto l'insegna della rivoluzione sessuale.
La rivoluzione sessuale, che animalizza l'uomo, è la tecnica più insidiosa del perfido socialismo sinarchico! seduce con mezzi carezzevoli e blandi. Le masse spinte al dissolvimento morale avanzano cieche e impotenti verso la loro perdizione. La famiglia viene travolta senza che se ne accorga, se non corre ai ripari.
…..per giustificare, normalizzare comportamenti sessuali innaturali, sempre più spesso sentirete accostare periodi sociali e personaggi storici nobili ed importanti, a derive e degenerazioni sessuali, il mondo classico greco, piuttosto che romano, Alessandro Magno, Cesare, Leonardo da Vinci.
Trento: non si dica che ha vinto il centro sinistra, perché tutto indica che a perdere è stato il centro destra. Rispetto alle elezioni della precedente legislatura, in circostanze meno favorevoli, il già candidato sindaco del centro destra Claudio Cia riuscì a conquistare un punto percentuale in più rispetto al più facilitato Andrea Merler. Cia 31,03%, Merler 30,22%. Quando candidò Cia, il governo della provincia autonoma di Trento era tenuto saldamente dal centro sinistra, durante quest’ultima elezione elettorale che ha visto come protagonista in negativo Merler, la PAT era ed è governata dal centro destra. È evidente, che la sconfitta del centro destra non può avere come capro espiatorio il solo Andrea Merler, il quale certamente politicamente parlando è un pony bolso, perché al “pony” si è arrivati per volontà di struzzi e coccodrilli. Ciò premesso, le elezioni appena passate, hanno evidenziato il ridimensionamento di tutti i partiti e movimenti di centro destra, escluso Fratelli d’Italia. La Lega rispetto alla scorsa legislatura ha perso un consigliere comunale, e i consiglieri comunali eletti tranne un consigliere provinciale non hanno superato i 400 voti (va detto che il consigliere provinciale, l’unico della sua lista che ha ricevuto 400 preferenze, è stato ridimensionato rispetto alla sua penultima competizione elettorale). Le cause sono prevalentemente due, la prima è dovuta alla delusione della condotta della giunta provinciale a trazione Lega. Non sono stati mantenuti i punti del programma elettorale, vedi completamento quattro corsie Valsugana, completamento dell’autostrada PIRUBI, la seconda, l’incapacità di onorare le promesse preelettorali fatte dal segretario provinciale della Lega. Una profonda e grave mancanza di serietà. Forza Italia clinicamente morto per incapacità manifesta politica del proprio organizzatore politico locale, attento alle sirene sodomite e i capricci di Andrea Merler, che tanto in passato quest’ultimo lo ha bistrattato ed umiliato (vedi congresso PDL). Nella debacle generale, ne esce bene Fratelli d’Italia, ma se si analizza il dato con la lente d’ingrandimento, salta all’occhio il poco consenso in termini di preferenze dei candidati di lista, -una miseria-, dunque il momento fortunato è il risultato di spinte nazionali, sommato ad un ammirevole assalto alla baionetta di Francesca Gerosa e Francesco Barone, rispetto all’ininfluente, inconcludente, inutile, fortunato (la fortuna non dura in eterno) TOPOGIGIO. Ma tutti, ma proprio tutti, escluso nessuno, sono responsabili di fare propri meccanismi e proposte desuete, non più al passo con i tempi, ovvero quel nauseabondo e perdente continuo richiamo alla melassa moderazione autonomista, guarnito dall’immancabile antifascismo, quest’ultimo scalzato anche dai compagni. Tra tutte le regioni al voto, il centro destra ha vinto dove ha presentato candidati autorevoli ed autoritari, le Marche sono state strappate alla sinistra con un candidato presidente ritenuto fascista. Per contro, le regioni rimaste alla sinistra, sono quelle che hanno presentato candidati autorevoli, autoritari ideologizzati, così come a Trento con Ianeselli, autorevole, autoritario, ideologizzato. Bene ha fatto a salutare i suoi elettori così come si aspettavano, con il pugno chiuso! Ianeselli l’unico vero identitario, nei fatti non certo solo nelle parole. I “rabbì” che si strappano le vesti, preoccupati e preoccupando per l’elezione del compagno Ianeselli -perché trasformerà Trento nella città dei DIRITTI CIVILI- ricordo senza sè e senza ma, che a quei diritti (in)civili, frutti della stagione sessantottina, sono largamente, lungamente e con naturalezza abbracciati trasversalmente da chiunque. Divorzio, convivenza, matrimonio laico, aborto, accettazione dell’unioni civili (omosessuali), controllo delle nascite. Concludo con un’analisi sensata, l’unica che ho letto fino adesso, in merito alle appena passate elezioni comunali di Trento, che riporto a seguire, formulata e scritta da Marika Poletti:” Trovo stucchevole la polemica sul saluto a pugno chiuso del neo eletto Sindaco di Trento, Franco Ianeselli. La trovo stucchevole pur nella consapevolezza che se qualcuno avesse salutato in ben altro modo sarebbero sbarcati i caschi blu in Via Belenzani. La trovo stucchevole perché sono convinta che deve esistere una totale libertà di opinione e non possiamo esigerla per qualcuno e negarla ad altri. La trovo stucchevole perché al cittadino medio interessa come la nuova Amministrazione governerà il territorio e non strettamente il pensiero ideologico del Sindaco. La trovo stucchevole anche perché il curriculum politico/ideologico di Ianeselli era assolutamente palese e lo hanno votato ugualmente. Al massimo il pugno chiuso il cittadino glielo vorrà dare sul naso qualora di qui a qualche anno il Sindaco si dimostrerà attore protagonista della distruzione di Trento e del suo alto livello di vivibilità. Io (io) sono abituata a valutare le persone per le azioni e le capacità”. In ultimo, opportunamente parafrasando a tal proposito un pertinente pensiero di Seneca: "Niente c'invischia di più in mali peggiori che l'adeguarci al costume del volgo, ritenendo ottimo ciò che approva la maggioranza, e il copiare l'esempio dei molti, vivendo non secondo ragione ma secondo la corrente. Da qui questo enorme affollarsi di persone che rovinano le une sulle altre."
Emilio Giuliana
Troppo spesso si sente dire che il passato è il passato e che bisogna guardare avanti; pensiero condivisibile con il quale si può essere d’accordo, ma se un passato specifico, vedi il fascismo viene usato per irretire, ammutolire, eliminare tutti coloro che vanno contro il potere costituito, diventa necessario, vitale, una volta per tutte fare i conti con quel preciso periodo storico, perché ciò che viene raccontato a tal riguardo è discutibilissimo!
- Josef Stalin asserì che a volere la guerra furono Inghilterra e Francia e non la Germania e che furono Inghilterra e Francia ad attaccare la Germania <<Pravda, 30 novembre 1939>>.
- Benjamin Freedman uomo d'affari di successo (era il proprietario della Woodbury Soap Co.), ebreo di New York, patriota americano, che era stato membro della delegazione americana al Congresso di Versailles nel 1919, tenne, nel 1961, al “Willard Hotel di Washington” ad un'influente platea, riunita dal giornale americano Common Sense, un discorso nel quale disse chiaramente e senza possibilità di fraintendimenti che la II° Guerra mondiale fu voluta da Inghilterra, Francia, USA e URSS, ma non dalla Germania.
- Avvocato generale britannico, Sir Hartley Shawcross, conferenza di Stourbridge, 16 marzo 1984. "Passo per passo, sono giunto alla convinzione che le mire del comunismo in Europa sono sinistre e letali. Al processo di Norimberga, io e il mio collega russo, abbiamo condannato l'aggressione tedesca. Credo ora che Hitler e il popolo tedesco non hanno voluto la guerra. Ma noi, (inglesi) abbiamo dichiarato guerra alla Germania, con l'intento di distruggerla, in accordo col nostro principio di equilibrio del potere, e siamo stati incoraggiati dagli alieni americani vicini a Roosvelt. Abbiamo ignorato le suppliche di Hitler, che chiedeva di non entrare in guerra. Ora siamo obbligati a riconoscere che Hitler aveva ragione. Ci ha offerto la cooperazione della Germania: invece, dal 1945, abbiamo dovuto far fronte all'immenso potere dell'impero sovietico. Mi vergogno e mi sento umiliato nel vedere che gli obbiettivi per i quali Hitler è stato accusato, sono validi e perseguiti ora, solamente sotto un'etichetta differente."
Lenin ammise di “aver collocato la dittatura mondiale del proletariato e la rivoluzione mondiale al di sopra di ogni vittima nazionale” (Relazione del CC all’VIII° congresso del Partito Comunista Russo dei bolscevichi).
Dando seguito al pensiero di Lenin, nel 1924 venne creata l’Unione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche: l’URSS. La dichiarazione istitutiva dell’URSS proclamava che l’URSS rappresentava soltanto il primo decisivo sulla via della creazione della Repubblica Socialista Mondiale, in previsione del progressivo dilatarsi del numero di repubbliche membri dell’unione, che avrebbe infine conglobato il mondo intero dell’URSS. La dichiarazione istitutiva dell’URSS altro non era che un’aperta e diretta DICHIARAZIONE DI GUERRA AL RESTO DEL MONDO.
L’URSS per liberare il mondo dalla schiavitù della borghesia, intanto avrebbe dovuto “conquistare” l’Europa, ma per farlo avrebbe dovuto iniziare con “liberare” la Germania.
I sovietici ne erano coscienti, e si organizzarono in tal senso. Crearono centinaia di divisioni e massicci armamenti per combattere in Europa, non adatti in territorio russo, una guerra di aggressione.
Era pronto il nome dell’operazione di guerra e la data d’Inizio: “Operazione GROZA (Tempesta), 6 luglio 1941. Il generale d’armata S.P. Ivanov conferma questa data: “…Le truppe tedesche sono riuscite a anticiparci esattamente di due settimane” (Viktor Suvorov, Stalin, Hitler la rivoluzione bolscevica mondiale pag. 466).
“Ci preparavamo in tutto e per tutto a una guerra offensiva. E non fu colpa nostra se non fummo noi a effettuare l’aggressione” (Maggiore generale P.G. Grigorenko).
Ammiraglio di armata dell’Unione Sovietica N.G. Kuznecov (nel 1941 ammiraglio, Commissario del popolo della Marina militare dell’Urss, membro del CC, membro del Quartier Generale del Comando supremo fin dal momento della sua costituzione): “per me un fatto era certo, Stalin non solo non escludeva la possibilità di una guerra con la Germania di Hitler, ma anzi la considerava inevitabile. Stalin portava avanti la preparazione alla guerra -una preparazione estesa e diversificata- in base a scadenze da lui stesso fissate. Hitler scompigliò quei calcoli” (NAKANUNE, pag. 321)
Il capo dell’Accademia del Quartier Generale, generale d’armata S.I. Ivanov, ha scritto, assieme a un gruppo di eminenti storici sovietici, un’opera di ricerca scientifica sull’inizio della guerra. Ivanov non solo riconosce che Hitler li anticipò sferrando il suo attacco, ma addirittura quantifica l’anticipo: “il comando tedesco-fascista riuscì a battere sul tempo le nostre truppe esattamente nelle due ultime settimane prima della guerra” (Nacal’nyj period vojny, pag.212).
Nel 1968 la rivista VIZ, rivista di studi storici militari, organo del Ministero della Difesa dell’URSS, che non può essere pubblicata senza il visto del Ministro della Difesa e del Capo di Stato Maggiore (all’epoca i Marescialli dell’Unione Sovietica S.L. Sokolov e S.F. Achromeev). Quel numero di quella rivista spiegava che i preparativi di riserve di munizioni, di carburanti, viveri a ridosso dei confini servivano ad operazioni offensive. A pagina 34 della rivista in questione, c’è scritto, che “l’attacco tedesco mandò a l’aria i piani sovietici”.
“Proprio gli interessi della difesa esigono che l’Urss conduca vaste operazioni offensive sul territorio dei nemici, il che non è in alcun modo in contraddizione col carattere di una guerra difensiva”(Pravda, 9 agosto 1939).
Dunque, l’operazione Barbarossa, 22 giugno 1941, fu un passo obbligato, con la consapevolezza di una sconfitta certa, ma che avrebbe ritardato non solo l’occupazione della Germania, ma evitato -così come fu- l’occupazione di tutta l’Europa, così come pianificato da Stalin. La Germania non dichiarò guerra nessuno, dopo l’occupazione e la spartizione della Polonia fascista con l’Urss. Inghilterra e Francia dichiararono guerra alla Germania, ma non all’Urss. L’Urss occupò manu militari, parte della Finlandia, i Paesi Baltici, la Bessarabia e la Bucovina, ma ciò nonostante, Inghilterra e Francia non dichiararono guerra all’Urss. L’Urss, che secondo una strategia meticolosamente pianificata, in un primo momento aveva appoggiato la Germania, allo stesso tempo confabulava con Inghilterra e Francia, contro la Germania, e quando la Germania fu aggredita da Francia e Inghilterra a ovest dell’Europa, l’Urss avrebbe dovuto aprire il fronte dell’Est contro i tedeschi. Ma a quel punto, come asserito, spiegato e confermato da fonti sovietiche, Hitler anticipò di due settimane i russi, dando inizio alla Operazione Barbarossa, ridimensionando i piani di dominio europeo prima e mondiale dopo di Stalin!
Oggi più che mai, con l’avanzare della crisi economica e il conseguente impoverimento degli italiani, per tornare a condizione economiche dignitose si fa sempre più strada l’idea, che la soluzione al problema è il ritorno alla moneta lira dalla moneta euro. In parte, la maggioranza delle persone, ha percepito che la capitolazione economica è determinata dall’utilizzo che se ne fa della carta moneta, però i più non hanno compreso il meccanismo che disciplina e regolamentazione il conio e la stampa dei “soldi”. I soldi vengono creati da Banche private, oggi l’Euro dalla BCE, ieri la Lira dalla Banca d’Italia privata. Questo è l’inghippo, l’anomalia monetaria, non se europea o nazionale, no se Euro o Lira, ma le Banche private. Dunque è necessario, che sia essa la Lira o l’Euro, che siano Banche dello Stato a stampare soldi, così come sotto spiegato.
Dopo l’unità d’Italia, nel 1863 la lira carta non poté più essere cambiata in oro. Oltre ai conseguenti danni per il risparmio di tutte le popolazioni della penisola, da qui incominciò a nascere il «Debito Pubblico»: lo Stato, in pratica, per finanziarsi iniziò a chiedere carta moneta ad una banca privata (qual è la Banca d'Italia). Lo Stato, quindi, a causa del «genio» di Cavour e soci, cedette da allora la sua sovranità in campo monetario affidandola a dei privati, che non ne hanno alcun titolo (la sovranità per sua natura non è cedibile perché è del popolo e dello Stato che lo rappresenta). Settant’anni più tardi si cercò di porre rimedio alle scelte bancarie capestro operate dagli statisti risorgimentali. Nel gennaio del 1933, un regio decreto creò l’Istituto di Ricostruzione Industriale (IRI), con Beneduce alla presidenza e direttore generale Donato Menichella (1896-1984, ex-Bankitalia). Il 13 aprile 1934, le tre grandi banche trasferirono all’IRI l’intero loro patrimonio di partecipazioni industriali. L’IRI si trovò così a detenere il controllo del 94% di Comit e del Banco di Roma, nonché del 78% di Credito Italiano . In cambio dello sgravio dell’immane massa di crediti irrealizzabili – i titoli tossici di allora – i banchieri privati dovettero impegnarsi per iscritto a fare «investimenti di pronta liquidità, escluso ogni immobilizzo di carattere industriale, anche sotto forma di partecipazioni azionarie». Questa la disposizione della legge Glass-Steagal, finalizzata alla separazione del credito ordinario da quello della banca d’affari. I grandi privati si dimostrarono pronti a riprendersi le aziende “irizzate” risanate dalla gestione Beneduce-Menichella.
Nell’assegno in bianco – conosciuto come Armistizio Lungo – accettato, firmato il 29 settembre del 1943 dal maresciallo Badoglio per il Regno d’Italia, l’art. 33 è il più significativo, perché di fatto pretende l’abrogazione della sovranità monetaria. ”Il Governo italiano adempirà le istruzioni che le Nazioni Unite potranno impartire riguardo alla restituzione, consegna, servizi o pagamenti quale indennizzo (payments by reparation of war) e pagamento delle spese di occupazione”. Di conseguenza, nel 1945, persa la guerra, gli Americani richiesero l’abolizione dell’IRI e la sua privatizzazione, nell’intento di comprare le banche con i depositi trovati nelle banche stesse. La depredazione fu tuttavia rimandata a tempi migliori e a migliori “padri della patria”: Carlo A. Ciampi, Romano Prodi e Mario Draghi.
Nel 1981, il ministro del Tesoro, Nino Andreatta, firma un accordo con il governatore della Banca d’Italia, Carlo Azelio Ciampi, in base al quale si sancisce il diritto del nostro Istituto di Emissione a non sottoscrivere i titoli emessi dalla Stato italiano, obbligando il governo a darli in pasto al vorace mercato finanziario internazionale (in particolare Wall Street). Grazie a tale accordo la Banca d’Italia non può più essere il "prestatore di ultima istanza” dello Stato, cosicché il debito pubblico italiano dal 1981 è salito dal 57% del PIL all’attuale 134,8% (2018).
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Meglio la Monarchia o la repubblica? Purtroppo, tra gli italiani l’istituzione monarchica non gode di particolari simpatie, riluttanza che serpeggia anche in ambienti conservatori, dovuto al convincimento che Vittorio Emanuele III abbia tradito Mussolini. Ma in quel febbrile fine luglio del 1943 il Re tradì davvero Mussolini o lo salvò dalla congiura assassina da parte dei vertici militari?
Nella giornata del 2 e nella mattinata del 3 giugno 1946 si tenne in Italia il Referendum per scegliere la forma istituzionale dello Stato, cioè tra Repubblica e Monarchia.
Sconfitto il fascismo, ora bisognava cacciare la monarchia (una vendetta dovuta all’opposizione del Re contro la congiura ordita contro Mussolini?), e non sembrava facile farlo, in quanto la maggioranza degli italiani era attaccata alla vecchia istituzione.
Le settimane precedenti alla consultazioni si svolsero tra tensioni e incidenti gravissimi: il ministro dell’Interno, il socialista Giuseppe Romita, trovandosi a corto di uomini per le forze dell’ordine, pensò di inquadrare nella polizia ausiliari provenienti dalle bande partigiane comuniste del nord, i quali trattavano la popolazione, soprattutto quella del Sud, come un nemico. Furono soprannominate dal popolo “le guardie rosse di Romita”. 2 giugno 1946: Nenni disse “o repubblica o il caos”; gli fece eco il ministro comunista delle Finanze Scoccimarro in un comizio, che in caso di vittoria della monarchia a referendum i comunisti avrebbero scatenato la lotta armata; e tutto mentre Pertini chiedeva la fucilazione di re Umberto di Savoia.
Per chi ha cuore la storia, i retroscena della storia, in questo libro trova argomenti molto interessanti e ben documentati, inerenti al periodo che va tra la prima e la seconda guerra mondiale. Degno di nota, un aspetto a me sconosciuto, ovvero l’intercettazione di una telefonata tra Franklin Delano Roosevelt e Winston Churchill, nella quale essi decidettero la morte di Benito Mussolini.
La telefonata avvenne il 29 luglio 1943 e fu registrata dagli specialisti dello Amt IV del RSHA, (Reichssicherheitshauptamt, l’Ufficio Principale per la Sicurezza del Reich), uno degli otto Hauptàmter (uffici principali) in cui si suddivideva l'organizzazione degli SS. Fu Einrich Muller, nel 1945 capo della Gestapo, a rivelare l'esistenza delle intercettazioni.
La conversazione tra Roosevelt e Churchill, trascritta integralmente in inglese dagli agenti tedeschi, fu tradotta in lingua tedesca, con alcuni errori di ortografia. Negli Stati Uniti fu pubblicata nel 1995, da Gregory Douglas nel libro Gestapo Chief. The 1948 Interrogation of Heinrich Muller. From Secret US. Intelligence Files. Nella trascrizione originale, Roosevelt è indicato con R., Churchill con C.
R. "Ho alcuni pensieri supplementari sulla situazione italiana che ho voluto discutere con te Ho pensato alle nostre azioni concernenti Mussolini ed il suo destino finale, dopo che egli si sia arreso a noi "
C. "Tu devi catturare il pesce prima di cucinarlo. Non ho alcun dubbio che finirà nostro prigioniero a meno che, naturalmente, essi (gli italiani) lo uccidano o egli si sottragga alla sua esatta ricompensa suicidandosi "
R. "C’è anche la possibilità che i Nazisti possano giungere a lui, dov’è adesso?"
C. "Gli italiani ci hanno avvertito che lui è attualmente al quartier generale della polizia a Roma. Essi lo vogliono trasferire direttamente perché sembra che i tedeschi potrebbero improvvisamente decidere di rafforzare i loro effettivi in Italia e Roma diventerebbe il loro bersaglio logico. Essi (gli italiani) lo sposteranno. "
R. "Ma essi non lo vorranno mollare, e mi riferisco ai tedeschi? Per quale genere di quid pro quo?"
C. "Io penso di no. Gli italiani odiano i tedeschi ed il circolo reale è molto saldamente nella nostra tasca. Noi possiamo essere ragionevolmente certi che Mussolini finirà nostro prigioniero. "
R. "Sarebbe una mossa saggia, Winston? Saremmo costretti ad istruire una specie di mega processo che si potrebbe trascinare per mesi e, anche se lo controllassimo, ci arrecherebbe problemi con il popolo. E io devo osservare che molti italiani qui sono almeno suoi segreti ammiratori. Il che porterebbe problemi qui se noi lo processassimo. Naturalmente l’esito del processo non sarebbe mai in dubbio ed egli morirebbe appeso ad una corda. Ma nel frattempo, questi processi, e sto presumendo che noi avremmo un sacco di penosi amiconi anche disponibili per il processo e l’esecuzione, potrebbero trascinarsi all’infinito. Io posso prevedere vari aspetti negativi per questo affare. "
C. "Naturalmente ci sono aspetti negativi in ogni affare, Franklin. Allora ritieni che egli (Mussolini) non si debba processare? Cosa penserebbero i nostri amici in Italia della nostra malposta generosità? Io ho ottime relazioni con certi elementi in Italia e quanto all’uomo, essi vogliono l’umiliazione pubblica e la morte di Mussolini Sicuramente noi non siamo in un momento in cui qualche generosità è possibile. La sua morte avrebbe un salutare effetto sui nazisti. "
R. "Io non dissento da questa tesi, ma, dal mio proprio punto di vista, un processo pubblico potrebbe avere connotazioni negative sulla situazione in questo Paese. Come ti ho detto c'è qualche solidarietà con la creatura (Mussolini) all’interno della comunità italiana (negli Usa) e la domanda sarebbe che tipo di reazione avrebbe un tale processo su di essi? Io sto pensando essenzialmente alle prossime elezioni qui. Il processo certamente non finirebbe in una settimana e la chiusura coinciderebbe col periodo della presentazione delle candidature e, alla fine con le elezioni, ed il maggior pericolo sarebbe l'alienazione (delle simpatie ) degli italiani che hanno, io sento, un certo significativo peso nella bilancia (dei voti). "
C. "Non posso accettare che liberare Mussolini potrebbe favorire qualcuno dei nostri comuni scopi. A questo punto della storia, io credo che sia stato oltrepassato lo spartiacque ed è giunto per noi il momento adesso. Non ritengo che la guerra finirà subito, ma la percezione è che noi siamo sulla via Triumphalis ora, non sulla via Dolorosa come siamo stati per così tanto tempo. "
R. "Io non volevo dire che dovremmo rilasciare il diavolo. Niente affatto. Mi riferivo al processo pubblico. Se Mussolini morisse prima che un processo potesse aver luogo, penso che noi staremmo meglio in tutti i sensi "
C. "Tu suggerisci che noi semplicemente dobbiamo fucilarlo quando gli italiani lo consegneranno a noi? Quale tipo di Corte Marziale per quest’affare? Celebrato a porte chiuse naturalmente. Potrebbe avere un salutare effetto sui fascisti duri a morire ancora attivi e forse perfino un effetto più grande sugli hitleriani. "
R. "No. Ho pensato in proposito e credo che se Mussolini morisse mentre è ancora agli arresti in Italia, ciò potrebbe servirà assai più che se noi avviassimo un processo. "
C. "Non credo che anche se io chiedessi un simile favore agli italiani essi lo asseconderebbero. È mia convinzione che essi vogliano avere la loro vendetta su lui in un modo prolungato e pubblico per quanto è possibile. Tu sai quanto gli italiani amino urlare e gorgheggiare intorno alla vendetta nelle loro opere. Puoi immaginarti loro rinunciare all’opportunità di gesticolare e parlare in pubblico?"
R. "Io avevo in mente che, dopo che noi stessi avessimo trovato un accordo qui, potremmo eliminarlo mentre è ancora nella loro custodia. Allo stesso tempo potremmo fare pubbliche richieste per la sua consegna per un processo. Ciò sarebbe un po’ più dolce rispetto all’affare Darlan".
C. "Non posso, ma faccio un’obiezione a quell’allusione, Franklin. Quello è un capitolo chiuso e non ha niente a che vedere con il presente e la nostra gente non è per nulla interessata al destino ben giustificato di un noto leccapiedi dei nazisti”.
Gian Giacomo Cabella, direttore de "Il Popolo di Alessandria ", intervistò Benito Mussolini il 22 aprile 1945 a Milano. Tranquillo, il Duce parlò a lungo, ripercorrendo le tappe degli anni della guerra. Parlò come fosse certo che sarebbe dovuto comparire davanti a un tribunale internazionale.
"Ho qui delle tali prove di aver cercato con tutte le mie forze di impedire la guerra che mi permettono di essere perfettamente tranquillo e sereno sul giudizio dei posteri e sulle conclusioni della Storia". Nel dire "ho qui delle tali prove", indicò una grande borsa di cuoio. Mi sembra, delle tre, fosse quella di pelle gialla. Poi toccò una cassetta di legno. "Non so se Churchill è, come me, tranquillo e sereno" riprende Mussolini "ricordatevi bene: abbiamo spaventato il mondo dei grandi affaristi e dei grandi speculatori. Essi non hanno voluto che ci fosse data la possibilità di vivere. Se le vicende di questa guerra fossero state favorevoli all'Asse, io avrei proposto ai Fuhrer, a vittoria ottenuta, la socializzazione mondiale. Lavorerò anche in Valtellina. Cercherò che il mondo sappia la verità assoluta e non smentibile di come si sono svolti gli avvenimenti di questi cinque anni La verità è una ".
Andrea Benito Amilcare Mussolini era ignaro della sua sorte, ovvero la sua morte già decisa al telefono quasi due anni prima da Roosevelt e Churchill, o meglio dall’Alta finanza apolide ed internazionale, rappresentata da Roosevelt e Churchill.
Dall’unità d’Italia -1861- i cittadini aventi diritto al voto erano il 2%; nel 1882 il 6,9%, nel 1912 il 9,4%, nel 1919 il 34%. «Il fascismo ha distrutto la democrazia». Quale democrazia? La vecchia, corrotta e massonica Italia ottocentesca, riemersa in blocco, con gli stessi difetti e più o meno con gli stessi uomini, nel dopoguerra. Unità d’Italia voluta e pianificata a tavolino dall’aristocrazia e borghesia massonica britannica, la stessa che in considerazione degli storici rapporti tra Corona britannica e i Savoia, suggerirono, accompagnarono ed imposero il regime politico in grado di garantire la solidità del governo d’Italia. La condizione necessaria ad ottenere il consenso inglese sarebbe stata espressa, formulando l’auspicio che il Capo dell’Esecutivo, posta alla guida del nostro Paese, potesse attribuirsi facoltà decisionali, non compromesse non ritardate dal complesso iter legislativo del nostro Paese, spesso impercorribile, a causa delle eterne discordie in casa socialista e dei minacciosi propositi del neo Partito Comunista Italiano. Il che sarebbe avvenuto nella prospettiva che una rapida attuazione del programma politico italiano, avrebbe permesso all’Italia di svolgere fra l’altro il ruolo di “garante” degli interessi britannici nel Mediterraneo. Fra quest’ultimi, si annoverano i vantaggi derivanti dall’influenza che Londra avrebbe inteso esercitare sull’economia italiana, dipendente, come noto, dalla disponibilità dell’altrui petrolio. La scelta del leader idoneo alla guida dell’Italia doveva dunque essere subordinata alle esigenze delle Compagnie petrolifere inglesi, propense a sostenere la candidatura di un Capo del governo italiano che diventasse anche un loro buon cliente, guadagnando l’autorità sufficiente a privilegiare le forniture all’Italia del petrolio britannico. Tale pretesa che, negli auspici di Londra, permetteva di prevedere una buona penetrazione del mercato italiano dei prodotti petroliferi inglesi, avrebbe suggerito a Londra di adottare la prassi diplomatica d’oltremanica, non certo incline a scoraggiare eventuali svolte totalitarie nella conduzione politica del nostro Paese, qualora risultassero utili al consolidamento e allo sviluppo del rapporto commerciale anglo – italiano. Londra si sarebbe dunque espressa in favore della candidatura di un leader italiano, corrispondente al modello richiesto dalla ragion politica inglese. Secondo i calcoli britannici, il Capo del governo posto alla guida dell’Italia avrebbe dunque potuto assumere orientamenti totalitari, non tanto per risolvere i problemi interni, quanto per non porsi in contrasto con gli interessi inglesi. Questo significava, fra l’altro, che nell’ipotesi in cui gli interessi italiani fossero stati divergenti da quelli inglesi, la diplomazia britannica, tradizionalmente rappresentativa della democrazia parlamentare, avrebbe facilmente ravvisato gli estremi di una condotta antidemocratica del governo italiano, legittimo motivo di condanna sul piano politico. Si sarebbe così appreso (grazie anche al pensiero di Guy Debord, felicemente espresso nel suo indimenticato “la società dello spettacolo” in cui l’autore sostiene che: la democrazia non vive tanto dei propri meriti, ma sopravvive in virtù dei propri nemici) che una certa tecnica dei regimi democratici si sarebbe a tal punto perfezionata da ritenere indispensabile alla sopravvivenza della democrazia la creazione di un suo antagonista. In altri termini, i regimi democratici, o sedicenti tali, avrebbero spesso favorito la costituzione delle dittature laddove le ritenessero confacenti ai loro interessi politici ed economici, perché ogni azione da essi intrapresa per tutelare questi stessi interessi o ripristinarli, quando fossero stati lesi o rischiassero di essere compromessi, sarebbe stata democraticamente giustificata e magari degna del plauso popolare. Il leader considerato idoneo a guidare l’Italia, forse inconsapevole di essere stato prescelto fin dal 1914, avrebbe guadagnato popolarità grazie alle sue doti di comunicatore e ai mezzi finanziari messi a sua disposizione da Londra. L’illusione di poter agire nell’esclusivo interesse del popolo italiano e per il bene dell’Italia sarebbe stata fin troppo evidente in quella sorta di inedito vangelo, politico, culturale e forse anche religioso, che questo leader avrebbe concepito e redatto per darlo in uso alle italiche genti, proponendosi, forse con eccessiva presunzione, ideologo e profeta di una rinascita nazionale, le cui vie si sarebbero più tardi confuse tra i sinistri bagliori della guerra. A fare di costui un colpevole di turno avrebbero in larga misura contribuito tutti gli italiani che lo seguirono per poi ritenerlo responsabile della loro delusione. Non giovandogli certamente, nel bilancio della sua opera complessiva, l’imperdonabile errore di avere contratto un debito perpetuo con i Servizi Segreti inglesi.
Leggi tutto: 25 aprile, giorno della liberazione. Un frutto marcio che cascherà naturalmente.
Quando sentite parlare dell'OMS -organizzazione mondiale sanitaria- sappiate di cosa si parla, ma soprattutto cos'è!
Tra i finanziatori dell’Oms, “a fare la parte del leone è la creatura di Bill Gates: la Bill & Melinda Gates Foundation (che vanta un patrimonio da 40 miliardi di dollari) ha destinato all’Oms quasi 444 milioni nel 2016, di cui circa 221 vincolati e quasi 457 milioni nel 2017, di cui 213 vincolati a programmi specifici”. Risultando il secondo donatore singolo dopo il governo degli Stati Uniti e davanti al Regno Unito.
Bill Gates si è in particolare concentrato sulla somministrazione dei vaccini nei Paesi in via di sviluppo, soprattutto africani, affiancando all’impegno per l’Oms quello da finanziatore leader della Gavi Alliance, una partnership pubblico-privata emanazione della sua fondazione che non si limita a portare avanti la benemerita campagna delle vaccinazioni ma punta al tempo stesso a “plasmare” i mercati dell’immunizzazione nei Paesi oggetto d’intervento.
il senatore Gregorio De Falco, nonchè ufficiale militare, in quanto a impreparazione storica è disarmante.
Il generale Roatta non fu un gerarca fascista ma un ufficiale del regio esercito. Il generale Roatta può aver detto ed affermato di tutto e di più – per altro asserzioni non corroborate da documenti – il quale potrebbe sì essere stato un cattivo italiano, ma non certo ascrivibile a un cattivissimo fascista. Fu Roatta a firmare la circolare op. 44, elaborata per le Forze Armate sin dalla fine di agosto dal generale Ambrosio e dallo Stato maggiore dell'esercito e posta a conoscenza dei Comandanti di armata tra il 2 e il 5 settembre 1943. In tale circolare si ordinava “di interrompere a qualunque costo, anche con attacchi in forze ai reparti armati di protezione, le ferrovie e le principali rotabili alpine” e di “agire con grandi unità o raggruppamenti mobili contro le truppe tedesche”. La circolare op. 44 ne ricalcava una del precedente 10 agosto, ma la sua attuazione era condizionata ad ordini successivi. Inoltre, il documento cartaceo della circolare op. 44 doveva essere distrutto col fuoco immediatamente dopo la notifica.
Roatta non aderì mai al fascismo tant’è che non scelse la Repubblica Sociale di Salò, ma lasciò Roma, accodandosi al convoglio di autovetture con a bordo Vittorio Emanuele III e la sua famiglia, il Primo Ministro Maresciallo Badoglio, il Capo di Stato maggiore Ambrosio e i ministri militari, diretto alla volta di Pescara, per poi imbarcarsi a Ortona sulla corvetta Baionetta, che portò tutti nelle retrovie alleate del sud Italia.
Dopo la guerra Il generale Roatta fu condannato all'ergastolo in primo grado in contumacia. Al termine dell'iter giudiziario fu prosciolto e la sentenza annullata dalla Corte di cassazione nel 1948.
Per quanto riguarda la mancata difesa di Roma, fu assolto da ogni accusa il 19 febbraio 1949, mentre non fu dato corso all'estradizione richiesta dal governo jugoslavo in quanto poté giovarsi della cosiddetta "amnistia Togliatti" intervenuta il 22 giugno 1946, e di quella definitiva del 18 settembre 1953 proposta dal guardasigilli Antonio Azara per tutti i reati politici commessi entro il 18 giugno 1948.
Roatta morì a Roma il 6 gennaio 1968.
Nei Balcani gli italiani si comportarono da soldati esemplari.
Intervista di Giorgio Pisanò rilasciata dal generale dei Carabinieri Guseppe Pieche, pubblicata su “Gente” n°17. Il generale Pieche contattato da un ebreo fiumano, tale Gaddo Glass, chiese al militare di intervenire a favore di circa 3 mila ebrei di nazionalità jugoslava, rinchiusi presso a porto Re presso Buccari. Questi erano in attesa d’essere consegnati ai tedeschi. Pieche, chiese al generale Roatta, che comandava la seconda armata con sede a Susak, di perorare la causa presso il Comando Supremo. Alcuni giorni dopo giunse l’ordine di mettere i 3 mila ebrei a disposizione del Comando Italiano: essi, cioè, non passavano più ai tedeschi ed erano salvi. Gaddo Glass a Milano, partecipò alla cerimonia per la consegna della medaglia d’oro di cui la comunità ebraica volle insignire a Giuseppe Pieche.
Disse Claude Ferrere, a proposito dell’uccisione di Benito Mussolini e dell’animalesco ludibrio di Piazzale Loreto, che «Alcuni italiani si sono vendicati di un Capo troppo grande per loro, le cui stesse benemerenze apparivano troppo gravose. E tutti i governanti d’Europa, anche se non osarono approvare apertamente, gioirono in segreto. Dinanzi a quell’uomo erano afflitti da un complesso di inferiorità insopportabile, come era accaduto tempo prima con Napoleone. Duemila anni prima per le stesse ragioni era stato ucciso Giulio Cesare».
Leggi razziali 1938
È la storiografia di parte israeliana che conferma quanto di seguito riportato. Basterebbe leggere la requisitoria del Procuratore Generale di Tel Aviv al processo contro Adolf Eichman nel 1960, o quel bel libro di Shelah Menachem significativamente intitolato: «Un debito di riconoscenza», e comunque scorrere tutta la letteratura storica israeliana o di altri Autori ebrei di altri Paesi per trovare conferma di tale dato inoppugnabile della verità.
È significativa l’espressione quasi plastica dello storico ebreo Léon Poliakov il quale nei suoi studi parla di quel famoso “schermo” o “scudo protettore” che immediatamente veniva calato a difesa degli ebrei in ogni luogo dove giungevano le Forze Armate italiane il cui primo provvedimento era quello della dichiarazione di inefficacia di ogni decisione tedesca adottata in pregiudizio degli ebrei.
Lo stesso Giorgio Bocca, nel suo libro « Il filo nero », riferisce che in Francia (dove lui era in servizio militare con il grado di Sottotenente) quando le Forze Armate italiane iniziavano a ritirarsi dai territori occupati, avevano al seguito una quantità indicibile di ebrei francesi che volontariamente seguivano i Militari italiani ben sapendo che solo da essi avrebbero continuato ad avere protezione.
La storiografia di parte ebraica in argomento è sterminata e tutta convergente nel confermare quale fu, al di là delle leggi razziali, l’azione dei Comandi fascisti in Italia o nei territori occupati dalle Forze Armate italiane.
di don Ugolino Giugni
Molto è stato scritto, in passato, sul beato Simonino da Trento e ancora oggi, malgrado la “soppressione” del suo culto egli è al centro dell’interesse degli studiosi. Nel 2007 fece molto scalpore il libro “Pasque di Sangue” di Ariel Toaff, figlio del gran rabbino di Roma Elio, nel quale l’autore affrontava scientificamente e storicamente la questione della “cultura del sangue” nelle tradizioni e credenze popolari ebraiche nel medioevo. Questa “accusa del sangue”, secondo Toaff, emerge proprio dai verbali dei processi per l’accusa di “omicidio rituale” (di cui proprio quello di Trento del 1475 riguardante il beato Simonino è uno dei più famosi), contro gli ebrei ashkenaziti trentini.
È molto interessante quanto scrive Toaff per spiegare il suo metodo di ricerca, poichè egli non può essere certamente accusato di essere di parte e antisemita: «voglio precisare che nella mia ricerca ho inteso principalmente indagare sul ruolo occupato dalla cosiddetta “cultura del sangue” nel mondo ebraico di lingua tedesca, come nella società circostante. Un ruolo polivalente, terapeutico, magico, scaramantico, alchemico, che prescindeva dal severo, divieto biblico e rabbinico relativo al consumo del sangue. In sostanza, mi sono proposto di verificare come, anche su questo punto, la prassi, modellata dalle influenze esterne, avesse modificato la norma e quali ne fossero state le conseguenze, impreviste o prevedibili, nell’ambito dell’aperto e aspro confronto con le comunità dei cristiani.
In altre parole, intendevo ricostruire restituendo loro vita e spessore, le credenze popolari dell’ebraismo ashkenazita medioevale, un mondo sotterraneo, imbevuto di superstizione e di magia e animato da viscerali sentimenti anti-cristiani. Un mondo che, più o meno intenzionalmente, è stato coperto dall’oblio, almeno fino ai tempi recenti. Il processo di Trento per l’infanticidio di Simonino (1475) e la sua ampia documentazione mi hanno fornito la possibilità di esaminare in dettaglio le confessioni degli imputati. Mi sono chiesto quindi se in esse, pur tenendo conto che erano state estorte con la tortura [metodo comune a tutti i processi, anche quelli civili… a quell’epoca, n.d.r.] si potessero riscontrare elementi riconducibili alla mentalità, alle tradizioni e ai riti particolari di quegli ebrei per quanto concerneva sia la vita quotidiana sia la celebrazione delle festività, e in particolare la Pasqua. Sulla base di significativi riscontri e verifiche incrociate con le fonti ebraiche sono giunto alla conclusione che vi siano solidi elementi per ipotizzare che un uso magico e simbolico del sangue, essiccato e ridotto in polvere, fosse divenuto con il tempo, a dispetto dell’opposizione dei rabbini, parte integrante di riti e liturgie particolari nell’ambito della celebrazione della Pasqua ebraica.
L’immagine emersa da una documentazione ebraica rilevante, di recente pubblicata da Israel Yuval, trova conferma nel quadro che sull’argomento ci viene disegnato dagli imputati di Trento, indicando chiaramente che esso caratterizzava in particolare gruppi estremisti ashkenaziti. Questi, che facevano parte di un ebraismo tedesco reduce dai traumi delle crociate, dai massacri e dai battesimi forzati, esprimevano nel corso della cena pasquale la loro risoluta avversione al cristianesimo nel cosiddetto “rituale delle maledizioni”. Secondo la mia ipotesi, che ritengo suffragata da indizi significativi, questi anatemi sacralizzati acquistavano una terribile valenza magica quando simbolicamente qualche granello di sangue cristiano in polvere veniva sciolto nel vino, trasformandolo nel sangue di Edom, il cristianesimo, l’irriducibile persecutore cui le maledizioni erano indirizzate» (1).
Toaff fa notare come il bambino ucciso sia identificato, in maniera commovente per un cristiano, con lo stesso Nostro Signore Gesù Cristo: «“Tu sei crocefisso e trafitto come Gesù l’appeso, in ignominia e vergogna come Gesù”. Per i partecipanti al rito sembra che l’infante cristiano avesse perduto la sua identità (se mai l’aveva posseduta ai loro occhi) e si fosse trasformato in Gesù “crocifisso e appeso”» (2). Quanto affermato qui da Toaff sembra smentire quella “evidente mancanza assoluta di prove” che Gemma Volli invocava nel 1963, all’alba dei tempi nuovi del Concilio Vaticano II, nell’opuscoletto di sedici pagine (3) che ella scrisse per chiedere la revisione dei processi trentini e la soppressione del culto di Simonino.
La storia è nota, la revisione invocata arrivò con il Concilio, e grazie ad un insignificante articolo di W. P. Eckert op. (4), nel 1965 il vescovo di Trento Gottardi fu solerte a sopprimere il culto di Simonino e occultarne le reliquie per cancellarne per sempre, se ciò fosse stato possibile, la memoria.
Questo nuovo libro vuole far conoscere la vera storia di Simonino come l’ha insegnata e creduta Santa Madre Chiesa prima dei “tempi nuovi del Vaticano II”, e vuole ricordare ai cattolici quello che ci sembra essere un punto fondamentale della questione, e che si è sempre cercato di far passare in secondo piano; il fatto cioè che nel caso del culto di San Simonino è in gioco l’autorità stessa e la credibilità della Chiesa. Essa infatti è infallibile nella canonizzazione dei suoi santi, per cui non è possibile che approvi un culto che si rivelerebbe in seguito falso e necessiti di essere soppresso.
Certo la beatificazione, in quanto atto non definitivo e limitato ad un culto locale che non obbliga tutta la Chiesa, non è ancora infallibile; ma è opinione comune dei teologi che sia quanto meno temerario sostenere che vi possa essere errore in un tale giudizio. Inoltre nel nostro caso bisogna considerare il fatto che nel 1584 il nome di Simonino fu inserito nel martirologio romano da Papa Gregorio XIII, col titolo di Santo e che nel 1588 Papa Sisto V concesse per la diocesi di Trento Messa e Officio proprio del Beato Simonino. In seguito con la Bolla Beatus Andreas del 22 febbraio 1755 Papa Benedetto XIV, riconobbe nuovamente il culto prestato a san Simonino affermando che “fu crudelmente messo a morte in odio alla fede”, culto confermato da innumerevoli miracoli.
La bolla di Papa Lambertini (Benedetto XIV) ha un valore particolare, in quanto essa esamina a fondo i casi strettamente collegati del martirio di Andrea da Rinn e Simone di Trento, ed è a tutti nota la somma autorità del Lambertini in materia di canonizzazione di Santi. È da notare che il popolo di Trento ha sempre venerato con un culto pubblico e solenne il suo piccolo patrono fino al 1965. Se ci si pone in questa prospettiva cattolica, non c’è posto, nella questione del culto a Simonino, per il cosiddetto “antisemitismo” col quale, in maniera strumentale, si pretende accusare i cattolici che venerano San Simonino.
Il libro è diviso in due parti affinché il lettore possa farsi un’idea precisa della storia e dello stato del culto di Simonino prima e dopo il Concilio. La prima parte è la ristampa anastatica di un libro degli anni trenta del secolo scorso che racconta abbastanza dettagliatamente la storia del bimbo trentino, il suo martirio e i processi che ne seguirono. L’autore (Cives in latino cioè cittadino) si basa soprattutto sull’opera del Divina (5) parroco di S. Pietro all’inizio del secolo, chiesa in cui venivano custodite le reliquie del beato fino alla soppressione del culto.
Nella seconda parte (appendice) curata dal “Comitato san Simonino” sono raccolti una serie di documenti importanti a testimonianza del culto che la Chiesa ha reso per secoli al piccolo beato. Sono presenti i testi della liturgia tratti dal Messale, dal Breviario e del Martirologio, i documenti del Magistero, e anche il decreto di soppressione del culto del vescovo Gottardi. Molto interessanti sono le immagini, a testimonianza del culto, che si trovano in molte chiese del Trentino e della val Camonica (BS) nonché alcune foto delle processioni nella città di Trento.
Civis, La vera storia del Beato Simonino da Trento Innocente e Martire e del suo culto, Comitato San Simonino, Trento 2013, 100 pag. euro 12,00.
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Note
1) Ariel Toaff, Pasque di sangue. Ebrei d’Europa e omicidi rituali, Il Mulino Bologna 2007, Postfazione, pagg. 364-365.
2) Ariel Toaff, Pasque di sangue…, op.cit., p. 196)
3) Gemma Volli, I “processi tridentini” e il culto del Beato Simone da Trento, La nuova Italia, Firenze 1963. Significativo dei tempi nuovi, è quanto scritto in nota a chiusura del libro: «questo scritto viene pubblicato dopo che il cardinale Bea, il 19 novembre, ha tenuto al Concilio un discorso che rovescia l’atteggiamento ancora tradizionale della Chiesa nei confronti degli ebrei e che, insieme con il discorso sulla libertà di religione, fa compiere ci sembra un passo decisivo per l’insegnamento della Chiesa nell’epoca moderna. Tale atteggiamento della Chiesa dovrebbe peraltro trovare immediata ripercussione anche in casi palesi di culti e glorificazioni che nulla hanno a che fare con la verità e con lo spirito dei tempi nuovi come è appunto il caso trattato da questo articolo, caso che dimostra quanto necessaria sia la nuova posizione della Chiesa e quanto pervicaci i modi medievali di intendere il cristianesimo (n.d.r.)» (pag. 16).
4) W. P. Eckert op. Il beato Simonino negli “atti” del processo di Trento contro gli ebrei, Temi tipografia editrice, Trento 1965.
5) Mons. Giuseppe Divina, Il Beato Simone da Trento, Tip. Artigianelli D. F. D. M. – Trento, 1902.
Quelle Pasque di Sangue (Corriere della Sera, 6 febbraio, 2007)
Il fondamentalismo ebraico nelle tenebre del Medioevo
Sergio Luzzatto
Trento, 23 marzo 1475. Vigilia di Pesach, la Pasqua ebraica. Nell'abitazione-sinagoga di un israelita di origine tedesca, il prestatore di denaro Samuele da Norimberga, viene rinvenuto il corpo martoriato di un bimbo cristiano : Simonino, due anni, figlio di un modesto conciapelli. La città è sotto choc. Unica consolazione, l'indagine procede spedita. Secondo gli inquirenti, hanno partecipato al rapimento e all'uccisione del «putto» gli uomini più in vista della comunità ebraica locale, coinvolgendo poi anche le donne in un macabro rituale di crocifissione e di oltraggio del cadavere. Perfino Mosé «il Vecchio», l'ebreo più rispettato di Trento, si è fatto beffe del corpo appeso di Simonino, come per deridere una rinnovata passione di Cristo. Incarcerati nel castello del Buonconsiglio e sottoposti a tortura, gli ebrei si confessano responsabili dell'orrendo delitto. Allora, rispettando il copione di analoghe punizioni esemplari, i colpevoli vengono condannati a morte e Il resto del siclo / 24 / Primavera de 2007 / 1 — 13 — giustiziati sulla pubblica piazza. Durante troppi secoli dell'era cristiana, dal Medioevo fino all'Ottocento, gli ebrei si sono sentiti accusare di infanticidio rituale, perché quelle accuse non abbiano finito con l'apparire alla coscienza moderna niente più che il parto di un antisemitismo ossessivo, virulento, feroce. Unicamente la tortura - si è pensato - poteva spingere tranquilli capifamiglia israeliti a confessare di avere ucciso bambini dei gentili : facendo seguire all'omicidio non soltanto la crocifissione delle vittime, ma addirittura pratiche di cannibalismo rituale, cioè il consumo del giovane sangue cristiano a scopi magici o terapeutici. Impossibile credere seriamente che la Pasqua ebraica, che commemora l'esodo degli ebrei dalla cattività d'Egitto celebrando la loro libertà e promettendo la loro redenzione, venisse innaffiata con il sangue di un goi katan, un «piccolo cristiano» ! Più che mai, dopo la tragedia della Shoah, è comprensibile che l'«accusa del sangue» sia divenuta un tabù. O piuttosto, che sia apparsa come la miglior prova non già della perfidia degli imputati, ma del razzismo dei giudici. Così, al giorno d'oggi, soltanto un gesto di inaudito coraggio intellettuale poteva consentire di riaprire l'intero dossier, sulla base di una domanda altrettanto precisa che delicata : quando si evoca tutto questo - le crocifissioni di infanti alla vigilia di Pesach, l'uso di sangue cristiano quale ingrediente del pane azzimo consumato nella festa - si parla di miti, cioè di antiche credenze e ideologie, oppure si parla di riti, cioè di eventi reali e addirittura prescritti dai rabbini ? Il gesto di coraggio è stato adesso compiuto. L'inquietante domanda è stata posta alle fonti dell'epoca, da uno storico perfettamente attrezzato per farlo : un esperto della cultura alimentare degli ebrei, tra precetti religiosi e abitudini gastronomiche, oltreché della vicenda intrecciata dell'immaginario ebraico e di quello antisemita. Italiano, ma da anni docente di storia medievale in Israele, Ariel Toaff manda in libreria per il Mulino un volume forte e grave sin dal titolo, Pasque di sangue. Magnifico libro di storia, questo è uno studio troppo serio e meritorio perché se ne strillino le qualità come a una bancarella del mercato. Tuttavia, va pur detto che Pasque di sangue propone una tesi originale e, in qualche modo, sconvolgente. Sostiene Toaff che dal 1100 al 1500 circa, nell'epoca compresa tra la prima crociata e l'autunno del Medioevo, alcune crocifissioni di «putti» cristiani - o forse molte - avvennero davvero, salvo dare luogo alla rappresaglia contro intere comunità ebraiche, al massacro punitivo di uomini, donne, bambini. Né a Trento nel 1475, né altrove nell'Europa tardomedievale, gli ebrei furono vittime sempre e comunque innocenti. In una vasta area geografica di lingua tedesca compresa fra il Reno, il Danubio e l'Adige, una minoranza di ashkenaziti fondamentalisti compì veramente, e più volte, sacrifici umani. Muovendosi con straordinaria perizia sui terreni della storia, della teologia, dell' antropologia, Toaff illustra la centralità del sangue nella celebrazione della Pasqua ebraica: il sangue dell'agnello, che celebrava l' affrancamento dalla schiavitù d'Egitto, ma anche il sangue del prepuzio, proveniente dalla circoncisione dei neonati maschi d'Israele. Era sangue che un passo biblico diceva versato per la prima volta proprio nell'Esodo, dal figlio di Mosè, e che certa tradizione ortodossa considerava tutt' uno con il sangue di Isacco che Abramo era stato pronto a sacrificare. Perciò, nella cena rituale di Pesach, il pane delle azzime solenni andava impastato con sangue in polvere, mentre altro sangue secco andava sciolto nel vino prima di recitare le dieci maledizioni d'Egitto. Quale sangue poteva riuscire più adatto allo scopo che quello di un bambino cristiano ucciso per l'occasione, si chiesero i più fanatici tra gli ebrei studiati da Toaff ? Ecco il sangue di un nuovo Agnus Dei da consumare a scopo augurale, così da precipitare la rovina dei persecutori, maledetti seguaci di una fede falsa e bugiarda. Sangue novello, buono a vendicare i terribili gesti di disperazione - gli infanticidi, i suicidi collettivi - cui gli ebrei dell'area tedesca erano stati troppe volte costretti dall'odiosa pratica dei battesimi forzati, che la progenie d'Israele si vedeva imposti nel nome di Gesù Cristo. Oltreché questo valore sacrificale, il sangue in polvere (umano o animale) aveva per gli ebrei le più varie funzioni terapeutiche, al punto da indurli a sfidare, con il consenso dei rabbini, il divieto biblico di ingerirlo in qualsiasi forma. Secondo i dettami di una Cabbalah pratica tramandata per secoli, il sangue valeva a placare le crisi epilettiche, a stimolare il desiderio sessuale, ma principalmente serviva come potente emostatico. Conteneva le emorragie mestruali. Arrestava le epistassi nasali. Soprattutto rimarginava istantaneamente, nei neonati, la ferita della circoncisione. Da qui, nel Quattrocento, un mercato nero su entrambi i versanti delle Alpi, un andirivieni di ebrei venditori di sangue umano : con le loro borse di pelle dal fondo stagnato, e con tanto di certificazione rabbinica del prodotto, sangue kasher... Risale a vent'anni fa un libretto del compianto Piero Camporesi, Il sugo della vita (Garzanti), dedicato al simbolismo e alla magia del sangue nella civiltà materiale cristiana. Vi erano illustrati i modi in cui i cattolici italiani del Medioevo e dell'età moderna riciclarono sangue a scopi terapeutici o negromantici : come il sangue glorioso delle mistiche, da aggiungere alla polvere di crani degli impiccati, al distillato dai corpi dei suicidi, al grasso di carne umana, entro il calderone di portenti della medicina popolare. Con le loro «pasque di sangue», i fondamentalisti dell'ebraismo ashkenazita offrirono la propria Il resto del siclo / 24 / Primavera de 2007 / 1 — 14 — interpretazione - disperata e feroce - di un analogo genere di pratiche. Ma ne pagarono un prezzo enormemente più caro. * * * Il tema del libro Esce in libreria dopodomani, giovedì 8 febbraio, il libro di Ariel Toaff «Pasque di sangue. Ebrei d' Europa e omicidi rituali» (pp. 364, 25), edito dal Mulino Il saggio affronta il tema dell' accusa, rivolta per secoli agli ebrei, di rapire e uccidere bimbi cristiani per utilizzarne il sangue nei riti pasquali * * * Il caso di Trento Nel 1745 il piccolo Simone venne trovato morto a Trento Per il suo omicidio furono giustiziati 15 ebrei Fino al 1965 Simone fu venerato come beato * * * Uno storico del giudaismo Ariel Toaff, figlio dell'ex rabbino capo di Roma Elio Toaff, insegna Storia del Medioevo e del Rinascimento presso la Bar-Ilan University in Israele Tra le sue opere edite dal Mulino: «Il vino e la carne. Una comunità ebraica nel Medioevo» (1989), «Mostri giudei. L' immaginario ebraico dal Medioevo alla prima età moderna» (1996), «Mangiare alla giudia. La cucina ebraica in Italia dal Rinascimento all' età moderna» (2000)
Corriere della Sera, 6 febbraio, 2007
<<Il Gip di Siena ha respinto l'istanza di sequestro del profilo su Twitter del docente universitario Emanuele Castrucci, ritenendo che il tweet in cui si elogiava il cancelliere tedesco è "solo una rilettura storica e apologetica della figura di Hitler">>.
Il primo provvedimento con cui il legislatore italiano ha stigmatizzato le condotte discriminatorie è costituito dalla c.d. legge Scelba (n. 645/52)1 – successivamente modificata dalla c.d. legge Reale (n. 152/1975) - con cui, invero, si è attribuito un rilievo solo mediato al fattore razziale, riconoscendo quale fulcro della tutela precipuamente la tranquillità sociale, come lascia anche intuire il titolo della novella "disposizioni a tutela dell'ordine pubblico". E’ solo con la L. n. 654/1975, esecutiva della Convenzione di New York delle Nazioni Unite sulla eliminazione di tutte le forme di discriminazione razziale e le modifiche introdotte con le leggi n. 205/1993 (c.d. legge Mancino) e n. 85/2006 (in materia di reati di opinione) che la discriminazione diventa per il diritto interno fatto ex se penalmente rilevante. Infatti è con l’ art. 3, 1° comma, lett. a) della L. 13 ottobre 1975, n. 654 che viene statuito che «salvo che il fatto costituisca più grave reato, anche ai fini dell’attuazione della disposizione dell’art. 4 della Convenzione, è punito con la reclusione fino ad un anno e sei mesi o con la multa fino a 6.000 euro chi propaganda idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico, ovvero istiga a commettere o commette atti di discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi». Tuttavia, la norma italiana si riferisce in via esclusiva agli atti di discriminazione compiuti per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi, senza menzionare gli atti discriminatori compiuti per motivi politici, anche se quest’ultimi sono espressamente citati, riconosciuti e garantiti dai più importanti atti internazionali a tutela dei diritti umani.
In ogni caso le leggi italiane che disciplinano il “razzismo” sono da ritenersi incostituzionali per violazione del principio di legalità, per la sua assoluta indeterminatezza in quanto non specifica quando si è in presenza o meno di “idee fondate sulla superiorità o sull’odio razziale o etnico” e quindi quali siano le condotte che assumono rilevanza penale. Peraltro, neppure vengono specificati quali siano gli atti di “discriminazione per motivi razziali, etnici, nazionali o religiosi” e, specificamente, cosa si intenda per “discriminazione”: discriminare significa infatti, nella lingua italiana, semplicemente distinguere che è presupposto fondamentale del pensiero logico. La fattispecie penale è descritta in un modo talmente vago da poter essere applicata a condotte diversissime ed indefinite con l’effetto di poter giungere a conclusioni aberranti. Così, paradossalmente, potrebbe essere interpretato come condotta discriminatoria il “tifo” per la propria nazionale, laddove si esaltassero anche solo le caratteristiche positive della propria nazionale e non necessariamente si disprezzassero quelle negative dell’altrui. Seppur, tale affermazione possa apparire esagerata, non lo è affatto, poiché siffatte paradossali conclusioni, sono legittimate proprio dall’irragionevole testo della norma e, ancor più, da bizzarri orientamenti giurisprudenziali che addirittura teorizzano un’improbabile razzismo implicito o differenzialismo culturale. E’ dunque necessario eliminare questo strumento di repressione creato appositamente per eliminare l’avversario politico e specificamente coloro che difendono gli interessi della Comunità nazionale, perché se non abrogata verrebbe dunque messa al bando la possibilità di manifestare e di sostenere qualsivoglia politica di matrice nazionale e tradizionale trovando così protezione da parte dell’ordinamento solo quelle ideologie di ispirazione internazionalista e mondialista. Fortunatamente vi è anche una giurisprudenza illuminata (Corte di Cassazione Sez. III, sentenza sub n. 13234 d.d. 28.03.2008 2008 e sub 37581 d.d. 07.05.2008) che si oppone a tutto questo respingendo l’inedita teoria del razzismo implicito; e nel tentativo di salvare la norma dalle eccezioni di incostituzionalità si avvede della necessità di definire quantomeno, il concetto e la nozione di “razzismo” ravvisandolo solo qualora si è in presenza di un duplice presupposto: una ideologia che rivendica una superiorità razziale/etnica/religiosa e, nel contempo, un odio, sempre in forza di questa asserita superiorità, talmente viscerale da desiderare la mortificazione o l’annientamento delle razze/etnie/religioni ritenute inferiori. Il razzismo, in mancanza anche solo di uno dei due presupposti, secondo la suddetta condivisibile definizione giuridica non può dunque configurarsi. E’ dunque auspicabile un intervento immediato del legislatore onde recepire anche a livello normativo la suddetta definizione di razzismo e scongiurare quegli orientamenti giurisprudenziali ideologici e patologici che ne renderebbero palese la sua intrinseca incostituzionalità e ne determinerebbero la sua abolizione/annullamento.
Dunque, nel nome della sacrosanta libertà di pensiero e d’espressione i partiti politici che hanno a cuore gli interessi nazionali e del suo popolo devono, necessariamente legiferare e colmare le indicazioni suggerite dalla Corte di Cassazione Sez. III, sentenza sub n. 13234 d.d. 28.03.2008 2008 e sub 37581 d.d. 07.05.2008).
Emilio Giuliana
La compagnia ferroviaria Missouri Pacific Railroad aveva deciso di non assumere in servizio persone con precedenti penali, e così un candidato di colore che era stato in prigione, tale Buck Green, era stato respinto dall’ufficio assunzioni. Green aveva immediatamente iniziato una causa, affermando di essere stato bocciato sol perché nero, e l’aveva persa. Aveva allora presentato ricorso in appello, così Il 3 luglio 1975 la VIII Corte d’Appello degli Stati Uniti sentenziò a favore di Buck Green . Questo il succo della sentenza d’appello: “Siccome è dimostrato che i neri sono più dei bianchi portati al crimine, qualsiasi politica aziendale che discrimini i criminali o gli ex criminali è discriminatoria nei confronti dei neri” Cfr., per questo episodio, Best of Instauration, di Wilmot Robertons (ed. Howard Allen, Cape Canaveral), pag. 21. Dunque, secondo sentenze di questo tipo viene confermano una presunta inferiorità di uomini della carnagione scura. I ragionamenti che portano a si fatte sentenze, non solo non combattono o superano le discriminazioni, ma umiliano e denigrano essere umani – in questo caso dal pigmento scuro- ritenendoli inferiori a uomini dalla pelle chiara e gialla.
Ho proposto questo antefatto, perché nella vicenda che ha visto assurgere agli onori della cronaca il vigile urbano signor Mohammed El Barji, l’amministrazione comunale di Trento, con forma diversa ma nella sostanza identica alla VIII Corte d’Appello degli Stati Uniti, ha risposto alle dimostranze manifestate da alcuni cittadini e riportate da dei quotidiani locali, evocando subito lo spettro del razzismo. L’amministrazione comunale non si è preoccupata minimamente di sincerarsi del comportamento del poliziotto municipale -come per altro ha fatto in altri casi con ligia solerzia- ha sviato il problema. Nessuno ha chiesto il licenziamento o l’allontanamento dal corpo dei vigili urbani del signor Mohammed El Barji, nessuno ha messo in dubbio le capacità professionali, né come abbia fatto a superare il concorso per l’assunzione presso il corpo della polizia municipale; è stato chiesto a chi di dovere di far presente al signore in questione di avere un atteggiamento ed approccio con i cittadini più distensivo e soprattutto di non bestemmiare. Dopotutto, a nessuno farebbe piacere che lo stesso Mohammed El Barji o altri vigili urbani insultino maometto!
L’amministrazione comunale con il proprio comunicato ha preferito umiliare il signor Mohammed El Barji con un vero atto discriminatorio, identicamente alla VIII Corte d’Appello degli Stati Uniti.
sottrazione di minori: rapimenti di Stato?
In questi ultimi giorni i mass – media locali trentini hanno dato risalto a un fatto di cronaca molto delicato che investe la sfera familiare. Nello specifico la decisione del Tribunale minorile di Trento di sottrarre con una sentenza il figlio minore ad una madre perché ritenuta povera. Traggo spunto da questa vicenda per ricordare, che purtroppo, sono sempre più numerosi in Italia i casi di bambini strappati con la forza alla famiglia naturale e affidati a Istituti o a genitori adottivi. Allorquando il minore viene dichiarato «adottabile» i rapporti con la famiglia di origine vengono definitivamente troncati e, per legge, si attuano tutte le misure atte ad evitare che i genitori naturali possano rintracciare il figlio. Una così brutale e definitiva lacerazione del legame umano in assoluto più forte e profondo, quello tra genitore e figlio minore, è un fatto di tale gravità che pone ad ogni cittadino urgenti quesiti di ordine morale, giuridico e psicologico. La legge che disciplina adozione e affidamento dei minori è la 184 del 4 maggio 1983, una legge tipicamente democristiana e come tale ambigua. Le sue lacune più macroscopiche riguardano proprio il suo ambito di applicazione, nel quale si può riscontrare, a favore dei giudici minorili e dei loro consulenti (assistenti sociali, medici, psicologi), un assoluto potere discrezionale. Questa legge, poco lineare sin dalle premesse, è sostanzialmente incapace di regolamentare univocamente ed efficacemente la materia. Essa, dopo aver solennemente sancito che «II minore ha diritto di essere educato nell'ambito della propria famiglia», prosegue affermando: «il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere affidato ad un'altra famiglia.... o ad una persona singola, o ad una comunità.. Ove non sia possibile un conveniente affidamento familiare, è consentito il ricovero del minore in un Istituto... da realizzarsi di preferenza nell'ambito della regione di residenza del minore......(in realtà gli affidamenti possono essere disposti anche fuori le regioni di residenza). Più avanti la legge sancisce che: «Sono dichiarati anche d'ufficio in stato di adottabilità dal tribunale per i minorenni.., i minori in situazione di abbandono perché privi di assistenza morale e materiale... purché... non dovuta a forza maggiore di carattere transitorio. La situazione di abbandono sussiste... anche quando i minori siano ricoverati presso Istituti di assistenza o si trovino in affidamento».
Decifrando il linguaggio giuridico, si deduce che il potere giudiziario può sottrarre temporaneamente un figlio minore a quella famiglia che semplicemente non gli sappia offrire un ambiente «idoneo»; quando poi il minore venga considerato «privo di assistenza morale e materiale» scatta addirittura l'adottabilità: ciò significa che il minore verrà affidato ad altri e non rivedrà mai più i suoi genitori. L'adottabilità può essere dichiarata, in un secondo tempo, anche per il minore che sia stato allontanato temporaneamente dalla famiglia; questa possibilità crea situazioni allucinanti, in quanto un genitore, al quale è stato tolto il figlio temporaneamente, magari per difficoltà economiche e organizzative transitorie, può perderlo definitivamente solo perché non lo va a trovare con adeguata frequenza o perché un assistente sociale giudica permanente il suo stato di difficoltà. L'adozione comporta obbligatoriamente l'assenso del minore solo dopo il compimento del quattordicesimo anno d'età, ma la stragrande maggioranza delle adozioni riguarda bambini al di sotto dei dieci anni. Ciò che il minore prova, sente e soffre nel distacco forzoso dalla famiglia di origine è giuridicamente irrilevante; il soggiorno temporaneo in brefotrofio, il clima di incertezza che la situazione gli crea, ne annullano la reattività, inducendolo ad accettare o addirittura subire estranei che prima avrebbe rifiutato. Per poter capire fino in fondo la complessa materia dell'allontanamento coatto dei minori si dovrebbe entrare nel merito delle singole storie umane e valutare quindi, alla luce dei fatti di cronaca, ciò che un freddo ragionamento etico-giuridico non può da solo misurare. Mi limiterò nel ricordare per pertinenza geografica il caso della famiglia Ramesse.
Nel gennaio 1994 il Tribunale dei minori di Trento, con una sentenza inspiegabile, assegna in adozione i quattro figli di una coppia bolzanese: i coniugi Ramesse. La coppia vive in una casa dignitosa in cui l'indispensabile non manca, ma ad incombere sono altre accuse: «...incapacità a garantire quel minimo di cure e di stimoli necessari ed essenziali per farne (dei figli) individui normali». Nessuno li accusa di non voler bene ai figli, di non nutrirli a sufficienza, o di sottoporli a violenze... bensì di non offrire loro «stimoli» e cure «adeguate» per incapacità ed ignoranza. Assistenti sociali, psichiatri e psicologi hanno sentenziato che fossero genitori scadenti, tanto da ritenere utile che la figlia neonata e gli altri tre bambini (di 2, 3 e 4 anni) venissero cresciuti da terze persone.
Nella maggior parte dei casi non si trattava mai di sevizie, abusi sessuali, percosse, abbandono in senso stretto, sfruttamento... . Tutte motivazioni che certamente alla luce della corrente cultura laicista e americanizzante, avrebbero pesato meno di quelle economiche o ideologiche. La ratio che sta dietro alle varie decisioni giudiziarie era: sottrarre i minori ad un ambiente fisico ed umano inidoneo al loro ottimale sviluppo. Ma, a prescindere dal diritto dei genitori, chi può essere così sicuro che togliere il minore alla famiglia naturale rappresenti in realtà per lui la scelta migliore? Le affermazioni sulla stampa di alcuni magistrati, «educatori», psicologi, psichiatri coinvolti in vario grado nelle vicende di sottrazione ed affidamento di minori, sono emblematiche di una mentalità.
Afferma in una intervista Alessandro Pedrizzi, dell'ANFAA (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie): «Mettiamo bene in chiaro una cosa: la legge prevede che venga innanzi tutto tutelato l'interesse del minore. I figli non sono di proprietà dei genitori!!». Difendendo la sentenza che ha tolto i figli ai coniugi Ramesse, Giuseppe Jannetti, presidente del Tribunale dei minori di Trento dichiara: «Abbiamo operato nel pieno rispetto della legge sull'adozione. Un errore, è vero, è sempre possibile, ma siamo in tanti ad essere coinvolti nella decisione»
In un'altra intervista Franco Occhiogrosso, presidente dell'Associazione magistrati minorili, riconosce con doveroso equilibrio: «Si attua soltanto la parte di immediata applicabilità della legge: l'intervento censorio. Latita invece il sostegno: non si aiuta affatto la famiglia. Occorrerebbero servizi sociali molto più capillari».
Certo occorrerebbero altre assistenti sociali, ma quali? Quelle imbottite di pseudocultura marxista, viste come saccenti «rompiscatole» dagli utenti, se non come autentiche calamità?
A difesa della categoria va comunque detto che il ruolo degli assistenti sociali non può essere contemporaneamente quello dell'aiuto e del controllo, al punto da rendere angosciante il rapporto tra loro e le famiglie. La legge sancisce che l'operatore sociale che non segnali al Tribunale competente i casi di inadeguata assistenza verso i figli, sia punibile con reclusione sino ad un anno; ne vogliamo fare dei delatori odiati anziché dei professionisti dell'aiuto?
Esiste in Italia una certa percentuale di famiglie che entrano nel perverso gioco dell'assistenza sociale, quasi sempre per colpa loro: ignoranza, liti tra coniugi, alcolismo, addirittura tossicodipendenza. Ma certo è che non troveranno l'aiuto di cui avevano necessità; se poi va proprio male arrivano i provvedimenti giudiziari.
C'è un comune denominatore tra le famiglie che subiscono lo smembramento forzoso: la povertà. Non può capitare al professionista anche se pederasta o cocainomane, non può capitare al boss mafioso che può mantenere la famiglia nel lusso. In applicazione della morale corrente, ancora una volta il denaro offre vie d'uscita che eludono ogni regola legislativa. Rimangono esposti gli emarginati, per i quali la capacità di essere genitori, fatta oggetto di disquisizioni pseudo-psicologiche, diventa potenzialmente revocabile. Ma può lo Stato violare, infrangere così pesantemente il rapporto genitore-figli? Non ci sono forse magistrati, educatori, psichiatri, il cui figlio ha imboccato la via della droga, oppure si è suicidato, oppure ancora ha sviluppato malattie mentali a seguito di gravi tensioni psicologiche?
La capacità di essere genitori non si misura dal reddito del nucleo famigliare, né dal livello culturale; è semmai molto più plausibile metterla in relazione alla visione delle cose, alla «morale» del genitore, alle sue convinzioni profonde. Sarebbe comunque giusto togliere i figli a chi non la pensa in un certo modo?
La sottrazione legale dei figli alle famiglie, oltre ad essere un fenomeno gravissimo di per sé, è emblematico delle tragiche implicazioni e ricadute che una mentalità purtroppo largamente diffusa ha sul sociale. Non c'è alcun dubbio che la gran maggioranza di chi esercita il proprio potere (assistenti sociali, psicologi, giudici) aderisce ad una logica secondo cui non esiste differenza tra l'amore di una madre o di un padre e quello che un qualunque adulto estraneo può offrire. Purtroppo queste malsane convinzioni hanno estese e profonde radici nella società contemporanea, e si riconnettono ad altri miti fasulli che, nel loro insieme, tentano di verniciare di una patina di pietistico solidarismo provvedimenti che sono invece in realtà carichi di violenza e destinati a colpire l'istituto familiare. Va aggiunta la considerazione che i giudici minorili, nel prendere simili decisioni, si basano sulle perizie degli esperti (assistenti sociali, psicologi, psichiatri): quindi chi in effetti giudica non va mai presso le famiglie a constatare di persona la situazione - per mancanza di tempo, per pigrizia, per distacco, o forse per non essere coinvolto nella enorme responsabilità della valutazione diretta dei problemi. Le deliberazioni vengono di solito pronunciate da quattro magistrati in camera di consiglio sulla scorta di relazioni e verbali stilati da altri. Quindi non v'è mai un giudice che debba farsi carico in prima persona di decisioni di tanta portata.
È poi necessario ricordare che psicologia e psichiatria sono ancora ben lontane da un rigoroso livello di scientificità, così che i larghi margini di opinabilità e di arbitrarietà ancora insiti in entrambe queste discipline, gravano quasi sempre le perizie di numerosi e rilevanti «vizi ideologici». Il più evidente tra questi è una valutazione del danno probabile sul minore (quello indotto dalle carenze dei genitori) non rapportato al danno certo indotto dal distacco forzoso dalla famiglia. Altro vizio ideologico è l'assunzione assiomatica che una vita più agiata, più igienica, più ordinata... debba automaticamente tradursi in un maggior equilibrio mentale, prescindendo del tutto dalle componenti affettive connesse ad un legame naturale.
Il caso di Luigi Chiatti (il «mostro di Foligno») sembra contraddire proprio questo assunto. Il giovane, omosessuale, pedofilo e omicida, è uno dei tanti figli adottivi con enormi problemi psicologici. La famiglia che lo ha cresciuto, tranquilla e assolutamente normale nonostante le accuse di parte civile durante il processo, ha saputo portare il figliastro ad un diploma, lo ha reso autonomo e professionalmente affidabile, ma non ha saputo colmare quel vuoto dell'anima che un passato di abbandono gli aveva lasciato dentro. Quanti genitori adottivi ci riescono? Per un bambino o ragazzo abbandonato la ferita spirituale non si rimargina mai completamente. Rimarrà sempre l'interrogativo: perché sono stato abbandonato? C'è chi vuole assolvere a tutti i costi i propri genitori naturali, chi si vergogna delle sue origini, chi ancora crea con la propria supposta inferiorità o con comportamenti anormali una giustificazione all'amore non ricevuto.
Se il danno da abbandono è comunque grave, pensiamo a quanto debba esserlo quello da distacco forzoso dai genitori. I figli sottratti alle famiglie contro la propria volontà e contro quella dei genitori, per mantenere un minimo di equilibrio mentale devono poter pensare che il genitore si è battuto con ogni mezzo per evitare il distacco e che non si è mai rassegnato. A rassegnarsi sono loro, dopo un po', per un meccanismo di mera sopravvivenza; la rabbia e il dolore col tempo si placano ma l'amputazione rimane, sopraggiungono spesso amnesie, passività, somatizzazioni.
È anche bene valutare quelle situazioni in cui il genitore dimostri realmente brutalità, incuranza delle esigenze materiali e psicologiche del figlio, addirittura abusi sessuali.
Il minore picchiato sistematicamente o violentato dal genitore vive certamente traumi spesso indelebili; tuttavia quasi sempre non cessa di amarlo e comunque ne subisce l'influenza in modo tanto profondo da non poter essere «guarito» col semplice allontanamento da casa. È come se queste ferite dell'anima possano essere curate solo dal genitore stesso che le ha inferte. In questi casi la sofferenza più grande del bambino è quella di dover trasformare in rancore quella riconoscenza e dedizione che ogni figlio ha bisogno di poter sentire per un genitore. Sostituire la figura del genitore «cattivo» con quella di un estraneo «buono» non risolve il problema, tant'è che il minore che ha subito violenza inconsciamente ricercherà, da adulto, situazioni in qualche modo analoghe a quelle vissute nell'infanzia. L'allontanamento temporaneo del figlio o del genitore è spesso necessario, ma poi occorre ricercare l'opportunità, magari anche dopo anni, che si ristabilisca tra loro un rapporto normale. Il pentimento del genitore è l'unica vera medicina per il figlio; se ciò può essere difficile, la separazione definitiva tra il genitore e la sua giovane vittima lo rende del tutto impossibile, perpetuando il dramma della violenza subita. I desideri del minore in casi del genere devono essere tenuti in grande considerazione e rispettati assai più che interpretati. I casi di percosse, violenza psicologica e sessuale, sfruttamento minorile sono frequenti all'interno dei gruppi di zingari ed immigrati; purtroppo però essi non vengono adeguatamente perseguiti, perché il nomadismo, la clandestinità, l'omertà interna al gruppo, il non ricorrere alle strutture di aiuto sociale, rendono molto difficile la scoperta di questi abusi. Il risultato paradossale è che un bambino di nazionalità italiana può essere strappato ai genitori perché sporco e poco seguito, quando, nella stessa città, ci sono bambini di altre etnie spinti dai genitori a rubare o prostituirsi senza che nessuno intervenga. Difendere l'infanzia vuol dire anche difendere la nostra cultura da quelle culture che non hanno verso l'infanzia lo stesso rispetto che la nostra tradizione coltiva da millenni.
C'è oggi una pericolosa tendenza all'intromissione dello Stato in questioni che riguardano solo l'individuo ed i suoi legami biologici; ancora, c'è la tendenza ad intendere le mansioni pubbliche non come «servizio» verso una collettività avente un territorio, una identità e una storia, ma come «potere» al servizio di pseudoideali universali e astratti, svincolati da ogni tradizione e da ogni rispetto per la natura. Questa aberrante interpretazione del ruolo di responsabilità sociale è tipica di Liberali e Progressisti! Chi, di animo progressista, arriva a ricoprire cariche importanti diviene quasi sempre artefice di un sabotaggio costante della società naturale e delle sue fondamenta ideali, a tutto vantaggio di chi ne vuole la disgregazione: potentati economici globalisti, circoli cosmopoliti.
Da idee sbagliate nascono scelte sbagliate, quindi anche ingiuste, non perché non rispondenti ad un astratto criterio di equità, ma perché contrarie a quell'ordine delle cose che ha le sue fondamenta nella biologia.
Non si può non concludere che qualunque provvedimento giudiziario interrompa forzosamente e definitivamente il legame tra genitori e figli è per sua stessa natura inopportuno, estremamente violento e dannoso per entrambe le parti in causa. Ciò anche qualora si fosse in presenza di azioni violente verso i figli, esempi immorali e trascuratezze gravi.
L'ipotesi quindi di adozione (provvedimento definitivo) da parte di estranei di un minore che abbia almeno un genitore o un parente che voglia occuparsene, andrebbe esclusa a priori. Altra cosa è l'affido, provvedimento temporaneo che non recide totalmente il legame familiare, ma lo sospende momentaneamente nell'interesse del minore.
Alla base dell'attuale prassi giudiziaria c'è anche l'egoismo dei coniugi che vorrebbero adottare un figlio. Essi, nella stragrande maggioranza, non sono disposti ad allevare un bambino che conservi legami con la famiglia di origine; ciò per timore che il figlio adottivo possa in seguito staccarsi da loro, inoltre per il disagio di dover intrattenere rapporti con persone (i genitori del bambino) spesso ignoranti, emarginate, non sempre ragionevoli.
Da un lato c'è una crescente «richiesta» di bambini da adottare, possibilmente molto piccoli, psicologicamente vergini e senza passato; dall'altra parte c'è un gran numero di bambini senza famiglia, con dolorose storie alle spalle, spesso già grandicelli e con problemi fisici o psicologici.
Ecco perché proliferano le adozioni internazionali, mentre tanti bambini italiani rimangono in brefotrofio.
La possibilità da parte dello Stato di intervenire togliendo un figlio alla famiglia naturale distorce completamente il rapporto tra famiglia in crisi ed istituzioni pubbliche. L'amara conclusione di molti genitori «espropriati» dei figli è stata: «maledetto il giorno in cui ho chiesto aiuto all'assistente sociale, al Comune...». L'intervento pubblico di sostegno alle famiglie in crisi non può essere efficace, se improvvisamente può trasformarsi nella più atroce delle punizioni. Non si può pretendere neppure, demagogicamente, che lo Stato aiuti le famiglie in difficoltà con un esercito di assistenti sociali o con sovvenzioni che gravino ulteriormente sulla finanza pubblica rispetto agli aiuti già previsti. Si risparmino risorse proprio a partire da quei costosissimi procedimenti legali (istruttori e giudiziali) che prevaricano il concetto stesso di famiglia. Si impediscano le adozioni internazionali, riconducendo l'offerta di aiuto ai minori verso quelle situazioni di bisogno che non consentono un possesso definitivo ed esclusivo del figlio. Chi vuole adottare dovrebbe accontentarsi magari di un affido temporaneo, che invece non prenderà mai in considerazione finché gli vengono offerte altre possibilità.
Occorrono programmi per ricercare e valorizzare famiglie disposte, attraverso l'affido, ad occuparsi temporaneamente di un bambino che non può vivere a casa propria. Occorre soprattutto una concezione dell'uomo che non lo intenda fortunato solo perché con la pancia piena ed un tetto sopra la testa, ma che gli dia valore soprattutto quando egli sa realizzare la propria missione terrena garantendo continuità ai suoi predecessori.
Emilio Giuliana
Dopo gli ultimi attentati negli USA (non del tutto chiari) e le immagini della polizia che ha ammanettato un nero, assicurato una corda alle manette, risaliti sui loro cavalli ed accompagnato fino alla prima stazione di polizia, ha suscitato la ormai indignata e scontata levata di scudi dei professionisti del buonismo in salsa “partigiana —Forteto-Bibbiano”, contro il razzismo e suprematismo bianco! Però oltre al condizionamento emozionale e mentale -sempre che ancora sortisca effetti- una statistica su cui sarebbe utile riflettere, ma che si trova di rado nei giornali, è questa: pur costituendo i neri il 13% della popolazione, contano per ben il 43% degli uccisori di poliziotti in atti criminali, ossia al netto degli incidenti (il dato è del FBI e riferito agli anni 2004-2013; <non è stato possibile reperire dati più recenti, ma se qualcosa sarà cambiato, sicuramente in peggio>).
Ciò non cancella i fenomeni di brutalità e razzismo di cui si è macchiata la polizia nordamericana, ma comincia a incrinare la narrativa dominante dei suprematisti bianchi e del poliziotto medio che è bianco, xenofobo e dal grilletto facile. Per altro, si noti che sono neri il 12% dei poliziotti statunitensi, in linea dunque col loro peso numerico nella società (sono gli ispanici semmai a essere sotto-rappresentati), e i poliziotti neri e ispanici sono più propensi ad aprire il fuoco rispetto ai loro colleghi d'origine europea (così sostengono sia un rapporto del Dipartimento di Giustizia sia uno studio scientifico di Greg Ridgeway della University of Pennsylvania).
Stando ai dati sull'etnia degli imputati: il 62% dei rapinatori, il 57% degli omicidi e il 45% delle aggressioni nelle 75 contee più grandi degli Usa, in cui i neri assommano al 15% degli abitanti complessivi (dati 2009 del Dipartimento di Giustizia). Nel 2004 erano neri il 37% degli incarcerati negli Usa (dati sempre dal Dipartimento di Giustizia). Ciò a fronte, lo ricordiamo ancora una volta, di un 13% di popolazione totale.
Questi dati suggeriscono che, al di là dei singoli casi, il vero problema strutturale negli Usa potrebbe non essere il suprematismo bianco e il razzismo dei poliziotti: non per loro scelta essi si trovano ad affrontare più criminali neri che bianchi, coi primi più propensi a uccidere i poliziotti stessi rispetto ai secondi.
Per chi volesse approfondire la questione legga il libro scritto da Mario Spataro, “quando il padre non c’è” edizioni settimo sigillo.
La calciatrice Sara Gama asserisce che gli incroci ci migliorano. E' evidente che è una sua -rispettabile- convinzione, suffragata dal suo essere una donna nera nata da madre bianca (una certezza, da l'incrocio tra un bianco e un nero, il carattere recessivo è il bianco, dominante il nero) padre congolese. Ok, Sara tra i tanti meriti ha anche quello di aver mandato in vacca la dogmatica ideologia che le razze sono tutte uguali, anzi non esistono, infatti secondo il pensiero di Gama dalla fusione di etnie diverse nasce un'etnia superiore alla nera, alla bianca e suppongo anche alla gialla!
Però, la natura sembra divertirsi a smentire i dogmi ideologici, in tal senso una conferma arriva dalla Germania. Qui una donna africana ha chiesto aiuto perché suo figlio soffre di una malattia del sangue molto grave. Per salvarlo sarebbe necessario un trapianto di cellule staminali. Il problema è che il sangue europeo causa molto spesso fenomeni di rigetto se trasfuso in individui africani o arabi. E le conseguenze per la salute possono essere molti gravi, in alcuni casi addirittura mortali (http://www.logosopinioni.altervista.org/logos_opinioni_00025c.html). In tal senso gli studi genetici confermano proprio quel che le ideologie negano, ovvero le differenze etniche, così come spiegato polemicamente in un articolo comparso sul corriere della sera (https://www.corriere.it/cronache/07_novembre_15/farkas_dna_rischio_razzismo.shtml?fbclid=IwAR05380qf-QazMjiuFO_K3X1lcQhbRL_i1YY1NSJYhrUe_54NTjDALCG30U).
Sara Gama ci dà un ulteriore spunto su un altro dogma così tanto caro alle elitè mondiali e i suoi camerieri, ovvero non vi sarebbe alcuna differenza tra maschio e femmina. Questo mantra si continua a ripeterlo in occasione del mondiale di calcio femminile. Lo sport è la necessaria esigenza di dare sfogo a l'uomo (maschio) della sua ancestrale predisposizione alla caccia. Si, perchè in passato -neanche troppi secoli fà- era l'uomo che grazie alla sua forza procurava il cibo necessario per la sopravvivenza della specie umana, maschi e femmine. A questo si può aggiungere, che lo sport rievoca un altro aspetto atavico dell'uomo, la lotta alla sopravvivenza, la guerra -di fatto gli stadi sono delle arene-, dunque, in virtù della forza fisica superiore che la natura ha dotato al maschio rispetto alla femmina, anche il gesto atletico risulta nettamente superiore, più esaltante, esaltazione che fa presa indistintamente su maschi e femmine. Dunque, le calciatrici non vaneggino discriminazioni esistenti nei confronti del calcio femminile (o nello sport in generale) -, le quali esistono grazie ai soldi dei calciatori maschietti- , un traversone di una calciatrice è una raccomandata con ricevuta di ritorno! E' giusto, bello, per alcuni sport anche educativo che tutti pratichino degli sport, ma lo sport femminile è una conseguenza dello sport maschile, dunque sarebbe meglio limitarsi allo sport nel senso più nobile e pertinente della parola e non utilizzare -come sempre più spesso accade- lo sport per fini politici ideologici. Viva la bellezza e la grandezza delle differenze peculiari etniche, viva la bellezza della funzionale diversità uomo-donna.
Il ventesimo secolo sarà ricordato come il periodo della manipolazione e l’abuso inappropriato del linguaggio. Amore, famiglia, matrimonio sono in testa alla classifica. Etimologia di amore: La parola è composta dalla A che è un alfa privativo greco, cioè un suffisso che nega la parola che segue, come morale/amorale seguito da MORS che significa morte. Significa sconfiggere la morte. L'amore è l'unica energia in grado di farlo perché da la vita. Etimologia di famiglia è da ricondursi al termine sascrito dhatu, “fondamento” e “parola”, greco ti-the-mi, “pongo” “fondo”, osco faama, cioè “casa”, da cui il latino familia, cioè l’insieme dei famuli (moglie, figli, servi e schiavi del pater familias il capo della gens). Pertanto, famiglia in senso stretto ed originario, significa piccola comunità dei “persone che abitano nella stessa casa”; in senso ampio, l’insieme di persone legate da vincoli di sangue, da rapporto di parentele o affinità o da vincoli religiosi e/o legati quale il matrimonio. Il termine famiglia inoltre, può essere usato come sinonimo di casato, stirpe e dinastia. Etimologia di matrimonio continua la voce latina matrimonium, formata dal genitivo singolare di mater (ovvero matris) unito al suffisso –monium, collegato, in maniera trasparente, al sostantivo munus ‘dovere, compito’. Dunque matrimonio, rispetto ad altri termini che vengono correntemente impiegati con significato affine, pone maggiore enfasi sulla finalità procreativa dell’unione: l’etimologia stessa fa riferimento al “compito di madre” più che a quello di moglie, ritenendo quasi che la completa realizzazione dell’unione tra un uomo e una donna avvenga con l’atto della procreazione, con il divenire madre della donna che genera, all’interno del vincolo matrimoniale, i figli legittimi.
Dunque, l’unione tra un uomo ed un altro uomo, una donna ed un’altra donna non rientrano nel novero del significato delle tre parole in esame, perché contrariamente a l’unione tra un uomo ed una donna, non creano vita, non sono l’insieme di mogli e figli; non comprende l’insieme di una madre e un padre necessari per consumare l’atto della procreazione.
Le parole e il loro significato non si possono sacrificare sull’altare dei pruriti ideologici, e per tal ragione tutti coloro che non hanno maturato la loro sessualità -così come asserito da Sigmund Freud- , nel giustificare le loro unioni trovino altri vocaboli.
Emilio Giuliana
Christian Bale, l’attore che ha interpretato il ruolo di Batman, al Beverly Hilton Hotel di Los Angeles, dove si è svolta la cerimonia di premiazione dei Golden Globes, ritirato il suo premio ha ringraziato satana per averlo ispirato.
La soubrette Virginia Raffaele sul palco dell’Ariston durante il festival di Sanremo ha cantato una parodia della canzone <<Mamma>> di Beniamino Gigli, il nastro si «ferma» e lei finge di inceppare sulle parole, come un grammofono rotto. Le parole pronunciate hanno avuto un suono distinto: «satana, satana, satana», per cinque volte.
Come per la cerimonia d’apertura delle Olimpiadi di Londra del 2012 anche nel caso della cerimonia di apertura del tunnel alla base del San Gottardo in Svizzera è stato messo in scena uno spettacolo satanico.
Il sindaco di Vergato (BO) ha inaugurato una imponente statua di Satana
Emma Bonino in una sua raffigurazione pubblicitaria elettorale ha scelto come soggetto un drago.
Com’è noto il drago simboleggia satana; Michele Arcangelo è raffigurato con la spada che infilza il drago, san Giorgio identicamente a san Michele è raffigurato con la spada infilza il drago.
Il regista Stanley Kubrick nel suo ultimo film “Eyes Wide Shut”, racconta la storia di una cena satanica tenutasi Château de Ferrières da Marie-Hélène de Rothschild.
George Soros è un picciotto dei Rothschild, a sua volta la Bonino è alle dipendenze di Soros. L’attore americano James Woods ha dichiarato esplicitamente che Soros è satanista. Dunque, non è utopico pensare che ognuno di questi “personaggini”, proporzionatamente al potere che esercitano nella società portano benzina alla fornace di Satana.
Nella realtà i soloni della società dei diritti a tutti e della religione oppio dei popoli insegnano che satana non esiste, tant’è che chi crede alla sua esistenza è bollato come retrogrado, bigotto, ignorante, stupido. Sono un retrogrado, bigotto, ignorate e quanto voi volete, ma che simpatici sono tutti questi personaggi, non ci credono ma lo esaltano e lo rappresentano ogni volta, ci prendono in giro o sono matti? O più semplicemente loro credono nel male e lo osannano?
Io non lo so, sono bigotto e stupido, per questo amo DIO
Emilio Giuliana
<L'Operazione Barbarossa civilizza i popoli slavi: dato che il nostro sicuro Alleato [è] lanciato alla conquista della Russia, vi è la necessità assoluta di un corpo di spedizione italiano per affiancare il titanico sforzo bellico tedesco, allo scopo di far prevalere i valori della Civiltà e dei popoli d'Occidente sulla barbarie dei territori orientali> - (Giorgio Napolitano - "BO' ", Luglio 1941, giornali universitari del GUF di Padova - rivista dei gruppi universitari fascisti IX maggio - libro "Il lungo viaggio attraverso il fascismo" di Ruggero Zangrandi).
Vladimir Ilic Ulianov (Lenin): <essere implacabili in modo esemplare (…). Bisogna incoraggiare il terrore di massa (…). Fucilate senza domandare niente a nessuno e senza stupide lentezze (…). La dittatura è un potere che poggia sulla violenza, e senza vincoli di legge (…)>. Sono solo alcuni estratti della Komsomolskaja Pravda, riportati da Andrea Bonanni, corrispondente a Mosca del Corriere della Sera.
Gli fanno eco I comunisti italiani, nella prima pagina dell’Avanti! del 13 dicembre 1918 (il fascismo non era ancora nato!) si poteva leggere: <Il Partito Socialista si propone come obiettivo l’istituzione della repubblica socialista e la dittatura del proletariato, seguendo l’esempio russo>.
Con citazioni di questo tenore si potrebbe continuare all’infinito, e probabilmente consapevoli d’essere dalla parte dei carnefici, i bolscevichi del duemila per distogliere l’attenzione dall’obiettivo mischiano capre e cavoli, tirando in ballo pseudo fascismi e fascisti post 1945, citando circostanze, situazioni e uomini lontani, inavvicinabili non ascrivibili al fascismo, ma pur di denigrare a tutti i costi ciò che inconfutabilmente non si può infangare, attraverso la delazione e la manipolazione del linguaggio si tirano fuori dal cilindro le losche trame degli anni settanta, con altrettanto loschi e torbidi “personaggi” protagonisti. Nonostante tutto si preferisce omettere chi furono gli assassini di Aldo Moro, ma si preferisce raccontare delle condanne di franco Freda e Giovanni Ventura, però sempre omettendo che per i reati per i quali sono stati condannati in prima istanza, in seguito sono stati definitivamente assolti.
Lo si dovrà dare al caso, ma nella conta dei pseudo fascisti riciclati dalla Repubblica italiana, mancano all’appello tutti i stragisti anarco – comunisti!
<<italiani brava gente>> chiosa il signor Morando! No, in Italia, come in tutto il resto del mondo vi sono brave persone, e persone cattive, ideologie perverse ed ideologie virtuose. Il comunismo è nato perverso ed è maturato carnefice -taluni casi cannibale-, ad esempio i partigiani rossi furono il peggio tra gli italiani. I partigiani rossi, si macchiarono di stragi inenarrabili – e non fu guerra civile come si racconta-, gruppi di sanguinari assassini, cattivi italiani! Sono diversi gli autori che ben documentano le azioni bestiali dei partigiani rossi: il compagno Gianpaolo Pansa, Arrigo Petacco (Ammazzate quel fascista), Gianfranco Stella (“Killer della liberazione” e “Compagno Mitra”).
Il signor Francesco Filippi, da qualche tempo è assurto all’onore delle cronache locali e nazionali per aver pubblicato un libro con il quale pretende di far luce sui falsi convincimenti in merito all’operato del governo monarchico fascista, il quale avrebbe prodotto “cose buone”, credenze che definisce e liquida come bufale, sbugiardate e suffragate da sue ricerche, “partendo da fonti legislative”.
Innanzitutto, a tal riguardo il signor Filippi non è per niente originale, in quanto dal 1945 ad oggi, sono stati molti, tanti storici e amici dell’alta finanza che hanno gettato discredito senza riuscirvi sul governo monarchico fascista, rimediando solo figure barbine, causa l’ignoranza e disonestà intellettuale. Nel primo caso -ignoranza- ripropongo il pensiero di Mark Twain: è più facile ingannare la gente che convincere loro che sono stati ingannati; nel secondo -disonestà intellettuale- il convincimento di Antonio Gramsci: Una menzogna in bocca a un comunista è una verità rivoluzionaria.
In entrambi i casi, emerge un approccio privo di qual si voglia virtù.
Lo “storico” di Levico, deve fare i conti con un eccelso storico del Fascismo, il comunista ebreo Renzo De Felice, distorcendo e manipolando la realtà; il nostro liquida la questione come un fraintendimento. E pure, De Felice è stato molto chiaro, lo si capisce senza possibilità di confusione nella citazione che segue: tutto quanto detto e scritto sul fascismo e resistenza è falso perché la sinistra politica ha nascosto tante verità, tanti delitti, tante vergogne partigiane.
Il signor Filippi, come può smentire gli attestati di merito nei confronti del fascismo esternate dall’ebrea comunista Margherita Hack. "Quello che ha ottenuto il fascismo in campo sociale oggi ce lo sogniamo. Non si trattava solo dei treni in orario. Assegni familiari per i figli a carico, borse di studio per dare opportunità anche ai meno abbienti, bonifiche dei territori, edilizia sociale. Questo perché solo dieci anni prima Mussolini era in realtà un Socialista marxista e massimalista che si portò con sé il senso del sociale, del popolo". "Le dirò –prosegue la Hack– il fascismo modernizzò il paese. Resta una dittatura, ma anche espressione d'italianità. Bisognerebbe fare un'analisi meno ideologica su questo". Marzo 2013 Barricate
Andrea Camilleri: Io, sotto il fascismo, ero più libero di quanto voi lo siete adesso - Festival di Roma 2010
Carlo Lizzani: nel fascismo la cultura non subiva tagli, anzi era valorizzata al massimo dal regime anche con risultati a volte davvero straordinari. Basti pensare alla Mostra del Cinema di Venezia e anche all’attuale Centro Sperimentale di Cinematografia. L’equazione fascismo uguale reazione è sbagliata perché fa pensare a un’impossibilità di recupero e invece i processi messi in moto dal fascismo erano anche di modernizzazione. Per noi ragazzi si aprirono le porte di pubblicazioni come Primato, con Bottai e altri gerarchi che offrivano la possibilità ai giovani di scrivere per le principali riviste. Il Centro sperimentale di cinematografia, un’invenzione fascista, proiettava i film sovietici. Ci sentivamo promossi come nessun’altra generazione prima di noi. Le parole d’ordine erano “largo ai giovani” e “la borghesia la seppelliremo”, mentre i nostri padri venivano da società gerontocratiche, bloccate. I Littoriali erano grandi gare giovanili che davano ai diciottenni l’opportunità di viaggiare, uscire di casa, sentirsi autonomi rispetto alla famiglia e ai canoni borghesi.
Alcide Degasperi: Il fascismo fu sugli inizi un impeto di reazione all’internazionalismo comunista che negava la libertà della Nazione (…). Noi non condividiamo il parere di coloro i quali intendono condannare ogni azione fascista sotto la generica condanna della violenza. Ci sono delle situazioni in cui la violenza, anche se assume l’apparenza di aggressione, è in realtà una violenza difensiva, cioè legittima - Il Nuovo Trentino del 7 aprile 1921
Enzo Biagi: Mussolini è stato un gigante; considero la sua carriera politica un capolavoro. Se non si fosse avventurato nella guerra al fianco di Hitler, sarebbe morto osannato nel suo letto. Il popolo italiano era soddisfatto di essere governato da lui: un consenso sincero.
Gaetano Salvemini, anti fascista, scrisse: <L’Italia è diventata la Mecca degli studiosi della scienza politica, di economisti, di sociologi, i quali vi si affollano per vedere con i loro occhi com’è organizzato e come funziona lo Stato corporativo fascista >.
Franklin Delano Roosevelt: Mussolini deve passare alla storia come il costruttore di una migliore forma di convivenza fra i popoli.
Winston Churchill: Così finirono i ventuno anni della dittatura di Mussolini in Italia durante i quali egli aveva salvato il popolo Italiano dal Bolscevismo per portarlo in una posizione in Europa quale l’Italia non aveva mai avuto prima… Le grandi strade che egli tracciò rimarranno un monumento al suo prestigio personale e al suo lungo governo.
Albert Einstein copione ed imbroglione
Albert Einstein è oggigiorno riverito quale «Padre della Scienza Moderna». La sua faccia rugosa e la sua capigliatura selvaggia sono diventate simbolo di genio scientifico e la ‘sua’ famosa equazione E=mc^2 è utilizzata ripetutamente quale simbolo per qualsiasi cosa di scientifico ed intellettuale. Eppure da anni esiste un numero crescente di prove che questo «Padre della Scienza Moderna» non sia altro che un imbroglione ed un mentitore circa le proprie idee e risultati ed un ladro dei lavori e delle ricerche altrui.
La prova più eclatante a sfavore di Einstein è relativa alla ‘sua’ equazione più celebre. Fa notare un sito web:
«L’equazione E=mc^2, che è da sempre collegata ad Einstein ed alla ‘sua’ teoria delle Relatività, non fu pubblicata in origine da Einstein. Secondo Umberto Bartocci – professore dell’Università di Perugia e storico della matematica -questa famosa equazione fu pubblicata per la prima volta da Olindo De Pretto… due anni prima della pubblicazione da parte di Einstein.
Quando si parla di Alcide Degasperi lo si fa ricordando le doti e virtù che hanno caratterizzato quest'uomo. Non è certa mia intenzione trarre giudizi sullo “Statista di Sardagna”, ma per onor di cronaca mi preme ricordare anche aspetti che inspiegabilmente giornalisti, storici e uomini di “cultura” omettono. Alcide Degasperi e non De Gasperi (non può vantare alcuna nobile discendenza) come erroneamente viene trascritto il suo nome, in alcuni articoli pubblicati in gioventù sul quotidiano "Trentino" mostrano vicinanza alle posizioni di Karl Lueger (il borgomastro di Vienna, cristiano-sociale e anti - giudeo). Ad esempio, si legge: «Noi non siamo contro gli ebrei perché d'altra religione e d'altra razza ma dobbiamo opporci ch'essi coi loro denari mettano il giogo degli schiavi sui cristiani» (1906). Trent'anni dopo, nella rubrica sull' "Illustrazione Vaticana", mancano invece parole di condanna contro l'esproprio dei beni degli ebrei austriaci. Alcide Degasperi si espresse positivamente anche sul fascismo, così giustificandolo (Il Nuovo Trentino del 7 aprile 1921): <Il fascismo fu sugli inizi un impeto di reazione all’internazionalismo comunista che negava la libertà della Nazione (…). Noi non condividiamo il parere di coloro i quali intendono condannare ogni azione fascista sotto la generica condanna della violenza. Ci sono delle situazioni in cui la violenza, anche se assume l’apparenza di aggressione, è in realtà una violenza difensiva, cioè legittima>.
La polemica innescata in merito al tatuaggio dello svastica, da l’occasione per ricordare, chiarire alcune questioni su fenomeni storico - politici del secolo 900.
Ad esempio sappiamo dal libro: "DITTATURE: la storia occulta" D.ssa Antonella Randazzo, che senza i finanziatori dell’alta finanza americana ed inglese Adolf Hitler non sarebbe mai arrivato al potere. Tra i molti elargitori di capitali troviamo nomi appartenenti all’ebraismo. Ford, Rockefeller, Alfred Kurzmeyer, James Forrestal, Warburg, Harriman; quest’ultime due famiglie sostennero finanziariamente le ricerche eugenetiche dello psichiatra Ernst Rudin. La legge elaborata da Rudin nella Germania nazionalsocialista traeva ispirazione dalle precedenti leggi americane.
In Germania venne attuata una ricostruzione mirata ad assoggettare il paese al capitale Usa. I cartelli industriali, che si imponevano nell'economia tedesca (Vereinigte Stahlwerke, I.G. Farben, General Electric, Standard Oil, International Telephone and Telegraph ecc.), avevano nel loro consiglio di amministrazione finanzieri americani. La stessa famiglia Roosevelt aveva grandi interessi legati alla General Electric (faceva parte degli azionisti di maggioranza), che fu una delle più grandi società sostenitrici di Hitler.
La finanza inglese, come quella americana, metteva al di sopra di tutto, anche della sicurezza nazionale ed europea, le speculazioni. A partire dal 1920, i grandi e potenti gruppi economici, come la Banca J. P. Morgan & Co., sovvenzionarono l'economia e la politica tedesca. Montagu Norman, governatore della Banca d'Inghilterra, e George L. Harrison, capo della Federal Reserve, iniziarono un serrato controllo dell'economia di molti paesi europei, col pretesto di dover "stabilizzare le politiche nazionali".
Il Comunismo in Russia fu finanziato con 20 milioni di dollari da Jacob Schiff (Ebreo), lo stesso dell’azienda di New York Kuhn, Loeb & Co., una filiale Americana della rete dei Rotschild (http://antimassoneria.altervista.org/wp-content/uploads/2015/09/sion-e-il-re-del-mondo-copy.pdf)
<<William Boyce Thompson versa personalmente un milione di dollari ai bolscevichi in Russia, in occasione di una sua visita a Pietroburgo nel 1917 al seguito di una missione della Croce Rossa internazionale.
Oltre ai versamenti a titolo personale da parte di simpatizzanti dichiarati, ai bolscevichi vengono devoluti fondi da società bancarie e dai consigli di amministrazione di importanti multinazionali. Le varie iniziative vengono accentrate e coordinate sotto il nome di associazioni e di leghe per la cooperazione economica internazionale, quasi tutte con sede in un grattacielo – di proprietà dell’assicuratrice Equitable Life, controllata dalla famiglia Rockefeller – situato al numero 120 di Broadway a New York.
Per fare giungere i fondi in territorio russo vengono predisposte “catene” di intermediazione internazionale costituite da istituti bancari corrispondenti, i quali operano lungo un itinerario che inizia negli Stati Uniti, prosegue attraverso paesi neutrali e si conclude in Russia. “Catena” tra le più note e più efficienti sembra essere stata quella – già attivata agli inizi del primo conflitto mondiale – organizzata dalle banche che fanno capo al Morgan Guaranty Trust e che fanno perno sulla Nya Bank di Stoccolma, diretta da Olof Aschberg, uno dei più affezionati “padrini” capitalistici del regime sovietico. I collegamenti con la casta rivoluzionaria in Russia erano tenuti da un importante – e altrettanto misterioso – agente bolscevico di nome Jacob Fürstenberg, detto “Ganetzki” oppure “Hanetzki”. Una seconda “catena” partiva, invece, dalla Banca Franco-Russa diretta da Dimitri Rubenstein, passava attraverso Olof Aschberg a Stoccolma e si chiudeva a Pietroburgo, con la banca di Abraham Givatozvo, simpatizzante del nuovo regime e cugino di Lev Trotzskj e di Lev Kamenev. In questo ambiente discreto primeggia la figura enigmatica e sinistra del rivoluzionario bolscevico – e, forse, più che bolscevico, rivoluzionario “puro” – Aleksandr Izrail Lazarevic Helphand, detto “Parvus”, cui Aleksandr Solzenycyn dedica molte pagine del suo Lenin a Zurigo>> (Quaderni di Cristianità, anno I, n. 1, primavera 1985).
Tra i maggiori finanziatori del fascismo spiccano il banchiere Giuseppe Toeplitz e l’industriale Cesare Goldmann, quest’ultimo mise a disposizione una sala in piazza San Sepolcro a Milano, dove furono fondati i fasci d’azione di combattimento.
Lo scrittore ebreo Simon Schama nel suo libro “Two Rothschilds in the Land of Israel”, racconta che a finanziare e a fondare lo stato d’Israele è stata la famiglia Rothschild, la stessa che finanziò anche il nazionalsocialismo tedesco e il bolscevismo russo.
“Stato” d’Israele che nel luglio del 2018 il suo governo ha approvato la legge che definisce Israele "Stato del popolo ebraico". La norma definisce il paese "lo stato nazionale per il popolo ebraico", rende l'ebraico la lingua nazionale e afferma che "gli insediamenti ebraici (in Israele) sono nell'interesse nazionale" (http://www.ilgiornale.it/news/mondo/israele-approvata-legge-definisce-stato-popolo-ebraico-1555349.html).
Il 28 febbraio 2019, l’Onu condanna Israele: uccide bambini! I cecchini israeliani hanno sparato e ucciso bambini. Una Commissione d’inchiesta dell’Onu, la quale investigava sulle proteste palestinesi nella Striscia di Gaza, ha raccolto prove e testimonianze di uccisioni indiscriminate ad opera dei militari di Tel Aviv. Il presidente della Commissione Onu, l’argentino Santiago Canton, ha dichiarato: «I militari israeliani hanno violato la legge internazionale sui diritti umani e del diritto umanitario»; poi ha aggiunto: «L’indagine ha evidenziato ragionevoli basi per ritenere che i cecchini israeliani abbiano sparato a giornalisti, sanitari, bambini e persone con disabilità, sapendo che erano chiaramente riconoscibili in quanto tali» ed ha azzardato (è il caso dirlo perché attaccare Israele è sempre un boomerang): «Alcune di queste violazioni potrebbero costituire crimini di guerra o crimini contro l’umanità» (https://internettuale.net/3039/lonu-condanna-israele-uccide-bambini).
La giornalista Fiamma Nirestein sionista tutta d’un pezzo, per sua stessa ammissione, in un’intervista alla Jewish World Review del 15 luglio 2003, spiegava «How I became an unconscious fascist»,come sono diventata una fascista inconscia, abitando in Israele e prendendo parte alle lotte contro la razza inferiore. Una fascista così fanatica, raccontò, «che un famoso scrittore israeliano mi ha detto al telefono un paio di mesi fa: tu sei diventata una estremista di destra>>.
“Salvini è un personaggio inquietante”, parola di Bernard Henri Lèvy. Il filosofo francese e consulente di Emmanuel Macron, ospite di Sky TG24 Mondo, ha infatti definito con queste parole il vicepremier e ministro italiano. Secondo Lèvi, Salvini “dice di non essere fascista o di non essere serio quando dice frasi su Mussolini. Ora qualcuno gli crede, ma un giorno potremmo dire ‘Attenzione, avrei dovuto prenderlo sul serio”.
74 anni fa si concludeva irreversibilmente la storia del nazionalsocialismo in Germania, ma pare che l'ideologia nazionale e razzista abbia trovato un'altra nazione pronta a farla propria. D’altro canto tra il concetto di razza ariana e popolo eletto non passa grande differenza!
ps. articolo di riferimento: https://www.lavocedeltrentino.it/2019/03/07/trentino-alleanza-per-israele-il-nazismo-deve-rimanere-fuori-dalle-istituzioni-2/?fbclid=IwAR00yWxrUNbycbODOBssa8e9Tir8in1GN_ySpNUGZrsgoXsLEXEnZT4II2M
Crescendo ho imparato che non vi sono nemici da combattere, ma verità da difendere.
Dovuta premessa per fugare ogni dubbio dall’idea che il mio approccio ad Andrea Hofer “diverso” dagli Schutzen sia pretestuoso, campanilistico, da tifoseria o addirittura anti Asburgico.
Il casato degli Asburgo fino alla rinuncia dell’imperatore Francesco II d’Asburgo del titolo di imperatore del sacro romano impero, scegliendo di mantenere solo il più modesto titolo di imperatore di Austria e Ungheria, detenevano il titolo di imperatori del Sacro Romano Impero, titolo che ha avuto origine dall’incoronazione di Carlo Magno, avvenuta la notte di natale dell’anno 800. Dunque chi ha a cuore e trova nella classicità romana il proprio modello e riferimento valoriale, non può che abbracciare benevolmente il casato degl’Asburgo. Certamente, come accadde nel periodo dell’impero romano, anche durante le reggenze degli Asburgo, non tutti gl’Imperatori furono all’altezza e degni dell’incarico ad essi affidato.
Ad esempio l’imperatrice Maria Teresa, con mano più energica rispetto ad imperatori, che secoli prima l’avevano preceduta -vedi Corrado II e Massimiliano I- mise in atto una germanizzazione dei territori di lingua d’origine latina senza precedenti, Costa divenne Kostner, Ciampac divenne Kompatscher, eccetera. Il figlio Giuseppe II nell’anno 1785 di propria iniziativa denomino il Trentino in Tirolo meridionale. Il suo successore al trono, il fratello Leopoldo, illuminista massone come Giuseppe II, entrambi anti cattolici. Francesco Giuseppe volle e firmò la legge anti italiana. Così si espresse il Consiglio della Corona il 12 novembre 1866, «Sua Maestà ha espresso il preciso ordine che si agisca in modo deciso contro l’influenza degli elementi italiani ancora presenti in alcune regioni della Corona e, occupando opportunamente i posti degli impiegati pubblici, giudiziari, dei maestri come pure con l’influenza della stampa, si operi nel Tirolo del Sud, in Dalmazia e sul Litorale per la germanizzazione e la slavizzazione di detti territori a seconda delle circostanze, con energia e senza riguardo alcuno. Sua maestà richiama gli uffici centrali al forte dovere di procedere in questo modo a quanto stabilito.»
Con questi precedenti, le accuse volte al governo Giolitti, conseguentemente alla legge del governo italiano volta all’italianizzazione dei territori del Trentino e dell’Alto Adige -nome cambiato da Napoleone- sono ingiustificate, in quanto rientrano nella spietata legge del contra e patior, "soffrire il contrario".
Per tornare ad Hofer, la storia ineluttabilmente testimonia, che fu un patriota, difensore della sua terra e dei principi religiosi cattolici, non fu mai anti italiano, perché l’Italia politicamente esiste dal 1861, fu italiano geograficamente, in quanto la natura ha stabilito che le alpi segnassero il confine settentrionale della penisola italica, così come anche ricordato nella divina commedia dal sommo poeta Dante.
Hofer fu un eroe e martire cristiano, tradito da un suo compaesano Franz Raffl, e dal suo imperatore Francesco II d’Asburgo. Quest’ultimo -mentre Andreas si accingeva ad esalare l’ultimo respiro- nel contempo a Vienna festeggiava il matrimonio tra Napoleone e Maria Luisa d’Asburgo; Hofer aveva combattuto contro Napoleone, lo stesso che lo condannò a morte! Sul patibolo furono queste le ultime sprezzanti parole di Hofer <<Franz, Franz, questo lo devo a te!>>, con ciò riferendosi a Francesco I (rinunciando al titolo di imperatore del sacro romano impero il nome da Francesco II, cambiò in I), che era passato dalla parte di Napoleone.
Andreas Hofer era fervente cattolico sempre immerso nella preghiera, con una condotta di vita esemplare. Riporto il seguente dettaglio di una sua ordinanza: ”Molti de’ miei buoni fratelli d’armi, e difensori della Patria si sono scandalizzati che le donne d’ogni condizione coprano il loro petto e i loro bracci troppo poco ovvero con pezze trasparenti, ed in conseguenza danno occasione a stimoli peccaminosi, ciò che non può che sommamente dispiacere a Dio, ed a chiunque pensa cristianamente. Si spera che al fine di tener lontano il castigo di Dio, esse miglioreranno; in caso contrario dovranno ascrivere a sé stesse se in un modo loro sgradevole verranno lordate.” Lo spirito cattolico che animava la battaglia di Hofer, contro lo spirito anticattolico della rivoluzione francese esportato da Napoleone, oggi alberga tra gli Schutzen? Immagino che siano tutti cattolici praticanti, nessuno di essi è divorziato, risposato, nessuno utilizza contraccettivi, nessuno ha mai abortito, eccetera! Sarà, ma Christian Kolmann delfino di Eva Klotz gay dichiarato (Alto Adige 17 aprile 2016), Claudio Tessaro de Weth, capitano onorario ed emerito della prima compagnia schutzen di Trento, intervistato in merito al Dolomiti pride di Trento, asseriva che i gay non erano un loro problema (Trentino 8 giugno 2018), fanno pensare che agli Schutzen di Andreas Hofer interessa una strumentale quanto inesistente rivendicazione di anti italianità, che nel martire ed eroe cattolico non è mai esistita. Furono italiani coloro che cercarono di riscattare la vita di Andreas Hofer con 5000 scudi, frutto di una colletta popolare, fu il vice Re d’Italia a chiedere a Napoleone la grazia per l’oste della Val Passiria!
“non vogliamo il rafforzamento della regione Trentino- Sudtrol, ma le distinzioni di questo matrimonio forzato! Con il Trentino ci hanno portato una sposa che non abbiamo scelto, con l’Italia come una suocera cattiva che viene coinvolta in questioni che non li riguardano” (Sven Knoll, Sud – Tiroler Freiheit)
Ps. A Mantova nei pressi del parco dedicato ad Andreas Hofer, adiacente a Porta Giulio Romano vi è un cartello informativo, che definisce Andreas Hofer indipendentista Tirolese. Chissà, forse nel grossolano errore -che nessuno tra gli eruditi Schutzen mai deve aver notato-, si cela una verità; se Hofer fosse rimasto vivo, considerato il tradimento dell’imperatore Francesco I, avrebbe nuovamente impugnato le armi per chiedere l’indipendenza del suo Tirolo da quell’impero che gli voltò le spalle!
Alla zoppa retorica degli Schutzen -in buona fede per alcuni, in mala fede per altri-, si contrappone l'evidenza storica documentale.
A Roma, il 7 aprile 1926, appena uscito quasi illeso dall’attentato subito ad opera dell’irlandese Violet Gibson, Mussolini alle 16,30 a Palazzo Vidoni alla presenza dei membri del governo dette una risposta, anche se indiretta, alla “dichiarazione di guerra” della massoneria. Egli, fra l’altro, disse:<< Noi rappresentiamo un principio nuovo nel mondo, noi rappresentiamo l’antitesi netta, categorica, definitiva della democrazia, della plutocrazia, della massoneria di tutto il mondo, per dirla in una parola, degl’immortali principi dell’89>>.
116 anni dopo l’esecuzione capitale di Andreas Hofer, Benito Mussolini con forza dichiara di combattere contro i principi illuministici massonici, gli stessi per la quale si era battuto Andreas Hofer.
(B.N. 15-16/10/1921) Partiti da Bolzano (il giorno 13!) i due reali dopo la sosta a Chiusa erano giunti a Bressanone, dove hanno parlato il principe vescovo Johannes Raffl ed il vicesindaco Widmann. Il Re ha erogato nell'occasione cinquemila lire per i sinistrati dall'incendio di Luson (14 case, 2 fienili e la chiesa distrutti). Si sono poi fermati per il pranzo a Colle Isarco all'hotel "Gröbner". A Vipiteno discorso del sindaco Stifter davanti al Municipio.
Volendo fare dell'ordine in queste notizie frammentarie, la visita dei reali può essere riassunta così: in treno da Trento al Brennero (benedizione del cippo di confine), con tappe a Bolzano, Chiusa, Bressanone, Vipiteno e Colle Isarco. Sulla via del ritorno la Regina ha ripreso il treno per raggiungere Merano, mentre il Re è salito in macchina, ha superato il passo del Giovo, e - atto di squisita sensibilità politica - si è fermato a rendere omaggio all'eroe tirolese Andreas Hofer nella sua casa di San Leonardo in Passiria. Questo particolare non appare nelle Bozner Nachrichten, ma nel Tiroler. Ha poi proseguito per Merano ove ha raggiunto la Regina Elena.
(Prov.BZ 6/12/1927) Nella Casa del Fascio di via Gilm si tiene la conferenza inaugurale della Dante Alighieri. L'onorevole Giarratana parlerà di Andrea (sic) Hofer.
Incontro di calcio tra Bolzano e il resto della provincia. I bolzanini vincono per 5 a 1.
La statua dedicata ad Andreas Hofer nella città di Merano (fuori dal piazzale della stazione ferroviaria) è stata eretta nel 1920.
Citazione (B.N. 15-16/10/1921), (B.N. 15-16/10/1921) e foto caserma Andreas Hofer tratte dalla raccolta storica di Ettore Frangipane, che a Bolzano ha scritto una serie di volumi con foto e documenti a partire dai primi del 900.
Le immagini del rifugio e della Val Gardena tratte dalla rivista L’Illustrazione fascista, 8 settembre 1929, n°36.
Un vecchio ma sempre attuale adagio recita: quando la nave affonda i topi scappano. A cercare salvezza dal galeone che viene ingoiato dalle acque, inabissandolo, il topo più grosso, più in vista, Sergio Mattarella, Presidente della Repubblica succursale Americana. “EGLI” con messaggio netto e chiaro afferma: << le foibe e l’esodo, gli orrori commessi contro gli italianai del confine orientale, non furono “una ritorsione contro i torti del fascismo, come qualche storico negazionista o riduzionista ha provato a insinuare”. Furono, invece, il “frutto di un odio che era insieme ideologico etnico, e sociale” (secoloditalia.it 10/02/2019)>>. A seguito di queste asserzioni come faranno i detrattori degli infoibati a legare la responsabilità della tragedia al fascismo? STOP, per “LORO” è giunta la fine, non avranno più alcuna giustificazione, come alcuna giustificazione trova la vulgata che vorrebbe i territori orientali italiani a maggioranza slava. Nei millenni territori etnicamente latini, Roma, la serenissima Repubblica di Venezia., anche seppur vero che a più riprese, l’elemento latino presente a Fiume, Istria e Dalmazia è stato duramente messo alla prova.
Il processo di germanizzazione cominciò nel 1024 con gli editti di Corrado II ed ebbe il suo punto centrale con Massimiliano I nel 1500. Proprio in questo periodo si ebbe l'avvicendamento della maggioranza linguistica tra italofoni e germanofoni. A metà 1700 Maria Teresa d'Asburgo impose la sola lingua tedesca come idioma da utilizzare per tutti gli atti pubblici e religiosi, vietando italiano e ladino/romancio. A fine secolo successivo Francesco Giuseppe d'Asburgo si fece promotore di leggi con le quali invitava i cittadini italofoni dell'Alto Adige a spostarsi verso il Trentino e suggeriva ai cittadini ladini di farsi assimilare dalla popolazione germanofona.
Mentre per il gruppo "puramente" italiano la germanizzazione portava ad una deportazione in altri territori italiani di controllo asburgico (Lombardia e Veneto) o nei campi di internamento, la componente ladina subì invece un tentativo ancora più forte di distruzione dell'identità linguistica: a tutti gli abitanti venne cambiato il cognome germanizzandolo (ad esempio Costa divennte Kostner, Ciampac divenne Kompatscher, Mureda divenne Moroder, Plan divenne Ploner).
I progetti di germanizzazione, e di conseguenza de-italianizzazione, di Francesco Giuseppe non toccarono solamente l'Alto Adige ma anche gli altri territori sotto controllo Asburgico.
Con la delibera del 12 novembre 1866 del consiglio dei ministri austro-ungarico, iniziò una politica di deitalianizzazione dell'Istria, "con energia e senza indugio alcuno", favorendo l'elemento slavo, reputato più malleabile. La connivenza tra Corona imperiale Austriaca e l'elemento slavo è dimostrata dai verbali della riunione del Consiglio della Corona in data 12 novembre 1866 ("Misure contro l’elemento italiano in alcuni territori della Corona"), quando l'Imperatore Franz Josef diede l'ordine tassativo a tutte le autorità centrali di agire sistematicamente per<<opporsi in modo risolutivo all'influsso dell'elemento italiano ancora presente in alcuni Kronlander e di mirare alla germanizzazione o slavizzazione, a seconda delle circostanze, delle zone in questione con tutte le energie e senza alcun riguardo, mediante un adeguato affidamento di incarichi a magistrati politici ed insegnanti, nonché attraverso l'influenza della stampa in Tirolo meridionale, Dalmazia e Litorale adriatico>>.
Questi furono gli effetti di tale editto tra il 1866 ed il 1918:
Fu invece italiano – Alcide Degasperi - il “complice” silente della morte per infoibamento di migliaia di italiani residenti al di là dell’Adriatico, dell’esilio di 310.000 istriani, fiumani e dalmati. Il governo americano avrebbe voluto un referendum plebiscitario per la cessione di Fiume, Istria e Dalmazia alla Iugoslavia. Il“santo“ democristiano si oppose, perché se avesse concesso il plebiscito agli italiani di Pola, Zara e Ragusa, avrebbe dovuto concederlo anche all’Alto Adige. Il risultato dei plebisciti avrebbe certamente sentenziato che le terre di Istria, Fiume e Dalmazia sarebbero dovute rimanere con l’Italia, mentre l’Alto Adige molto probabilmente sarebbe passato all’Austria, con la conseguenza che non avrebbe potuto giustificare l’autonomia speciale di cui gode oggi il Trentino (”L’esodo dei 350 000 Giuliani Fiumani e Dalmati” ediz. DIFESA ADRIATICA di Padre Flaminio Rocchi; professor Gianni Oliva; professor Michael Gehler; professoressa Stadlmayer).
!n questi giorni si è consumata un’azione meschina -pare commessa dagl’ anarchici- contro la chiesa di S. Rocco di Rovereto (http://www.ilgiornale.it/news/cronache/rovereto-incendio-chiesa-san-rocco-aperta-indagine-1627720.html), obbiettivo scelto perché ha ospitato un presepe che ricordava il dramma dell’aborto.
Una schiera di politici ha manifestato vicinanza e solidarietà nei confronti del parroco della chiesa in questione, con la ferma condanna dell’atto. Però ho constatato, che tra coloro che ha espresso indignazione per l’accaduto e vicinanza per il reverendo, nessuno ha speso una parola sul motivo che ha spinto gli anarchici a commettere l’incivile gesto, ovvero la contrarietà alla cultura della vita, la volontà di sposare la selvaggia idea che i cuccioli di uomo possono essere eliminati come fossero degli oggetti già dal grembo materno.
Le forze che si scagliano contro coloro che non condividono la pratica dell’aborto è violentissima e non vi è angolo della terra dove le angeliche creature non siano esposte a politiche erodiane.
In New Jersey, all’esterno di una clinica della Planned Parenthood, 4 frati dell’ordine religioso dei francescani del rinnovamento, con il fine di sensibilizzare sugli aspetti abortivi, limitandosi nell’omaggiare rose rosse alle donne incinte che si approssimavano a sottoporsi a pratica abortiva, sono stati arrestati.
Purtroppo, le statistiche compilate da Worldometers indicano che nel 2018 ci sono stati quasi 42 milioni di aborti in tutto il mondo.
Ma tutto questo è davvero umano?
In Italia l’aborto diventa legge durante uno dei governi Andreotti. In seguito il già senatore a vita ha sempre raccontato di essersi pentito di aver permesso tale legge; pentimento confermato recentemente dalla figlia di Andreotti.
Quando si parla di aborto, non si tiene conto della fondamentale differenza che passa tra FORMA e SOSTANZA. I sostenitori dell'aborto - Suppongo in buona fede- si limitano alla FORMA, ovvero considerano degno di vita un essere quando ha maturato interamente le fattezze umane, invece chi contrario all'aborto -vedi il sottoscritto- guarda alla sostanza, ovvero alla nuova vita fino dal principio, sì perchè dall'atto del concepimento esiste già un altro uomo, un uomo che necessità di 9 mesi per svilupparsi. Non è solo il mio istinto, la mia piccola intelligenza, la mia fede religiosa a far maturare queste convinzioni, ma si trova riscontro nella così tanto "amata" scienza. Riporto a seguire il giudizio di eminenti medici del "settore".
Ippocrate ritenuto il padre della medicina, nel suo giuramento esplicita senza possibilità di interpretazioni la sua contrarietà all'aborto.
Bernard Nathanson durante gli anni giovanili si schierò decisamente in favore della libertà di scelta della donna, e realizzò un aborto su una donna che lui stesso aveva messo incinta. In seguito acquisì notorietà quando divenne membro fondatore della National Association for the Repeal of Abortion Laws (Associazione Nazionale per l'Abrogazione delle Leggi sull'Aborto, oggi NARAL Pro-Choice America). Lavorò con Betty Friedan ed altri per la legalizzazione dell'aborto negli Stati Uniti. I loro sforzi ebbero successo quando si produsse la celebre decisione Roe v Wade. Durante un periodo di tempo fu anche direttore del Center for Reproductive and Sexual Health ("Centro per la Salute Riproduttiva e Sessuale"), la più grande clinica di aborti di New York. Nathanson ha scritto che fu responsabile di oltre 75 000 aborti durante la sua militanza per la libertà di scelta. Negli anni settanta lo sviluppo degli ultrasuoni lo portò a riconsiderare il suo punto di vista sull'aborto, e divenne un forte sostenitore del movimento per la vita. Nel 1984 realizzò il documentario The Silent Scream (Il grido silenzioso), che mostrava un aborto attraverso l'ecografia. Il suo secondo documentario, Eclipse of Reason (Eclisse della ragione), analizzava invece la tematica degli aborti tardivi. Affermò anche che il numero in passato citato dal NARAL sul numero di aborti illegali erano "numeri falsi".
“La vita inizia quando i 23 cromosomi maschili si fondono coi 23 cromosomi femminili. Lo zigote ha in sé già tutto” - dott. Giorgio Pardi che oltre ad essere stato presidente della Società italiana di medicina perinatale e presidente dell’Associazione ginecologi universitari italiani, godeva di una fama che oltrepassa l’oceano, si è sempre dichiarato ATEO.
L’aborto non riguarda solo le donne, le donne non devono avere l’arroganza nel credere e pensare che la gravidanza riguardi solo loro. Il “seme” non è una parte marginale per la produzione dei frutti, così come non è marginale il campo da seminare, entrambi dipendono gli uni dall'altro, ed in entrambi casi nessuno è più padrone dell'altro. Nessuno è padrone, ma entrambi custodi del frutto, perchè seme, terra, frutto sono elementi dipendenti uno dall'altro, ma allo stesso tempo, cose distinte tra loro, così com'è per la Santissima Trinità!
L’aborto volontario è sempre una ingiustificabile barbarie, poniamo fine al sacrificio di cuccioli di uomo indifesi immolati criminalmente sull’altare della cultura dell’incultura della morte.
«[...] Dal verbale della Sessione XIV del Congresso Cispadano: Reggio Emilia, 7 gennaio 1797, ore 11. Sala Patriottica. Gli intervenuti sono 100, deputati delle popolazioni di Bologna, Ferrara, Modena e Reggio Emilia. Giuseppe Compagnoni di Lugo fa mozione che si renda Universale lo Stendardo o Bandiera Cispadana di tre colori, Verde, Bianco e Rosso e che questi tre colori si usino anche nella Coccarda Cispadana, la quale debba portarsi da tutti. Vien decretato. [...]»
L'episodio sopra riportato è un mero insegnamento ideologico, artefatta propaganda, che lede ed alterà la verità storica, in quanto la bandiera italiana esiste da più di 2 secoli, bensì 2 millenni!!!
Tre è il numero dei colori che compongono la bandiera italiana.
Il numero tre, dalla notte dei tempi per i popoli indoeuropei è il numero su cui fondano, poggiano le loro, la nostra civiltà. La vita delle società indoeuropee, ruotava attorno ad un sistema trifunzionale. La struttura fondamentale del pensiero religioso e sociale delle popolazioni sviluppatesi dalla comune radice indoeuropea (sumeri, indiani, persiani, greci, romani, germani, celti) consiste nella tripartizione funzionale in Sacerdoti, Guerrieri e Contadini. Questa suddivisione sociale è anche lo specchio di un'armonia divina, in cui gli stessi dèi sono così suddivisi, classificati e diversamente adorati. Ciò significa che l'aspetto socio-politico è correlato dalla dimensione mitico-religiosa e che il mondo del divino diviene l'archetipo che dà la forma a tutta la società degli uomini.
Durante tutto il medioevo europeo, si assiste ad una chiara riapparizione, in campo sociale, della tripartizione funzionale: la società si divide in chierici, che pregano e sono gli unici detentori del sapere (oratores), in baroni, che vegliano in armi alla difesa e alla salvaguardia dell’insieme della comunità (bellatores), ed in contadini (laboratores), che assicurano il suo sostentamento. Questa ripartizione si opera soprattutto tra VII e l’XI secolo, epoca in cui l’aristocrazia si costituisce in classe militare, in cui i chierici formano una vera e propria casta clericale ed in cui la condizione contadina si uniforma a livello di servitù. A partire dal XIII secolo, lo schema si modifica un poco, a causa dello sviluppo urbano e dell’apparizione della <<classe guastafeste dei mercanti, che segna il passaggio da un’economia chiusa ad un’economia aperta>>. Nel XIV secolo, in un sermone inglese si legge. << Dio ha creato i chierici, i cavalieri ed i lavoratori agricoli; ma il demonio ha creato i borghesi e gli usurai>>. Tuttavia, la triade classica dell’Ancian Régime (clero, nobiltà, Terzo Stato) conoscerà in Europa, fino alla fine del XVIII secolo, la fortuna che è ben nota. E gli Stati generali del 1789 saranno probabilmente <<l’ultima e più spettacolare manifestazione della teoria dei tre stati>>.
Tre è anche il numero che rappresenta la santissima trinità: Padre, Figlio, Spirito Santo.
Tre sono le interazioni triadiche padre – madre – figli.
I colori verde, bianco e rosso rappresentano la bandiera italiana, imposta dalla massoneria in seguito al risorgimento, infatti richiama un grado del rito scozzese! Però i tre colori legati tra loro hanno poco di settario, tant’è che hanno arcaiche radici, antiche come Roma più di Roma, infatti in Roma i tre colori hanno avuto tanta importanza, da apparire proprio nel contesto delle bandiere. Queste, di colore album, roseum, caeruleum, venivano issate sul Campidoglio per convocare, rispettivamente, i comitia curiata (a carattere sacrale), centuriata (militare) e tumultus collettivo. I valori funzionali che ne risultano sono molto evidenti: sovranità sacra (bianco), ambito guerriero (rosso) e fecondità/produzione (verde) e, proprio per questo, presenti in tutto il mondo indoeuropeo. Non sorprenderà, allora, constatare come molte altre nazioni consorelle d'Eurasia condividano con l'Italia il Tricolore della bandiera nazionale; Non solo, dunque, il Tricolore d'Italia affonda le sue radici alle origini della nostra civiltà, di quella Roma che, con Augusto, la renderà unita per la prima volta. Esso "costituisce la mirabile sintesi rappresentativa dell'unità nella diversificazione delle [sue] componenti sociali ed etniche". Un ideale per il quale - come abbiamo visto - si è battuto, spesso immolandosi, il fiore della nostra migliore gioventù. Non rinneghiamolo né disprezziamolo, perché esso reca con sé un messaggio di riscatto e di speranza che ci giunge da un remoto passato.
Con frasi ad effetto -tipico della dottrina bolscevica- si vuole imporre il pensiero unico, materialista marxista! << la scuola forma ed educa il cittadino secondo lo spirito della nostra costituzione>>, così ad esempio si esprime tramite un social l’ex assessore provinciale Sara Ferrari. A quest’ultima devo ricordare che “educazione” non è sinonimo di “indottrinamento”, perché nello specifico di questo si tratta. Altresì, va precisato con chiarezza che la scuola non ha il compito di educare -che spetta alle famiglie, così come sancito dall’ONU per quanto riguarda i diritti dell’uomo, come insegnato dal cattolicesimo, così come imposto dal buon senso e la ragione- la scuola deve istruire (in Italia un miraggio).
per altro, sarebbe interessante che ci spiegassero come i genitori di alunni di religione islamica accoglieranno tale iniziativa.
Come padre trovo sconfortante che debba sempre stare vigile ed attento, per evitare che le molte trappole disseminate possano catturare e far male ai miei figli.
Pietro frequenta la seconda media delle scuole medie inferiori Manzoni di Trento, i quali docenti per il suo ritorno dalle vacanze natalizie hanno preparato delle “civilissime” ed accattivanti lezioni dal titolo, Educazione alla relazione di genere – ovviamente per questi cicli d'incontri mio figlio sarà assente giustificato.
Non entro nel merito della questione, che ritengo tempo perso in quanto elucubrazioni di menti disordinate, così come molto bene ha documentato la già antropologa Ida Magli, ma visto il miserevole contesto, liquido con un più consono e memorabile frase del ragionier Ugo Fantozzi: per me la parità di genere è una cagata pazzesca!!
Oltre al dramma della violenza psicologica a cui vengono sottoposti i poveri ignari bambini, vi è una tragedia meno edificante ma non certo marginale, ovvero il costo di queste pericolose carnevalate,
90 mila euro
Soldi destinati tramite l’iter della giunta provinciale sottostante.
deliberazione della Giunta provinciale n. 836 di data 18 maggio 2018 che ha approvato il bando per l’attivazione di percorsi di educazione alla relazione di genere da attivare nell’a.s. 2018/19 nelle istituzioni scolastiche e formative del sistema educativo della provincia di Trento sono pervenute n. 24 istanze per le quali è stata effettuata l’attività istruttoria esaminando la completezza della domande presentate e dall'esame istruttorio risultano tutte accoglibili; è stata richiesta l’attivazione di complessivi 83 percorsi di educazione alla relazione di genere per l'anno scolastico 2018/2019, pari ad 858 ore di attività di formazione, (attingendo dal catalogo dei percorsi approvato con la deliberazione n. 836/2018) spesa complessiva di 91.910,00 euro
Plagio, si chiama plagio e violazione della privacy.
I miei figli nel loro registro elettronico scolastico hanno ricevuto un video clip dal titolo “l’Altalena”.
Il messaggio musicale è pura propaganda massonica-bolscevica-globalista.
Attraverso la manipolazione del linguaggio e la distorsione della realtà, da perfidi ed ideologizzati, persone adulte utilizzano e strumentalizzano ignari bambini, probabilmente con la complicità e condivisione di pensiero dei genitori che hanno accettato di essere mezzo di un meschino fine.
Le parole della canzone evidenziano turbe psichiche di chi l'ha pensata, a dimostrazione la strofa più bieca e meschina:
…<<Tempo in cui, in cui soltanto chi era alto e biondo poteva avere un posto in questo mondo>>!!!
Gli attori principali dell’iniziativa sono docenti che insegnano in scuole statali, dunque costoro da ogni cittadino remunerati, remunerazione che avviene solo e soltanto per l’insegnamento dell’istruzione scolastica e non certo per secondi fini, in questo caso per un fine primario, plasmare secondo i loro pruriti di una visione del mondo innaturale meticcia della società.
Gli “indottrinatori”, sono gli stessi che appoggiano e propagandano famiglie monogenitoriali, famiglie omosessuali, la teoria gender, l’indistinzione religiosa, omettendo ad esempio che il corano insegna che le donne possono essere percosse, ma che allo stesso tempo in odio alla figura paterna alimentano un’inesistente femminicidio, innescando l’ennesimo conflitto sociale, donna contro uomo! Sono gli stessi nostalgici Leninisti, adelfi della dissoluzione, che promuovono la società multietnica, con uno scopo razzista prevaricatore ben preciso, estinguere l’uomo dall’epidermide bianca, attraverso il meticciato, così come ad esempio auspicato da insigni “oscuri signori”, Noel Ignatiev e Emmanuel Rabbinovitch; sette, la massoneria liberal capitalista bolscevica.
Docenti che fanno propria la professione di fede di leninista memoria:<< “La menzogna in bocca ad un comunista è una verità rivoluzionaria>>. Anche in questa occasione non è venuta meno.
Docenti che manifestano un’evidente voglia di masochismo, volta all’autoestinzione della propria etnia che sfocia nella sindrome di Stoccolma. La tragedia, consiste nel fatto, che il modello di società multietnica non trova riscontri e giustificazioni, né scientifica, medica, religiosa e sociale, se non nella diabolica “testa” di alcuni gruppi umani che padroni incontrastati della finanzia mondiale attraverso il controllo dei mass media perseguono il fine bestiale del meticciato tout court, quel meticciato che in Israele con legge del 17 luglio 2017 è vietato per legge.
"una nazione può sopravvivere agli idioti, e anche agli ambiziosi, ma non può sopravvivere al tradimentointerno" - Marco Tullio Cicerone
video "l,Altalena": https://youtu.be/An6OHEyp4Xc
Dalla notte dei tempi per i popoli indoeuropei Il Crocifisso è sacro, rappresenta l’asse del mondo, l’albero della vita. Con l’incarnazione di Dio in Gesù il crocifisso viene plasmato divinamente.
Strumentalmente, politici indegni, peccatori impenitenti per fini interessati materiali -visione orizzontale- speculano su di esso farisaicamente. Il popolaccio si accoda ai loro indegni rappresentanti, sia i primi che i secondi, quali dei 10 comandamenti rispettano, quali dei 7 sacramenti non calpestano? Divorziati, conviventi, abortisti, fedigrafi…..Quanti di costoro sarebbero davvero disposti ad onorare Cristo secondo una visione spirituale (visione verticale)? Posizionando il Crocifisso negli uffici pubblici, scuole, ospedali sareste disposti a tributare al Re di tutti i re delle preghiere, fosse anche un veloce segno di croce? I musulmani per il loro Allah -che non è il nostro Dio- durante il giorno si fermano per tributare ad esso preghiere.
A queste condizioni Siamo sicuri che Cristo voglia entrare nei luoghi sopra indicati? No!! Cristo non è un semplice simbolo -così come lo avete ridotto- come tanti altri, da contrapporre ad altri simboli, Cristo è Religione, Cristo è Dio; la sua legge/amore non si può certo oltraggiarla con il proprio reiterato scandaloso modo di vivere!
Cristo è la via, verità e vita!
P.s. il mio non è un giudizio, semplice constatazione.
Ho seri dubbi che non vi siano state famiglie italiane che avrebbero potuto occupare l’alloggio di Doss Trento. Però ci si sarebbe dovuti meravigliare se ad occupare la casa all’ombra del mausoleo di Battisti sarebbero stati proprio degli Italiani. Una società dove gl’immigrati che spacciano, stuprano, uccidono sono esenti da colpe, che le loro azioni trovano giustificazione nel comportamento brutto e cattivo dei bianchi e razzisti italiani, tutto quadra. Se i modelli d’italianità sono Mario Balotelli, Paola Egonu, Miriam Sylla, Cécile Kyenge è normale che si continui a discriminare gl’italiani “vecchio stampo” a vantaggio dei nuovi i”D”aliani.
Un tempo in cui si può dubitare dell’esistenza di Dio, bestemmiarlo, ma che non si può mettere in discussione la storia, è normale dissacrare tutto e tutti, sì, perché che piaccia o no, Doss Trento è un luogo simbolo, sacro, perché raccoglie le spoglie di un combattente, morto per un’idea, condivisibile o meno, a favore o contro, ma morto fieramente per un suo convincimento. Cesare Battisti non fu un traditore, così allegramente e vigliaccamente come pochi e marginali omuncoli lo descrivono, fu un uomo con sensibilità diverse. I traditori sono vigliacchi, mai metterebbero a repentaglio la propria vita, tanto meno ma soprattutto per un’idea; Cesare Battisti lo ha fatto. Cesare Battisti, per la sua storia e ideali non mi rappresenta, ma che valuto per il coraggio che ha sempre dimostrato, anche durante il suo ultimo respiro, immortalato da una fotografia (quella foto mi ha fatto cambiare idea su Cesare Battisti). Cesare Battisti fu socialista, e forse oggi anche lui sarebbe globalizionista, era massone motivo in più per credere che oggi sarebbe stato globalizionista, ma in questo caso ne i Se ne i Ma possono dare delle certezze, non è però opinabile che chi con la storia del Trentino, dell’Italia e dell’Europa non ha avuto nulla a che fare, non ha avuto antenati che hanno combattuto e perso la vita, devono stare lontano dalle nostre sacre reliquie, si perché è il sangue dei nostri antenati che ha inzuppato i nostri suoli che li ha resi sacri, irrinunciabili, sempre difendibili. È il sangue che costituisce e rende consapevole un popolo non l’inchiostro!! Come diceva Tolkien, le radici profonde non gelano mai.
Ho seri dubbi che non vi siano state famiglie italiane che avrebbero potuto occupare l’alloggio di Doss Trento. Però ci si sarebbe dovuti meravigliare se ad occupare la casa all’ombra del mausoleo di Battisti sarebbero stati proprio degli Italiani. Una società dove gl’immigrati che spacciano, stuprano, uccidono sono esenti da colpe, che le loro azioni trovano giustificazione nel comportamento brutto e cattivo dei bianchi e razzisti italiani, tutto quadra. Se i modelli d’italianità sono Mario Balotelli, Paola Egonu, Miriam Sylla, Cécile Kyenge è normale che si continui a discriminare gl’italiani “vecchio stampo” a vantaggio dei nuovi i”D”aliani.
Un tempo in cui si può dubitare dell’esistenza di Dio, bestemmiarlo, ma che non si può mettere in discussione la storia, è normale dissacrare tutto e tutti, sì, perché che piaccia o no, Doss Trento è un luogo simbolo, sacro, perché raccoglie le spoglie di un combattente, morto per un’idea, condivisibile o meno, a favore o contro, ma morto fieramente per un suo convincimento. Cesare Battisti non fu un traditore, così allegramente e vigliaccamente come pochi e marginali omuncoli lo descrivono, fu un uomo con sensibilità diverse. I traditori sono vigliacchi, mai metterebbero a repentaglio la propria vita, tanto meno ma soprattutto per un’idea; Cesare Battisti lo ha fatto. Cesare Battisti, per la sua storia e ideali non mi rappresenta, ma che valuto per il coraggio che ha sempre dimostrato, anche durante il suo ultimo respiro, immortalato da una fotografia (quella foto mi ha fatto cambiare idea su Cesare Battisti). Cesare Battisti fu socialista, e forse oggi anche lui sarebbe globalizionista, era massone motivo in più per credere che oggi sarebbe stato globalizionista, ma in questo caso ne i Se ne i Ma possono dare delle certezze, non è però opinabile che chi con la storia del Trentino, dell’Italia e dell’Europa non ha avuto nulla a che fare, non ha avuto antenati che hanno combattuto e perso la vita, devono stare lontano dalle nostre sacre reliquie, si perché è il sangue dei nostri antenati che ha inzuppato i nostri suoli che li ha resi sacri, irrinunciabili, sempre difendibili. È il sangue che costituisce e rende consapevole un popolo non l’inchiostro!! Come diceva Tolkien, le radici profonde non gelano mai.
Il cancelliere Kurz sul Risorgimento italiano dice la verità. Kurz sproloquia sul resto delle sue asserzioni. L'Italia esiste dal 63 ac, ne fu il padre fondatore Gaio Giulio Cesare Ottaviano Augusto. Gli Asburgo (fino a quando il pavido Francesco II rinunciò al titolo d'imperatore romano) furono gli eredi del Sacro Romano Impero. Il sud Tirolo fu chiamato Alto Adige da Napoleone e non dai governi italiani, tanto meno dal governo monarchico fascista. Napoleone autore dell'uccisione di Andreas Hofer -eroe cattolico- per riconoscenza gli fu da in sposa la principessa Luisa d'Asburgo (a proposito, corre voce che Francesco Giuseppe sia figlio del generale Francese). Nel 1683 Vienna e con essa gli Asburgo furono salvati dall'assalto islamico da italiani e polacchi. Anni dopo gli Asburgo per riconoscenza aggredirono la Polonia sottraendole la Galizia. La "riconoscenza" mostrata ai polacchi non risparmiò gli italiani dell'Alto Adige, infatti per ordine di Maria Teresa d'Austria subirono un violento processo di germanizzazione , senza distinzione tra italiani e ladini (processo di germanizzazione che ebbe dei precedenti con Massimiliano ed Ottone). Francesco Giuseppe, con una legge imperiale del 12 novembre dei 1866, nelle terre d'Istria, Fiume e Dalmazia diluì l'elemento italico a favore di quello slavo, scellerata legge origine di quella grande tragedia che si sarebbe consumata a scapito degli italiani per mano titina tra la fine del secondo conflitto mondiale e qualche tempo dopo il termine del conflitto, foibe ed esodo.
Durante la prima guerra mondiale si verificò un vero e proprio esodo dei trentini. Il Trentino, allora facente parte dell'impero austro-ungarico, fu infatti uno dei principali teatri di scontro. Su una popolazione censita nel 1910 di 393.111 abitanti, ben 173.026 vennero allontanati dal Trentino. Circa 60.000 trentini vennero arruolati nell'esercito asburgico per combattere prevalentemente sul fronte orientale contro l'impero russo. Gli ultimi prigionieri di guerra tornarono in Trentino solo nel 1920. Circa 75.000 civili vennero evacuati e deportati dagli austro-ungarici, in campi profughi in Boemia, Moravia, in Alta e Bassa Austria e in Stiria, ben lontani dal Trentino. Gli ordini di sgombero nella zona nera (Rovereto, Ala, Avio, Brentonico, Riva del Garda), dove si combatteva più intensamente, arrivarono con appena quarantott'ore di anticipo. I profughi trentini vennero sistemati nelle cosiddette città di legno (tra le maggiori quelle di Braunau e Mitterndorf), dove vissero in baracche in precarie condizioni igienico-sanitarie e patirono la fame. Soprattutto i bambini morirono di stenti. Dei 1.931 trentini deceduti nel campo di Mitterndorf dal giugno 1915 al dicembre del 1918, 875 (pari al 45,7%) erano di età inferiore ai 10 anni.
I sospettati di irredentismo vennero internati nel campo di Katzenau. Se ne contarono 1.754 (anche bambini e disabili mentali), di cui 353 trovarono la morte.
Analoga sorte spettò agli italiani della Venezia Giulia, anch'essa sotto il dominio asburgico fino alla fine della Prima guerra mondiale. Essi vennero raccolti soprattutto nel campo di Wagna, che funzionò anche da base di smistamento verso altri campi per molti italiani, tra cui trentini.
Signor Kurz, considerato il suo meritevole studio sul Risorgimento italiano, sia meno superficiale nello studiare la storia del suo Paese, l'Austria, ben altra cosa rispetto all'impero di Austria e Ungheria. http://www.lastampa.it/2018/09/24/esteri/laustria-di-kurz-riscrive-il-risorgimento-cavour-e-mazzini-oppressori-nazionalisti-OCdGTbrXeWeBwQSUSiUiYJ/pagina.html
L’omosessualità come tutti i disordini sessuali vanno accompagnati alla loro maturazione, così come esplicato da Sigmund Freud.
Per giustificare e dare forza al modello omosessuale, forzatamente poggiano su modelli di società del passato virtuose, ad esempio quella greca. Ma è falso, falssissimo asserire che nell’antica Grecia l’omosessualità fosse la normalità.
In tutti i tempi e in tutte le società sono esistite, esistono ed esisteranno persone con orientamenti sessuali differenti, ma anche innaturali. Tuttavia, nella Grecia antica l’omosessualità non era la norma, come alcuni vogliono farci credere, anzi era l’eccezione. La tesi che sostiene il contrario, infatti, è del tutto infondata.
Tra gli assertori della normalità della pratica omosessuale nella Grecia antica, vi è K.J. Dover il quale, nel suo libro “Greek Homosexuality (1978) [trad. it. "L'omosessualità nella Grecia antica", Torino, Einaudi, 1985] cerca di convincerci che nella Grecia antica l’omosessualità non veniva vista come la vediamo oggi.
Leggi tutto: Con il Ministro Fontana, a difesa dei bambini e della famiglia naturale
L’Italia e il continente europeo sono legate tra di loro più che con ogni altra nazione del nostro continente.
Agenore, gemello di Belo, sposa Melassa da cui ebbe come figli maschi Cadmo, Cilice, Fenice, Fineo e Taso e una sola figlia Europa. Europa fu rapita da Zeus, sotto forma di toro bianchissimo. Si ricorda che, IO l’antenato di Europa fu trasformata in vacca bianca. Il mito ci informa che il bianco è il colore di Europa e di IO, il colore della razza europea. Che la fanciulla Europa sia rapita e fecondata proprio da Zeus in persona, riprende l’idea per cui l’Europa divenne una terra <<amata dagli dei>>, una terra fertile. Narra il poeta greco, Mosco di Siracusa, riferendo un altro mito di un sogno che la dea Afrodite suscitò in Europa: nel sogno la giovane vide comparire due terre, una delle quali si chiamava Asia, mentre l’altra non aveva nome. E a questa terra, Europa diede il proprio nome. Erodoto (484 – 420 a.c.) scrisse che i suoi contemporanei dividevano il mondo in tre parti: Europa, Asia e Lidia (Africa).
Europa, la terra, non doveva essere popolata dai discendenti di Agenore poiché, i fratelli non la trovarono. Il motivo più probabile era che il nome Nord Europa era sotto la morsa della neve e del ghiaccio.
I figli di Agenore popolarono zone più calde. Questi miti derivano da storie antichissime, dove spesso eventi apparentemente recenti appartengono a tempi preistorici. Dopo il rapimento di Europa, Agenore sparse i suoi figli in ogni dove affinché la ritrovassero; questa doveva essere il motivo per cui molte regioni presero il loro nome.
Europa rapita da Zeus e recata a Creta, si nasconde Erebu, alle origini, il nome che denoterà l’occidente, è accadico Erebu (“ovest”, il “rientrare del sole”): accadico urrubu (“rientrare”): il prefisso “EU” significò bruna: accadico Arpu ovvero oscuro. Oscure lo sono anche le Esperidi, parenti strette di Europa. Illuminante l’etimo Esperos, sera: letteralmente oscurarsi della terra. Latino vesper, gallico gosper, irlandese fescor (sera). Anche le Arpie derivano dall’etimo dall’accadico arpu, erpu ovvero oscuro e da erbu, erebu ovvero – sempre ancora una volta – Occidente.
Le Arpie ebbero fantastiche sedi in occidente, che per gli antichi è il regno delle tenebre, nel giardino delle Esperidi, sulle vie del mondo infero. Omero le fa dee della morte. La loro fine per mano di Borea (montagna) ci richiama ai miti collegati con motivi di luce e ombre, di oriente-occidente-settentrione… Quindi: Arpie di Occidente, vicine alle Esperidi e uccise dai figli di Borea.
Atlante, attribuito alla catena atlantica, nell’Africa del Nord Ovest, richiama chiaramente il mito delle Esperidi, l’Occidente. L’etimologia di Italia ed Etolia, la base di Atlante corrisponde all’accadico attalu, antalu, all’aramaico atalja (oscuramento del sole). La parola Italia è affine ad Aetolia, Atlas, Aithalia che è, in greco il nome antico dell’Elba.
Lo intravediamo nella lingua antichissima che ha costruito, nel II millennio a.c., quella dei rapporti diplomatici nel bacino del Mediterraneo, ed è la lingua che ha rivelato già il significato della parola Asia, da Asu (oriente); il significato di Europa da erebu (tramonto del sole). Non senza trepidazione vediamo riemergere questa parola nella forma hintial del celeberrimo specchio etrusco, ove è disegnata l’ombra, hintal, di Teresia, e torna, quasi identica nell’antico indiano. Atalu, chiarisce il nome Etolia, della regione occidentale della Grecia e chiarisce anche il nome di Atlante, che Esiodo trova ai confini della terra, fra Esperidi melodiose.
Il 12 ottobre a Trento si tenuta una conferenza presieduta dal Gran Maestro del Grande Oriente d’Italia Stefano Bisi dal titolo “Massoneria Massofobia”.
Di per sé il titolo direbbe tutto, ovvero i massoni perseguitati o quanto meno si sento tali. Messi all’indice perché esisterebbe una fobia nei loro confronti, dunque paura ingiustificata.
Al di là dell’ormai consueta manipolazione del linguaggio, che pone il carnefice innocente rispetto alla vittima criminale, nel fatto di specie, nessuno ha “fobie” della Massoneria, ma bensì i fatti storici e sociali evidenziano incontrovertibilmente che tale setta ha il controllo terraqueus del pianeta.
Se ce ne fosse bisogno a ulteriore conferma cito le affermazioni dell’eminentissimo “fratello” Gioele Magaldi.
(https://www.ilfattoquotidiano.it/2014/11/19/massoneria-libro-shock-gran-maestro-magaldi-i-potenti-nelle-logge/1220062/)
Esistono i massoni e i supermassoni, le logge e le superlogge. Gioele Magaldi, quarantenne libero muratore di matrice progressista, ha consegnato all’editore Chiarelettere (che figura tra gli azionisti di questo giornale) un manoscritto sconcertante e che sarà presentato domani sera alle 21 a Roma, a Fandango Incontro. Il libro, anticipato ieri dal sito affaritaliani.it, è intitolato Massoni società a responsabilità illimitata, ma è nel sottotitolo la chiave di tutto: La scoperta delle Ur-Lodges. Magaldi, che anni fa ha fondato in Italia il Grande Oriente Democratico, in polemica con il Grande Oriente d’Italia, la più grande obbedienza massonica del nostro Paese, in 656 pagine apre ai profani un mondo segreto e invisibile: tutto quello che accade di importante e decisivo nel potere è da ricondurre a una cupola di superlogge sovranazionali, le Ur-Lodges, appunto, che vantano l’affiliazione di presidenti, banchieri, industriali. Non sfugge nessuno a questi cenacoli. Le Ur-Lodges citate sono 36 e si dividono tra progressiste e conservatrici e da loro dipendono le associazioni paramassoniche tipo la Trilateral Commission o il Bilderberg Group. Altra cosa infine sono le varie gran logge nazionali, ma queste nel racconto del libro occupano un ruolo marginalissimo. Tranne in un caso, quello della P2 del Venerabile Licio Gelli.
I documencover3ti che mancano sono a Londra, Parigi e New York. Prima però di addentrarci nelle rivelazioni clamorose di Massoni è d’obbligo precisare, come fa Laura Maragnani, giornalista di Panorama che ha collaborato con Magaldi e ha scritto una lunga prefazione, che l’autore non inserisce alcuna prova o documento a sostegno del suo libro, frutto di un lavoro durato quattro anni, nei quali ha consultato gli archivi di varie Ur-Lodges. Tuttavia, come scrive l’editore nella nota iniziale, in caso di “contestazioni” Magaldi si impegna a rendere pubblici gli atti segreti depositati in studi legali a Londra, Parigi e New York. Detto questo, andiamo al dunque non senza aver specificato che tra le superlogge progressiste la più antica e prestigiosa è la Thomas Paine (cui è stato iniziato lo stesso Magaldi) mentre tra le neoaristocratiche e oligarchiche, vero fulcro del volume, si segnalano la Edmund Burke, la Compass Star-Rose, la Leviathan, la Three Eyes, la White Eagle, la Hathor Pentalpha.
Tutto il potere del mondo sarebbe contenuto in queste Ur-Lodges e finanche i vertici della fu Unione Sovietica, a partire da Lenin per terminare a Breznev, sarebbero stati superfratelli di una loggia conservatrice, la Joseph de Maistre, creata in Svizzera proprio da Lenin. Può sembrare una contraddizione, un paradosso, ma nella commedia delle apparenze e dei doppi e tripli giochi dei grembiulini può finire che il più grande rivoluzionario comunista della storia fondi un cenacolo in onore di un caposaldo del pensiero reazionario. In questo filone, secondo Magaldi, s’inserisce pure l’iniziazione alla Three Eyes, a lungo la più potente Ur-Lodges conservatrice, di Giorgio Napolitano, attuale presidente della Repubblica e per mezzo secolo esponente di punta della destra del Pci: “Tale affiliazione avvenne nello stesso anno il 1978, nel quale divenne apprendista muratore Silvio Berlusconi. E mentre Berlusconi venne iniziato a Roma in seno alla P2 guidata da Licio Gelli nel gennaio, Napolitano fu cooptato dalla prestigiosa Ur-Lodge sovranazionale denominata Three Architects o Three Eyes appunto nell’aprile del 1978, nel corso del suo primo viaggio negli Stati Uniti”.
Altri affiliati: Papa Giovanni XXIII, Bin Laden e l’Isis, Martin Luther King e i Kennedy. C’è da aggiungere, dettaglio fondamentale, che nel libro di Magaldi la P2 gelliana è figlia dei progetti della stessa Three Eyes, quando dopo il ‘68 e il doppio assassinio di Martin Luther King e Robert Kennedy, le superlogge conservatrici vanno all’attacco con una strategia universale di destabilizzazione per favorire svolte autoritarie e un controllo più generale delle democrazie. “Il vero potere è massone”. E descritto nelle pagine di Magaldi spaventa e fa rizzare i capelli in testa. Dal fascismo al nazismo, dai colonnelli in Grecia alla tecnocrazia dell’Ue, tutto sarebbe venuto fuori dagli esperimenti di questi superlaboratori massonici, persino Giovanni XXIII (“il primo papa massone”), Osama bin Laden e il più recente fenomeno dell’Isis. In Italia, se abbiamo evitato tre colpi di Stato avallati da Kissinger lo dobbiamo a Schlesinger jr., massone progressista.
L’elenco di tutti gli italiani attuali spiccano D’Alema, Passera e Padoan. Il capitolo finale è un colloquio tra Magaldi e altri confratelli collaboratori con quattro supermassoni delle Ur-Lodges. Racconta uno di loro, a proposito del patto unitario tra grembiulini per la globalizzazione: “Ma per far inghiottire simili riforme idiote e antipopolari alla cittadinanza, la devi spaventare come si fa con i bambini. Altrimenti gli italiani, se non fossero stati dei bambinoni deficienti, non avrebbero accolto con le fanfare i tre commissari dissimulati che abbiamo inviato loro in successione: il fratello Mario Monti, il parafratello Enrico Letta, l’aspirante fratello Matteo Renzi”. Per non parlare del “venerabilissimo” Mario Draghi, governatore della Bce, affiliato a ben cinque superlogge. Ecco l’elenco degli italiani nelle Ur-Lodges: Mario Draghi, Giorgio Napolitano, Mario Monti, Fabrizio Saccomanni, Pier Carlo Padoan, Massimo D’Alema, Gianfelice Rocca, Domenico Siniscalco, Giuseppe Recchi, Marta Dassù, Corrado Passera, Ignazio Visco, Enrico Tommaso Cucchiani, Alfredo Ambrosetti, Carlo Secchi, Emma Marcegaglia, Matteo Arpe, Vittorio Grilli, Giampaolo Di Paola, Federica Guidi. Berlusconi, invece, avrebbe creato una Ur-Lodge personale, la Loggia del Drago.
Lupi travestiti d’agnello - Esopo
Noto che quando si parla di aborto, non si tiene conto della fondamentale differenza che passa tra FORMA e SOSTANZA. I sostenitori dell'aborto - Suppongo in buona fede- si limitano alla FORMA, ovvero considerano degno di vita un essere quando ha maturato interamente le fattezze umane, invece chi contrario all'aborto -vedi il sottoscritto- guarda alla sostanza, ovvero alla nuova vita fino dal principio, sì perchè dall'atto del concepimento esiste già un altro uomo, un uomo che necessità di 9 mesi per svilupparsi. Non è solo il mio istinto, la mia piccola intelligenza, la mia fede religiosa a far maturare queste convinzioni, ma si trova riscontro nella così tanto "amata" scienza. Riporto a seguire il giudizio di eminenti medici del "settore".
Ippocrate ritenuto il padre della medicina, nel suo giuramento esplicita senza possibilità di interpretazioni la sua contrarietà all'aborto.
Bernard Nathanson Durante gli anni giovanili si schierò decisamente in favore della libertà di scelta della donna, e realizzò un aborto su una donna che lui stesso aveva messo incinta. In seguito acquisì notorietà quando divenne membro fondatore della National Association for the Repeal of Abortion Laws (Associazione Nazionale per l'Abrogazione delle Leggi sull'Aborto, oggi NARAL Pro-Choice America). Lavorò con Betty Friedan ed altri per la legalizzazione dell'aborto negli Stati Uniti. I loro sforzi ebbero successo quando si produsse la celebre decisione Roe v Wade. Durante un periodo di tempo fu anche direttore del Center for Reproductive and Sexual Health ("Centro per la Salute Riproduttiva e Sessuale"), la più grande clinica di aborti di New York. Nathanson ha scritto che fu responsabile di oltre 75 000 aborti durante la sua militanza per la libertà di scelta. Negli anni settanta lo sviluppo degli ultrasuoni lo portò a riconsiderare il suo punto di vista sull'aborto, e divenne un forte sostenitore del movimento per la vita. Nel 1984 realizzò il documentario The Silent Scream (Il grido silenzioso), che mostrava un aborto attraverso l'ecografia. Il suo secondo documentario, Eclipse of Reason (Eclisse della ragione), analizzava invece la tematica degli aborti tardivi. Affermò anche che il numero in passato citato dal NARAL sul numero di aborti illegali erano "numeri falsi".
“La vita inizia quando i 23 cromosomi maschili si fondono coi 23 cromosomi femminili. Lo zigote ha in sé già tutto” - dott. Giorgio Pardi che oltre ad essere stato presidente della Società italiana di medicina perinatale e presidente dell’Associazione ginecologi universitari italiani, godeva di una fama che oltrepassa l’oceano, si è sempre dichiarato ATEO.
Emilio Giulana
Il ministro degli Esteri Enzo Moavero in merito ad emigrazione e immigrazione parla in buona fede o sproloquia in malafede? Nel dubbio è bene precisare come emigrazione italiana e immigrazione di terzomondisti nel nostro Paese, non sono sovrapponibili né tanto meno paragonabili.
Emigrazione
Un penoso fenomeno che ha quasi la stessa età dell’Unità d’Italia è quella dell’Emigrazione all’Estero, particolarmente quella oltre l’Atlantico.
Il problema fu così grave che il Sommo Pontefice Leone XIII si sentì nell’obbligo di intervenire incoraggiando in ogni modo le famiglie religiose che in tutto il mondo si occupavano dell’assistenza religiosa e civile degli Emigranti. Il 10 dicembre 1888 si rivolgeva inoltre all’Episcopato Americano con un’Epistola che si occupava esclusivamente degli Emigrati Italiani: la Quam aerumnosa et calamitosa dicendo: “Quanto sia infelice e calamitata la condizione di coloro che ogni anno emigrano a squadroni dall’Italia nelle regioni d’America per cercare un sostentamento. Vi è talmente noto - aggiungeva il Papa - che non occorre parlarvene diffusamente... Essi cadono nelle mani di sfruttatori che li riducono quasi in schiavitù, e gettati a torme sulle navi, trattati in maniera inumana, poco a poco sono indotti all’“abbrutimento”. Fu infatti barbarico il sistema di reclutamento e trattamento della manodopera, esseri strappati violentemente dalle loro terre e costretti ad emigrare ed a vedere le loro famiglie scompaginate e smembrate. Quante madri chiusero gli occhi senza mai poter rivedere i loro figli! Quante lacrime furono versate dai porti di Napoli o di Genova dinanzi alle navi in partenza verso luoghi lontani e sconosciuti, con i cuori palpitanti e le menti con un misto di paure e di speranze?
Cosa fece in quegli anni oscuri il Governo Italiano di Lemmi e la sua Istituzione per l’Emigrazione! La Massoneria quando si trattava di ferire la Religione Cattolica si dava da fare in ogni modo per “aggiornare” la legislazione e per mettere in funzione il suo “internazionalismo”. In queste drammatiche vicende umane avrebbe potuto fare qualcosa per manifestare se non altro (ammesso sia vero) il suo senso di “solidarietà umana” ed il suo decantato senso di “patriottismo”, ed invece no! Non solo fu incredibilmente assente per aiutare questi infelici emigranti, ma, secondo la testimonianza dell’epoca scritta da Celso Cesare Moreno al periodico fiorentino Elettrico in data 18 Luglio 1890, la Massoneria fu essenzialmente “schiavista”, perché speculò sulla “fame di lavoro” e di “bisogno” delle nostre popolazioni e partecipò alla “tratta” degli italiani. Il Moreno dopo aver attaccato il Gran Maestro per i suoi “Illeciti” sui “tabacchi” per un utile di 3 milioni (si badi bene, di quell’epoca) passa anche ad un altro “imbroglio” dello stesso Lemmi: “Ce n’è un altro ben più losco e turpe, tra l’Italia e l’America con la complicità dei Ministri d’Italia dei Consoli, i quali dividono le spoglie di quest’infame e crudele traffico di carne umana, con trafficanti crudeli e padroni... L'Italia è vergognosamente rappresentata all’Estero... La rappresentanza ufficiale d’Italia è un pubblico scandalo... Le eredità degli italiani all’estero sono rubate da Ministri e Consoli d’Italia... ’’.
<<non si può escludere che dall'accoppiamento tra uomini e ominidi.........>>
Una corposa rassegna sui fossili di ominidi nel mondo, ha messo in luce indizi secondo i quali non sarebbe da escludere la possibilità che gli esseri umani coesistessero con queste creature nel corso del Pliocene. Ciò potrebbe risultare valido anche per i giorni nostri. Durante gli ultimi cento anni circa, i ricercatori hanno accumulato solide prove che creature simili agli uomini di Neanderthal, all’Homo erectus, e agli australopitecidi vaghino ancora oggi nelle zone selvagge del pianeta.
Studiosi accreditati hanno: 1) osservato questi uomini primitivi nel loro ambiente naturale; 2) esaminato esemplari vivi che erano stati catturati; 3) studiato esemplari morti e 4) collezionato testimonianze fisiche degli uomini selvaggi, comprese centinaia di impronte di piedi. Hanno inoltre intervistato informatori estranei all’ambiente scientifico e indagato nell’estesa panoramica di racconti sull’argomento offerta dalla letteratura e dalle tradizioni dei tempi antichi.
Per taluni ricercatori, lo studio delle creature definibili come uomini selvaggi fa parte dell’ambito di una vera e propria branca della scienza chiamata criptozoologia con un termine coniato dallo zoologo francese Bernard Heuvelmans. La criptozoologia si occupa di indagini scientifiche su specie la cui esistenza è stata riferita, ma non pienamente documentata. La parola greca Kryptos significa “nascosto”, per cui la criptozoologia corrisponde allo “studio degli animali nascosti”. Esiste una Società internazionale di criptozoologia, il consiglio di amministrazione della quale comprende biologi, zoologi e paleontologi appartenenti a università e musei di tutto il mondo. Lo scopo della società, come è dichiarato nella sua rivista, «Cryptozoology», è quello di «indagare, analizzare, pubblicare e discutere tutti gli argomenti collegati con gli animali di insolita forma o dimensioni, o di insolita comparsa nel tempo o nello spazio». Un normale numero di «Cryptozoology» di solito contiene uno o più articoli di scienziati sull’argomento dell’uomo selvaggio.
Mattarella ha occupato i titoli degl’organi d’informazione nazionale per l’insistente esortazione –diventato un mantra- all’accoglienza degli stranieri. Ragionevolmente l’invito può essere accolto e condiviso, infatti ogni uomo dotato di cuore accoglie le persone amiche, spalanca le porte della propria dimora per le persone che invita. Si accoglie chi s’invita, non si può accogliere chi non è stato invitato, non si può accogliere chi strumentalmente è utilizzato per fare gli interessi di Ong, cooperative, associazioni, non si può ospitare chi è utilizzato per impoverire il mercato del lavoro, non si può accogliere chi delinque, non si può accogliere chi viene usato dalla massoneria finanziaria per distruggere la nostra civiltà, la nostra cultura, la nostra storia, la nostra intelligenza, la nostra etnia.
Per capire meglio ciò che scrivo faccio un salto indietro, molto lontano, fino ai primi incontri tra i romani e i celti. A tal proposito riporto quanto scrissero autori classici dell'epoca in merito ai costumi e le usanze dei celti.
Giulio Cesare: "I Galli sono molto dediti alle pratiche religiose, perciò quelli che sono gravemente ammalati o si trovano in guerra o in pericolo, fanno sacrifici umani o fanno voto di immolarne e si servono dei druidi come esecutori di questi sacrifici: essi credono infatti che gli dei immortali non possono essere soddisfatti se non si dà loro, in cambio della vita di un uomo, la vita di un altro uomo; fanno perciò anche sacrifici ufficiali di questo genere.
Certe popolazioni costruiscono statue enormi, fatte di vimini intrecciati, che riempiono di uomini vivi ed incendiano, facendoli morire tra e fiamme. Credono che cosa più gradita agli dei sia il sacrificio di coloro che sono sopresi a rubare, rapinare o commettere qualche altro delitto; ma quando mancano costoro, sacrificano anche degli innocenti."
Strabone: "I Romani posero fine a queste usanze, nonché ai sacrifici e alle pratiche divinatorie contrastanti con le nostre istituzioni. Cosi un uomo era stato consacrato agli dei, lo si colpiva alla spalla con una spada da combattimento e si indovinava il futuro a seconda delle convulsioni dell'agonizzante. Non si praticavano mai sacrifici senza l'assistenza dei druidi: cosi talora uccidevano le vittime a colpi di frecce, o le crocifiggevano nei loro templi o, ancora, fabbricavano un colosso di fieno e di legno, vi introducevano animali domestici e selvatici di ogni tipo assieme a degli uomini e vi appiccavano fuoco."
Diodoro Siculo: "Essi sono - è una conseguenza della loro natura selvaggia - di un'empietà mostruosa nei loro sacrifici. Così, tengono imprigionati i malfattori per un periodo di cinque anni e poi, in onore ai loro dei, li impalano e ne fanno degli olocausti, aggiungendo ad essi molte altre offerte, su immense pire appositamente preparate. Trasformano anche i prigionieri di guerra in vittime per onorare i loro dei. Alcuni usano allo stesso modo anche gli animali catturati in guerra. Li uccidono unitamente agli uomini o li bruciano, o li fanno perire con altri supplizi."
Plinio il Vecchio, elogia Tiberio per l’aver smantellato in Gallia la religione dei druidi:
“non si può valutare a sufficiente quanto di debba ai Romani, i quali hanno eliminato mostruosità in cui era atto alta religione uccidere un uomo, e anche molto salutare mangiarselo”.
Questo excursus storico è doveroso per alcuni motivi, il primo perché il druidismo non è mai stato debellato definitivamente, secondo perché c’è ancora chi lo pratica, in voga in ambienti massonici.
Tra i personaggi più noti e di spicco del druidismo la Regina Elisabetta II. L’iniziazione al druidismo della testa coronata della perfida Albione avvenne nel 1946, così come testimoniano fotografie scattate per quell’”evento”.
Come già scritto in precedenza il druidismo moderno è legato a doppio filo con la massoneria inglese. Per dare un’idea e del radicamento della massoneria in tutti i settori della società inglese riporto che Il 31 Ottobre 2017 ben 5000 massoni della Gran Loggia Unita d'Inghilterra (https://it.sputniknews.com/mondo/201802055615039-westminster-logge-massoniche-media/) si sono riuniti al Royal Albert Hall di Londra per celebrare e festeggiare il tricentenario dalla nascita della setta (https://www.youtube.com/watch?v=XVa5F55znCU).
Per concludere, possono cambiare i modi – un letto d’ospedale, piuttosto che un altare di pietra- ma le finalità rimangono le medesime, i sacrifici rituali continuano indisturbati.
- NATO per uccidere, Siria vittima. Oggi Dante collocherebbe la NATO e i suoi principali attoracci, Inghilterra, Francia, USA e Israele, nel girone infernale, sarebbe stato curioso conoscere la terzina che ne sarebbe maturata - Progetto Nazionale
Dunque ricapitoliamo per chi ha la memoria corta: Nel 2009, gli Usa volevano far passare una
di Rutilio Sermonti
Le responsabilità al loro posto.
(aurhelio.it) – Da romano quale mi vanto di essere, desidero assumere la difesa di Ponzio Pilato, quell’ottimo uomo e onorato funzionario, che viene ingiustamente vituperato, come ormai da secoli accade per l’azione sottile dell’ebraismo rabbinico, che – facendo scempio delle risultanze evangeliche – cerca di liberarsi dell’accusa di deicidioscaricandola sui Romani, e su quello in particolare.
Cominciamo col porre in chiaro che, all’epoca del processo a Gesù, la Giudea non era provincia romana, bensì “federata”. Il rappresentante del proconsole di Cesarea (come era il procuratore Pilato) aveva quindi giurisdizione politico-militare soltanto sui delitti di infedeltà a quel “foedus”, mentre, per tutti gli altri, e a maggior ragione quelli di sacrilegio contro la legge mosaica, la Competenza esclusiva era dell’autorità locale ebraica, e cioè del Sinedrio. Infatti, quando le guardie del Sinedrio (non i soldati romani!) arrestarono Gesù, cercarono di farlo condannare da Pilato con l’accusa di sedizione contro Roma.
Pilato interrogò accuratamente l’imputato, e la sua sentenza fu: “Io trovo quest’uomo immune da colpa”. Mi sembra un’assoluzione, o sbaglio? E anche in seguito, insistendo gli ipocriti accusatori che Egli si sarebbe proclamato re, chi rispose loro: “Ma il suo regno non è di questa Terra”? Fu proprio Ponzio Pilato.
E la narrazione evangelica continua. Quando sentì che il presunto delitto di sedizione politica, a carattere continuativo, sarebbe iniziato in Galilea, Pilato (probabilmente ben lieto in cuor suo di liberarsi di quegli austeri scocciatori), esattamente applicando il rito vigente, si dichiarò incompetente per territorio e rimise la causa al tetrarca di Galilea, Erode Antipa. Ebbene – registra l’evangelista – quando anche Erode dichiarò Gesù innocente “da quel giorno Pilato ed Erode, che erano prima in pessimi rapporti, divennero amici”. Quindi, la convinzione dell’innocenza del Cristo coinvolgeva Pilato anche sentimentalmente, al punto che la comune appartenenza al “partito innocentista” valeva anche a cancellare una precedente personale antipatia.
Ma il procuratore non si fermò li. Si impegnò per salvare Gesù anche al di là del proprio dovere istituzionale tanto da compromettere il proprio “cursus honorum”, al quale si sa quanto i Romani tenessero.
Consideriamo l’episodio della pasqua ebraica nella sua vera luce, coerentemente ai rievocati precedenti. Era tradizione che, in quel giorno, il popolo potesse graziare un condannato a morte. I condannati erano due: Gesù Nazareno e un certo Barabba, ladrone da strada e assassino. Pilato sapeva bene che Gesù era molto popolare (non poteva essergli sfuggita la domenica delle palme, proprio in Gerusalemme), e sapeva anche che il sinedrio lo odiava per quello e per la sua severa accusa contro la maggioranza di Farisei e Sadducei.
Si illuse quindi che, ricorrendo al popolo, egli sarebbe riuscito – senza violare la legge – a strappare il perseguitato dalle grinfie del suoi nemici. Sottovalutava l’astuzia o la perfidia dei vertici ebraici, che, prevedendo la sua mossa, avevano provveduto a far affluire per tempo nella non grande piazza una folta schiera di loro servitori e clienti, con istruzioni ben precise: Accadde così che, contro ogni logica, il risultato della “consultazione popolare” fu “Libera Barabba!”, sebbene Pilato fosse ricorso anche all’astuzia di far comparire il suo protetto in pubblico conciato in modo “teatralmente” idoneo (dice bene Sisto) a muovere a compassione.
Pilato, allora, costatata l’impossibilità di smuovere la marmaglia lì sotto dal proprio partito preso, grida “io sono innocente del sangue di questo giusto.”
Affermazione, quella, certo inconciliabile con l’ipotesi che egli stesso lo avesse condannato poco prima a morte e spiegabile soltanto col fatto che la condanna fosse stata pronunziata da “altri”, e che lui, Pilato, fosse – com’era – giuridicamente impotente ad impedirne l’esecuzione. Potete del resto passare alla lente d’ingrandimento i quattro vangeli, e non vi troverete il minimo cenno, non dico a una condanna di Cristo pronunziata da Pilato, ma neppure di una sua minima espressione che non fosse in Sua difesa, mentre più volte il testo dichiara che il Sinedrio, ad ogni costo, “voleva la sua morte”. Fu dunque il sinedrio, non Pilato, il giudice che condannò Gesù, e su questo non possono sussistere dubbi, essendo addirittura …Vangelo.
E arriviamo alla famosa “lavata di mani”. Si tratta di una patente mistificazione, che nessuno sembra avvertire. E le mistificazioni non sono mai casuali. Sta di fatto che solo pochi secoli dopo il fatto, al pubblico gesto di Pilato si attribuiva generalmente e pacificamente il significato di disinteressarsi, di tirarsi fuori vilmente e alibisticamente, tanto da usare comunemente l’espressione “lavarsene le mani” nel senso di estraniarsi da qualcosa, di sfuggire a una responsabilità. E’ un grossolano falso. Per un romano del primo secolo, il lavaggio delle mani (acqua lustrale) era un atto di purificazione.
Orbene, ci si purifica da qualcosa di indegno, di sporco, di impuro. E, se il gesto viene volutamente compiuto in modo pubblico, in presenza di altre persone, come Pilato volle che fosse, esso implica un’offesa gravissima alle medesime, una esplicita dichiarazione che il contatto con loro ci abbia contaminato, trattandosi di cosa ignobile, come certamente appariva a Pilato il complotto dei Farisei e loro complici contro il “giusto” Nazareno.
Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum – ordinò fosse scritto sulla tabella infissa al patibolo, e quando i sinedriali gli chiesero di modificarlo in “preteso re” fu irremovibile: “Quello che ho scritto, ho scritto!”.
È poco noto, ma la cosa, unita all’inaudito sfregio della catinella, procurò al procuratore un petulante ricorso ebraico all’imperatore, che valse al nostro la rimozione dall’incarico, essendosi giudicata prevalente la ragion di Stato che si mantenessero buoni rapporti con le autorità locali dei “federati”. Ci vollero altri quarant’anni perché Domiziano facesse quel che il modesto Pilato aveva, quel giorno tremendo, tanta voglia di fare!
Hanno fatto di lui il simbolo dell’indecisione, della pusillanimità, dell’incoerenza, mentre i suoi atti furono ineccepibili sia giuridicamente che umanamente. Vorrei proprio vedere, al suo posto, quelli che usano con disprezzo il verbo “pilateggiare”. Hanno fatto di lui l’aguzzino del Signore, quando egli lo difese persino quando i Santi Apostoli lo avevano abbandonato.
Perciò non condivido le idee di coloro che vorrebbero affibbiare a quel nostro degno antenato anche la taccia di positivista ante litteram oppure di sciocco. Essi risentono, si rifletta, della figura spregevole di Pilato confezionata dai veri deicidi. Gesù – della cui statura sovrumana il Romano aveva chiaramente avuto, se non conoscenza, almeno sentore – si dichiara a lui testimone della verità. E Pilato, come qualunque persona di una certa levatura, che non avesse assistito alla predicazione nei tre anni decorsi, gli chiese a quale verità alludesse. Non mi sembra proprio che occorra attribuire il silenzio di Gesù, piuttosto che alla materiale impossibilità di spiegare tutto a un pagano con una frase, o allo stato di estrema prostrazione fisica in cui si trovava, a un tacito rimprovero, né di dare alla domanda posta un senso… pirandelliano. Non mi risulta punto, infatti, che vi fosse la pena capitale per una mancanza di riguardo verbale a un qualsiasi funzionario dell’impero, né che i Romani, che hanno insegnato il diritto a tutto il mondo, sparassero pene di morte isteriche a casaccio. No, il perché del silenzio di Gesù lo sa solo Lui e così continui ad essere.
Quel che mi preme, è correggere l’ingiusto giudizio negativo su Ponzio Pilato, cittadino romano, e questo proprio alla luce dei vangeli.
Non si tratta di una mia peregrina opinione, dato che, nel calendario dei Cristiani Copti, il 25 giugno è dedicato a un Santo di nome Ponzio Pilato.
Tratto da Raido n. 26 – Contributi per il Fronte della Tradizione
I Rothschild conducono la “Red Symphony”
Fonte: Calmart Giornale » I Rothschild conducono la “Red Symphony”.
Di Henry Makow Ph. D.
Incredibile e bizzarro come sembra, l’umanità è in effetti vittima di un diabolico complotto.
La guerra, il genocidio e la depressione del secolo scorso non sono stati accidentali o inevitabili, ma il risultato di una progettazione malefica.
Il scioccante elemento di prova è un interrogatorio del 1938 della polizia stalinista (NKVD), a un fondatore della Comunisti Internazionali, Christian Rakovsky G. di 65, che affacciava l’esecuzione per aver macchinato di rovesciare Stalin.
Le 50 pagine di trascrizione del suo interrogatorio, soprannominato “The Red Symphony,” non erano destinate a diventare pubbliche. Esse però confermano che i Rothschild-Illuminati prevedono di utilizzare il comunismo per stabilire nel mondo una dittatura dei super ricchi.
Questo è forse il più esplosivo documento politico della storia moderna. Rivela il motivo per cui gli Illuminati hanno creato Hitler e poi hanno cercato di ucciderlo, e perché Stalin ha fatto un patto con Hitler nel 1939.
La società moderna poggia sulla falsità, la mistificazione. Come un mantra viene ripetuto, le donne rispetto agli uomini guadagnano meno ed hanno meno possibilità occupazionali. Lavoro in ferrovia, non mi risulta che colleghe donne percepiscano meno soldi dei colleghi maschi. Piuttosto in ferrovia le donne occupano gli stessi ruoli e mansioni degli uomini, tranne per loro scelta nei settori dove serve forza fisica (lavori armamento, cantieri meccanizzati) o specializzazioni tecnologiche (impianti elettrici, telefonia) o manovra (composizione e disfacimento di treni). Le donne occupano un segmento importante -quasi esclusivo- nel settore scolastico (asili nidi, scuole materne, scuole elementari, scuole medie, qualcosa cambia scuole superiori ed università). Settore sanitario ospedaliero il personale oss ed infermieristico è costituito preponderantemente da donne, parimenti uomini/donne personale medico. Potrei continuare con altri innumerevoli esempi, ma mi limito a far notare, che vi sono mestieri che per svariati motivi -prevalentemente di carattere sessuale- le donne non vogliono e non possono fare, ad esempio l'edilizia, siderurgia, miniere, autotrasporti, scaricatori portuali....Per altro non bisogna scordare, che alla donna di per sé la stessa natura le ha assegnato il lavoro più importante, oneroso e virtuoso, la madre.
In radio ho ascoltato dei pensieri di cordoglio da parte di alcuni colleghi del defunto calciatore Astori. Motivo di riflessione un messaggio in particolare, “…nella vita bisogna sempre divertirsi”! Poiché è stato fondato sul primato del pensiero, il genio dei Greci è stato anche rivolto alla metafisica. Da qui si affrancarono dalla visione magica delle civiltà primitive e hanno presentito, senza il soccorso della Rivelazione, l’esistenza di un Dio ordinatore del mondo. “Il principio,” proclama Anassimandro nel VI secolo a.C., “non è né l’acqua né nessun altro di quelli che vengono chiamati gli elementi, ma una certa natura infinita differente, da dove nascono tutti i cieli e i mondi che essi contengono”. “L’universo,” completa Anassagora, “deve la sua disposizione alla saggezza di uno spirito infinito”. Platone insiste ancora: “Noi poi diciamo che quello che è nato deve esser necessariamente nato da qualche cagione. Ma e difficile trovare il fattore e padre di questo universo, e, trovatolo, è impossibile indicarlo a tutti”.
Il cristianesimo con la Rivelazione precisa ciò che i greci avevano intuito.
Nella vita è lecito il divertimento, l’importante che non sia mezzo di perdizione per l’anima. Un cammino materialista con una visione del mondo volto nel’aldiQUA, che non tiene conto o ancora più tragicamente non conosce il l’aldilà. Questo è l’atteggiamento dominante della de-strutturata moderna società, a confermarlo il pensiero del collega di Astori, “…nella vita bisogna sempre divertirsi”! Indipendentemente dagli anni che trascorriamo su questa dimensione, bisogna sempre lavorare per l’edificazione del nostro spirito, per avere la certezza che quando signora morte bussa alla nostra porta sia pronto per godere della salvezza eterna.
Mi auguro per Astori che possa avere avuto i meriti per entrare nel Regno dei Cieli.
È dogmatica l’equazione fascismo = violenza, tant’è che quando sono evidenti le violenze degli antifascisti, quest’ultimi vengono apostrofati come antifascisti che fanno propri metodi fascisti. Il Fascismo ideologico è antitetico alla violenza. Le ideologie comuniste e capitaliste sono intrinsecamente violente.
Il governo monarchico fascista costruii un ponte immaginario per poggiare e dare continuità alle esperienze storiche del passato strettamente legate ad una visione del mondo tradizionale, medioevo, romanità, con l’intento di superare il fiume delle epoche delle rivoluzioni, periodo che diede origine alle sanguinose forme di governo moderne, per l’appunto il socialismo/comunismo/anarchia e capitalismo.
Il fascismo volgeva il suo sguardo al concetto di duello con piglio nobile, virile, giusto così come tramandato dai riferimenti oplitici del passato indeuropeo e dalla cavalleria medievale. << In origine come vediamo nei poemi omerici, l’uomo aristocratico è dedito in primo luogo all’attività militare: è la guerra che fa risaltare le doti fisiche e morali che ogni uomo “bennato” deve possedere, è la guerra che davvero esalta e giustifica la superiorità degli aristocratici sul resto della comunità (Storia greca, pag. 153 – M.Bettalli, A. D’Agata, A.Magnetto – Carocci editore) >>; <<Chanson de Roland: I valori che caratterizzano la Chanson de Roland sono: la fedeltà al proprio signore, la fede cristiana, l'onore, da tutelare a ogni costo e con ogni mezzo; l'eroismo in battaglia. Alla celebrazione delle virtù militari nella dimensione del martirio cristiano – il cavaliere che muore in battaglia è equiparato al santo che rinuncia alla propria vita per la fede>>.
Leggi tutto: È dogmatica l’equazione fascismo = violenza. Falso!!!!!
La parola famiglia deriva dal latino Familia, a sua volta trae origine dalla parola sanscrita dhàtu che significa fondamento. Dunque la filosofia indù (intesa come religione pagana ariana il cui libro principe è la Bhagavad gita, religione più antica e “conservata” tra tutte le religioni pagane ariane), alla stessa stregua del cattolicesimo (da non confondere con il “modernismo” post concilio vaticano II) dà la medesima fondamentale importanza a detta “istituzione” socio-naturale. Più la famiglia è destrutturata –divorzio, disordine gerarchico marito/moglie, aborto, eccetera- più le ricadute in termini di decadenza sulla società e l’ordine cosmico sono mortifere. Le “nostre” azioni nel bene e nel male influenzano il creato, così come concettualizzato dai veda Rta e Dharma. Tutto l’universo, dall’umile filo d’erba al movimento del sublime firmamento stellato, è fondato su forze morali, le quali si rispecchiano nell’invariabile ordine della natura. Questo ordine che governa il mondo fisico delle cose è lo stesso che, nell’ambito umano, sussiste fra la parola data e l’atto debitamente compiuto. Questa coerenza fattuale rende l’uomo partecipe all’ordine cosmico e al suo mantenimento. Le trasgressioni rituali e morali, la non-osservanza delle norme e delle tradizioni costituiscono una colpa nei confronti del rta, in quanto ostacolano la sua azione introducendo nell’ordine cosmico un principio di alterazione che si manifesta nel disequilibrio dell'ordine microcosmico, da cui derivano malattie, squilibri dei cicli stagionali e lo scatenarsi di cataclismi. Per quanto riguarda il concetto di dharma, tradurne il significato in una delle lingue occidentali, rispettando tutte le possibili accezioni della parola, risulta assai arduo. Dharma all’origine, indica il principio della stabilità universale, la potenza sostenente, portante e conservante l’ordine esistente ed anche la legge e la regola, l’armonia, l’equilibrio fondamentale, la norma che regnano nel cosmo, nella natura, nella società e nell'esistenza individuale. Il dharma è la base dei criteri di comportamento dell'individuo, sostiene la struttura della comunità. Dunque, senza voler presuntuosamente esprimere giudizi, si costata con evidenza che nella nostra “moderna” epoca di decadenza la natura e la normalità delle cose sono barbaramente e scioccamente relativizzate, adattando secondo le esigenze del “caso” l’istituzione familiare in una isterica tribale surrogazione, la scimmia che fa il verso a l’uomo!
La famiglia è una ed il matrimonio indissolubile (lat. Familia, sanscrito. Dhàtu=fondamento), e con questa mia naturale e documentata convinzione che a tal proposito condivido l’aforisma del filosofo e teologo danese Søren Kierkegaard: <<Il matrimonio è, e resterà sempre, il viaggio di scoperta più importante che l’uomo possa compiere>>.
Emilio Giuliana
Ricerche storiche dimostrano come presso le popolazioni indoeuropee esistessero precise abitudini e tradizioni relative alla continuità della stirpe e alla preservazione della medesima. Natalità infantile e crescita equilibrata dei bambini costituivano oggetto di sacralizzazione e venivano intesi quali processi scanditi dalle inderogabili leggi della Natura. Anche il matrimonio veniva concepito come entità sacra, entità la cui essenza era rappresentata dal consolidamento relazionale tra uomo e donna, i quali avrebbero avuto il compito di accudire il neonato in modo da permettergli di sviluppare un carattere ed una personalità forti. Tale compito educativo esercitava una notevole influenza sul destino della comunità: in un contesto politico comunitario, un individuo fragile avrebbe infatti inciso negativamente sugli equilibri sociali complessivi. Nell’opera Rassenkunde Europas (Tipologia razziale dell’Europa), Hans F. K. Gunther (1891-1968) dichiara, attingendo tale passo da altri autori:
I “signori” che da secoli lavorano per la destrutturazione della naturale società occidentale, a compimento della loro “opera” –inappagabili- sono passati dalla “lotta di classe” alla “lotta di genere”, femmine contro maschi...la compianta Ida Magli si starà girando nella tomba!!
Lasciando stare tutte le sciocchezze sull’infondato femminicidio, è d’obbligo puntualizzare sulla personalissima e forzatissima idea esternata sul quotidiano l’Adige dalla docente universitaria Garotti, secondo la quale le donne siano vittime dell’uomo a causa e per causa del fascismo.
Come i partigiani comunisti facevano eliminare i loro alleati scomodi
RAPPRESAGLIE PARTIGIANE
di Ernest Armstrong
Rappresaglia
Nell’immaginario collettivo creato dal “mito resistenzialista”, all’udire questa parola appare l’immagine di un plotone di tedeschi che fucilano 10 innocenti civili italiani per ogni loro camerata morto.
In realtà la rappresaglia fu attuata da tutti gli eserciti che combatterono nella seconda guerra mondiale, come ricorda anche Gianni Alasia, attuale esponente di Rifondazione Comunista:
“Quando il mio amico Heinz Karl M., di Monaco, militare della Wehrmacht, fu fatto prigioniero in Francia, visse momenti tremendi. Vennero fatte decimazioni, e Carlo non capiva il perchè di una cosa così terribile mentre erano inermi prigionieri”. [1]
La rappresaglia era ammessa dal Diritto internazionale del tempo di guerra di Ginevra, a patto che ad eseguirla fosse un regolare esercito (in divisa) che fosse stato attaccato da terroristi (non in divisa). Essa poteva avvenire, qualora non si fossero presentati i colpevoli, su prigionieri o su civili, esclusi donne e bambini, colpevoli di aver protetto i terroristi. Sia i terroristi che chiunque avesse ucciso prigionieri, fuori dai casi previsti, alla fine del conflitto doveva essere processato per crimini di guerra. Questo in Italia non accadde. Chi ordinò uccisioni non giustificate dal Diritto Internazionale, se partigiano, fu ricompensato con l’inquadramento tra i graduati nell’Esercito e con titolo alla pensione. (Assassini, criminali comuni celati dietro un finto patriottismo che in verità volevano con il terrore, che effettuarono, instaurare in Italia una repubblica socialista dittatoriale agli ordini di Stalin. NdR)
Il libro di storia Greca (Storia Greca – carrocci editori) adottato per l’insegnamento presso l’università di lettere con indirizzo scienze della storia di Trento a pagina 20 insegna che i greci hanno <<elaborato l’indice del libro della nostra civiltà, storia, filosofia, politica, scienza ecc, e per di più avrebbero poi difeso questo libro dall’invasore orientale>>. Tutto ciò è stato possibile grazie alla disciplina e l’ordine, così come tramandato nei loro racconti dai filosofi greci, ad esempio dalle opere di Platone, nello specifico “Platone, l’educazione”.
Per onestà intellettuale ritengo doveroso credere nella buona fede degli elettori del movimento di Grillo.
(Franco Marino) - Un mio collega del mondo dell'informatica (quello da cui provengo) mi ha chiesto, divertito, di parlare della truffa del Movimento 5 Stelle, di Grillo. Con ben tre faccine ridenti accanto al suo messaggio, erano evidenti i toni ironici, avendo entrambi avuto a che fare con quello che è il VERO motore del Movimento 5 Stelle, ovvero la buonanima di Casaleggio.
Infatti di tutta la storia che sta dietro al Movimento, si racconta sempre la favola e non la storia vera.
La favola la conosciamo.
Un bel giorno un comico genovese molto famoso e accreditato come voce dell'antisistema e della controinformazione si guarda allo specchio e con un ragionamento assai poco genovese si dice: "Perché devo passare il resto della mia vita a godermi i denari accumulati come comico? Voglio cambiare questa società! Facciamo un movimento".
Un comico idealista!
In tutti i tempi e in tutte le società sono esistite, esistono ed esisteranno persone con orientamenti sessuali differenti, ma anche innaturali. Tuttavia, nella Grecia antica l’omosessualità non era la norma, come alcuni vogliono farci credere, anzi era l’eccezione. La tesi che sostiene il contrario, infatti, è del tutto infondata.
Tra gli assertori della normalità della pratica omosessuale nella Grecia antica, vi è K.J. Dover il quale, nel suo libro “Greek Homosexuality (1978) [trad. it. "L'omosessualità nella Grecia antica", Torino, Einaudi, 1985] cerca di convincerci che nella Grecia antica l’omosessualità non veniva vista come la vediamo oggi.
Egli, infatti, scrive che i greci sapevano che le preferenze sessuali delle persone sono diverse, ma la loro lingua non ha sostantivi corrispettivi per i termini “omosessuale” ed “eterosessuale” poiché essi credevano che:
a) in realtà tutti reagiscono in diversi momenti a stimoli omosessuali e eterosessuali;
b) infatti, nessun uomo arriva ad avere rapporti sessuali sia attivi che passivi nella stessa fase della sua vita.
La cosa davvero strana è che un professore come Dover non abbia avuto a disposizione un vocabolario visto che ormai anche il famosissimo Liddell & Scott è a disposizione di tutti, anche gratis su internet.
Platone ha condannato l’omosessualità, ne le Leggi, la sua ultima opera. In questo testo viene trattato il seguente problema: «come [in uno Stato] si potrebbe garantirci dagli amori precoci di fanciulli e fanciulle, dall’omosessualità maschile e femminile, da queste perversioni che sono responsabili di incalcolabili sciagure, non solo per la vita privata dei singoli, ma anche per l’intera società?». E, probabilmente, Platone condivide la legislazione precedente a Laio, la quale considerava «indecente l’amplesso tra maschi e l’unione con adolescenti».
Platone nella sua opera Gorgia da un altro spunto sulla questione. Nella terza parte, il dialogo fra Socrate e Callicle, il giovane e ribelle aristocratico sostiene che la felicità coincide con l’avere desideri infiniti di ogni sorta e riuscire a soddisfarli. Allora Socrate, al solito, lo mette in imbarazzo con tre esempi. L’ultimo di questi è quello dell’omosessualità maschile: “[Socrate] E, stando così le cose, insomma, la vita dei dissoluti non è forse terribile, brutta e infelice? O avrai il coraggio di dire che costoro sono felici, purché abbiano in abbondanza ciò di cui sentono il bisogno? [Callicle] Non ti vergogni, o Socrate, di portare il ragionamento a tali conclusioni? [Socrate] Sono forse io che lo porto a tali conclusioni, mio caro, o piuttosto chi sostiene senza ritegno che felici sono coloro che godono, in qualsiasi modo godano, e non distingue, fra i piaceri, quali siano buoni e quali siano cattivi?”
L’attuale massificata società secondo modelli privi di virtù non è più capace di cogliere gli slanci verso l’alto di uomini e donne, come ad esempio nel caso della consigliera comunale di Trento Antonia Romano. Condivisibile o meno, la Signora in questione è comunista e secondo i propri ideali -origine dei suoi principi- difende le azioni anarchico-comuniste dei suoi “compagni”. Le sue esternazioni non sono marziane ma coerenti con la massonica e rossa costituzione italiana. La costituzione italiana è anti fascista, la costituzione italiana è contro la libertà di pensiero e di espressione, ne sono la riprova la legge Scelba e la legge Mancino. Non deve destare indignazione la posizione della compagna Romano, una pagliuzza rispetto alla trave, trave che nella fattispecie sono le leggi sopracitate. In parlamento (a parte pochissimi deputati e senatori esclusivamente per la legge mancino), nei vari consigli regionali, provinciali e comunali mai nessun rappresentante istituzionale si è speso contro tali orwelliane leggi liberticide. I rappresentanti istituzionali che hanno avuto ed hanno la possibilità (rispetto alle strumentali ed interessate falsità storiche costruite ad arte durante il periodo in cui in Italia ha governato il governo monarchico fascista) si sono e si guardano bene dal pretendere la verità storica del menzionato periodo! Lo so, serve coraggio una qualità per tanti sconosciuta, troppo rischioso schierarsi, controproducente, per le logiche di chi in perenne campagna elettorale alla ricerca di voti, necessari a garantire una comoda poltrona, oltre che una ben remunerata paga!
Coraggio, dal latino coraticum o anche cor habeo, aggettivo derivante dalla parola composta cor, cordis cuore e dal verbo habere avere: ho cuore! Si, pochi nobili uomini hanno un cuore che pulsa a 300 a l’ora, rispetto alla maggioranza che è in un perenne arresto cardiaco!
Oggi 21 Ottobre, poco dopo aver allestito il nostro classico gazebo in Via Manci a Trento, gruppi di anarchici, in due diversi momenti uno seguente l’altro, hanno attaccato il gazebo di Forza Nuova allestito appositamente per la raccolta firme No Ius Soli. Uova e vernice marrone sono stati lanciati da una decina di anarchici, ben incappucciati, verso i nostri militanti che, come nel primo che nel secondo attacco, hanno saputo respingere i malcapitati che sono fuggiti con la coda tra le gambe, inseguiti pure dalla polizia intervenuta a margine dello scontro.
La velocità e la destrezza dei militanti ha fatto sì che nella colluttazione gli anarchici avessero la peggio per poi fuggire con le loro auto, poi bloccate. Forza Nuova Trentino ha così commentato il fatto: “Le modalità di espressione di certi loschi personaggi ormai avulsi dalla realtà sociale, oltre alla cittadinanza politica, hanno oggi dimostrato di aver perso pure quella militante di strada. Forza Nuova ha invece dimostrato di saper costantemente difendere l’agibilità in città considerate una volta roccaforti rosse e, con il proprio senso del dovere e l’amore per la propria Patria, ribadire che ne oggi ne mai nessuno potrà fermare chi ogni giorno da “TUTTO PER LA PATRIA”!”
https://secolo-trentino.com/attualita/attacco-anarchico-al-gazebo-di-forza-nuova-trento/
Leggi tutto: Tanzania contro i colossi dei diamanti: “Più tasse e risorse nazionalizzate”
Come molti di voi avranno avuto modo di leggere, negli ultimi mesi gli attivisti per i diritti civili degli afroamericani hanno dichiarato guerra a tutto ciò che secondo loro puzza anche solo lontanamente di razzismo.
Le prime a essere prese di mira sono state le statue confederate, molte delle quali sono state rimosse o vandalizzate (qui e qui potete leggere due dei tanti articoli sull’argomento). Poi si è passati ad altre opere d’arte. Ad esempio, il cinema Orpheum di Memphis ha abolito le proiezioni di Via col vento, e un professore dell’Iowa ha dichiarato che le statue di marmo bianco supportano il “suprematismo bianco”. Volendo, si potrebbero fare tanti altri esempi ai limiti dell’assurdo.
Gli attivisti neri, quindi, sostengono che la causa di tutti i problemi della loro comunità siano il razzismo e le leggi razziali del passato, e proprio per questo vogliono eliminare tutto ciò che secondo loro è razzista. Sono arrivati a sostenere che tutti i bianchi sono intrinsecamente razzisti, e che di conseguenza adesso tutti i bianchi sono tenuti a fare dei gesti di riparazione per farsi perdonare il passato da schiavisti.
Sia negli Usa che in Gran Bretagna ci sono scuole che rischiamo multe o la chiusura perché hanno pochi studenti di colore, e i college americani hanno introdotto test d’ingresso facilitati per neri e sudamericani, sperando così di attrarre più studenti di queste due categorie. Purtroppo la cosa non è servita a niente, perché molti di questi studenti abbandonano il college durante o dopo il primo anno, poiché non ce la fanno a tenere il passo con lo studio e gli esami.
Ormai da vari decenni nei college sono stati creati (tra gli altri) i Black Studies, cioè dipartimenti in cui tutta la storia viene rivista attraverso la lente “nera” della schiavitù e del razzismo e gli unici personaggi storici e letterari che si studiano sono quelli di colore. A Oxford c’è persino chi si lamenta che il proprio curriculum universitario è “troppo bianco”. E anche qui, avendone il tempo, si potrebbero fare tanti altri esempi degni del caro vecchio Orwell.
Ma la causa dei problemi della comunità di colore è davvero il razzismo?
Questo articolo (1) sembra supportare una tesi diversa e molto più scomoda.
<<Che il problema dei neri d’America di oggi sia il risultato di schiavitù, discriminazione razziale e povertà è un assioma che ha ormai raggiunto lo status di dogma e viene ritenuto praticamente ovvio e indubbio.
Questo è ciò che viene insegnato dalle università e dall’establishment dei diritti civili, ma a dispetto di quello che dice la sinistra, le prove a supporto di questa teoria sono quasi inesistenti.
Il problema principale dei neri sono in realtà gli effetti derivanti da una debole struttura famigliare>>.
Struttura famigliare
I figli di famiglie senza padre hanno più probabilità di abbandonare la scuola, suicidarsi, soffrire di disturbi del comportamento, unirsi a bande criminali, commettere crimini e finire in prigione. Hanno anche più probabilità di vivere in povertà.
Ma la debole famiglia afroamericana è un’eredità della schiavitù?
Nel 1960, solo il 22% dei bambini neri veniva cresciuto in famiglie monoparentali. Cinquant’anni dopo, più del 70% dei bambini neri è cresciuto da famiglie monoparentali.
Ecco la mia domanda: l’aumento, dopo il 1960, delle famiglie monoparentali tra i neri fu un’eredità della schiavitù o un’eredità di quello stato sociale che ha dichiarato guerra alla povertà?
Secondo l’Encyclopaedia of the Social Sciences, nel 1938 solo l’11% dei bambini neri nasceva da donne non sposate. Oggi siamo al 75%.
Anche questa è un’eredità un po’ tarda della schiavitù?
In pratica, la famiglia nera era molto più forte nei primi 100 anni dopo la schiavitù che nei successivi 100 anni.
C’è stato un momento in cui quasi tutte le famiglie nere erano povere, a prescindere dal fatto che fossero presenti entrambi i genitori o no. Oggi, circa il 30% dei neri è povero. Tuttavia, le famiglie nere con entrambi i genitori sono raramente povere: solo l’8% di esse. Nelle famiglie nere in cui lavorano entrambi i coniugi, la soglia di povertà è al di sotto del 5%. Al contrario, la povertà delle famiglie in cui è presente solo la madre è del 37%.
La verità è che né la schiavitù, né le leggi razziali, né il razzismo hanno colpito la famiglia nera tanto quanto lo stato sociale.
La struttura della famiglia nera non è l’unica regressione sofferta dai neri nell’era dell’illuminismo razziale.
Disoccupazione
I censimenti dal 1890 al 1954 mostrano che i neri erano attivi nel mercato del lavoro tanto quanto i bianchi, a volte anche di più. Inizialmente, la disoccupazione tra gli adolescenti di colore era uguale o inferiore a quella degli adolescenti bianchi.
Ai primi del ‘900, per i neri la durata della disoccupazione era del 15% più corta di quella dei bianchi. Oggi è del 30% più lunga.
Forse in quei primi periodi la discriminazione era inferiore?
La verità è che le varie leggi sul lavoro volute dai liberali e dai sindacati loro alleati hanno tagliato gli ultimi gradini della scala sociale e incoraggiato la discriminazione razziale.
I sindacati hanno una lunga storia di discriminazione contro i neri. Frederick Douglass scrisse su questo argomento in un suo saggio del 1874 intitolato The Folly, Tyranny, and Wickedness of Labor Unions, e Booker T. Washington fece lo stesso nel suo saggio del 1913 dal titolo The Negro and the Labor Unions .
A danno dei loro elettori, molti degli odierni politici di colore appoggiano incondizionatamente le leggi sul lavoro portate avanti dai sindacati e dalle organizzazioni bianche liberali.
E poi c’è l’istruzione. Molti neri in IV superiore hanno problemi al livello dei bianchi di prima media. Scrivono e fanno di conto come i bianchi di seconda e terza media.
Tutto questo significa che un datore di lavoro che assume o un college che ammette un giovane nero diplomato stanno in realtà assumendo o ammettendo un giovane di terza media. Per cui poi non ci si deve sorprendere dei risultati.
Il danno più grave inflitto agli afroamericani è causato da questi politici, leader dei diritti civili e accademici che sostengono che tutti i problemi dei neri sono il risultato della discriminazione e di un passato di schiavitù. Questa visione non farà che perpetuare il problema.
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Questo ovviamente non significa che essere cresciuti solo dalla madre sia il passaporto per l’insuccesso o per la criminalità. Un esempio contrario viene proprio dalla stessa comunità nera. Il dottor Benjamin Carson fu il primo medico che, nel 1987, eseguì con successo un’operazione per separare due gemelli siamesi uniti alla testa. In tutte le operazioni precedenti uno o entrambi i gemelli erano morti, mentre Carson riuscì a separarli e a mantenerli entrambi in vita. Purtroppo i due bambini non ebbero una vita normale, ma in ogni caso l’intervento di Carson funse da modello per tutti gli altri interventi di questo tipo. Carson e suo fratello (in seguito divenuto ingegnere) vennero cresciuti solo dalla madre, perché alcuni dopo il matrimonio la donna scoprì che il marito era bigamo. Sonya Carson era ben consapevole dell’importanza di avere una buona istruzione (lei era semianalfabeta), per cui incoraggiò sempre con fermezza i figli a studiare e a leggere. Grazie ai buoni voti con cui si diplomò, Carson venne ammesso a Yale e, una volta laureatosi, fu accettato per fare internato nel celebre ospedale Johns Hopkins. A soli 33 anni divenne primario di neurochirurgia pediatrica. L’anno seguente eseguì la prima emisferectomia e nel 1987, a 36 anni, l’intervento sui due gemelli siamesi tedeschi.
Crescere con il padre non è neanche garanzia di una vita tranquilla e di successo. Nelle famiglie mafiose, ad esempio, il “mestiere” viene passato di padre in figlio e ovviamente ci sono anche i padri presenti fisicamente ma assenti emotivamente.
Tuttavia, non si può negare l’importanza, per un bambino, di una solida struttura famigliare. Secondo Warren Farrel, autore di the Myth of the Male Power, i ragazzi senza padre mostrano meno empatia, sono meno sicuri di sé, hanno più probabilità di soffrire di depressione, di incubi e di essere disobbedienti, di avere pochi amici e andare male a scuola, soprattutto nella lettura, nella scrittura, in matematica e scienze (cosa confermata anche da questo studio del MIT). Secondo Farrell, le prigioni sono dei veri e propri centri di uomini senza padre. Dal 1970, negli USA le incarcerazioni sono aumentate del 700% e in Gran Bretagna sono raddoppiate.
Questo studio dell’Università di Princeton mostra che i ragazzi cresciuti senza padre hanno una possibilità tre volte maggiore di finire in prigione prima dei 30 anni. Un altro studio mostra che le ragazze cresciute senza padre hanno più probabilità di rimanere incinte da adolescenti.
Per quello che riguarda la criminalità, uno studio del 2016 mostra che in effetti negli USA la maggioranza dei crimini è commessa da neri, mentre invece le politiche di welfare che nei fatti invece di aiutare le minoranze le stanno danneggiando sono al centro del libro Please Stop Helping Us di Jason Riley.
Probabilmente, quindi, c’è davvero una relazione tra le politiche di welfare a favore della comunità di colore, la debole struttura famigliare e le varie problematiche che affliggono questa comunità.
Alessandro Galvanetti
https://iltalebano.com/2017/10/17/afroamericani-forse-il-problema-non-sono-le-statue/#prettyPhoto
..alcuni di costoro sono il vero braccio politico italiano, i quali di concerto con i camerieri che occupano gli scranni del governo della nostra Patria lavorarono per gl'interessi dell'Alta Finanza Apolide internazionale. i MAGISTRATI dovrebbero esercitare il loro importantissimo mandato per un tempo massimo di 5 anni.
Dallo ius soli al fine vita, dalle unioni gay alle droghe leggere. Fosse un normale convegno nulla quaestio.
Ma se questi temi, con l'intento di fare da pungolo al Parlamento perché si sbrighi a legiferare, sono al centro di una sessione, quella di domenica prossima, del trentatreesimo congresso dell'Associazione nazionale magistrati, il sindacato delle toghe, in programma da venerdì a Siena, ecco che qualche problema si pone. Perché indipendenza dei magistrati sì, va bene. Ma se l'autonomia si traduce in invasione del campo della politica, con buona pace del capo dello Stato Sergio Mattarella e dei suoi richiami all'imparzialità delle toghe, ecco che qualche perplessità sorge. E infatti è già polemica sull'Anm e sulla sesta sessione del congresso dal titolo: «Nuove domande di giustizia tra libertà e diritto. Nuove famiglie, Liberalizzazione droghe leggere, Fine vita, Ius soli». Ancor più della sessione, che vedrà per esempio sul fine vita relatori di parte come Beppino Englaro, il papà di Eluana, sono le parole del presidente dell'Anm Eugenio Albamonte a scatenare il caso. Intervistato dall'Agi, infatti, il leader del sindacato delle toghe spiega: «Vogliamo lanciare un sasso nello stagno e ribadire al legislatore che deve fare presto nel prendere le sue scelte». Come come? E la divisione dei poteri? Lo stesso Albamonte sembra rendersene conto, infatti puntualizza: «Noi magistrati non vogliamo avere un ruolo di supplenza, apriamo un dibattito non per dare orientamenti ma per rappresentare tutte le posizioni affinché ci siano strumenti di riflessione qualificati utili sia al cittadini sia alla magistratura, per assumere decisioni ponderate».
Sarà.
Ma l'invasione di campo della sfera politica, anche soltanto a livello di pressing da parte del sindacato delle toghe, sembra evidente. E anche se ovviamente si parlerà anche di riforma della giustizia, è proprio il tema scelto per questo convegno numero 33 che sarà aperto venerdì dal presidente della Repubblica e del Csm Sergio Mattarella, che stona con un congresso del sindacato delle toghe, sfociando più che altro in un programma politico: «La giustizia, i diritti, le nuove sfide». La sessione su ius soli, fine vita, unioni gay e droghe leggere è fissata per domenica 22, alle 10. Sarà introdotta da due magistrati membri della giunta esecutiva, Antonio Sangermano e Silvia Albano. Quest'ultima nel 2014 è stata la giudice del tribunale civile di Roma che si è occupata dello scambio di embrioni all'ospedale Pertini. Tra i relatori, come si diceva, Beppino Englaro, il procuratore di Catanzaro Nicola Gratteri, che si è più volte espresso contro la liberalizzazione delle droghe leggere, il procuratore nazionale antimafia Franco Roberti.
La polemica politica intanto monta. Tuona il vicepresidente di Forza Italia al Senato Maurizio Gasparri: «Albamonte, che guida l'Anm, vuole dettare le regole al posto del Parlamento, decidendo su diritti e altri temi di fondamentale importanza. È l'ennesima prova del fatto che la magistratura è uscita da tempo dai suoi binari e ha la pretesa di fare le leggi. Vigileremo sul congresso dell'Anm e a tutela della democrazia e dei valori costituzionali di questo Paese».
http://www.ilgiornale.it/news/politica/ius-soli-pressioni-dei-giudici-legislatore-si-deve-sbrigare-1452876.html
Evasione fiscale in Germania (anno 2017) , fonte IAW, Forbes/Statista : 336 mld EUR
Evasione fiscale in Italia (anno 2015) , fonte ISTAT : 207 mld EUR
Ma, notate, tale calcolo di evasione tedesca si riferisce appunto al 2017. Quella Italiana ri riferisce invece al 2015, ossia si può ipotizzare visto il trend in discesa che quella italica possa essere nel 2017 attorno ai 200 miliardi di euro o anche meno.
Bisogna assolutamente sottolineare che in Germania non c’è tutta la follia mediatica di caccia alle streghe per alzare ulteriormente il livello di tassazione ovvero per perseguire gli evasori con tutti i mezzi possibili: da bravi tedeschi si sa che esiste un livello fisiologico di evasione, anche utile per l’economia in quanto se lo Stato dovesse andare a sindacare su ogni singolo centesimo ingesserebbe l’intero processo di creazione di valore.
Leggi tutto: Clamoroso: l’evasione fiscale in Germania nel 2017 è di 336 miliardi di Euro!
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